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XXVII domenica del tempo ordinario

4 ottobre 2020

 

  • Prima lettura: Is 5, 1-7
  • Salmo: 79
  • Seconda lettura: Fil 4, 6-9
  • Vangelo: Mt 21, 33-43

 

Questa è una delle parabole più dure pronunciate da Gesù e condanna la religione del tempo e i suoi capi: “Non avete colto Dio che si manifestava nei profeti e nel suo figlio Gesù”. E sì che erano i rappresentanti di Dio! “Voi credete di sapere chi è Dio… e invece voi uccidete Dio nei suoi rappresentanti”.

Dal 70 d.C., con la distruzione di Gerusalemme, questa parabola fu letta come una conferma che la Chiesa aveva preso il posto di Israele: proprio Israele, quel popolo tanto amato da Dio, non aveva saputo rispondere alle sue chiamate e non aveva accolto i messaggeri di Dio. Anzi, Israele si sentiva al sicuro, era certo, di sapere chi era Dio: dalla sua parte aveva la Scrittura (A.T.).

E perché Israele ha “ucciso” i messaggeri di Dio? Perché accoglierli significava convertirsi, cambiare, rimettere in gioco idee, credenze, istituzione, ecc. In sostanza si chiama convenienza: non conveniva cambiare perché richiedeva troppi sconvolgimenti.

Il nemico di Dio nei vangeli si chiama proprio convenienza. La convenienza rende refrattari e ostili all’azione divina.

Ma la questione rimane per ognuno di noi e per ogni tempo: Dio non è di nessuno, neanche della Chiesa (anzi la Chiesa è di Dio!). Nessuno è suo proprietario. E’ possibile che io non ascolti la voce di Dio (tramite i profeti?). E’ possibile che io condanni proprio ciò che è la salvezza (profeti)? E’ possibile che Dio mi mandi tanti “angeli” (angelo=messaggio) e io li uccida? E come sarà la mia vita se “uccido” tutti i suoi messaggeri?

Dopo aver detto alle massime autorità religiose, ai sommi sacerdoti, agli anziani, che le categorie da loro ritenute escluse dall’azione divina, pubblicani e prostitute, avrebbero preso il loro posto nel regno di Dio, adesso afferma che cosa accadrà alle autorità religiose: saranno sostituite!

21,33Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo, che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano.

  • ASCOLTATE=”ascoltate”, non è un invito, ma un imperativo, un ordine. E’ ciò che accadrà! E’ la terza parabola che Gesù fa e che ha come protagonista la vigna.
  • POSSEDEVA UN TERRENO=dev’essere chiaro che il terreno è del padrone. Sembra scontato ma non lo è: infatti, i contadini si dimenticano di questo! Ma a noi è chiaro che questa nostra vita è nostra? Che è un dono? E che un giorno lo dovremo restituire? Ci è chiaro che la moglie/marito/figli non sono nostri: non ci appartengono? Sono un dono, non una proprietà! A noi è proprio così chiaro che gli altri non sono nostri e che quando accampiamo pretese, rivendicazioni, non facciamo altro che trattare “come nostro” ciò che non è nostro? A noi ci è proprio così chiaro che tutte le cose che abbiamo non le possediamo? Noi diciamo “sei mia” ma è stupido perché nessuna cosa ci appartiene. La proprietà privata, a ben pensare, non esiste. Nulla è nostro!
  • VIGNA=la vigna era l’immagine del popolo di Israele secondo la figura che si trova in Is 5. C’è una vigna e c’è il suo padrone. Nella Palestina vi erano questi grandi padroni stranieri con grandi latifondi. Il terreno veniva coltivato da affittuari o mezzadri. Naturalmente il padrone era all’estero e quando il raccolto era pronto veniva portato via. I conflitti erano frequenti sia per lo sfruttamento scriteriato da parte dei padroni sia perché non ogni anno vi era un buon raccolto, sia perché a volte i poveri affittuari cercavano di “fare i furbi”.
  • PIANTO’… CIRCONDO’… SCAVO’… COSTRUI’…=queste parole stabiliscono la grande premura, la grande cura di questo signore per la vigna. E’ ciò che Dio ha fatto per Israele: si è veramente preso cura di Lui con amore e premura.

34Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto.

Arriva il tempo del raccolto e come è ovvio e come è normale manda i suoi servi a ritirarlo (Mt 21,34). Fin qui tutto normale, tutto come ogni anno. Ma adesso succede l’imprevisto. Cosa fanno i servi?

  • TEMPO=il termine kairos=tempo opportuno, propizio. Il tempo (chronos) non solo passa ma può essere un tempo propizio, opportuno, utile, favorevole (kairos), se tu lo leggi, se tu accogli i suoi messaggeri, se tu accetti i messaggi della vita.

35Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono.

  • UNO LO BASTONARONO… UCCISERO… LAPIDARONO…=non è frutto di fantasia: è la sorte dei profeti. Ma non solo quelli di Israele, quelli di ogni tempo. Continuamente Dio ha mandato profeti nel suo popolo e continuamente questi profeti sono stati rifiutati, perseguitati e spesso sono stati uccisi. Perché? I profeti da sempre invitano a un cambiamento, ma coloro che sono installati nel potere non desiderano cambiare, ma mantenere il loro privilegio, la loro posizione di prestigio.

I servi hanno una reazione furiosa, furibonda, esplosiva: è logica questa reazione? No. E’ assurda la reazione dei servi perché il padrone è sempre vivo, ed è ovvio che qualcosa farà di fronte a questa reazione. Forse da qualche parte vi era una legge che permetteva di usucapire un fondo abbandonato: ma questa terra non è abbandonata e il padrone di certo interverrà.

L’atteggiamento illogico dei servi, se da una parte, storicamente, descrive le reazioni violente di fronte all’oppressione brutale dei padroni, dall’altra, nel contesto di Mt, serve a descrivere la stupidità, l’ottusità, di ciò che i servi fanno: “Non ha senso! Ma come si può reagire così?”.

36Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo.

  • MANDO’ DI NUOVO ALTRI SERVI=ma non è logico! Se hanno fatto così con i primi perché dovrebbero fare diversamente con i secondi? Infatti il padrone manda degli altri servi più numerosi – si noti l’escalation! – (Mt 21,36). Ma visto ciò che era successo ai primi, come poteva aspettarsi una reazione diversa? E infatti!

Ci sono due illogicità, ma molto diverse tra loro. 1) La prima, i servi: perché pensano che sia loro ciò che non è loro. E’ un’illusione, è stupidità, è inconsapevolezza. 2) La seconda, quella del padrone, è, invece, frutto di amore: “Ci provo un’altra volta! Ma dai che forse questa volta capiranno! Dai, diamogli un’altra possibilità!”.

37Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. 38Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”.

  • DA ULTIMO=viene un tempo – non per colpa del padrone – in cui non ci sono più possibilità. Oltre un certo limite non è più possibile: non perché Dio non ti voglia più bene, ma perché tu ti sei chiuso così tanto che Lui non può più entrare. Dio è Amore, sempre e di continuo. E ti manda sempre messaggeri: “Cambia… smetti… lascia stare…”.

Un uomo prendeva ogni cosa che non gli andava bene come un attacco a sé: e così covava rancore. Il medico un giorno gli ha detto: “Se contini così, ti verrà un’ulcera!”. E, infatti, gli è venuta! Non è Dio o la Vita, cattivo, sei tu che non accogli i suoi messaggi.

Un altro uomo continuava a disinteressarsi dell’insoddisfazione della moglie, che gli chiedeva qualche piccola attenzione in più. Passati vari anni, e poiché la situazione non cambiava minimamente, un giorno non la trovò più a casa. E’ inutile lamentarsi: bisognava ascoltare i “messaggi” prima.

Una ragazza continua a compiere dei gesti autolesivi: si taglia le braccia (sono messaggi: “Sto soffrendo troppo! Dolore esci da me attraverso questi tagli: non so come farlo”). I genitori non vogliono che nessuno si intrometta. Che accadrà?

In un’azienda il capo fa il “bello e il cattivo tempo” con i dipendenti che si sentono delle pedine. Molti di loro si sono a più riprese lamentati del suo regime dittatoriale. Un giorno, un dipendente, esasperato, passa delle informazioni segrete alla concorrenza. Certo, gesto deprecabile, ma quanti segnali c’erano stati prima?

Allora: ascolta i messaggi che la Vita ti invia perché ci sarà un ultimo messaggio (in realtà la Vita continua a mandarteli!), dopo di che, ti sarai così corazzato, così anestetizzato, così impaurito, così lontano dal tuo cuore e dal coraggio, che non ci sarà più nulla da fare.

  • MANDO’ LORO IL PROPRIO FIGLIO=ma è completamente illogico questo comportamento! Anzi, proprio per quello che era successo prima, perché lo manda? Come fa a mandare suo figlio visto quello che avevano già fatto ai servi? Chi farebbe una cosa simile? Cosa si aspettava?

Il comportamento del padrone è dettato dalla logica dell’amore: “Avranno rispetto di mio figlio”.

Il comportamento dei vignaioli è dettato dall’ostilità e dall’odio: “Uccidiamolo e avremo noi l’eredità”. Il figlio dev’essere figlio unico e sperano di avere l’eredità: ma è illogico pensare questo. Come avrebbe non potuto intervenire il padrone?

  • FIGLIO MIO=l’espressione “figlio mio” (ton uion autou) indica l’unico figlio, che è quello che rappresenta il padre, che eredita tutto. E’ chiaro chi è: Gesù!

Che illusione! Il Figlio unico è il pericolo più grande! Ma mentre per il padrone è: “Vi amo così tanto che vi mando ciò che ho di più caro perché possiate capire”, per i contadini è: “Questo è il pericolo numero uno, facciamolo fuori”.

Il calcolo di questi contadini (=le autorità religiose) è basato soltanto sulla loro convenienza. Le autorità religiose hanno rispetto soltanto per se stesse, non per gli altri: tutto quello che loro fanno è basato sulla loro convenienza e non sul bene degli altri. Gesù smaschera il fatto che il vero Dio del tempio si chiama interesse, si chiama convenienza.

Gesù non è morto perché questa fosse la volontà di Dio, ma è morto per l’interesse della casta sacerdotale al potere.

Mentre Gesù per il bene degli uomini ha sacrificato la propria convenienza, le autorità, per la propria convenienza, sacrificano il bene degli uomini e non esitano addirittura ad assassinare il figlio di Dio.

39Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero.

Essere cacciati fuori significa, secondo Lv 24,14, la condanna che era riservata ai bestemmiatori. Le massime autorità religiose del popolo ritengono Gesù, il figlio di Dio, un nemico di Dio, un bestemmiatore. E come tale va eliminato.

40Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?».

41Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo». Ecco la sentenza che essi stessi si danno!

  • LI FARA’ MORIRE MISERAMENTE=lett. è “farà miserabilmente perire questi miserabili” oppure “quei malvagi malvagiamente li distruggerà”. Cioè il padrone farà loro quello che sono: sono malvagi, così moriranno!
  • DARÀ IN AFFITTO LA VIGNA AD ALTRI CONTADINI =i popoli pagani.
  • CONSEGNERANNO I FRUTTI A SUO TEMPO=nei vangeli sono proprio i pagani (i secondi chiamati, perché i primi chiamati, gli ebrei, rifiuteranno il vangelo) che accolgono Gesù (portano frutto).

42E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture: La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo; questo è stato fatto dal Signore ed è una meraviglia ai nostri occhi?

  • La pietra che i costruttori hanno scartato…=Gesù con profonda ironia – teniamo presente che si rivolge a persone pie come i sommi sacerdoti e gli anziani che conoscono benissimo la Scrittura – come se fossero ignoranti, cita il Sal 118: “Non avete mai letto nelle Scritture: “La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo”?”. Cioè: c’era già scritto che la pietra scartata (io; pagani) è in realtà la pietra più importante.

43Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti.

  • PERCIÒ IO VI DICO=ed ecco la sentenza di Gesù.
  • SARÀ DATO A UN POPOLO CHE NE PRODUCA I FRUTTI=qual è questo popolo che produce frutto? Non quello che tutti pensano ma un popolo lontanissimo dalla religione: prostitute, pubblicani e pagani. Sono questi che sono “passati avanti”, che sono diventati il popolo prediletto di Dio (Mt 21,32).

 Gesù lo aveva detto che le categorie ritenute dalla religione le più lontane, quali erano le prostitute e i pubblicani, erano passate avanti, non nel senso di precedere, ma di prendere il posto. Gesù adesso lo dice chiaramente “sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo”, si intende un popolo pagano, “che ne produca i frutti”.

44Chi cadrà sopra questa pietra si sfracellerà; e colui sul quale essa cadrà, verrà stritolato». 45Udite queste parabole, i capi dei sacerdoti e i farisei capirono che parlava di loro.

E’ un vero peccato che nella versione liturgica sia stato tolto questo versetto 45 che è quello che fa comprendere a chi è rivolta questa parabola. Per chi sono queste parole? Eccoli qua: i sommi sacerdoti e i farisei.

46Cercavano di catturarlo, ma ebbero paura della folla, perché lo considerava un profeta.

Si sono pentiti? Ma neanche per sogno! Le parole di Gesù non suscitano pentimento ma suscitano desiderio di ucciderlo. Le autorità, i capi, chi ha il potere, non si pentono mai, perché pentirsi vorrebbe dire perderlo!

Per chi dice Gesù questa parabola? Non ci sono molti dubbi: per Israele e per i suoi capi.

A noi non dice molto ma tutti gli ebrei conoscevano Is 5,7: “La vigna del Signore degli eserciti è la casa di Israele; gli abitanti di Giuda la sua piantagione preferita”.

Is 5,1 dice: “Canterò per il mio diletto il mio cantico d’amore per la sua vigna”. Israele era l’orgoglio, il popolo preferito, la vigna di Dio. E loro erano fieri di esserlo! E chi doveva capire ha capito: “I sommi sacerdoti e i farisei capirono che parlava di loro” (Mt 21,43).

E Mt vuole proprio dire questo. Infatti, a che servono tutti i particolari della siepe, del frantoio, della torre? Se tu leggi Is 5,1-7 vi trovi proprio quei particolari: siepe, frantoio, torre. La vigna è Israele; il padrone è Dio; i vignaioli sono i capi religiosi; i servi, i profeti. Tutto è chiaro.

Dio (padrone) ha amato il suo popolo (vigna) ma questo ha rinnegato il suo amore e i suoi messaggi d’amore (i profeti). E poco più avanti (Mt 23,37) Gesù dirà: “Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi quelli che ti sono inviati”.

Sì, è stato così: Isaia, Geremia, Ezechiele e tutti i profeti che non sono stati ascoltati. Erano dei messaggeri che richiamavano Israele a convertirsi, a ritornare sulla retta strada, ma non furono ascoltati. Anzi, spesso furono veramente uccisi o lapidati.

E il figlio? Il figlio è chiaro, è Gesù. Dio manda ciò che ha di più caro, di più prezioso: suo figlio. Come a dire: “Più di così, cosa posso fare per voi? Cosa posso dirti di più perché tu possa cambiare?”. Più di così Dio non può niente: Dio le tenta tutte, ma se uno non vuol capire, nessun messaggio è buono.

E loro stessi si condannano: “Cosa farà dunque il padrone?”. “Farà morire miseramente quei malvagi e darà ad altri la vigna” (Mt 21,41). “Sì, sarà proprio così: vi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato ad altri (ai pagani, alla Chiesa) e la pietra (Gesù) che voi avete scartato, ucciso fuori da Gerusalemme (fuori dalla vigna; Mt 21,39) sarà invece la pietra d’angolo” (Mt 21,41-44).

Cosa dice quindi Gesù?

  1. “Israele è stato infedele e sarà sostituito dalla chiesa”. E così fu!
  2. “Sento, so, che la mia fedeltà a Dio mi sta portando alla morte: è la fine di tutti i profeti e probabilmente sarà anche la mia fine”. E non si sbagliò: fu proprio così!

Cosa può dire a noi questo vangelo? Ciò che non serve viene eliminato.

Il popolo d’Israele non è stato fedele a Dio ed è stato “sostituito”. Non che Dio lo abbia eliminato, ma è un principio storico e biologico.

Tanti milioni di anni fa noi essere umani, in quanto provenienti dagli animali, avevamo la coda: ma, poiché non ci serviva più, l’abbiamo eliminata. Ciò che non serve viene eliminato. Gli embrioni umani hanno ancora la coda e misura un sesto dell’embrione stesso; viene poi riassorbita dallo sviluppo successivo. Di tanto in tanto succede che qualche bambino nasca con la coda (coda vestigea), atavismo di ciò che fummo un tempo.

Ma la legge è uguale: tutto ciò che non serve viene eliminato.

Nei primi secoli in Turchia o in Africa c’erano comunità veramente fiorenti. Ad esempio a Cartagine in un sinodo tra il 218 e il 222 erano presenti 70 vescovi africani e numidi; e attorno al 240 circa 90 vescovi. A metà del III secolo in Africa dovevano esserci tra 130-150 vescovi. Dove sono finite quelle comunità?

Oggi la Chiesa vive un momento difficile e “sparisce” nelle nostre città e in molte parti del mondo. Certo possiamo attribuire la colpa all’esterno (consumismo, cultura individualista, demoralizzazione, ecc.) ma a che ci serve fare questo? E se, invece, ci fosse un motivo interno? Ciò che non è più significativo, la storia nel tempo lo elimina. E’ così per il nostro corpo, è stato così per Israele e per molte comunità cristiane africane.

Che cosa devono fare le persone?

Il padrone fa tutto bene: pianta, circonda, scava, costruisce, affida. E’ la cura e l’amore di Dio. Gesù quando dice ciò parla di sé: “Io sono venuto nel nome dell’amore, della bontà, della guarigione, della non-violenza, per darvi una vita piena e sensata. Ma mi avete rifiutato. Perché? Vi ho guariti, fatti resuscitare, sfamati, perdonati, illuminati, vi ho fatto sentire quanto perdutamente vi amo, cos’altro dovevo fare?”.

E ciò che hanno fatto gli operai, in fin dei conti, è ciò che anche noi facciamo. Abbiamo visto i tuoi miracoli, ma i nostri occhi non ti hanno riconosciuto. Abbiamo visto la tua vita ma la nostra vita non è cambiata, né si è convertita. Abbiamo sentito le tue parole ma il nostro cuore non si è lasciato contagiare. Abbiamo sperimentato le tue guarigioni ma la nostra mente si è chiusa in disquisizioni teologiche per ucciderti ed eliminarti finché eri sulla terra perché ci facevi troppa paura.

Ma che cosa dovevi fare Gesù? Ma di che cosa doveva parlarci Gesù per avere la nostra fiducia? Che cosa dovevi fare perché ti accogliessimo, ti accettassimo, ti facessimo entrare nel nostro cuore? Ti abbiamo rifiutato e ti rifiutiamo solo perché tu ci dici la verità?

Che cosa devono fare le persone perché possiamo credergli che vengono nel nome dell’amore? Che cosa devono dirci o dimostrarci le persone? O il problema siamo noi? O il problema è il nostro cuore?

Noi non vediamo i migliaia gesti d’amore che le persone ci fanno e continuiamo a recriminare. Non vediamo la bontà che c’è attorno a noi, di chi ci aiuta e ci sostiene. Non vediamo la bellezza che ci circonda e che ci illumina ogni mattina quando apriamo i nostri occhi. Non vediamo la vita e l’amore che pulsa attorno a noi e che potrebbe stupire e rallegrare la nostra vita, ma continuiamo a lamentarci per quello che ci manca e che non abbiamo.

Quando uno muore allora sì che ci accorgiamo di quanto era importante e di quanto ci amava: perché non farlo prima? Bisogna arrivare a perdere le persone per rendersi conto di quanto sono importanti?

Eravate d’accordo con vostro marito che passava a prendere in pasticceria il dolce da portare ai vostri amici. E, invece, se l’è dimenticato. Quando arriva a casa lo distruggete di parole: “Dovevi fare solo questo! Sei sempre il solito!”. Un gesto, un comportamento, rovina la persona che avete davanti. Ma quell’uomo lì stamattina si è alzato e ti ha preparato la colazione; è andato in un ufficio e ha aspettato pazientemente in coda senza fare il furbo; al lavoro è un uomo onesto; ti ha telefonato nella pausa pranzo e ti ha detto che ti vuole bene; quando è arrivato ti ha chiesto scusa: “Proprio non ce l’ho fatta, scusami!”. Basta un gesto per distruggere tutto, per rovinare un rapporto, per eliminare tutto il resto?

Quando tuo figlio prende “insufficiente” a scuola allora vai su tutte le furie. Ma perché non gli fai una festa quando prende “buono, ottimo”? Perché non ti accorgi di tutte le volte che ci mette impegno e studia? Perché quando va bene gli dici: “Hai fatto solo il tuo dovere!”?

Eri amico con quella persona da vent’anni. Poi ti ha fatto uno sgarbo e hai chiuso tutto: “Io ho chiuso con quello lì. Non doveva farmelo. Mi ha mentito finora!”. Ti basta così poco per offenderti? Sei così egoista, concentrato su di te, che alla prima ferita chiudi tutto? E’ lui il problema o sei tu?

C’è una storia che racconta che due uomini, soci di un’azienda, fallirono. Il debito era di due milioni di euro, quindi uno a testa. Chiedevano aiuto ai familiari, agli amici, alle persone, a tutti per pagare il loro debito. Le persone offrivano quel che avevano: chi mille euro, chi cinquecento, chi trecento, ecc. Il primo era sdegnato da quelle offerte così piccole: “Che me ne faccio di offerte così piccole?”. Il secondo, invece, raccolse tutto e in un paio d’anni il suo buco finanziario fu coperto.

Avere un buco d’amore è difficile da accettare, per tutti. Quando noi pretendiamo dagli altri, questo è un segnale chiaro che abbiamo un buco d’amore: “Tu non fai questo… tu non ci sei mai… tu preferisci gli altri… tu non ci sei… la gente non ti dà niente… sono tutti egoisti… ognuno pensa a sé…”.

Quando ho un buco d’amore, io sono uno di quei due uomini: ho un buco enorme. Le persone, ciascuno in maniera diversa, mi vogliono bene, mi amano. Certo, non possono riempire, soddisfare tutta la voragine che io ho dentro. Ma se lo accetto, mi vogliono bene.

Posso essere il primo uomo: chiedo al mio partner, ai miei amici, di colmare il mio buco. Allora chiedo a loro qualcosa che non possono dare né fare, perché quello è un compito solo mio. Se faccio così, mi sentirò sempre non amato e rifiuterò l’amore che invece potrei ricevere. Sarò pieno di pretese, di richieste e continuamente insoddisfatto.

Posso essere il secondo uomo: accetto il bene che la gente mi dà, anche se non è come io vorrei; accetto che nessuno può riempire del tutto la mia voragine, sono felice di ciò che ricevo, lo sento, ringrazio, e se faccio così, nel tempo, guarisco e il mio buco si riempie.

Ma cosa devono fare le persone per farci sentire il loro amore?

Un pesce aveva sete e cercava l’acqua. La cercava così tanto… che morì di sete. Avesse saputo che vi era immerso…

Noi possiamo leggere questo vangelo anche così: ascolta i messaggi che ti arrivano.

La vigna sono io: e sono una bella vigna! Il padrone, Dio, ha fatto tutto bene con me (Mt 21,33). Poi ha affidato a ciascuno la sua vigna: è la nostra esistenza. E ci ricorda: “Guarda che non è tua la vita. Non essere così stolto da pensare che la vita sia tua. E’ solo un dono. Lavoraci, usalo bene, fallo fruttificare, godi dei suoi frutti. Ma ricorda la legge per tutti: non è tua, è Mia”.

Poi, siccome di tanto in tanto si accorge che noi “usciamo” di strada, allora ci manda un messaggio: “Così non funziona, attento! Se vivi così muori dentro, rovini le relazioni, lasci morire il tuo cuore, ecc.”. Ma che facciamo noi? Ce ne infischiamo dei suoi messaggi e continuiamo a vivere come prima.

Allora il Gran Padrone ci manda un altro messaggio, un angelo, un profeta, che ci dice: “Guarda che così non va! Attento! Sei fuori dalla tua strada”, ma noi ce la ridiamo e proprio ci disinteressiamo. E siccome ogni volta che arriva un messaggio del Capo Buono, noi non lo ascoltiamo, lui è costretto a mandarci un messaggio “più forte” per vedere se riusciamo a dargli ascolto.

E, dice il vangelo, viene un momento in cui è troppo tardi, in cui i “vignaioli” si sono così rinchiusi nelle loro idee e diventati insensibili, che nessuno può fare più niente (neanche il Figlio, Gesù).

C’è un incendio in casa. La moglie sta dormendo. Il marito corre su di corsa e la scuote per svegliarla, ma lei continua a dormire. Allora la sberletta, ma lei continua a dormire. Allora lui le tira quattro sberle, ma lei continua a dormire. Allora lui disperato le tira un pugno: è doloroso, ma se serve! Ma siccome lei ancora non si sveglia, allora lui prende una mazzo da baseball vicino al letto e la colpisce violentemente: e questo è pericoloso… ma se lei non si sveglia, è necessario!

Quando noi leggiamo questa parabola diciamo: “Ma come hanno fatto a non capire? Ma erano proprio stupidi! Ma come pensavano di farla franca?”. Ci sembrano davvero stolti quei vignaioli. Ma…

Dio è buono e ci manda dei messaggi (angelo, in greco=messaggio), degli angeli. Dio non ci costringe, non ci forza, non ci toglie la libertà. Ci invita ma mai ci costringe. I messaggi di Dio sono come una chiamata telefonica: il telefono suona ma bisogna alzare la cornetta! Altrimenti suona invano! La Vita è piena di messaggi… per chi alza la cornetta.

Una donna sbatte sempre addosso agli oggetti. Si può mettersi a ridere di questo. Si sbatte perché non si vede ciò che si dovrebbe vedere. Che cosa non vede che dovrebbe vedere? Oggi non vede gli oggetti: ma se un giorno non vedesse un’auto? O una persona sul ciglio della strada?

Un’altra donna perde sempre le chiavi di casa. Perché uno è costretto a perdere le chiavi? La chiave di una cosa è la soluzione per aprire quella porta. Ma non si può avere sempre la soluzione, la ricetta, la risposta facile e risolutiva per ogni cosa. Non c’è il libro delle risposte e delle soluzioni. Bisogna “perdere” le chiavi per trovare da sé la propria soluzione. Lei vuole certezze (le chiavi), risposte: forse ha bisogno di imparare a trovare da sé la sua risposta alle sue domande, senza chiedere sempre “fuori”.

Un uomo ha le mani “lasche” (così le chiama lui): quando prende una cosa in mano gli sfugge, come se non avesse forza. Le mani (il fare) fanno ciò che lui non vuole fare: si è costretto a fare delle cose che non vuole fare e si sforza. Le sue mani gli stanno dicendo: “Lascia andare! Non trattenere questo lavoro che dentro non vuoi fare! Perché vuoi (volontariamente) fare ciò che in realtà (dentro di te) non vuoi fare?”. Oggi “perde” gli oggetti, ma domani, se non coglie il messaggio, cosa potrà perdere?

Un altro uomo continua a fare incidenti d’auto contro altre auto. L’auto è l’autonomia. Perché la vita fa ciò che tu non vuoi fare. Nella sua autonomia lui “sbatte”, entra in conflitto, calpesta gli altri: chiunque è sulla sua strada lui lo distrugge. Il messaggio è chiaro: “Non si può calpestare gli altri”. Cosa potrà accadere nel tempo se non ascolta il messaggio?

Un ragazzo perde sempre il portafogli. Il portafogli contiene i soldi (=il nostro valore) e i documenti (=la nostra identità). Perché perde (=lasciare agli altri) il suo valore e la sua identità? A chi è in mano il suo valore? Chi definisce la sua identità e ciò che egli è? Lui ha capito: il suo valore lo dettavano gli altri e lui sentiva di valere (identità) in base a quello che gli altri dicevano. E da quando ha capito che il proprio valore dipende da sé e non dagli altri, non ha più perso il portafogli.

Anche il nostro corpo ci manda dei messaggi: che si fa?

Un ragazzo ha l’alopecia (caduta dei capelli). Si può dire: succede! E far finta di niente. E se fosse un messaggio? L’aiuto a quest’uomo è arrivato nel modo più casuale possibile: la Vita, in realtà, parla sempre, basta solo avere le orecchie aperte. Finché guardava la televisione ha visto un documentario sulla volpe dove si diceva che la volpe costruisce il suo nido strappando i peli del suo corpo per fare un piccolo nido-cestino dove poi partorisce i suoi piccoli. Sua nonna era morta qualche mese prima. Sua nonna era stata “una madre”, un riferimento per lui: aveva perso il suo nido e il suo conforto. Non era riuscito a piangere, ad esprimere la sofferenza e ad accettarla. Si fece aiutare medicalmente e psicologicamente e oggi è guarito.

Un uomo s’è rotto il tendine d’Achille. L’aiuto a volte viene dalle parti più svariate. Visto che doveva stare fermo in malattia, s’è messo a leggere. E leggendo gli è venuta sotto mano la storia di Achille, soprannominato “piè veloce o piè rapido”, l’eroe mitologico greco. Già questo lo aveva toccato: anche lui era “piede rapido” visto che per lavoro era sempre in giro per il mondo. Leggendo, però, una frase, ebbe una rivelazione: “Achille era soggetto al suo destino per cui non poteva mai fermarsi e mai poté fissarsi in un posto”. Una frase semplicissima ma era lui. Lui era così stanco di girare il mondo (ma è difficile dirsi questo quando guadagni bene!) e questo gli impediva una stabilità affettiva e di vita. Rompersi il tendine di Achille era la soluzione buona per fermarsi, per smettere di girare e iniziare a mettere radici stabili.

Un uomo aveva una psoriasi fortissima. I rimedi non avevano effetto. Il suo medico di base un giorno gli dice: “Lei ha la pelle come il pesce della sabbia”. Che frase è? Forse il suo medico sapeva molto bene ciò che diceva o forse no, fatto sta che comunque l’uomo è curioso e si va a vedere in internet cos’è questo pesce della sabbia. Il pesce della sabbia (scincus scincus) è un pesce che realmente nuota nella sabbia del Sahara. Milioni di anni fa nel Sahara c’era l’acqua e questo pesce si è adattato al nuovo ambiente di origine passando dall’acqua alla sabbia, e per questo ha cheratinizzato la sua pelle. E’ come, simbolicamente, se avesse fatto la psoriasi. E quest’uomo ha capito: “Il mio ambiente di origine non sarà mai più lo stesso”. Guarda caso, la psoriasi gli è apparsa dopo la morte dei suoi genitori, a distanza di qualche mese uno dall’altro, quando era giovane. Il suo ambiente d’origine (padre e madre da cui si è separato), non poteva mai più essere lo stesso di prima!

Certo non c’è un manuale di decodifica: ogni messaggio è unico, ognuno risente ciò che accade in base al suo vissuto. Ma la Vita e il nostro corpo ci parlano sempre: ho bisogno di iniziare ad ascoltare i suoi messaggi. Se so questo (che la Vita mi parla sempre), inizio ad ascoltarla, e la ascolto secondo il suo linguaggio (delicato e rispettoso) che non è il mio.

La Vita è buona e ci in-vita ogni giorno con dei piccoli grandi messaggi. Qualunque cosa ti succeda, ti arrivi, chiediti (senza ansie!): “Cosa mi vuol dire? Cosa devo imparare?”. Allora ogni giornata diventa una scuola di vita e finché vivi, tu ti formi e impari. Non c’è maestro più grande della vita per chi la ascolta. E’ vivendo che impareremo a vivere.

Ma per chi non la ascolta, invece, la vita è un peregrinare stupido, insignificante, senza senso e tanto doloroso. E più che un amico, è un nemico da cui difendersi.

Ciò che è importante è accogliere tutto, ascoltare ciò che ci succede, guardare, porsi delle domande e sapere che Dio è presente sempre e in ogni cosa. Nulla è all’infuori di Lui. Lui c’è, quindi in ogni fatto, in ogni evento, in ogni malattia, in ogni situazione. Tutto parla o niente parla.

Ciò che conta è rimanere aperti e anche se qualcosa non lo si capisce subito, è importante non buttare la cosa in cantina, in soffitta, dimenticarlo, ma tenerlo lì. A suo modo e a suo tempo parlerà. Angelo, in greco, vuol dire messaggero: “Ascolta i tuoi angeli”.

C’è una storia che rende bene: ci fu una grande inondazione. L’acqua era salita fino al primo piano e l’uomo si rifugiò nel tetto. Arrivò la protezione civile su di una barca per portarlo in salvo. Ma l’uomo disse: “Dio mi ha detto che qualunque cosa mi capiti lui mi salverà”. E non ci fu verso di farlo salire. L’acqua arrivò al tetto e di nuovo la protezione civile venne per prenderlo. “Dio mi ha detto che lui mi salverà”. L’acqua gli arrivò al collo. Vennero di nuovo, ma l’uomo fu irremovibile. Sapete cosa capitò: che morì affogato. Quando andò di là e incontrò il Gran Capo gli disse: “E che mi avevi detto di non preoccuparmi! Mi avevi detto che qualunque cosa sarebbe capitata tu mi avresti salvato…!”: E il Gran Capo rispose: “Amico, ti ho mandato tre barche”.

 

Pensiero della Settimana

 

Ci sono sempre due scelte nella vita:

accettare le condizioni in cui viviamo

o assumersi la responsabilità di cambiarle.