Il Vangelo è per tutti… quelli che dicono “sì”!

XXVIII domenica del tempo ordinario

11 ottobre 2020

 

  • Prima lettura: Is 25, 6-10
  • Salmo: 22
  • Seconda lettura: Fil 4, 12-14. 19-20
  • Vangelo: Mt 22, 1-14

 

Per capire il vangelo noi dobbiamo sempre ricordarci che il vangelo è una teologia e che gli evangelisti scrivevano per le loro comunità e che erano comunità con situazioni differenti l’una dalle altre.

  1. Prendiamo ad esempio la parabola del seminatore (Mc 4,1-9; Mt 13,1-9; Lc 8,4-8). Storicamente Gesù dice una parabola: “C’è un seminatore che semina; ci sono tre terreni che non accolgono il seme (strada, sassi, spine) e uno che lo accoglie e che porta un gran frutto”.

A cosa si riferisce Gesù quando parla di quel seme? Si riferisce al suo messaggio, al regno di Dio. Se sei resistente, non lo accogli, non lo fai penetrare dentro di te.

Ma l’evangelista poi ha davanti una comunità, e questa comunità, ad esempio, si dice cristiana ma non ascolta la Parola di Dio, è refrattaria e non la vive; anzi quando si celebra l’eucarestia, finché viene letto il vangelo, la gente parla d’altro ed è disattenta.

L’evangelista ha un problema nella sua comunità (che non c’è magari nella comunità vicina): le persone non ascoltano la Parola di Dio. Allora prende la parabola del vangelo (il seme è il regno di Dio) e dice: “Il seme è la parola di Dio, il vangelo” e rilegge la parabola con questa interpretazione (Mc 4,13-20; Mt 13,18-23; Lc 8,11-15).

Si passa cioè dal messaggio di Gesù all’interpretazione del messaggio di Gesù. Questa operazione si chiama allegoria: un brano del vangelo viene interpretato per la propria comunità secondo lo scopo dell’evangelista. A volte l’esempio è lampante, evidente, come nella parabola del seminatore, altre volte no. Ogni volta che nel vangelo si trovano dei particolari diversi, vuol dire che uno degli evangelisti ha fatto qualche piccolo adattamento per trasmettere un messaggio alla propria comunità.

  1. Facciamo un esempio: il giovane ricco. In Mt è un giovane (Mt 19,20), in Mc un tale, uno qualunque (Mc 10,17), in Lc un notabile (Lc 18,18).
  2. Un altro esempio. Nella prima moltiplicazione dei pani (Mc 6,30-44) ci sono cinque pani e due pesci, vengono avanzate dodici ceste e gli uomini sono cinquemila. Ma quando viene raccontata una seconda volta (Mc 8,1-9) i pani sono sette, i pesciolini pochi, le ceste avanzate sette e gli uomini quattromila.

Ogni evangelista fa delle piccole modifiche in base alle sue esigenze: dodici ceste richiama alle dodici tribù di Israele, ad esempio: “Questo è il pane vero di cui gli ebrei hanno bisogno; questa è la vera manna”. Sette, invece, si riferisce di più ai sette sacramenti: “I sette sacramenti sono il vero pane”. Cinquemila uomini perché cinque sono i pani: “Questo pane sfama all’ennesima potenza (1 pane per mille)”; quattromila richiama al viaggio dei quarant’anni degli ebrei: “Quello che hanno cercato lungo tutto l’esodo, adesso lo hanno trovato”. Vedete, è diverso.

Prima di questo vangelo Mt 21,45 dice: “Udite queste parole, i sommi sacerdoti e i farisei capirono che parlava di loro e cercavano di catturarlo; ma avevano paura della folla che lo considerava un profeta”. La parabola dei vignaioli assassini ha scatenato l’ira dei sacerdoti e dei farisei ma nessun pentimento, né conversione. L’unica cosa che a loro interessa è eliminarlo.

E di fronte a questa minaccia Gesù, non solo non indietreggia, ma rincara la dose con questa terza e ultima parabola con la quale polemizza con le autorità giudaiche.

Tutte tre queste parabole di Mt 21-22 sono una denuncia contro le massime autorità religiose che si mostrano refrattarie e ostili al disegno di Dio.

22,1Gesù riprese a parlare loro con parabole e disse:

  • RIPRESE=lett. apocrino indica “rispondendo”, riprendendo. Ma rispondendo a cosa? Al fatto che i sommi sacerdoti e i farisei cerchino di catturarlo. Quindi Gesù non solo non si tira indietro ma li affronta direttamente: “Ecco chi siete voi! Ecco cosa accadrà!: vi sarà tolto il regno di Dio”. Non è una punizione ma una conseguenza del fatto che non hanno accolto l’invito del re alle nozze.
  • PARABOLE=in realtà ne dice una sola.

2«Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio.

  • REGNO DEI CIELI=il regno dei cieli nei vangeli non è l’aldilà ma la nuova società, alternativa, che Dio vuole inaugurare su questa terra.
  • RE=lett. è “un re umano” (anthropo basilei). E’ un peccato che non venga tradotta la parola “umano/uomo” perché Gesù è sì un re, ma non come i nostri re. Lui è un re umano, che vuole che tutti vengano al suo banchetto. I nostri sicuramente no!
  • FESTA DI NOZZE=pensate che bello! Gesù non dice che il Vangelo è un’assemblea liturgica, o come il tempio o come la liturgia sfolgorante del tempio di Gerusalemme. Il regno di Dio è 1) una festa (quindi sorrisi, gioia, amicizia) e 2) di nozze, che è la festa umana più gioiosa sia perché ha a che fare con l’amore, sia perché indica unione, sia perché dice felicità.

E c’è da chiedersi: ma le nostre liturgie, il nostro annuncio del vangelo, è davvero come una festa di nozze? A volte sembrano un funerale più che una festa di nozze!

  • PER SUO FIGLIO=Gesù è il Figlio del Re, è venuto a portarci un messaggio gratuito di gioia e di festa.

E’ questo che colpiva di Gesù (che colpisce ancora oggi): se Gesù ci avesse detto: “Il vangelo vuole che tu faccia questo… questo… quell’altro…” oppure: “Se tu credi al Vangelo non devi fare questo… non devi fare quello… devi essere così.. guai a te se…”, beh allora potremmo anche rifiutarlo.

Ma il Vangelo di Gesù dice semplicemente: “Lasciati amare da me! ti va?”. Tutto qui! Non c’è da fare altro; non c’è da conquistarsi niente (è tutto già garantito gratis). Eppure la maggior parte delle persone risponde: “No!”.

3Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire.

  • MANDO’ I SUOI SERVI=apostello=mandare: ecco gli apostoli, quelli che sono mandati perché tutti vengano e partecipino a questa festa.
  • SERVI=doulos=servi. I servi sono i profeti che da sempre hanno cercato di mostrare come Dio ami il suo popolo e sia un Dio dell’Amore e non un Dio della Paura.
  • NON VOLEVANO ENTRARE=volevano (ethelon) è un verbo all’imperfetto e indica un’azione prolungata. Quindi qui c’è un invito fatto molte volte: “Vieni dai!… dai, vieni!… dai, ti aspetto!…” e questi ogni volta rispondevano: “No!”.

4Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: Dite agli invitati: “Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”.

  • MANDO’ DI NUOVO=il re non si scoraggia e manda altri servi.
  • INVITATI=“invitati” è anche “chiamati”. Dio ti “chiama” ad una festa di nozze, a vivere felice, a vivere in grande, a vivere nella gioia, a vivere immerso nell’amore: “Ti va?”. Questa è la chiamata del Vangelo: “Vuoi essere felice? Vuoi essere amato? Sono qui per questo!”.
  • BUOI… ANIMALI INGRASSATI… TUTTO E’ PRONTO=il re cerca di attirarli con l’aspetto più attraente della festa, cioè una grande mangiata.

In tempi di grande fame, in tempi di grande miseria, la gente non aspettava altro per abbuffarsi. Il Vangelo quindi, è qualcosa di gustoso, di succulento, di bello, di piacevole.

5Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari;

  • MA QUELLI NON SE NE CURARONO=Gesù sottolinea l’ostinato rifiuto da parte di questa casta sacerdotale al potere, dei leader religiosi, all’invito alla novità da lui proposta.
  • AL PROPRIO CAMPO, AI PROPRI AFFARI=ecco perché rifiutano il regno di Dio, il Vangelo: hanno i loro interessi! Partecipare a un pranzo di nozze non è produttivo, non conviene. Rifiutano il regno di Dio, il Vangelo per convenienza: hanno troppe cose da perdere.

Per questo Gesù dirà sempre nei vangeli: “Beati i poveri”, non gli indigenti ma quelli che sono poveri=senza maschere da portare, ricchezze da detenere, sicurezza da difendere, ruoli a cui aggrapparsi, ecc.

Gesù sottolinea ancora una volta che il rifiuto da parte delle autorità religiose e dei capi spirituali del popolo della sua proposta di novità del regno è dovuto all’unico Dio in cui loro credono e adorano: l’interesse, la convenienza. Tutto quello che fanno è per il proprio bene: il bene del popolo a loro non interessa e quindi alla proposta del regno preferiscono il proprio campo, i propri affari, i loro interessi e non i bisogni della gente.

E Gesù li ammonisce dicendo che il loro interesse sarà quello che poi porterà alla rovina tutto il popolo.

6altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero.

  • LI INSULTARONO E LI UCCISERO=è la sorte dei profeti inviati da Dio che sono sempre misconosciuti, rifiutati e perseguitati dalle autorità religiose.

7Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città.

  • ALLORA IL RE SI INDIGNO’=orghizo=andare in collera.

Non è che Dio faccia così: non è che Dio punisca quelli che non vogliono venire. “Mi hai rifiutato? E adesso la paghi!”. Ma è esattamente ciò che succede quando le persone rifiutano la vita, il vangelo: muoiono dentro!

Qui il linguaggio è immaginifico: come può rimanere la carne bella calda, la frutta succulenta, se nel frattempo manda le truppe ad uccidere quegli assassini e a dare in fiamme le loro città. E’ possibile tutto questo? No, di certo. La reazione del re è quella classica dell’Antico Testamento con la quale si manifestava l’ira di Dio contro i nemici, cioè la distruzione della città.

Ma qui, forse, si vuole accennare a quella che sarà la sorte di Gerusalemme che uccide i profeti e che usa violenza verso di loro: a sua volta, dalla stessa violenza, sarà travolta dalla violenza.

8Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni;

  • LA FESTA E’ PRONTA=gamos=le nozze; il verbo è al presente. Questa festa è sempre presente in ogni presente. E’ possibile qui oggi. Anche oggi Gesù mi dice: “La festa è pronta: vieni?”.
  • NON ERANO DEGNI=axios=degno, meritevole ma anche valore, che vale. Qui non è che non ne sono degni perché è il re a rifiutarli, piuttosto sono loro che rifiutano, che si escludono. Quindi non hanno colto il valore, la bellezza, che c’era in quell’invito. Si sono preclusi una cosa meravigliosa. Che peccato!

9andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”.

  • CROCICCHI=quando leggiamo “crocicchi” pensiamo agli incroci, alle piazze, alle strade. Ma il termine greco indica il punto finale di un territorio, là dove le strade romane terminavano e iniziavano i sentieri di campagna. Era il punto finale del territorio e l’inizio di altri territori.

Quindi il re dice di andare fuori dalle città, nelle periferie. Perché lì? Perché lì è dove vivono gli esclusi e gli emarginati, i lontani e i rifiutati. Non c’è più un popolo eletto ma c’è una chiamata universale. Il Vangelo è per tutti… quelli che dicono sì! Tutti sono invitati a questa festa di nozze. L’offerta d’amore di Dio è per tutta l’umanità.

10Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali.

  • BUONI E CATTIVI=l’amore di Dio è offerto a tutti. L’amore di Dio non è concesso come un premio per i meriti delle persone ma come un regalo per i loro bisogni.

Mt 5,45 dice: “Siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti”. Quindi non ci sono prima i buoni e poi i cattivi, tutti sono invitati. L’offerta d’amore di Dio è fatta per tutti, specialmente per quelli che ne hanno più bisogno.

11Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale.

Gli esegeti dicono che questa è un’altra parabola che Mt, per i suoi motivi (in funzione della comunità), introduce qui. Lc 16 (parallelo di Mt), ad esempio, non contiene questa parabola.

L’invito è per tutti, è un invito bellissimo (festa, nozze) ed è gratuito: prima parabola. Ma per accogliere l’invito bisogna cambiare: seconda parabola.

  • UN UOMO CHE NON INDOSSAVA L’ABITO NUZIALE=ma come poteva indossare l’abito nuziale se questi erano stati chiamati all’improvviso, totalmente impreparati e per di più erano poveri? E’ ovvio che nessuno di questi ha l’abito nuziale! Quindi qui si parla di qualcos’altro!

La veste nell’Apocalisse indica le opere buone delle persone (Ap 6,11: “Allora venne data a ciascuno di essi una veste candida”; Ap 19,7-9: “Rallegriamoci ed esultiamo, rendiamo a lui gloria, perché son giunte le nozze dell’Agnello; la sua sposa è pronta, le hanno dato una veste di lino puro splendente. La veste di lino sono le opere giuste dei santi”. Allora l’angelo mi disse: “Scrivi: Beati gli invitati al banchetto delle nozze dell’Agnello!”.

Allora portare la veste, vuol dire che amati, si è stati poi in grado di amare, che la vita non è stata più improntata sull’avere, accumulare, possedere, ma che, percepito l’amore di Dio, tutte queste cose hanno perso di importanza e si è vissuto nel condividere, nel servire, nella compassione.

Quindi, chi ha la veste, ha cambiato, ha riorientato la propria vita, ha cambiato mentalità.

12Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì.

  • AMICO=etairos, in Mt ha sempre un senso negativo. Vuol dire: “Socio, compagno, amico”.

Mt 20,13-14 (parabola degli operai chiamati a varie ore a lavorare nella vigna): “Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico (etairos=amico, socio, compagno), io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene”.

Mt 22,12 (parabola di oggi): “Gli disse: “Amico (etairos), come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”.

Mt 26,48-50: “«Quello che bacerò, è lui; arrestatelo!». Subito si avvicinò a Gesù e disse: «Salve, Rabbì!». E lo baciò. E Gesù gli disse: «Amico (etairos), per questo sei qui!»”.

  • SENZA L’ABITO NUZIALE=nel regno di Dio la condizione per partecipare è la conversione. Gesù già l’aveva detto: “Convertitevi perché è vicino il regno di Dio”. Conversione significa sostituire i valori esistenti con quelli proposti da Gesù.

Il regno di Dio è un’alternativa per la società, dove al posto dell’accumulare ci sia il condividere, dove al posto del comandare ci sia il servire. E questo si deve vedere attraverso azioni concrete che lo manifestino.

13Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”.

  • LEGATELO MANI E PIEDI E GETTATELO FUORI NELLE TENEBRE…=sono le immagini tipiche della Bibbia, prese dal linguaggio rabbinico, per indicare il fallimento della propria esistenza (hanno perso una possibilità unica!). I capi religiosi, i sommi sacerdoti, gli anziani, i farisei, quelli che si ritenevano i più vicini a Dio, i privilegiati del regno, proprio loro invece non ci sono entrati, sono stati esclusi.

14Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».

  • MOLTI=tutti. Il regno di Dio viene offerto a tutti.
  • SONO CHIAMATI MA POCHI ELETTI=pochi che accettano di cambiare vita (conversione) e di aderire a questa festa che è il Vangelo. E sarà sempre così! Gesù Cristo può essere accolto da pochi non perché questi siano un’elite, ma perché ti richiede “abito bianco”, ti richiede cioè una libertà, un amore, un cuore grande, che è frutto di un cammino di cambiamento e di conversione.

Cosa dice allora questa parabola?

  1. Il messaggio di Gesù (che è espresso meglio da Lc) è: “Vi ho fatto un invito e non l’avete accolto”. E siccome voi non l’avete accolto, allora io ho invitato degli altri e loro lo hanno accolto. Gesù è stato rifiutato dai sapienti, dai religiosi, da quelli che già “avevano Dio”, il loro Dio e la loro immagine di Dio, così radicata e fissa che non sono riusciti a cambiarla. Allora Gesù si è rivolto ad altri: pubblicani, lontani, donne, eretici, senza-Dio, e loro lo hanno accolto.

L’accusa che facevano a Gesù era: “E’ capace di trovare seguito solamente tra i pezzenti, i disperati e i poco di buono” (Mt 11,11; 11,19). E Gesù: “Per forza, voi non mi volete!”. Mt spiega i motivi del rifiuto dell’invito. Ognuno ha i suoi buoni motivi (il campo=il lavoro; gli affari=i propri interessi), ma in realtà sono solo giustificazioni.

C’è sempre una buona, ottima, giustificazione per rifiutare il messaggio di Dio. “Ho poco tempo; lavoro tutto il giorno; devo stare con i miei figli; mi piacerebbe tanto!; io prego tanto per conto mio!; se avessi più tempo…”. Ma la vera domanda è: “In realtà, vuoi o non vuoi?”. La vera domanda è: “Perché hai paura? Cos’è che ti fa paura?”. Perché spesso il “non posso” è semplicemente un “non voglio”.

Il vangelo è ciò che Dio fa per te. Dio vuole amarti, perdonarti, starti accanto, essere la tua forza, non farti sentire solo, darti sostegno, farti felice: ma perché rifiutarlo?

Viene uno e ti dice: “Ti regalo cento milioni di euro. Prendi!” e noi li rifiutiamo. Ma perché?

Viene uno e ti dice: “Pranzo gratis oggi, pago io!”. E noi rifiutiamo. E perché?

Perché siamo orgogliosi!

Quando Gesù parla di Dio, di suo Padre, ne parla come di un padre misericordioso che non gliene frega niente di ciò che suo figlio fa e anche se rovina la sua vita, i suoi beni, lui lo attende e lo ama. Ma noi non vogliamo questo Dio. Noi vogliamo che Dio sia “cattivo”, che premi, che punisca, che ci tiri le sberle, che sia da conquistare con le buone opere o con i meriti. Ma Dio non è così.

Perché lo rifiutiamo? Siamo orgogliosi, cioè, non vogliamo farci amare.

Quando si è piccoli a volte si impara che l’amore si conquista. Se fai quello che papà e mamma vogliono allora ti vogliono bene. Ma se non fai quello che loro vogliono, allora non ti vogliono più bene: “Sei cattivo; hai fatto arrabbiare il papà!; non ti voglio più bene…”, urla, distanze fisiche ed emotive, bronci, ecc.

Cosa impara allora il bambino? A. Che l’amore si conquista. Se fai quello che gli altri vogliono allora sei amato. B. Che l’amore è sofferenza: per avere l’amore dei genitori occorre guadagnarselo, faticare, rinunciare a sé. Quando poi il bambino sente parlare di Dio e che Dio ti ama, lui applica il suo concetto di amore: l’amore di Dio si conquista. Per cui il bambino, adesso adulto, crede che solamente soffrendo, faticando, impegnandosi, sacrificandosi, Dio lo amerà. Quando poi ascolta il vangelo: “Dio ama tutti, buoni e cattivi, vicini e lontani”, dentro di sé c’è una ribellione: “Eh no!”. Lui non può farsi amare. Lui non può accettare di essere amato gratuitamente. Lui ha bisogno di portare dei meriti: “Vedi come sono bravo; vedi come sono perfetto; vedi come sono in regola: come puoi non amarmi?”. Ma Dio non è così. Lui ha bisogno di far vedere di sé solo la faccia bella, santa, perché, proietta in Dio ciò che i suoi genitori rifiutavano: “Se mi faccio vedere cattivo… se li odio… se m’arrabbio…, mi rifiutano”. Quindi non può vedere la faccia brutta, piena d’ombra, di giudizio, di “cose brutte” che ha dentro e se la deve nascondere altrimenti crederà che Dio non lo vorrà più. E’ troppo orgoglioso: lui l’amore se lo conquista (è ciò che ha imparato).

Ma l’amore, invece, non si conquista: l’amore è gratuito, l’amore è un dono. Accettare il vangelo e l’amore di Dio è lasciare che lui ci ami anche nelle nostre schifezze, nei nostri sbagli e nel nostro marciume. Solamente quando non è meritato si può sapere cos’è l’amore. L’ordine del re è chiaro: “Chiamate buoni e cattivi” (Mt 22,10). Io amo tutti.

Un anziano ha raccontato che un giorno, da giovane, scoprì il nascondiglio dove i suoi genitori tenevano i soldi. Ce n’erano molti; lui li prese e li spese tutti. Quando i suoi genitori lo scoprirono s’arrabbiarono molto e pensò che avrebbe giustamente ricevuto una punizione esemplare. Suo padre lo chiamò e gli disse: “Hai fatto una cosa che non dovevi fare. Non farla più. E ricordati, che sei sempre nostro figlio”. E lui dice: “In quel giorno imparai cos’è l’amore: ricevere qualcosa che non si merita ma che fa così bene al cuore”. E dice ancora: “I miei genitori persero i soldi ma guadagnarono un figlio”.

Nel nostro profondo noi pensiamo che Dio sia un nemico, un avversario, un controllore, uno che punisce e che ci giudica.

Quando andavo a catechismo il cappellano diceva: “Chi vuole farsi prete?”. E io mi nascondevo sotto il banco e speravo che non guardasse proprio me (“Siamo in tanti in chiesa: vuoi proprio che veda me?”). E “mi toccavo” e toccavo tutto ciò che potesse servire perché non chiamasse me. Dio mi sembrava una cosa terribile, una sfortuna, da evitare.

Noi chiesa abbiamo un po’ trasmesso quest’idea ma nel vangelo Dio viene per il nostro bene. E se vuole qualcosa, vuole solo il meglio per noi. E lui ci manda continuamente degli inviti d’amore: ma che ne facciamo noi?

C’è un bellissimo film, The Blind Side (2009), con Sandra Bullock. E’ la vera storia di Michael Jerome Oher (nato nel 1986), un ragazzone di 193 cm di altezza e del peso di 140 chili. Michael è un diciassettenne senza padre e con la madre che si fa di crack. Va a scuola ma i problemi economici sono enormi, il suo quoziente intellettivo è basso e la sua timidezza alta (anche perché la sua stazza è imponente). Uno così non può che dire: “Ma Dio dov’è? Dov’è l’amore di Dio?”. Eppure, Dio ti vuole bene e ti manda degli inviti che, se li prendi, saranno la tua salvezza. Infatti viene notato da una famiglia benestante (i Tuohy) che si prende cura di questo ragazzo “sfortunato”.  A Michael fanno tutta una serie di test: i risultati sono scoraggianti. Dappertutto risulta insufficiente, eccetto uno: ha un comportamento protettivo altissimo (98%). Ma di fronte a tutto questo, che si può fare? Nel football potrebbe forse riuscire, ma è timido e non è capace di placare nessun avversario nonostante la sua mole.  Per tutti è un caso disperato e senza vie d’uscita. Un giorno Sandra Bullock (la signora Tuohy che se ne prende cura) va in campo e gli dice: “Senti Michael, vedi tutti questi, sono i tuoi fratelli e le tue sorelle, questa è la tua famiglia e tu la devi difendere”. Cosa fa? Fa leva sull’unica cosa che lui sa fare: proteggere i suoi familiari. E i suoi compagni di squadra e soprattutto il quarterback (il lanciatore) non sono più dei giocatori ma la sua “famiglia” che lui deve difendere (dagli altri giocatori che rappresentano i nemici). In quel giorno cambia tutto: qualcuno l’aveva finalmente “visto, capito”.

Oggi Michael Oher è giocatore professionista nella NFL dei Baltimore Ravens. Dio è buono e ti vuole bene: prendi i suoi inviti! Lasciati invitare da lui. Lasciati amare da Lui e da quelli che Lui ti manda.

Mt vuole spiegare la storia di salvezza di Israele. Eravate il popolo eletto: Dio vi aveva chiamato ma voi non avete accettato il suo invito. Dio vi aveva mandato i profeti ma voi non li avete ascoltati. Adesso al pranzo di nozze sono invitati i pagani e tu Gerusalemme sarai distrutta. Non è una punizione ma solamente la conseguenza del rifiuto del popolo ebreo.

Ognuno ha quello che vuole. Israele ha fatto la sua scelta, adesso ne ha le conseguenze. Non è Dio che ha buttato fuori Israele: è Israele che vivendo rifiutando il vangelo (senz’abito nuziale) si è buttata fuori da Dio.

Allora questo vangelo dice: 1. ognuno tira le conseguenze delle proprie scelte. Allora: ciò che succede non è un caso ma la conseguenza di ciò che essi fanno. Non accetti gli inviti della vita: ci sono delle conseguenze. Tutto qui.

C’è un ragazzo “spericolato” in moto. Tutti gli dicono: “Vai piano, perché ti fai male!”. Una, due, tre volte… la vita invita, ma bisogna ascoltarla. Ha fatto un incidente ed è paralizzato. Dice: “Com’è ingiusta la vita!”. “Eh no! non hai voluto ascoltarla!”.

Una donna si sogna da anni di lei in classe che insegna con i suoi bambini. Le dico: “Ti piacerebbe fare la maestra?”. “Oh sì, è sempre stato il mio sogno”. “E, allora!”. Ma sono una commessa, dovrei riprendere gli studi… E se mi sbaglio?”. “Capisco, ma come te lo deve dire Dio, allora?”.

C’è un uomo sempre nervoso e “scattoso”. Sua moglie gli ha proposto una terapia individuale; i suoi amici un corso di conoscenza di sé; il suo datore di lavoro degli incontri di training autogeno per abbassare la sua carica aggressiva, ma lui ha rifiutato tutto. E dice: “Ho il demonio dentro!”. “No, non hai nessun demonio; è che non vuoi farti aiutare!”.

Alexander Fleming prese gli inviti della vita. Fleming (1922) aveva un forte raffreddore da parecchi giorni: prese delle secrezioni nasali e le incubò su delle piastre per osservare la crescita batterica. Il giorno seguente una sua lacrima cadde sulla coltura. La cosa rimase lì. Ma il giorno dopo si accorse che i batteri erano cresciuti dappertutto eccetto proprio lì dove c’era la lacrima. Casualità? No, invito della vita. Nella lacrima, quindi, c’era una sostanza antibiotica naturale. Così scoprì il lisozima che ha sì un’attività antimicrobica, ma non in grado di distruggere i microbi più resistenti.

Nel 1928 Fleming stava svolgendo delle ricerche sul virus dell’influenza. Si assenta per tre giorni dal suo laboratorio e si dimentica di buttare via le provette che stava studiando. Al ritorno, prende in mano la piastra e vi trova qualcosa di strano: c’era una muffa e dove c’era la muffa le colonie non erano cresciute. Casualità? No, inviti della vita. In quella muffa c’era qualcosa che non faceva crescere i microbi. Così nacque la penicillina. Nacque perché ad un invito, ad un messaggio, Fleming fu attento.

Ognuno avrà esattamente quello che vorrà. Ogni vita è la conseguenza delle proprie scelte.

  1. Solo chi è libero (=povero; non ricco) segue il Signore. Dov’è la differenza fra quelli che accettano l’invito e quelli che rifiutano? Quelli che rifiutano hanno già “le loro cose” (Mt 22,5): affari, campi, impegni, idee, credenze. Sono già “occupati” e quindi non c’è spazio per altro. Quelli che accettano, invece, sono gente ai crocicchi delle strade (Mt 22,9; Lc 14,21 specifica: poveri, ciechi, storpi, zoppi) e ai crocicchi delle strade ci sta la gente che non possiede nulla, perché se uno possiede qualche campo o attività ovviamente non se ne sta lì. E’ gente povera, nullatenente.

E’ qui la differenza: quando tu hai già “qualcosa”, per accettare l’invito devi lasciare ciò che hai. Se tu, invece, non hai nulla, sei libero: non hai nulla da lasciare. Ma cosa vuol dire questo spiritualmente per noi? Che solo chi è libero segue il Signore.

Un uomo vuole fare la scuola di teologia: è un suo grande desiderio. Ma è “occupato” dal giudizio degli altri, dei suoi amici, infatti, nessuno va in chiesa né crede: “E se lo vengono a sapere? e se poi mi prendono in giro?”. Capibile, ma se fosse libero seguirebbe il proprio cuore.

Un uomo vuole iniziare un corso di pet therapy. Se è libero si dice: “E’ ciò che desidero da sempre. Costa un po’, ma va beh! Non so se sarà il mio lavoro, ma intanto lo faccio”. Ma se è “occupato” dalla paura, allora inizia a dire: “Ma ne vale la pena? e se poi non trovo lavoro?”; se è “occupato” dalla svalutazione dirà: “Non mi prenderanno mai!; ce la farò?; troppo impegnativo!”.

Un uomo ha trovato un nuovo gruppo d’amici. Si trova bene con loro. Il punto è che lui ha la credenza dentro di sé che “gli altri ti fregano”, per cui non si lascia andare, non si apre, non si mette veramente in gioco e vive sempre sulla difensiva. Se fosse libero potrebbe sentire e gustare quant’è bella l’amicizia.

Chiami una persona, non ti risponde e neppure il giorno dopo. Se tu sei libero, ti dici: “Forse sarà impegnato; forse non ha visto la chiamata; forse aspetta di avere un attimo di tempo”. Ma se tu hai “già qualcosa” allora tu riferisci tutto a te. Se tu hai la credenza “io non valgo”, allora dirai: “Ecco, vedi, non interesso alle persone”, oppure: “Bell’amico” e penserai che ce l’abbia con te.

Un giorno, un gruppo di ranocchi si trovò per fare una gara: c’era da arrivare in cima ad una torre. La gente diceva: “Non ce la faranno mai!”. I ranocchi iniziarono, ma presi dallo scoraggiamento, nessuno di loro ce la fece: “E’ davvero impossibile! E’ proprio come si dice!”. Ma uno di loro, provò e riprovò e dopo eroici sforzi, arrivò in cima alla torre. Tutti erano increduli. Gli si avvicinarono e gli chiesero: “Ma come hai fatto?”. Ma lui tirò dritto. Come fece? Era sordo.

Quando tu hai una credenza, vivi e agisci in base a ciò che credi (“non ce la faremo mai”). Ma se sei libero…

 

Pensiero della Settimana

 

Se sei libero sei padrone di te stesso.