“Sì” che sono “no” e “no” che sono “sì”

XXVI domenica del tempo ordinario

27 settembre 2020

 

  • Prima lettura: Ez 18, 25-28
  • Salmo: 24
  • Seconda lettura: Fil 2, 1-11
  • Vangelo: Mt 21, 28-32

 

Siamo nell’ultima parte del vangelo di Mt (Mt 19-25) prima della passione. Gesù è già entrato in Gerusalemme e si è già scontrato con il tempio, cacciandone i venditori (21,12-17). La tensione e la conflittualità tra Gesù e i capi (scribi, farisei, anziani, sommi sacerdoti) è altissima.

Tutti questi capitoli trasudano conflitto. Gesù dirà di loro cose tremende, inaccettabili per gente che si considerava pura, d’esempio, religiosa per cui intoccabile. Tutto il capitolo 23 è un’invettiva sull’ipocrisia e sulla stupidità di questi religiosi. Questa era gente che faceva parte del sinedrio e loro gliela faranno pagare, uccidendolo. Perché ciò che non può essere accettato, qualunque cosa sia, dev’essere eliminato.

In questo contesto si situa la parabola di oggi.

Cosa succede prima di questo vangelo (Mt 21,12-27)? I capi religiosi sono furibondi contro Gesù perché Gesù ha dichiarato che il tempio è un covo di ladri dando implicitamente a loro dei “banditi”. Allora si scagliano contro Gesù e chiedono con quale autorità Gesù faccia questo. E Gesù non risponde alla domanda ma chiede: “Prima ditemi voi con che autorità esercitava Giovanni il Battista. Veniva il suo insegnamento dal cielo”, cioè da Dio, “o dagli uomini?” (Mt 21,23-27). E adesso sono le autorità a non rispondere. Non rispondono perché tutto il loro comportamento è in base alla convenienza. Tutto quello che fanno è per la loro convenienza. Ed è in base alla loro convenienza che ragionano, infatti, così.

Se diciamo “del cielo”, allora diranno “E perché non gli avete creduto?”. Quindi confessano di non aver creduto all’inviato da Dio. Se diciamo “dalla terra” è un problema, perché la gente che ci ubbidisce pensa, invece, che sia davvero un profeta del cielo, inviato di Dio. Quindi non rispondono, per cui dicono: “Non sappiamo”. Ma non è che non sanno, è che non vogliono compromettersi.

21,28«Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: “Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna”.

  • FIGLIO=teknon=figliolo mio: è un termine pieno di tenerezza. È lo stesso verbo da cui nasce la parola “partorire”, e quindi è un verbo di grande tenerezza materna.
  • VIGNA=la vigna è immagine del popolo di Israele (è la vigna del Signore).
  • SI RIVOLSE=pros-erchomai=andò verso: è la richiesta di una disponibilità.

29Ed egli rispose: “Non ne ho voglia”. Ma poi si pentì e vi andò.

  • NON NE HO VOGLIA=quindi, c’è un primo figlio che risponde di no all’invito del Signore, ma poi si pente.
  • MA POI SI PENTÌ=e si usa il verbo metamelomai che vuol dire pentirsi nel senso di cambiare idea (Mt 21,32). La sua prima reazione è: “No!”, ma poi ripensandoci ci va. Quindi in questo figlio vi è un processo, una dinamica, un movimento. Da qualche parte, in qualche modo, ci ripensa, torna sulla scelta fatta e la cambia. Quindi qualcosa avviene dentro: vi è una messa in discussione.

Nell’altro, invece, il suo no interno (un falso sì fuori) rimane: non vi è alcuna messa in discussione.

30Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: “Sì, signore”. Ma non vi andò.

  • SI RIVOLSE AL SECONDO=visto che il primo, apparentemente, gli ha detto di no, si rivolge al secondo. Ed è importante: dalla condotta sembra un no quello del primo, ma invece…
  • “SI, SIGNORE”=mai fidarsi di quelli che dicono “Sì Signore!”. Questo figlio non ha nessuna intenzione di collaborare all’azione di questo signore al quale si rivolge con tanto ossequio.

Osservate: questo figlio è beneducato, ha stile, modo, dice al Padre: “Sì, signore”. Era delle buone maniere dei ragazzi ebrei chiamare il proprio padre: “Signore”. Ma non ci va. Questo figlio ha un rapporto di obbedienza col padre. Anche lui non ne aveva voglia ma non si è ascoltato, ma per paura di deludere, di dire di no, ha detto un “sì” formale e non voluto.

Nell’antichità, l’amore, il rispetto e l’onore per i genitori erano doveri fondamentali dei figli. Il pater familias era il capo della famiglia. Il Siracide (Sir 3,3-4.14) considera l’onore reso ai genitori un’opera che espia i peccati.

  • MA NON VI ANDO’=nelle parole di Gesù c’è l’eco della denuncia del profeta Isaia 29,13-14 ripresa dallo stesso Gesù: “Questo popolo mi onora con le labbra ma il suo cuore è lontano da me”. La mentalità del tempo diceva: “Non si disobbedisce al padre, anche se non si è d’accordo o se la si pensa diversamente”. Disobbedire al padre era un gesto riprovevole.

Allora: ad entrambi il padre rivolge lo stesso invito: “Va’ a lavorare nella vigna” (Mt 21,28). Nessuno dei due ha voglia di andarci.

Il I° non teme di deludere suo padre, è coerente con ciò che sente (“no”) e il suo “sì” successivo è coerente (visto che cambia idea).

Il II° invece ha paura di deludere suo padre, non è coerente con ciò che ha dentro e il suo “sì” fuori è un “no” dentro.

31Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Risposero: «Il primo». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio.

  • CHI DEI DUE HA COMPIUTO LA VOLONTÀ DEL PADRE?=sarebbe stato meglio che anche questa volta fossero stati zitti (cfr. Mt 21,27), che non avessero risposto.

Se noi guardiamo a ciò che i due figli dicono, non possiamo che dire: “Il primo male, il secondo bene”. Il primo infatti gli dice di no, il secondo, invece, di sì. Ma se noi guardiamo ai fatti, a ciò che essi fanno, dobbiamo concludere il contrario: “Il primo bene, il secondo male”, perché il secondo non fa niente. È chiaro cosa vuol dire Gesù: ciò che conta non è ciò che si dice o ciò che si mostra, ma il risultato.

Ma chi sono per Gesù questi che dicono di “sì” fuori e di “no” dentro? Sono i sommi sacerdoti e gli anziani con cui Gesù discute nel brano prima di questo (Mt 21,23-27). Questa gente qui erano i membri del sinedrio: come potevano non condannarlo? Non c’è da meravigliarsi che Gesù sia morto: c’è da meravigliarsi che sia vissuto così tanto.

Non solo, ma di loro dice: “I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio” (Mt 21,31). Pensate un po’, come se Gesù dicesse ad un vescovo, ad un prete: “Le prostitute sono meglio di te!”. Ma Gesù non ce l’aveva a priori con i religiosi.

Pensate cosa disse ai suoi familiari quando un giorno, finché lui predicava, andarono a trovarlo (fratelli e Maria). Quando comunicano che c’è sua madre e i suoi fratelli, Gesù risponderà: “E chi è mia madre e i miei fratelli? Non loro ma chi fa la volontà del padre mio” (Mt 12,46-50). Sono parole sgradevoli da sentirsi dire da un figlio o da un fratello. Ma Gesù non fa sconti a nessuno, chiunque esso sia.

  • IN VERITÀ IO VI DICO=amen, amen: è un’affermazione solenne, importante.
  • I PUBBLICANI E LE PROSTITUTE VI PASSANO AVANTI NEL REGNO DI DIO=Gesù contrappone ai sommi sacerdoti e agli anziani, cioè i primi della società, i primi di Dio, gli intimi di Dio, pubblicani e prostitute, che sono gli ultimi della società, gli esclusi da Dio.
  • VI PASSANO AVANTI NEL REGNO DI DIO=pro-ago=passare davanti, non indica una precedenza: “Loro sono prima di voi; loro vi sono davanti e voi siete dietro”, ma un’esclusione: “Loro hanno preso il vostro posto!”. Quelli che voi pensate siano responsabili del ritardo del regno di Dio, loro ci sono già e voi siete rimasti fuori.

32Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli.

  • GIOVANNI INFATTI VENNE A VOI SULLA VIA DELLA GIUSTIZIA=mai le autorità religiose crederanno ad un inviato da Dio. Mai! Sono completamente refrattarie agli annunci divini. Sono completamente sordi alla parola del Signore.
  • I PUBBLICANI E LE PROSTITUTE=le categorie considerate le più lontane da Dio, quelle per le quali si credeva fosse ritardato il regno, invece lo hanno accolto.
  • MA POI NON VI SIETE NEMMENO PENTITI COSÌ DA CREDERGLI =nel vangelo di Matteo tre volte appare il verbo “pentire” (meta-melo).

Mt ci fa comprendere che le autorità religiose sono completamente refrattarie alla buona notizia di Gesù perché dovrebbero perdere il loro potere, i loro privilegi e il loro prestigio. E la buona notizia di Gesù è un invito ad essere espressione dell’amore che si fa servizio per gli uomini.

Cosa mi dice questo vangelo?

  1. L’amore non si trova dove viene proclamato ma dove viene vissuto. Dio non si trova dove viene proclamato ma dove viene vissuto. La fede non si trova dove dovrebbe trovarsi ma dove realmente c’è.

Perché Gesù dice che le prostitute e i peccatori vi passano davanti?

Lc riporta un episodio (Lc 7,36-50) dove “una di quelle”, una prostituta, va da Gesù. Formalmente, con la sua condotta, il suo è un “no” al vangelo e a Gesù. Eppure per Gesù ciò che fa è un “sì”.

Gesù stava mangiando a casa di un fariseo (=puro), Simone. E quando questa donna entra, bagna i piedi di Gesù con le lacrime e glieli asciuga con i capelli. Sono gesti sensuali: la donna usa le sue arti per dimostrare l’amore. Quello che poteva apparire sacrilego, invito a peccare, diventa, invece, fede per Gesù.

Gesù vede questa donna che tutti sanno cos’è: lei impura viene davanti a tutti, si espone al giudizio, lo contamina con la sua impurità e usa per amarlo solo ciò che sa (i suoi “strumenti”). Si potrebbe dire: “Ma che schifo!” (cosa che Simone, il puro fariseo, fa Lc 7,39). Ma Gesù non guarda all’esterno ma al suo cuore e dirà: “La tua fede (=ciò che hai fatto) ti ha salvato” (Lc 7,50).

In Simone, nei farisei e nei religiosi del tempo, Gesù vi vedeva molto risentimento e giudizio.

Gesù, invece, amava i pubblicani e le prostitute non perché approvasse ciò che facevano, ma perché questa era gente che ci provava a vivere. Era gente che si buttava ai suoi piedi, che piangeva, che si disperava, gente cioè che si mostrava per quello che era, che non si vergognava e non nascondeva i propri problemi, disagi, ferite. Gente che si accorgeva di aver sbagliato, gente che cambiava vita. Gente dal cuore grande, che faceva follie, perché solo chi ama, solo chi è innamorato può far follie: come quella donna che versò il profumo sui suoi piedi o quella che pianse e che con i suoi capelli riasciugò i piedi.

Sono i gesti dell’amore: folli per chi ha il cuore duro, rigido; gesti d’amore, di misericordia, di vita per chi vive. Gesù diceva: “Qui c’è vita… amore… bellezza… verità… rapporti veri: qui c’è Dio!”.

Avete mai osservato? Ogni volta che Gesù va in chiesa (sinagoga) succede un problema, tant’è vero che ad un certo punto non ci andò più e che un giorno nel tempio, pieno di rabbia, buttò all’aria tutto. Perché? Perché il grande pericolo di ogni chiesa, ieri come oggi, è quello di trasmettere dottrine, catechismi, proposizioni dogmatiche, regole, e non di far sperimentare, vivere, sentire Dio.

Gesù, invece, ha vissuto e stava là dove c’era la vita: dove c’era il dolore, la gioia, dove la gente si commuoveva, chiedeva scusa, si mostrava per quello che era senza vergognarsi e senza nascondersi, dove la gente non aveva un’immagine da sostenere e una maschera da portare. Gesù stava dove c’era la vita perché Lui, la Vita, non poteva che stare lì.

4 rabbini furono visitati durante il sogno da un angelo che li portò a contemplare la gloria di Dio.

Il 1° disse: “È stato solo un sogno; non esiste niente di ciò che ho visto”.

Il 2° disse: “Nella Bibbia si dice che Dio non si dà a vedere all’uomo”. E in obbedienza a ciò che è scritto, si disse di essersi ingannato.

Il 3° ci pensò tutta la vita e studiò tutti i suoi giorni per comprendere cosa fosse la gloria di Dio.

Il 4° rabbino prese la penna e scrisse una poesia, prese una cetra e vi compose una canzone e ogni sera che guardava sua figlia nella culla, vedeva qualcosa di quella gloria di Dio. Lui, la gloria di Dio, la visse.

Dio è Vita (Gv 10,10): se Dio non vi fa vivere appieno e totalmente, è meglio cambiare Dio.

Nella sua autobiografia il Mahatma Gandhi racconta di come quand’era studente in Sudafrica avesse nutrito un profondo interesse per la Bibbia, soprattutto per il discorso della Montagna. Si convinse che il Cristianesimo era la risposta al sistema delle caste che per secoli aveva costituito una piaga per l’India e pensò seriamente alla possibilità di diventare cristiano.

Un giorno si recò in chiesa per partecipare alla messa e farsi dare le istruzioni necessarie. All’ingresso lo fermarono e gli spiegarono gentilmente che se desiderava ascoltare la messa poteva farlo in una chiesa riservata ai negri. Egli se ne andò e non vi ritornò mai più. E scrisse: “Anche se lì vi si parlava di Dio, lì non c’era amore e se non c’era amore non c’era neanche Dio”.

  1. E se io sono tutti e tre questi personaggi del vangelo?

Il mio profondo (il padre) mi chiama: “Vieni, fai questa scelta, compi questo taglio, fai questo cambio”. È un’intuizione, un desiderio, una passione, una chiamata che percepisco chiara. È il mio profondo (Dio) che mi chiama: lo so che è buono per me.

Ma ci sono 2 parti (i due figli): una dice di sì perché sa che quello è il suo bene e un’altra dice di no, perché sa che ciò comporta cambiamenti, fatiche e rimesse in gioco.

Cosa accade spesso? Accade che le dico di sì ma poi inizio a dire: “È difficile! (buona giustificazione per non fare)… ma gli altri non vogliono!… e poi?… e se mi sbaglio?… e chi me lo garantisce?…”, e così il sì iniziale diventa un no per la mia paura.

Qual è la volontà di Dio: che se anche prendo paura o mi sembra una cosa troppo grande per me (il no iniziale), io lo faccia e lo segua. Perché la felicità viene dal seguire ciò che ci rende felici. Libertà non è fare quello che si vuole ma quello che ci fa veramente bene, in altre parole ciò che Dio ci comanda. E se Dio (coscienza) ci comanda qualcosa, bisogna farla, anche se è impopolare. Ciò che s’ha da fare, s’ha da fare. Se Dio chiama non c’è altra vera possibilità che dirgli sì, qualunque cosa voglia dire e qualunque cosa comporti. Il resto ci rende tristi.

Leonard Laskow è un ostetrico, ginecologo e chirurgo di successo e in ascesa di notorietà. Un giorno, nel 1971, sente un dolore al braccio. Fa la diagnosi e lui, chirurgo, capisce subito: cancro osseo. Sa perfettamente il protocollo: l’amputazione. Il mondo gli crolla addosso: non avrebbe mai più potuto essere chirurgo. Un dolore enorme. Una notte fa un sogno e una voce gli dice: “Il tuo lavoro è quello di guarire attraverso l’amore”. Si risveglia sgomento e non vuole accettare tutto questo (“no”).

Tutti gli dicono: “Ma sei pazzo?”. Ma poi l’accetta, cambia vita e diventa guaritore (“sì”). E, tra l’altro, cosa non da poco, guarisce!

I discepoli di due grandi religioni si trovarono. Gli uni iniziarono: “Il nostro Dio l’abbiamo pregato e ha fatto questi miracoli… ha guarito queste persone… ecc. E il vostro?”. Allora gli altri risposero: “Da voi è miracolo quando Dio fa la volontà dell’uomo; da noi invece è miracolo quando l’uomo fa la volontà di Dio”.

  1. E se sono il primo figlio? Mando un messaggio (“no”) ma invece ne sottintendo un altro (“sì”).

Questa cosa si chiama: doppio messaggio. Per questo Gesù dirà: “Il vostro parlare sia sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno” (Mt 5,37). Cioè: non usate doppi messaggi.

Una madre torna a casa e dice a suo figlio: “Non mi abbracci?”. Allora il bambino corre, le butta le braccia al collo e la madre dice: “Dopo, non adesso” oppure è fredda e distaccata o infastidita. Il bambino va in crisi: devo abbracciarla (verbale), non devo abbracciarla (non-verbale).

Una donna rimprovera al marito di non avere “attenzioni” per lei. Quando lui le si avvicina o la accarezza, lei si ritrae sempre o trova scuse. Lui non sa più che fare: è incastrato in un doppio messaggio. Se le dà “attenzioni” lei lo rifiuta (punizione); se non gliele dà lei lo colpevolizza (punizione). Qualunque cosa non funziona!

Se io ti dico: “Ma dai, devi essere spontaneo!”. Se obbedisci al mio comando non sei più spontaneo, se non obbedisci non sei spontaneo. È un messaggio paradossale.

C’è una madre in spiaggia che dice al suo bambino: “Vieni qui a giocare vicino a me che stiamo insieme”. Il bambino tutto contento arriva e si mette a giocare vicino a lei. Allora lei gli dice: “Ma quanto rumore fai!… Ma stai fermo, non vedi che sto parlando!… Vai più in là che non capisco cosa mi dice (la vicina)… Ma sei sempre attaccato alle gonne!…”. Il bambino va in tilt: qualunque cosa faccia non funziona.

Una madre dice alla figlia adolescente: “Lo sai che a me puoi raccontare tutto”. Allora la ragazza le racconta che ha il ragazzino e lei le dà della “poco di buono”.

Il capo dice al dipendente: “Tu ti gestisci come vuoi”. Ma poi va sempre a controllare.

Il papà dice al figlio: “Ti arrangi da solo a fare i compiti che sei in grado”. Ma poi lo aiuta sempre.

Io sono un parlamentare e dico ai miei nemici politici: “Siete tutti comunisti”. Se non dicono niente vuol dire che lo sono; ma se si difendono è perché appunto sono comunisti.

Oppure ai giudici dico: “Siete psicopatici”: se non dicono niente allora vuol dire che lo sono; se si difendono prova appunto che lo sono.

Un giudizio (“tu sei…”) è sempre un doppio messaggio: se non dici niente prova che lo sei; se ti difendi prova che lo sei, perché ti stai difendendo.

Tra marito e moglie. Lei: “Mi ami?”. “Certo cara!”. “Perché non me lo dici mai?”. “Te lo sto dicendo adesso!”. “Me lo dici perché te l’ho chiesto”. “Ma te lo sto dicendo”. “Sì ma non è spontaneo”.  Se glielo dice non è spontaneo; se non glielo dice non la ama.

Il doppio messaggio (sì e no) è la morte della comunicazione perché qualunque cosa tu faccia sbagli. Nei casi gravi, con i bambini, nel tempo può portare perfino alla schizofrenia.

Il tuo parlare sia “sì, sì; no, no”: il resto (“si, no; sì, ma, ecc.”) viene dal maligno, è distruttivo.

  1. E se sono il secondo figlio? Cambiare opinione è segno d’intelligenza.

Un mulo portava tutte le mattine, ormai da moltissimi anni, della legna da un’azienda agricola ad un’altra, passando sempre per lo stesso sentiero attraverso il bosco. Piovve per diversi giorni e una frana tagliò il sentiero provocando un burrone. Il giorno seguente, durante l’abituale tragitto, il mulo, osservò il cambiamento del sentiero e si trovò fermo e disorientato di fronte al burrone: ”Qui ci dovrebbe essere il sentiero ne sono assolutamente sicuro”. Pensò, ci ripensò e poi concluse: “Percorro questo sentiero ormai da troppi anni per essermi sbagliato, non può esserci un burrone. Il sentiero non può essere sparito o cambiato”. Così proseguì la sua strada… precipitando mortalmente nel burrone.

Winston Churchill: “Fanatico è colui che non può cambiare idea e non intende cambiare argomento”.

Ho il diritto di cambiare opinione o idea.

Molte volte ci siamo sentiti dire: “Tu devi essere coerente con quello che dici”, che voleva dire: “Non puoi cambiare idea, opinione”. Ma rimanere attaccati alla nostra opinione è superficialità. Ho un’idea e qualunque cosa succeda la mantengo: non è coerenza è disabilità mentale.

Tutte le grandi scoperte furono fatte perché qualcuno cambiò idea su qualcosa. Se Colombo non avesse cambiato l’opinione che la Terra era piatta, l’America non ci sarebbe. Se Einstein e amici non avessero cambiato idea, penseremo ancora che l’atomo è indivisibile. Se i fratelli Wright non avessero cambiato l’idea del padre, non avrebbero creato l’aeroplano.

Milton Wright vescovo della Chiesa dei fratelli Uniti in Cristo, andò una volta in una piccola università. Lì, dopo aver tenuto una conferenza, ci fu una cena col rettore e i docenti. La discussione durante la cena finì sulla fine del mondo. Il vescovo Milton disse: “Tutto ciò che c’era da scoprire è stato scoperto”. Il rettore disse: “Secondo me, invece, l’umanità è alle soglie di nuove e più brillanti scoperte”. Il vescovo scoppiò in una gran risata: “Sciocchezze, caro mio, – disse Milton Wright – se fosse stato nei piani di Dio che noi volassimo, Egli ci avrebbe fornito di ali. Il volo è riservato agli uccelli e agli angeli”. E tutti concordi, eccetto il rettore, lo applaudirono per questa sua arguta affermazione. Il vescovo Milton Wright aveva 2 figli: Orville e Wilbur Wright, gli inventori del primo aeroplano!

Se Lyonel Messi non avesse cambiato idea (gli avevano detto: “Non potrai mai giocare a calcio con la tua malattia”) oggi non sarebbe il più grande giocatore del mondo.

Se Milton Erickson (fondatore dell’ipnosi ericksoniana) non avesse cambiato idea (aveva avuto un attacco di poliomielite e il dottore disse a sua madre: “Morirà prima di sera”), non avrebbe vissuto.

La vita è evoluzione, cambiamento, divenire.

Di fronte ad una persona mi do il permesso di dire: “Mi sono fatto un’idea sbagliato su di te, scusa”. Le persone dicono: “La prima impressione è quella che vale”: la prima impressione è solo la prima impressione! “Cambia prima di essere costretto a farlo”, Jack Welck.

Di fronte a qualcosa che ritenevo assoluto mi do il permesso di dire: “Pensavo, ma non lo è!”. “Coloro che non cambiano mai le proprie opinioni si amano più di quanto amano la verità”, Joseph Joubert.

Di fronte a Dio mi dico: “Tu non sei come pensavo” e non rimango accozzato alle mie vecchie idee solo per paura di perderle o di cambiarle.

Di fronte a qualcosa che credevo di me, mi dico: “Io non sono solo così”.

Di fronte ad un’opinione sbagliata mi legittimo a dire: “Scusa, mi sono sbagliato”. “Niente è più pericoloso di un’idea, quando questa idea è l’unica che si ha”, Emile Chartier.

Di fronte ad una scelta mi do il permesso di dire: “Ci ho ripensato”. “Le persone preferiscono un problema familiare che una soluzione nuova”, Neil Postman.

Di fronte a ciò che si è sempre fatto così, mi permetto di dire: “E adesso si cambia!”. ““Si fa così da anni” è la confessione che il sistema non funziona”, Deming William Edwards.

Un ubriaco camminava per la strada con entrambe le orecchie deturpate da vesciche. Un amico gli chiese che cosa gliel’avesse provocate. “Mia moglie ha lasciato il ferro da stiro acceso, così quando è suonato il telefono, per sbaglio, ho preso in mano il ferro da stiro”. “Ho capito, ma l’altra orecchia?”. “Quel maledetto idiota ha ritelefonato!”. Meglio cambiare idea!

Se ho detto o pensato finora una cosa, adesso mi permetto di pensarne o dirne un’altra.

 

Pensiero della Settimana

 

L’autenticità è far sì che il sì fuori corrisponda al sì interno;

è far sì che il no fuori corrisponda al no interno.