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XXX domenica del tempo ordinario

23 ottobre 2022

 

  • Prima lettura: Sir 35, 15-22
  • Salmo: Sal 33
  • Seconda lettura: 2 Tm 4, 6-8. 16-18
  • Vangelo: Lc 18, 9-14

 

Dio non guarda i meriti degli uomini ma i loro bisogni. Il Signore non è attratto dalle virtù di pochi ma dalla necessità di molti. E’ questo il senso di questa parabola veramente sconcertante di Lc.

18,9DISSE ANCORA QUESTA PARABOLA PER ALCUNI CHE AVEVANO L’INTIMA PRESUNZIONE DI ESSERE GIUSTI E DISPREZZAVANO GLI ALTRI:

  • L’INTIMA PRESUNZIONE DI ESSERE GIUSTI=lett. “persuasi intimamente, dentro di sé”=persone certe di esser nel giusto, che non hanno dubbi su questo. Sono quelli che ritengono di essere giusti in base alla loro virtù, alla loro santità di vita e al rispetto delle regole e dei comandamenti, e che si arrogano il diritto di giudicare gli altri; sono i farisei. Quindi l’insegnamento di Gesù è rivolto a loro.

Un fariseo è chi si ritiene buono, e poiché è già buono, non ha da cambiare niente!: è già buono! Per questo, a volte i buoni sono pericolosi, perché con la loro bontà (“L’ho fatto per il tuo bene!”) possono giustificare di tutto.

Una volta ho partecipato, come esperto, ad un consiglio pastorale di una parrocchia di un’altra diocesi. Il parroco decideva, zittiva, manipolava. Il vicepresidente era uno di questi “buoni” che diceva: “Ma lui lo fa per il nostro bene; anche se noi non capiamo, lui è un ministro di Dio e sa quello che fa!... anch’io non sono d’accordo ma mi tengo tutto dentro e offro le sofferenze a Cristo e so che lui lo fa in nome di Dio”. Ecco qua!, un modo per giustificare tutto e per affittare il cervello! Naturalmente mai gli era venuto in mente di cambiare idea sul suo parroco.

  • E DISPREZZAVANO GLI ALTRI=questa è una caratteristica delle persone religiose. Poiché si sentono a posto con Dio, si sentono in diritto di condannare, giudicare, insegnare agli altri, puntare il dito.

Una coppia era fedelissima alla messa domenicale, una bravissima famiglia, che rispettava tutte le regole della Chiesa. Da tutti erano indicati come coppia e genitori modello e loro si sentivano da “esempio”. Ed erano “feroci” nel giudicare le altre coppie “non in regola con la Chiesa”. Solo che, proprio a loro, accadde che nel giro di un anno entrambi i loro figli divorziarono! All’inizio fu una vergogna: neppure si sentivano degni di andare in chiesa. Ma fu un momento di grazia straordinario: “Prima Dio ci doveva l’amore; adesso ce lo dà senza meriti. Adesso sì che sappiamo chi è Dio (amore gratuito e immeritato)”. E hanno smesso di giudicare e di sentirsi migliori degli altri.

10«DUE UOMINI SALIRONO AL TEMPIO A PREGARE: UNO ERA FARISEO E L’ALTRO PUBBLICANO.

  • UNO ERA FARISEO= vuol dire separato. Qui Lc presenta due estremi: il pubblicano che ignora la Legge e il fariseo che invece la pratica in maniera pignola e maniacale. Un po’ come dire: il demonio (pubblicano) e il santo (fariseo).

Il fariseo era separato dal resto dalla gente e praticava nella vita quotidiana i 613 precetti che aveva estrapolato dalla Legge di Mosè e stava meticolosamente attento a non infrangere nessuno dei 1521 divieti di lavori da compiere in sabato e aveva un’attenzione maniacale per non contaminarsi da tutto ciò che era ritenuto impuro.

C’era perfino una preghiera che si doveva dire quando si andava in bagno: “Ti ringrazio Signore perché hai creato nell’uomo dei buchi che si chiudono e dei buchi che si aprono, perché se quelli che si chiudono fossero aperti e quelli che si aprono non si chiudessero, l’uomo non potrebbe vivere” e poi uno tirava l’acqua del water!

Il fariseo è quindi un professionista del sacro, della religione ed è il più osservante della legge. E’ un santo. Il fariseo si sente a posto con Dio.

E’ interessante perché anche i cristiani venivano chiamati “santi, cioè, separati”. Ma c’è una differenza. I farisei si separavano dagli altri perché erano più degli altri (che quindi giudicavano). I cristiani si separavano dalla sfera del male attraverso il dono dello Spirito Santo e quindi incontravano gli altri, creando uguaglianza, accoglienza e incontro tra le persone.

  • E L’ALTRO PUBBLICANO=Il pubblicano era un daziere. Pubblicano viene da pubblicus (cosa pubblica): era colui che vinceva l’appalto per l’imposta delle tasse da dare a Roma. Stabilito quanto dare a Roma, mettevano l’imposta che volevano. Erano quindi dei ladri di professione. Ed erano talmente impuri, dicevano i farisei, che se anche si fossero convertiti non si avrebbero potuto salvare perché non avrebbero potuto restituire tutto quello che avrebbero rubato. Sono quindi dei dannati: per loro non c’è speranza né via d’uscita.

Eppure anche lui sale al tempio! E se sa che per lui non c’è speranza, perché ci sale? Ed è qui che si vede la sua fede!

Gesù quindi ci presenta i due estremi: l’estremo osservante (il fariseo) e l’estremo non osservante (il pubblicano). Il fariseo è colui che ha la santità in tasca, il pubblicano invece il dannato.

11IL FARISEO, STANDO IN PIEDI, PREGAVA COSÌ TRA SÉ: “O DIO, TI RINGRAZIO PERCHÉ NON SONO COME GLI ALTRI UOMINI, LADRI, INGIUSTI, ADÙLTERI, E NEPPURE COME QUESTO PUBBLICANO.

  • IL FARISEO, STANDO IN PIEDI=la preghiera del fariseo serve per farsi vedere (Mt 6,5: “Amano pregare stando in piedi per essere visti dalla gente”). Lui è convinto di essere un modello di preghiera per gli altri. Il fariseo vuol essere un esempio: per questo sta in piedi, così tutti lo vedono. Chi vuol essere un esempio per gli altri (attenti a questi!) si crede nel giusto, si crede di essere più degli altri, superiore e quindi gli altri sono inferiori e per questo si mostra come un esempio. Mostra le sue virtù, le sue capacità, gli altri lo devono ammirare: ma un uomo così quanto piccolo dev’essere se ha bisogno di sentirsi “modello” degli altri, dell’approvazione della gente per esser qualcuno? E, inoltre, chi si crede nel giusto non si metterà mai in gioco: è già perfetto!

Le capacità, le doti, le virtù, non vanno mostrate ma vanno messe a disposizione degli altri.

E’ interessante vedere come le persone pregano, perché dice una concezione di Dio.

Nel mondo orientale quando un padrone chiama un servo, il servo si mette in ginocchio (in ginocchio non si può camminare, quindi il senso è: “Non puoi andare dove vuoi: tu sei mio, mio”) e con le mani giunte (con le mani giunte non puoi fare quello vuoi; il senso è: “Tu fai quello che ti dico io”). Dice un rapporto: Dio è il padrone, tu sei il suo servo. In questo tipo di relazione è l’uomo che da qualcosa a Dio. E’ la relazione fra uno che sta sopra e uno che sta sotto. Lui è Dio e tu sei il suo servo ubbidiente e sottomesso. In questo tipo di relazione (uno sta sopra e uno sta sotto) se sei tu sopra allora domini, giudichi, condanni e gli altri sono “sotto” di te e tu “domini”; se sei quello che sta sotto hai paura.

I primi cristiani, infatti, capiscono che il Dio di Gesù non è questo. E come pregavano? In piedi, perché in piedi è l’atteggiamento della persona libera, amica e con le mani non giunte ma aperte per accogliere quest’amore. Nei graffiti e nei dipinti delle catacombe si vedono sempre i cristiani con le mani alzate (=per accogliere l’amore). Dice un rapporto diverso: Dio è l’amico, il compagno, l’amore che si vuole donare a te. Se tu lo vuoi lo accogli, te lo prendi ed è tutto per te. Qui è Dio che da tutto Sé all’uomo. Qui la relazione è: “Io sto affianco a te. Io sono vicino a te per accompagnarti, per aiutarti, per amarti”; e uno che si avvicina non ti domina né ti comanda ma si avvicina solo per aiutarti, servirti, aiutarti.

  • PREGAVA COSÌ TRA SÉ=lett. “verso se stesso”. In realtà lui non prega il Signore ma se stesso.

Osservate la differenza tra le preghiera del fariseo (lunga!) e quella del pubblicano (brevissima!). Lui si compiace di se stesso, si sbrodola: è un compiaciuto soliloquio sulle proprie virtù, sui propri meriti e sulla propria santità. E’ questa “trave” di essere “giusto” che gli impedisce di vedere se stesso. Gesù li chiama “ipocriti” non nel senso nostro morale, ma nel senso del termine: “Teatranti, commedianti”. Già il Talmud diceva: “Al mondo ci sono 10 porzioni di ipocrisia (=cioè di commedia) e 9 si trovano a Gerusalemme”. Il teatrante è colui che mostra un atteggiamento fuori che dentro non ha.

  • “O DIO, TI RINGRAZIO PERCHÉ NON SONO COME GLI ALTRI UOMINI, LADRI, INGIUSTI, ADÙLTERI=il senso di santità porta al disprezzo degli altri. Il fariseo si distingue dal resto della gente che lui ritiene ladri, ingiusti e adulteri. In realtà Lc è molto ironico perché Gesù ha accusato i farisei di essere dei ladri soprattutto all’esterno: “Voi farisei pulite l’esterno del bicchiere e del piatto ma il vostro interno è pieno di rapine e di cattiveria”. All’esterno sembrano santi ma se tu potessi vedere dentro vedresti tutta l’ambizione, la gelosia, l’invidia, l’odio, la rabbia, il pregiudizio, che covano verso gli altri e che li abita.
  • ADULTERI=Lc è ironico perché l’accusa che il fariseo fa degli altri è invece ciò che lui stesso vive. Infatti l’adulterio era un’immagine con cui la Bibbia parla dell’idolatria degli ebrei. Hanno abbandonato Dio, il loro Sposo, e “sono andati” con altri “sposi”. Os 6,6: “Misericordia io voglio e non sacrificio”. Tutte queste cose (i sacrifici) sono cose che il Signore non ha richiesto e che non vuole. Is 2,12.15: “Quando venite a presentarvi a me, chi richiede da voi che veniate a calpestare i miei atri? Quando stendete le mani, io allontano gli occhi da voi. Anche se moltiplicate le preghiere, io non ascolto”. Dio non è con noi quando preghiamo ma quando condividiamo con gli altri.
  • E NEPPURE COME QUESTO PUBBLICANO=è lo sguardo di chi è schifato dal pubblicano. I farisei hanno spesso frasi di questo tipo: “Che schifo!... E’ indegno!... Che vergogna!..”. Cioè si scandalizzano per tutto perché loro si sentono bravi, puri, perfetti, santi. Il fariseo ha bisogno di sentirsi superiore, di più degli altri.

12DIGIUNO DUE VOLTE ALLA SETTIMANA E PAGO LE DECIME DI TUTTO QUELLO CHE POSSIEDO”.

I meriti del fariseo: 1. digiunare due volte la settimana; 2. pagare le decime

  • DIGIUNO DUE VOLTE ALLA SETTIMANA: e chi te l’ha chiesto? Il digiuno, infatti, era obbligatorio solo una volta all’anno (il giorno dell’Espiazione (Yom Kippur); Lv 16,31). Era il giorno in cui tutte le colpe venivano perdonate. Ma i farisei sono più preti dei preti, e fanno sempre di più di quello che è necessario e per questo digiunano il lunedì e il giovedì, in ricordo della salita e della discesa di Mosè dal Monte Sinai.

“Sa, padre, io dico il rosario tutti i giorni e vado a messa ogni domenica”: e allora? Se lo fai è perché ti fa bene, perché senti che questo è un momento importante per te, che ti aiuta; non è mica un merito!

  • E PAGO LE DECIME DI TUTTO QUELLO CHE POSSIEDO=non solo su quello che è prescritto, ma su tutto quello che possiede. Lui si crede santo, bravo, a posto: ma Gesù se la ride di tutto questo!

Cosa dirà San Paolo (anche lui era stato un fariseo) di tutte questo cose: sono ridicole! “Sono cose da nulla! Non servono a niente! Hanno solo come valore di soddisfare se stessi (la carne)”.

San Paolo ritiene addirittura nocive tutte queste cose (digiuno, preghiere, novene, feste, santini, devozioni, ecc) quando alimentano l’orgoglio dell’uomo centrato sulla propria elevazione e non sull’amore e sul servizio verso gli altri (“Le considero escrementi (merda!)” Fil 3,8-9).

Col 2,16-23: “Nessuno vi condanni più in fatto di cibo o di bevanda o riguardo a feste, a noviluni e a sabati: tutte queste che sono ombra delle future; ma la realtà, invece, è Cristo. Nessuno vi impedisca di conseguire il premio, compiacendosi in pratiche di poco conto o nella venerazione degli angeli, seguendo le proprie pretese visioni, gonfio di vano orgoglio nella sua mente carnale, senza essere stretto invece al capo, dal quale tutto il corpo riceve sostentamento e coesione per mezzo di giunture e legami, realizzando così la crescita secondo il volere di Dio. Se pertanto siete morti con Cristo agli elementi del mondo perché lasciarvi imporre, come se viveste ancora nel mondo, dei precetti quali: “Non prendere, non gustare, non toccare”? Tutte queste cose destinate a scomparire con l’uso: sono infatti prescrizioni e insegnamenti di uomini! Queste cose hanno una parvenza di sapienza, con la loro affettata religiosità e umiltà e austerità riguardo al corpo, ma in realtà non servono che per soddisfare la carne”.

13IL PUBBLICANO INVECE, FERMATOSI A DISTANZA, NON OSAVA NEMMENO ALZARE GLI OCCHI AL CIELO, MA SI BATTEVA IL PETTO DICENDO: “O DIO, ABBI PIETÀ DI ME PECCATORE”.

Il peccatore, invece, vive in una condizione di peccato irrimediabile.

  • IL PUBBLICANO INVECE, FERMATOSI A DISTANZA=“distanza” (makrothen): termine tecnico con il quale gli evangelisti indicano gli esclusi dal Signore.
  • NON OSAVA NEMMENO ALZARE GLI OCCHI AL CIELO=gli occhi al cielo sono un’immagine di Dio.
  • MA SI BATTEVA IL PETTO DICENDO=segno di profondo dolore, pentimento, da una situazione dalla quale anche se vuole non ha vie d’uscita.
  • O DIO, ABBI PIETÀ DI ME PECCATORE=il verbo, all’imperativo (ilastheti), non vuol dire “abbi pietà” ma piuttosto: “Sii benevolo, misericordioso nei miei confronti di me peccatore”.

Il pubblicano dimostra di avere una grandissima fede. Perché? Intanto perché va al tempio anche se sa che, da un punto di vista morale, Dio non può accettarlo. E poi perché gli dice: “Vedi che vita disgraziata, perversa faccio!... ma nonostante tutto so e confido nel tuo amore”.

Il pubblicano non gli dice: “Perdonami!” ma: “Aiutami!”; il pubblicano sa che l’amore di Dio è talmente grande che anche lui, peccatore “per sempre”, è amato; sa che l’amore di Dio non si arresta di fronte a niente. L’amore di Dio è incondizionato.

Sal 23,4: “Quand’anche camminassi nella valle dell’ombra della morte, io non temerei alcun male, perché tu sei con me”. Cioè: “Se anche finissi all’inferno io non ho paura perché tu mi vuoi così bene che vieni lì con me!”).

Lc ci presenta quindi due personaggi entrambi chiusi di fronte a Dio: ma soltanto uno ne è cosciente (pubblicano). Il fariseo vede solo se stesso (per questo è chiuso a Dio) mentre il pubblicano lo è perché vive una vita di peccato, di imbroglio, di truffe, ma ne è cosciente. Ed ecco la conclusione sconcertante.

14IO VI DICO: QUESTI, A DIFFERENZA DELL’ALTRO, TORNÒ A CASA SUA GIUSTIFICATO, PERCHÉ CHIUNQUE SI ESALTA SARÀ UMILIATO, CHI INVECE SI UMILIA SARÀ ESALTATO».

  • GIUSTIFICATO=è un'espressione giuridica che vuol dire perdonato, in buoni rapporti con il Signore.

Che meriti ha il pubblicano per essere perdonato? Nessuno! Che meriti ha il fariseo per essere perdonato? Nessuno! Solo che lui pensa di averne!

Ma cos’ha il pubblicano (che non ha il fariseo) visto che riceve il perdono? (Tra l’altro non ha detto che cambierà vita o che sarà diverso!).

Il pubblicano ne ha bisogno! Nessuno dei due ha meriti – neanche chi crede di averli (cfr. fariseo!) – solo che il fariseo non sente di aver bisogno dell’amore di Dio, perché Lui crede di meritarselo già l’amore. Per questo non sarà perdonato, non perché Dio non perdoni, ma perché lui non sentirà la misericordia, la tenerezza, la bontà dell’amore di Dio.

Il Dio di Gesù non guarda i meriti, la santità, le virtù, ma le necessità e i bisogni della gente.

Ecco il finale sconcertante: Dio è amore, misericordia per tutti (qui il pubblicano non cambia vita; la prostituta non cambia lavoro!) e vuole che tutti si sentano amati. Gesù non chiede nulla in cambio, chiede solo di lasciarsi amare. Il Dio di Gesù non è il Dio che noi pensiamo: “Premiamo quelli bravi e buoni, gli altri no”. Lui vuole amare tutti e li ama indipendentemente dalla loro condotta e dal loro comportamento.

Il crimine della religione è quello di convincere le persone che gli ammalati (i peccatori) devono rimanere ammalati, che non possono rivolgersi al medico (Gesù) se non quando sono guariti.

Uno è ammalato: “Dottore, può venire per favore?”. “Cos’ha?”, chiede il dottore. “Non santifico le feste… ho commesso questo peccato… quello…”. “Ah, no - dice il dottore – verrò solo quando sarà sano!”. “Ma sono ammalato!”. “Non importa!”.

Ma Gesù dirà: “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori perché si convertano” (Lc 5,31-32). Mentre la religione guarda all’uomo (“Ha fatto questo… non ha fatto quello…”), la fede guarda a Dio e al suo amore per ogni uomo. Dio vuole che tutti vivano e vivano in abbondanza.

Cosa mi dice questo vangelo?

  1. Verifica le tue credenze.

Il fariseo non è un uomo cattivo. E’ un uomo che crede a quello che gli hanno detto. Lui è nato in quel contesto e gli hanno detto: “Questo è Dio!”. Lui ci ha creduto e ha impostato tutta la sua vita su quelle credenze lì, su quello che gli hanno detto. Gli hanno detto di credere in questo (che Dio è cattivo e punisce chi fa il male, castiga i peccatori e manda all’inferno i malvagi) e lui ci crede. D’altronde cos’altro poteva credere?

Allora dov’è il suo problema? Che non ha mai verificato! Non siete responsabili di quello che vi hanno insegnato ma siete responsabili di ciò che ne fate.

Il bambino crede a quello che gli dicono. L’adulto va a vedere, verifica, se quello che gli hanno detto è vero. Se è vero, lo accetta e lo tiene. Se non lo è, lo rifiuta e lo lascia. A volte noi siamo grandi e grossi ma continuiamo, in quanto a credenze, ad essere infantili.

Sono nato e mi hanno insegnato tutta una serie di credenze: “Chi ha tempo non aspetti tempo… aiutare gli altri ti fa felice… se pecchi, Dio non ti vuole… l’amore non esiste: bisogna accontentarsi… se trovi l’uomo giusto, sarai felice…”, ecc. Una credenza è un programma: si attua in automatico. Anche se non vuoi!

Se tu credi: “L’amore non esiste bisogna accontentarsi” (cosa che ti ha detto tua madre), ti farai andare bene il primo incontro che ti capita o ti accontenterai del poco amore che hai. Ma è proprio vero che è così?

Se tu credi: “Dio non vuole i peccatori”, cercherai di non fare un sacco di cose per cui potresti essere peccatore, rifiutato da Lui; avrai sempre paura di fare delle cose sbagliate e per sicurezza non le farai; se farai qualcosa che Lui considera sbagliato, ti sentirai sbagliato e disperato di aver perso il suo amore. Ma è proprio così? Hai mai letto il Vangelo? Trovi mai che Gesù abbia fatto così?

Le persone, a volte, credono a quello che gli altri gli hanno detto sul vangelo e non lo hanno mai letto.

Allora verifica se ciò che credi è vero. Altrimenti ti stai ingannando, altrimenti credi a ciò che non è.

Buddha, vissuto tra il 563 e il 483 a.C. scrive: “Non credete in nulla solo per sentito dire. Non credete in nulla solo perché in molti lo dicono e ne fanno un gran parlare, o solo per l’autorità dei vostri insegnanti e degli anziani. Ma dopo l’osservazione e l’analisi, quando scoprite qualcosa che si accorda alla ragione, allora accettatelo e vivetelo”. De Mello: “Se qualcosa non la capisco, non ci credo”. Kierkegaard: “Ci sono due modi per essere ingannati. Uno consiste nel credere ciò che non è vero; l’altro nel rifiutarsi di credere ciò che è vero”. E perché in entrambi ci s’inganna? Perché in entrambi si teme di cambiare.

Se volete, eccovi alcune domande per vedere se avete delle credenze distruttive nella vostra vita. Tutti in piedi!

Prima domanda: “Per te è difficile amare te stesso mettendoti al primo posto?”. Chi ha risposto “No” si siede.

Seconda: “Tu percepisci che non è sicuro condividere con gli altri il tuo amore pienamente e senza paura?”. Chi ha risposto “No” si siede.

Terza: “I rapporti che tu attiri nella tua vita ti lasciano un senso di vuoto e il bisogno di continuare a cercare?”. Chi ha risposto “No” si siede.

Bene, chi è rimasto in piedi dopo le tre domande ha delle credenze inconsce e automatiche mortali a cui aderisce senza saperlo.

Queste credenze ti impediscono di esprimerti, di essere pienamente vivo e felice.

La prima credenza mortale è: “Gli altri vengono prima di te”.

La seconda credenza mortale è: “Vivere l’amore è pericoloso”.

La terza credenza mortale è: “Non esiste la felicità”.

Con queste credenze distruttive… come si può essere felici?

C’è una grande domanda, una domanda decisiva per capire se possiamo vivere nella verità (e felicità) o nella menzogna, nell’inganno e nell’illusione (mondo dell’infelicità). Rispondi a questa domanda: “Tu pensi che esista un’unica fonte di tutto ciò che accade nel mondo oppure che esistano due forze opposte e in lotta fra di loro – il bene e il male -?”.

La prima è la strada della Vita, dell’unità: è la strada che porta all’armonia; la seconda è la strada della Morte, dove il mondo è un campo di battaglia tra forze contrapposte, tra luce e tenebra, tra buoni e cattivi, tra santità e peccatori, tra giusti e ingiusti.

Nello sviluppo mentale del bambino, nei primi mesi di vita sviluppa l’idea che ci siano due madri: una buona (che gli dà il latte, che c’è ogni volta che ne ha bisogno, che si prende cura di lui, che lo soddisfa in tutto ciò che vuole, ecc) e una cattiva (che ogni tanto non c’è; che non arriva subito; che gli dice di no; che non lo soddisfa sempre in ciò che fa). Poi viene un tempo (ed è un grande passaggio evolutivo) che il bambino capisce che la madre buona è anche quella cattiva e che quella, in certe ore cattiva, è anche quella buona. E’ la stessa madre! Così il mondo non si può dividere, è lo stesso mondo di cui tutti facciamo parte e ne siamo una parte non scollegata dalle altre!

Il fariseo è rimasto a livello infantile: per lui c’è la madre buona e quella cattiva, il bene e il male, il buono e il cattivo, il santo e il demoniaco e fra i due elementi c’è una netta linea di distinzione. Il fariseo divide il mondo in buono e cattivo. Lui, chiaramente è buono e il pubblicano è cattivo. Dentro al suo mondo, alla sua testa e alla sua psiche, c’è il bene e il male. E sono due mondi distinti, contrapposti: il bene è da ricercare e il male è da eliminare, da combattere e da distruggere. Certo che c’è la luce e il buio, ma la luce non c’è senza il buio e il buio senza la luce. Cioè: sono due realtà diverse ma unite; non sono separabili.

Il fuoco non è buono o cattivo: è pericoloso se lo usi male o se non lo sai gestire, ma è fantastico se lo usi bene. Non c’è un fuoco buono e uno cattivo: è sempre lo stesso fuoco. L’affettività, l’amore, la sessualità, ecc, non sono né buone né cattive: dipende dall’uso, dalla gestione. Neppure la preghiera o la fede è buona di per sé, perché può diventare evasione dalla realtà (la preghiera) o terrorismo religioso (fece). Neppure la droga è cattiva di per sé: la morfina e molte altre sostanze vengono utilizzate negli ospedali.

Ma quando definisci cattiva una cosa, una persona, una situazione, cosa accade? 1. smetti di comprenderla; 2. la stacchi, la dividi, la togli, dalla realtà; 3. definisci lei solo cattiva (e non vedi più le sue parti buone e giuste) e le altre, invece, buone; 4. la giudichi e non ti rimane che condannarla e punirla; 5. non puoi aiutarla perché è cattiva; 6. la allontani e diventa male. Se una cosa è cattiva allora ti allontani, allora la rifiuti, allora diventa il male, allora è da sterminare, da condannare, da giudicare: così sono nati i ghetti, l’odio razziale, le guerre sante.

Nella nostra compagnia c’era una ragazza che avevamo definito “cattiva”. 1. Nessuno di noi sapeva che era adottata; 2. pensavamo che fosse il suo carattere e che fosse irrecuperabile; 3. naturalmente siccome lei era cattiva in qualunque cosa facesse c’era un suo interesse personale (avevamo una pregiudiziale); naturalmente noi eravamo “buoni” e non vedevamo che, invece, spesso anche noi ci comportavamo esattamente come lei; 4. la giudicavamo “cattiva” e iniziammo a non invitarla più alle occasioni più importanti; 5. alla fine la buttammo fuori dal gruppo ed eravamo tutti concordi: “E’ cattiva, se ne deve andare!”; a nessuno venne in mente che, forse, era quella che più aveva bisogno di aiuto; 6. e siccome era “cattiva” finimmo col non salutarla neppure più. Solo oggi capisco che non era affatto “cattiva” ma sofferente.

E’ che era “comodo” definire una cosa “cattiva” così si risolveva facilmente un problema.

Definire le cose “cattive” è il modo semplicistico dei bambini di risolvere le questioni.

  1. Conosci la tua luce (risorse, valori, sogni) e riconosci il tuo buio.

Riconosci che quel pubblicano sei tu… ma Dio ti ama lo stesso. Tutti noi abbiamo un lato oscuro, tutti noi abbiamo le nostre zone d’ombra, tutti noi siamo pubblicani. E’ che siccome distrugge la nostra immagine “in sostanza siamo delle buone persone”, allora preferiamo non vedere ciò che siamo per poter dire: “Beh non sono poi così male!”. Per questo la gente odia conoscersi, guardarsi dentro, mettersi a nudo davanti lo specchio della consapevolezza, perché vedrebbe qualcuno che non è quello che pensa di essere. Accettati per quello che sei (il pubblicano) e non per quello che vorresti essere (il fariseo).

Non è vero che anche tu a volte hai la tentazione di “fregare gli altri”?

Non è vero che anche tu a volte fai pensieri sporchi, sconci, perversi e desideri certe cose?

Non è vero che finché uno ti parla a volte con la testa sei altrove e disinteressato?

Non è vero che anche tu hai odio e rabbia, e che non vuoi sentire perché non è bello (vero!) vedersi così?

Non è vero che anche tu non sai perdonare certe persone e certe cose te le sei “legate al dito”?

Non è vero che anche tu giudichi, condanni e che ti senti “un po’ di più” di certe persone?

Non è vero che non ti senti chissà chi, ma certamente non sei come “certa gente”?

Non è vero che a volte godi del male che succede agli altri: “Se l’hanno cercata!... male che vuole non duole… potevano pensarci prima… ognuno  raccoglie ciò che semina”?

Non è vero che sei gentile nei modi ma in realtà aggressivo perché vuoi sempre aver ragione e importi?

Non è vero che certe cose non le fai solo perché non sei in quella situazione?

  1. Quello che non accetti di te lo condanni negli altri.

Per cui da come uno parla degli altri tu sai cos’ha dentro al suo cuore. Un dito puntato verso gli altri sono tre verso di te. Quando giudichi ti stai condannando. Guardate il fariseo: ma cosa dice del pubblicano? Manco lo conosce! Gli da del “ladro, dell’ingiusto e dell’adultero”: ora non sappiamo se il pubblicano lo fosse ma siamo sicuri che il fariseo lo era!

Un giorno, all’imbrunire, un contadino sedette sulla soglia della sua umile casa a godersi il fresco. Nei pressi, si snodava una strada che portava al paese, ed un uomo passando vide il contadino e pensò: “Quest’uomo è certo ozioso, non lavora e passa tutto il giorno seduto sulla soglia di casa…”. Poco dopo, ecco apparire un altro viandante. Costui pensò: “Questo uomo è un dongiovanni. Siede qui per poter guardare le ragazze che passano e magari infastidirle…”. Infine, un forestiero diretto al villaggio disse tra sé: “Questo uomo è certamente un gran lavoratore. Ha faticato tutto i giorno ed ora si gode il meritato riposo”. In realtà, noi non possiamo sapere granché sul contadino. Al contrario, possiamo dire molto sui tre uomini: il primo era un ozioso; il secondo era un poco di buono; il terzo un gran lavoratore.

C’erano due vecchiette, Elisabeth e Mary, che dicevano che solo loro sarebbero andate in paradiso. Un giorno, un giornalista, incuriosito dalla cosa, andò a intervistare una delle due, Elizabeth. Le disse: “Ma proprio nessuno a parte lei e Mary andrà in paradiso?”. “No, nessuno!”. “Ma neanche Madre Teresa, Papa Francesco?”. “No!”. “Solo lei e la sua amica Mary?”. “Beh, adesso che mi ci fa pensare, non so se ci andrà la mia amica Mary”.

Ma chi può essere più egoista di chi pensa che solo lui andrà in paradiso?

Un uomo che ha un problema con il femminile dirà: “Le donne sono tutte p…”.

Un uomo che dentro ha una tristezza infinita dirà: “Questo mondo è un mondo di m…”.

Un uomo che non riesce a stare con sé dirà: “Nessuno mi vuole!”.

Un uomo che non si fida degli altri dirà: “Non ti puoi fidare di nessuno!”.

Un uomo spietato e duro con sé dirà: “Ha sbagliato, adesso la deve pagare cara!”.

Un uomo egoista dirà: “Nessuno ti regala niente”.

Un uomo umiliato da piccolo ti dirà: “Non vali niente; sei un’incapace; sei uno stupido”.

Un uomo geloso, che teme di perdere il partner dirà: “Tu te la fai con un altro”.

Allora: invece di condannare il mondo (come il fariseo), guarda il tuo cuore. Perché il pubblicano che tu condanni è dentro di te. Se non ci fosse neppure ti accorgeresti del pubblicano che c’è fuori.

Un giorno madre Teresa stava parlando con un noto criminale e ladro di Calcutta. La gente del posto era scandalizzata da ciò che vedeva. “Madre, ma lei sa chi è quello?” (certo che lei lo sapeva!). “No, chi è?”. “E’ un boss della malavita!”. “Ah sì… pensavo fosse solo una persona”.

 

Pensiero della settimana

 

“E' più facile insegnare che educare:

perché per insegnare basta sapere,

mentre per educare è necessario essere”.

(A. Hurtado)