La musica è solo di chi sa suonarla e l’amore è solo di chi sa viverlo

XXIII domenica del tempo ordinario

6 settembre 2020

 

  • Prima lettura: Ez 33, 1. 7-9
  • Salmo: 94
  • Seconda lettura: Rm 13, 8-10
  • Vangelo: Mt 18, 15-20

 

La comunità di Matteo non era perfetta, ma, come dappertutto, c’erano dei conflitti. Matteo parla alla sua comunità dando delle regole, delle norme, dei consigli. Non vanno presi alla lettera perché sono stati scritti per uomini che hanno vissuto duemila anni fa in un determinato ambiente e in una determinata cultura, molto diversa dalla nostra. E’ il tentativo di Matteo di tradurre in pratica, in regole, in comportamenti, lo spirito di Gesù.

Noi dobbiamo rimanere fedeli non alle regole, che mutano nel tempo, ma allo spirito di Gesù. Perché mentre le regole cambiano secondo i secoli e i tempi, lo spirito rimane per sempre.

Ricordo che c’era un prete che ti mandava fuori dalla chiesa se ci andavi con i pantaloni solo un po’ corti o con una maglietta a maniche corte. Lo spirito rimane, è sempre lo stesso, ieri come oggi: “In chiesa si viene per pregare, per nutrire la propria anima e non per sedurre qualcuno”. Oggi però, se qualcuno ha i pantaloni al ginocchio o la manica corta non è più un problema. E’ importante non attaccarsi alle regole ma cogliere lo spirito, cioè, il senso, il significato che c’è dietro.

Va colto, allora, il senso profondo: la tua fede si traduce in gesti, in comportamenti, in modi di pensare. Se Dio ce l’hai dentro al cuore non si vede tanto da quanto lo nomini, ma soprattutto nelle tue relazioni.

18,15Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello;

  • SE TUO FRATELLO=quindi è un componente della comunità (perché ci si chiamava fratelli).
  • COMMETTERA’ UNA COLPA=amartano=commettere uno sbaglio, in ebraico indica una freccia che non raggiunge il suo bersaglio. Voleva fare centro e invece ha sbagliato a scoccare la freccia.
  • VA’=osservate: è la persona offesa che va verso l’offensore. Spesso chi ha offeso non ha il coraggio o la forza di chiedere scusa. Allora dev’essere la parte lesa che va dall’offensore per ricomporre il dissidio.

“E se aspetta che lo chiami io!… con quello che mi ha fatto? Ne deve passare di tempo prima che lo saluti… voglio proprio vedere con che coraggio mi saluta!”. Se qualcuno ci fa qualcosa noi aspettiamo che sia lui a venire.

Ma a volte le persone feriscono senza sapere di aver ferito: magari hanno fatto solo una battuta; magari non pensavano che una tale parola o azione avesse tali conseguenze; magari neppure si sono accorti di aver ferito; magari noi siamo ipersuscettibili: cioè ci basta un niente per offenderci; magari hanno sbagliato. Allora tocca a noi andare da chi ci ha offeso e dirgli: “Quella parola che tu mi hai detto mi ha ferito molto… quel comportamento per me è stato fonte di dolore… mi puoi spiegare perché hai detto così…”.

Sono io che sono stato ferito e sono io che mi devo prendere cura della mia ferita. Invece noi vorremmo che fossero gli altri a farlo. Ma è la mia ferita.

  • AMMONISCILO=convincilo (lett.) e non ammoniscilo. Non è la posizione di un superiore verso un inferiore ma è la posizione di un fratello che cerca di ricomporre l’unità. Non è la posizione di chi cerca uno da colpevolizzare: “E’ colpa tua! Vergognati! Fai schifo!”, perché altrimenti diventi come lui. E’ la posizione di chi, nell’amore, cerca di trovare un punto di unione.
  • FRA TE E LUI SOLO=quindi senza nessuna pubblicità o senza tirare in ballo altre persone. Qui c’è lo stile dell’amore: non si tratta di giudicarlo, di screditarlo o di svergognarlo davanti a tutti, ma di ricomporre l’unità.

Cosa diceva l’A.T. a questo riguardo? Il Levitico (Lev 19,17): “Rimprovera apertamente il tuo prossimo, così non ti caricherai d’un peccato per lui”. A quel tempo era normale denunciare apertamente quello che uno faceva. Se sai una cosa dilla a tutti. Gesù, quindi, propone una cosa del tutto nuova, rivoluzionaria, contro la legge e la prassi comune.

Se hai un problema, dice Gesù, tocca a te andarci (“Se tuo fratello… una colpa contro di te… vai tu”). C’è qualcosa che non va fra te e qualcuno, vai da lui e glielo dici. Se ci vai, avrai il suo punto di vista, forse ti ricrederai, forse non era come tu pensavi; vai a sentire di persona, non basarti su quello che dice la gente.

Ecco che questo vangelo ci mette davanti alcune semplici regole di comunicazione.

La prima regola è: hai un problema con Tizio vai da Tizio a parlargli.

E noi che facciamo invece? Abbiamo un problema, un contrasto, un’opinione differente con Tizio, e andiamo subito a sparlare e a malignare con Caio. Hai un problema con Tizio, maturità è: “Vai da Tizio”. Hai un problema con Caio: “Vai da Caio”. Chi agisce diversamente è un bambino, infantile, pauroso, immaturo.

C’è una donna che ogni volta che ha un problema col marito dice a suo figlio: “Vedi tuo padre quanto mi fa soffrire! Per fortuna che ci sei tu!”. Così: 1. Non risolverà mai i problemi con suo marito; 2. Fa di suo figlio il suo confidente, passandolo da figlio a compagno; 3. Così facendo scarica solo sul marito la colpa (lui è il cattivo) mentre lei è la vittima. 4. Passa un’immagine del padre come un mostro a suo figlio e gli distrugge l’immagine maschile. 5. Accolla a suo figlio di prendersi cura del dolore si sua madre: il figlio diventa il suo genitore.

Se hai un problema con tuo marito ne parli con lui! Non ne parli con tuo figlio perché i problemi dei genitori, dei coniugi, non si trattano con i figli.

La seconda regola è: se non sai non dire nulla.

Qui è il diretto interessato che ci va: non altri. Quante volte le persone si permettono di dire un sacco di cose e non sono a conoscenza della situazione. Se non sai, taci! Come ti permetti di dire delle cose, di cui non hai la conoscenza. Quante volte di bocca in bocca le cose assumono forme totalmente aberranti e lontane dalla realtà!

Quand’ero chierico (il periodo di formazione prima di diventare prete) prestavo servizio in una parrocchia. Un giorno ero stanchissimo e prima del gruppo con i ragazzi sedicenni, un ragazzo mi chiede: “Ma stai male? (Ero solo stanchissimo!)”. E io, per scherzo dico: “Sono così perché mio fratello sta male!”. Nessun altro accenno, non dico niente di più, la cosa finisce lì e io mi dimentico del tutto della cosa. A metà settimana il parroco chiama i miei genitori per sapere come sta mio fratello! Nessuno aveva chiesto: “Ma cos’ha? Ma sta male? Ma davvero?”. Se non sai, non dire nulla. Cioè: se non hai le conoscenze dei fatti, se non sei sicuro perché tu l’hai constatato, sentito, sii prudente.

La terza regola è: se non sai perché l’ha fatto, non permetterti di dire nulla.

Cioè: chiedi sempre il perché delle cose? Se non lo conosci, non dire nulla. Ci sono delle motivazioni che non conosci… che non sai o semplicemente si fanno delle scelte diverse (ma non per questo sbagliate).

In una parrocchia il parroco scrive sul bollettino: “Quest’anno non è possibile fare i campiscuola”. Allora i genitori commentando: “Ecco non gli interessa niente dei nostri ragazzi! Lui pensa solo a se stesso e a tirare su soldi!”, lo attaccano e si permettono di dirgli molte cattiverie. Nessuno però ha chiesto il motivo. Il perché era semplice: non c’erano animatori e nessuno voleva rendersi disponibile. Che altro doveva fare?

La quarta regola è: nei legami si è sempre coinvolti. Nessuno è solo colpevole, nessuno è solo giusto.

Viene una donna: “Mio marito è così, mio marito è colà”. E gli dico: “Ma ci hai parlato?”. “No, ma lui tanto non capisce”. “Ma chi l’ha detto che non capisce?”. Intanto parlaci, poi vedremo. Se il problema ce l’hai con lui è da lui che devi andare, non da me.

Tuo figlio ti dice: “Mamma non so cosa fare… Dimmi cosa fare!”. E’ chiaro che se glielo diciamo noi non ci perdiamo su tanto tempo. Ma se facciamo così non gli insegniamo: 1. ad ascoltare il proprio cuore e a scegliere; 2. a prendersi le responsabilità delle proprie scelte. Lo aiutiamo molto di più se gli diciamo: “Siediti qui. Vediamo un po’: se fai così, succede… Se fai colà, succede che…”. E poi sarà lui a decidere. Se scegliamo noi per lui gli mandiamo il messaggio: “Non vali perché non sei capace di scegliere”.

A volte le persone dicono: “Cosa devo fare? Dimmi tu cosa fare!”. Non posso fare io la tua strada per cui non posso dirti io cosa devi fare. Ti posso solo dire: “Se fai così, avviene che…”; “Se fai colà, avviene che…”. Decidi tu!

16se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni.

E’ una logica d’amore: se non ascolta te, ascolterà 2 o 3 testimoni che gli dicono: “Sì, è vero guarda che è successo così… guarda che hai fatto così… anche noi abbiamo visto che…”.

  • CON TE UNA O DUE PERSONE=questa è la testimonianza: “Se lui ha sbagliato… se ti ha ferito… se…”, prendi due o tre persone non per accusarlo ma perché queste possano testimoniare: “Sì, hai alzato troppo la voce… sì, l’hai ferito… sì, non ti sei accorto ma lo hai umiliato…”.

Le due o tre persone servono come realtà, come attestazione di una verità.

Il Dt 19,15: “Qualunque peccato questi abbia commesso, il fatto dovrà essere stabilito sulla parola di 2 o 3 testimoni”. Per avere valore giuridico una testimonianza doveva avere due testimoni: due testimoni garantiscono quindi la realtà, la verità della cosa.

Cosa si vuol dire qui? Cerca con la persona di capirti, la verità (verità che a quel tempo era garantita dai testimoni), il suo punto di vista e il tuo punto di vista.

17Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano.

  • SE POI NON ASCOLTERÀ COSTORO, DILLO ALLA COMUNITÀ=ecclesia=chiesa; Mt 18,17.

E’ un terzo passaggio dove non si tratta di dirlo a tutti: “Sapete cosa mi ha fatto Tizio…” ma che indica l’aver fatto tutto ciò che è nelle mie possibilità.

Tre indica una totalità: 1. Personalmente, 2. Due o tre; 3. Tutta l’assemblea.

Qual è il senso? Fai tutto ciò che è nelle tue possibilità per trovare un’unione, per capirvi, per ricomporre l’unità.

  • E SE NON ASCOLTERÀ NEANCHE LA COMUNITÀ, SIA PER TE COME IL PAGANO E IL PUBBLICANO=e se non vuole ammettere il proprio errore? E se si irrigidisce nelle sue posizioni?

Sia per te come il pagano e il pubblicano non vuol dire, come a volte abbiamo tradotto questa frase, “Escludilo! Buttalo fuori! Via di qui! Chiudi con lui! Tu hai fatto tutto ciò che toccava a te, adesso basta!”.

Chi era il pagano e il pubblicano? Mentre per gli ebrei erano persone da eliminare, per Gesù erano persone da amare, da recuperare, da accogliere, al di là del loro amore. Alcuni, grazie all’amore di Gesù, si convertivano e cambiavano vita, altri no.

Pagano e pubblicano=l’amore unidirezionale: io (come Gesù) ti amo anche se tu non mi ami. Allora che l’altro sia per me come “un pagano e un pubblicano” vuol dire che, visto che lui si irrigidisce nelle sue posizioni, io lo continuerò ad amare anche se lui non lo fa. Nessuna esclusione quindi: “Io sono qui, la mia porta è aperta; spero che anche tu apra la tua. In ogni caso il mio amore non viene meno solo perché tu non mi ami”.

Mt 5,44. 46-48 infatti dice: “Amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori… Infatti, se amate quelli che vi amano, quale merito ne avrete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste”.

Il nemico non ti ama: ma tu continua ad amarlo. Non permettere che la sua scelta (“Io non ti amo!”) condizioni la tua (“Allora neanch’io ti amo!”). Vorrà dire che sarà un amore a senso unico: solamente in una direzione, da te a lui e non viceversa.

Questo è anche l’amore di Dio (=la perfezione): Dio ci ama unidirezionalmente, aldilà cioè del nostro amore per lui (e per questo “fa sorgere il sole sopra i malvagi e i buoni e fa piovere sopra i giusti e gli ingiusti” Mt 5,45).

Con gli amici l’amore è bidirezionale: io ti amo e tu mi ami; con i nemici no: io ti amo e tu no.

In una favelas, ad un uomo di grande generosità per gli ultimi, fu ucciso il figlio (anche lui dal cuore “buono” come il padre) da un brigante assoldato per l’occasione. Allora varie persone di quella favelas si misero alla ricerca del colpevole e lo trovarono. Trovatolo, lo portarono davanti al padre e quando stavano per sparargli il padre intervenne: “No, non fatelo. Voglio che anche lui sperimenti qualcosa che MAI HA SPERIMENTATO prima: l’amore”. E lo lasciò libero.

Questo è l’amore vero, quello di Gesù: ti amo anche se tu non mi ami.

Qual è la logica, lo spirito, di questo vangelo? L’amore!

Nei rapporti con le persone, se puoi, impara ad essere l’amore.

Sii l’amore: “Che cosa farebbe l’amore qui?”. L’amore è quell’atto divino, per cui al di là della mia ferita, al di là del mio dolore, scelgo il tuo vero bene.

Teresa di Lisieux: “O Gesù, mio amore, ho trovato finalmente la mia vocazione: la mia vocazione è l’amore. Nel cuore della Chiesa, io sarò l’amore”. Cosa farebbe l’amore qui? Va’ e fallo!

Una storia: un giorno un discepolo si macchiò di una grave colpa. Tutti s’aspettavano che il maestro lo punisse in maniera esemplare. Ma passò un anno e il maestro non diede segno di reazione. Allora un altro discepolo protestò: “Non si può ignorare ciò che è accaduto: dopo tutto, Dio ci ha dato gli occhi!”. E il maestro replicò: “E’ vero, ma Dio ci ha dato anche le palpebre!”.

18In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo.

  • Legare e sciogliere è un’affermazione specifica che indica l’insegnamento della Legge da parte degli scribi: la Legge di Dio (del cielo) veniva spiegata sulla terra dagli scribi. Quindi quello che gli scribi affermavano di Dio aveva valore assoluto. Per questo avevano il potere di legare e di sciogliere. Allora: legare e sciogliere è un modo per dire il potere che una persona ha.

Cosa si vuol dire qui? Che “Dio passa attraverso l’uomo”. Uno ti ha fatto del male. Ci sono due possibilità:

1. Lui non ti ama e di conseguenza neanche tu lo ami più! Così lo leghi al suo rancore, al suo sbaglio, al suo senso di colpa. Così l’amore di Dio non può arrivare alla persona visto che passa attraverso di te. La persona, cioè, non può, attraverso di te, sentire l’amore di Dio che gli dà un’altra e una nuova possibilità. Così lo leghi alla sua colpa e gli fai credere che Dio non lo abbia perdonato.

2. Lui non ti ama ma tu invece continui ad amarlo. Se tu, invece, “sciogli”, perdoni, cioè ami in maniera unidirezionale l’altro, allora all’altro l’amore di Dio passa, attraverso di te, lo sciogli dalla sua colpa e gli fai percepire l’amore libero e gratuito di Dio.

Questo è l’amore gratuito: anche se tu non mi ami io ti amo. Nessuno ci può costringere a non amare un’altra persona. E amare non è sorridergli, far finta di niente, cancellare tutto: amare è continuare e adoperarsi per il bene e per il meglio di quella persona.

19In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà.

  • SI METTERANNO D’ACCORDO=accordare=sin-foneo, sinfonia. Cos’è una sinfonia? E’ quel momento nel quale ogni strumento suonando, vibrando al massimo delle sue capacità, segue una determinata musica. Poiché si sta parlando di dissidi (e prova ne è ciò che Pietro chiede in Mt 15,21: “Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello?”) cosa vuol dire accordarsi? Perché qui si dice che se c’è questo accordo i due hanno una forza enorme, potente.

Ac-cordare vuol dire che tu sei tu e io sono io. Tu suoni uno strumento, io un altro. Tu pensi in un modo, io in un altro. Ma possiamo esistere entrambi: io ho bisogno di te tanto quanto tu hai bisogno di me. Ogni strumento da il massimo di sé: tutti sono diversi ed è questa diversità che crea la bellezza. Il pianoforte è totalmente diverso dal violino o dal flauto: la sinfonia è questo suonare insieme dove ognuno è se stesso (il pianoforte fa il pianoforte e il violino, il violino) e la bellezza è data proprio dal fatto che ognuno vibra in maniera diversa.

Le nostre comunità, allora, non devono essere omologate, per cui tutti pregano, o credono in un modo, o tutti fanno gli stessi percorsi. E’ l’ac-cordo (=essere uniti nel cuore) che crea la forza, non l’uniformità. Ciò che conta è che ci sia uno spartito, cioè uno spirito, un progetto, una vibrazione comune che ci unisce.

Pensate ad una sinfonia: ogni strumento è se stesso. Il violino fa il violino e il violino non sarà e non può essere un pianoforte. Il violino dirà al pianoforte: “Io sono io, io non sono te. Io non posso che essere me stesso e non ti posso chiedere di essere come me”.

Ma se ci accordiamo (ecco l’ac-cordo in una coppia!), se ognuno è se stesso e se mettiamo insieme le nostre musiche, ciò che siamo, possiamo produrre una sinfonia meravigliosa.

Quale meraviglia è quando le persone riescono a vivere l’amore! E’ vero, nelle relazioni si sbaglia, ci si tradisce, ci si ferisce: tutto vero. Succede e succede più spesso di quello che vorremmo. Anche perché oltre ai tradimenti fisici, ci sono quelli emotivi, quelli del silenzio, quello di non raccontarsi, quello di non essere se stessi, ecc. Per questo le persone spesso dicono: “Non vale la pena vivere l’amore che poi si viene feriti! L’amore non esiste! Bisogna accontentarsi di quello che c’è!”.

Invece l’amore c’è e si può vivere! E quale meraviglia è quando si vive l’amore! Quando due cuori sono ac-cordati, non si tocca il cielo? Due cuori ac-cordati (che sia per preghiera o per amore o per unità è la stessa cosa) hanno un potere e una forza enorme.

Sentite cosa dice Virgina Frasseur: “Io e mi marito stiamo insieme da 45 anni. Quando lo guardo io sento ancora l’amore e quando lui mi guarda vedo i suoi occhi brillare. Qual è il nostro segreto? Io ho una vitalità (=ecco la musica) dentro e lui ha la sua che non è la mia: quando le mettiamo insieme c’è un fuoco, un fuoco d’artificio che esplode. Il nostro amore è vivo perché noi, singolarmente, siamo ancora vivi”.

A proposito: hanno fatto uno studio sulle coppie che funzionano da tanti anni, dove l’amore è ancora vivo e sapete che fattori comuni hanno trovato in tutte queste coppie? Cose semplici…

  1. Le PAUSE, cioè le vacanze. Che sia per un ristorante o per una gita domenicale fuori porta, le coppie che durano si rilassano offrendosi dei momenti di pace a due!
  2. Le COCCOLE. Non che facciano tutti l’amore tre volte al giorno, ma in ogni caso non smettono di accarezzarsi. Una mano sulla schiena mentre si parlano, una mano sulla coscia sul divano, una coccola o un bacio per dirsi buongiorno.
  3. I COMPLIMENTI. Le coppie innamorate non smettono di farsi complimenti e di valorizzarsi. Ecco la chiave di un amore sano e duraturo. Vi ricordate di come vi ammiravate i primi giorni? E’ proprio questo che dovete far durare!
  4. L’INDIPENDENZA. Io sono io e tu sei tu: quando io cerco di farti come me, ti uccido. Quindi io ho una mia vita e tu una tua vita: lo splendore è condividerla. Non si vive la stessa vita ma si condivide le proprie (diverse) vite.
  5. Le RISATE. Le coppie che si amano per sempre ridono, ridono molto semplicemente. Fanno umorismo, si fanno delle battute, si prendono in giro!

Allora: per essere accordati con qualcuno bisogna essere in sin-tonia con sé: hai una musica da suonare? Puoi sentire la tua musica interiore? C’è una vibrazione che suona e vibra dentro di te?

Un accordo è formato ad esempio da più note: ma se tu non suoni la tua nota, da suonare non ci sarà mai nessun accordo. Hai una musica da suonare? Perché se cerchi l’accordo ma non sai suonare, una musica non lo troverai mai. Non puoi cercare lamore se non hai la capacità di vivere lamore. Le persone non trovano l’amore non perché non ci sia, ma perché non ne hanno la capacità.

Una famiglia di un piccolo paese possedeva una vecchia chitarra che era nella loro abitazione da generazioni. Col passare del tempo gli abitanti della casa avevano perso l’abitudine di suonarla e così era diventata un ingombro per loro. I bambini ci giocavano emettendo suoni fastidiosi, spesso gli animali domestici inciampavano contro di essa disturbando la tranquillità della gente, soprattutto la notte.

A un certo punto si pensò che fosse divenuta un ingombro inutile, che doveva solo essere spolverata e niente più, e quindi si decise di disfarsi di questo strumento.

Perciò la misero tra i rifiuti all’angolo della strada.

Passò di lì un mendicante e vedendo la chitarra iniziò a suonarla.

La musica che ne usciva era così bella che si raccolse tutto il vicinato, persino quelli che l’avevano buttata via furono attratti. Erano tutti ipnotizzati, non potevano credere che da quel vecchio strumento potesse uscire una musica così meravigliosa.

Allora le persone che avevano posseduto la chitarra per tanto tempo dissero: “E’ nostra, ridaccela!”.

Il mendicante rispose: La chitarra appartiene a chi è capace di suonarla. Non è qualcosa che si possa possedere. E’ come l’amore. Lamore se sai suonarlo allora lo avrai. Ma se non sai suonarlo, allora non l’avrai mai. Questa chitarra è così: è di chi sa suonarla.

Voi sapete suonarla?”. No.

Allora mi appartiene perché io so suonarla” (la musica è di chi sa suonarla; l’amore è di chi sa viverlo!).

Voi potrete possederla ma non averla perché non sapete suonarla.

Imparate PRIMA a suonarla e… un giorno… sarà vostra!”.

  • GLIELA CONCEDERÀ: non è una magia che scende dal cielo ma una ovvia conseguenza. Se due persone sono in disaccordo ma i loro cuori entrambi vogliono la stessa cosa, è ovvio che la troveranno. L’unità, cioè, è cantare con la stessa lunghezza d’onda, è quando i nostri cuori sono uniti, quando le nostre profondità si incontrano… sperimentiamo una forza irresistibile, che Dio è presente lì.

L’unione di due persone non sta nello sposarsi, nel quanto tempo stanno insieme, nel quante cose fanno insieme, ma nella profondità del loro stare insieme. Di alcuni santi si dice che nel loro parlare intimo, profondo, con-sonante, il tempo si fermò.

Di Francesco e Chiara si racconta che un giorno, finché parlarono, i loro cuori erano così vicini, intimi che si alzarono fiamme altissime, tanto che la gente pensava che S. Maria degli Angeli avesse preso fuoco.

Noi ci diciamo un sacco di cose, ma non siamo uniti. Non sperimentiamo mai però la forza dell’amore perché i nostri cuori non vibrano mai in profondità. Parlarci di quello che si è fatto oggi, del tempo, del vicino di casa, del lavoro, non ci guarisce, non ci sana, non ci fa incontrare.

Ciò che ci rende uniti, che è anche ciò che ci salva, è quando non ci diamo più solo parole, ma diamo noi stessi nella nostra vulnerabilità, nelle nostre paure, nelle nostre imperfezioni. L’unione nasce dallo svestirci, dal metterci a nudo, dal farci vedere per quello che si è, dal darsi le parti più profonde. Bisogna avere il coraggio di farlo e la fiducia di non essere traditi.

Essere uniti non vuol dire stare insieme. Si può essere semplicemente accozzati.

20Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro».

  • RIUNITI=sin-ago=sinagoga (ecco cos’è la chiesa: il luogo dove ogni voce, ogni nota può vivere nell’accordo con le altre).
  • NEL MIO NOME=Gesù in Mt è il Dio-con-noi (Mt 1,23). Il nome di Gesù è una tematica molto cara a Mt.

Nella tradizione ebraica si diceva che se due o tre si riuniscono per studiare la Torah (i primi cinque libri della Bibbia), la Gloria di Dio (la Shekinah) è in mezzo a loro. Adesso non è più lo studio della Torah che crea la presenza di Dio ma l’unione dei cuori (l’accordo: nel mio nome), il respirare lo stesso spirito da corpi diversi, i molti suoni di una sinfonia.

Questa frase di solito viene presa e slegata dal contesto. Ma cosa si è detto qui, fino ad adesso? Di cosa si è parlato? Si è parlato di trovare un modo, una strada, un percorso, per tornare che l’amore, l’accordo, la comunicazione, fluisca.

E cosa si dice adesso? Che quando questo accade, quando cioè due persone (o tre) si ri-uniscono (se si riuniscono vuol dire che prima erano separati) Dio è in mezzo a loro. Allora: Dio è dovunque c’è l’amore. Quando le persone ritrovano la pace, l’ac-cordo, tornano a parlarsi, vanno oltre il dissidio, lì l’Amore di Dio abita, lì Gesù è fra di loro.

Questo vangelo allora ci fa riflettere sulla potenza dell’unione dell’amore. Quando molte persone amano come Gesù (unidirezionalmente=aldilà del ritorno; gratuitamente) si sprigiona una potenza spirituale, emotiva e fisica enorme.

Quando alcune o molte persone hanno la stessa intenzione (preghiera), creano un campo fisico e spirituale di una potenza capace di cose altrimenti impossibili.

In uno studio vennero considerate 48 città. Le 24 città con le percentuali di soglia dei meditatori (l’1% della popolazione) sperimentarono una diminuzione del 22% del crimine e dell’89% della tendenza criminale. Nelle altre 24 città, invece, dove non si era raggiunta la massa critica dell’1%, il crimine aumentò del 2% e la tendenza criminale del 53%.

Nel 1983 si tenne un raduno di meditazione in Israele. Nei giorni in cui c’era un numero elevato di meditatori, le vittime del vicino Libano diminuirono del 76% e i crimini e gli incidenti in genere diminuirono in tutta Israele. I praticanti di meditazione sono riusciti a influire sull’indice di miseria e sui tassi di criminalità degli Stati Uniti e del Canada.

Nel 1998 vi fu un enorme incendio nello stato brasiliano di Roraima che non si riusciva a domare; fu spento grazie all’intenzione di due sciamani Caiapo che danzarono e pregarono per l’acqua (non pioveva da mesi e piovve 2 giorni dopo).

Allora: la preghiera (cioè l’unione dei cuori nell’amore (=nel suo nome)), l’intenzione collettiva, ha un effetto potente sulle persone e sul mondo.

Se riuscissimo a dirigere il nostro potenziale per esercitare un’influenza positiva, il mondo potrebbe realmente cambiare e le persone guarire. Siamo così maturi ed evoluti per accettare un tale potere?

 

 

Pensiero della Settimana

 

Io sono la mia via e tu la tua.

Io non sono in questo mondo per rispondere alle tue aspettative

E tu non sei in questo mondo per rispondere alle mie.

Tu sei tu e io sono io.

E se per caso ci incontriamo…

…allora è splendido!

Altrimenti non ci possiamo fare niente!

(Preghiera della Gestalt)