Ti voglio bene

XXI domenica del tempo ordinario

22 agosto 2021

 

  • Prima lettura: Gs 24, 1-2. 15-17
  • Salmo: 33
  • Seconda lettura: Ef 5, 21-32
  • Vangelo: Gv 6, 60-69

 

Gesù vede con amarezza come il suo lungo discorso che ha fatto nella sinagoga di Cafarnao, tutto centrato sull’eucarestia, sia stato un gran fallimento. I capi religiosi lo ridicolizzano perché non capiscono come Gesù possa dar da mangiare la sua carne. Ma neppure i suoi discepoli lo comprendono.

60 Molti dei suoi discepoli, dopo aver ascoltato, dissero: «Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?».

  • DURA=skleros=insolente, offensivo. Lett.: “Questo discorso ci offende, è insolente”. Perché è così offensivo ciò che Gesù ha detto?
  • CHI LO PUÒ ASCOLTARE?=il discorso di Gesù è chiaro: perché non lo possono ascoltare?

Perché Gesù si è distaccato dalla tradizione e ha annunciato qualcosa di totalmente diverso. I discepoli non accettano che qualcuno possa sminuire la tradizione, che loro pregano, alla quale si sono affidati e che seguono. E si sa, chi annuncia il nuovo, viene sempre visto con profonda diffidenza dai conservatori che sono attaccati alle loro certezze.

Inoltre, i discepoli, che lo seguono perché sperano che Gesù divenga re e quindi lo seguono per ambizione, per interesse, hanno capito che se vogliono seguire Gesù devono anche loro farsi pane, come Gesù, anche loro devono vivere una vita per gli altri e non a comando degli altri. Per questo gli dicono che è inaccettabile tutto questo.

Gesù si fa pane per noi perché anche noi ci facciamo pane per altri. Gesù ci dona amore perché anche noi doniamo quest’amore. Gesù ci dà fiducia perché anche noi la concediamo. Gesù ci dà forza perché anche noi la doniamo.

Quando sbaglio e faccio un errore, Gesù mi dice: “Ok, hai sbagliato ma non sei sbagliato. Ok, hai fatto una cosa che si è rivelata un boomerang, ma io ti amo lo stesso”. L’amore ricevuto deve diventare amore donato. Così quando mio figlio sbaglia non gli dico: “Guarda cosa ci hai fatto! Con tutto quello che noi facciamo per te!”, ma: “Ok, hai sbagliato: impara dai tuoi errori e ricordati che il nostro amore non è mai in discussione. Puoi fare cose che non ci piacciono, sulle quali non siamo d’accordo ma l’amore per te è su di un altro livello e non viene mai messo in questione”.

Quando avevo promesso a Dio (e a me soprattutto!) che non lo avrei più rifatto e poi, invece, ci ricado, Dio mi dice: “Ok, l’hai rifatto; adesso non fare la vittima e non fare l’aguzzino con te (sensi di colpa). Rialzati e ritorna a vivere. Ti voglio bene”. Ma il pane ricevuto deve diventare pane donato. Quando un mio amico tradisce la mia fiducia mi verrebbe da dire: “Con me hai chiuso!”, ma consapevole della meraviglia del “pane ricevuto” dico: “Ok, mi hai ferito molto, ma adesso giriamo pagina e ripartiamo. Ti voglio bene”. Pane ricevuto e pane donato.

Quando hai tirato una sberla ad un tuo caro o lo hai insultato, Dio non ti dice: “Con me hai chiuso”, ma: “Vai, chiedi scusa e poi si gira pagina e si riparte. Io ti perdono e tu lascia andare. Ti voglio bene”. Ma il pane ricevuto deve diventare pane donato. Quando un tuo amico ti fa uno sgarbo o tradisce la tua fiducia allora tu gli dici: “Mi hai ferito; hai fatto una cosa che mi ha fatto del male. Adesso però si gira pagina, ti perdono e si riparte. Ti voglio bene”.

Questa è l’eucarestia: il pane ricevuto diventa pane donato.

61 Gesù, sapendo dentro di sé che i suoi discepoli mormoravano riguardo a questo, disse loro: «Questo vi scandalizza?

  • MORMORAVANO=hanno mormorato i Giudei, mormora la folla e anche i discepoli, adesso, mormorano.
  • QUESTO VI SCANDALIZZA?=lett. “far cadere, inciampare”; i discepoli non possono accettare un Messia debole, fragile: nelle loro teste c’era un Messia forte, potente e dominatore. Ma Gesù non è un Messia così! Gesù è un Messia che sa il rischio che corre di andare in croce o di morire.

E poiché sono discepoli di questo Messia sanno che se lo accettano per com’è, accettano anche per sé, per la propria vita, il suo modo di vivere (i discepoli seguono il maestro). Ma loro non vogliono questo! E proprio per loro Gesù dirà in Gv 16,1-4: “Vi ho detto queste cose perché non abbiate a scandalizzarvi. Vi scacceranno dalle sinagoghe; anzi, viene l’ora in cui chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio. E faranno ciò, perché non hanno conosciuto né il Padre né me. Ma vi ho detto queste cose affinché, quando verrà la loro ora, ve ne ricordiate, perché io ve l’ho detto”.

Se accetti Gesù devi essere disposto ad accettare anche ciò che lui ha subito.

62 E se vedeste il Figlio dell’uomo salire là dov’era prima?

  • SALIRE LA’ DOV’ERA PRIMA=e dov’era prima? In cielo! Quindi si vuol dire: “E se vedeste il Figlio dell’uomo morire?”. La morte era considerata una discesa nel regno dei morti, l’Ade (gli Inferi), e la resurrezione quindi una salita, un ritorno alla vita. Ma per risalire bisogna prima passare per la morte. E la morte di Gesù sarà la morte più ignominiosa, quella riservata agli eretici: la crocefissione.

Ciò che è difficile per i discepoli (ed è ben capibile!) è accettare di essere rifiutati, di essere perseguitati, di essere considerati una rovina, una disgrazia, un pericolo, di essere additati e criticati, magari forse di morire per questo.

63 È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita.

  • È LO SPIRITO CHE DA’ LA VITA, LA CARNE NON GIOVA A NULLA=lett. “è lo spirito che vivifica (zoopoieo)”. Cosa vuol dire?

Gesù aveva detto: “Il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo” (Gv 6,51) e adesso dice: “La carne non giova a nulla”. Cosa vuol dire? Vuol dire che tu puoi fisicamente mangiare la carne, il pane eucaristico, ma che se poi non avviene un cambiamento interno, se poi non avviene una trasformazione interiore, allora la “carne”, il pane, non serve a nulla.

Se ciò accade allora il pane ricevuto diventa pane donato. Mangiare il pane (la carne) senza farsi poi carne per gli altri non serve a nulla. Se l’amore ricevuto non si trasforma in amore comunicato non serve a nulla. Quindi partecipare all’eucarestia, se poi non avviene una trasformazione interiore, spirituale (cioè dovuta allo spirito), non serve a nulla. Quindi, dice Gv, non basta dire: “Sono andato a messa; io vado a messa tutte le domeniche”: buono, ma tu sei cambiato? Il pane che ricevi diventa pane donato? Perché altrimenti non serve a nulla.

Gv vuole mettere in guardia da un certo spiritualismo disincarnato. Per questo usa un termine così forte come mangiare (τρογο) nel senso di masticare, di triturare. Si tratta, cioè, di assimilare, di far proprio lo stile, il cuore e la mente di Gesù; di diventarlo nella propria vita.

Allora Gv dice: “Stai attento tu che vai a prendere l’eucarestia. Non è perché mangi la carne di Cristo che mangi il corpo di Gesù”. Se il corpo di Cristo non ti cambia, non ti “altera” nel senso che ti fa altro, che ti fa pienamente te stesso, non scalfisce i tuoi modi di vivere e di pensare, non ti mette in discussione, tu puoi mangiare tutte le eucarestie che vuoi, ma non mangi la carne di Cristo”.

Troppo facilmente nella chiesa si è semplicemente identificato la carne di Cristo con la particola domenicale. Il che è vero, ma per Gv la carne di Cristo è ciò che provoca in te quell’incontro. Altrimenti è niente.

Arturo Paoli dice: “La chiesa sa bene che ci sono persone o gruppi a cui bisognerebbe dire: “Statevene a casa”, ci guadagnerebbero a non frequentare l’eucarestia perché altro non fanno che venire a “mangiare la loro condanna”. Ma a chi dovrebbe dire questo la chiesa? Lo dice ai concubini, ai divorziati, alle ragazze-madri, a quelli che hanno avuto complicazioni di tipo affettivo-sessuale. Prima di tutto la chiesa dovrebbe dirlo ai “coloni”. “Non possono fare la comunione…” quelli che sfruttano gli operai, quelli che puntano senza pietà il dito e giudicano, quelli che rubano, quelli che non hanno misericordia, quelli che picchiano, quelli che si credono perfetti e giusti, quelli che non si lasciano toccare perché non vogliono lasciarsi coinvolgere, quelli che hanno in mano le armi fisiche, psicologiche, mediatiche, intellettuali e le usano narcisisticamente. A tutti questi dovrebbe dire: “Fuori di qui. Tante ostie ma niente carne di Cristo in voi”.”.

Mangiare la carne di Cristo significa non fare tante comunioni, ma tanta comunione con me e con gli altri.

In un condominio c’è una famiglia dove padre e madre “si pestano” regolarmente a sangue. I due figli piccoli, terrorizzati, urlano e chiedono aiuto. Ma nessuno dei condomini ha mai fatto niente: tutti se ne stanno zitti e muti perché è “meglio farsi gli affari propri e non andare incontro a casini”. Si può rimanere in silenzio? Non ti tocca la cosa? Non ti senti interpellato?

A scuola: si fa la gita. C’è un ragazzino extracomunitario che non ha (e non li ha per davvero!) i soldi per la gita. Ma lo lasciamo a casa solo per questo motivo? Posso dire: “Che lo facciano gli altri, perché dovrei aiutarlo io?”.

C’è un uomo che bestemmia, urla, impreca contro i suoi operai. Poi, da tanti anni, viene tranquillamente bello, bello, a fare la comunione.

C’è una donna che è continuamente depressa, vede tutto nero e tutto contro di lei. Mangiare la carne vuol dire iniziare a dirsi: “Basta col piangermi addosso”; oppure: “Mi devo far aiutare, sono io che vedo tutto nero e non il mondo che è nero”.

Una madre è nervosa e “scatta via” per un niente con i figli. Certo non è mica a caso tutto questo: quando era piccola i suoi genitori (suo padre soprattutto) l’hanno picchiata di brutto e severamente per ogni nonnulla. Dentro ha una rabbia e un’aggressività a fior di pelle, pronta a scoppiare ad ogni istante. Ma vogliamo lasciare che le cose vadano avanti sempre così? Mangia la carne!!!

Un uomo è terrorizzato dall’esprimersi in pubblico e tra amici. A quattr’occhi lo fa, ma in gruppo è bloccato. È così perché ha avuto genitori autoritari. Con suo padre poteva parlare solo se il padre glielo permetteva, tanto che fino a quindici anni doveva alzare la mano per potergli parlare. La madre assecondava il comportamento del marito dicendo al figlio: “Il papà è molto impegnato e stressato dal lavoro. Dobbiamo non farlo arrabbiare!”. Mangiare la carne vuol dire che adesso però, anche se il passato non lo possiamo più modificare, tentiamo di cambiare lo schema di paura che ci attanaglia.

C’è un uomo che quando una qualsiasi persona parla, lui deve sempre appuntare qualcosa, trova sempre qualcosa che non va, ha sempre da ridire. È chiaro: deve sempre mettere in luce che lui sa di più, che lui è più brillante, che lui è più. Si sente inferiore ed ha bisogno di dimostrare la sua superiorità sminuendo gli altri. Mangiare la carne vuol dire riconosco la mia competizione ed inizio a modificarla.

  • LE PAROLE CHE VI HO DETTO SONO SPIRITO E VITA=le parole sono: “io sono il pane”.

Le parole di Gesù non sono solamente un blaterare, dei “bei discorsi” ma, se le accogli, se le “mangi”, se le fai tue, cioè se si traducono in comportamenti, azioni, scelte, gesti, allora sprigionano energia e vita.

Sono parole che divengono “vita vera, vissuta”, che ti cambiano e ti fanno vivere dimensioni della vita inaspettate e impensabili.

Noi spesso non crediamo che le sue parole siano “spirito e vita”.

Vieni fuori” (Gv 11,43): se sono dentro ai miei pensieri paranoici (“Lui ce l’ha con me; guarda cosa mi ha fatto!; come si è permesso, a me!, di farmi una cosa del genere; nessuno mi vuole, ecc.”) questa frase vuol dire: “Esci fuori, smettila di pensare così e di fare la vittima”. Se accolgo la sua parola la mi vita cambia.

Se sono dentro ad un’emozione questa parola vuol dire: “Basta! Esci fuori! Lasciala andare!”.

Se sono triste perché sei mesi fa mi ha lasciato la fidanzata o arrabbiato perché mio fratello non mi ha invitato alla Comunione di suo figlio (mentre gli altri fratelli sì!) vuol dire: “Ma vuoi star male tutta la vita? Esci fuori da questi pensieri, da questo dolore, non crogiolarti nella sofferenza solo perché ti senti vittima; esci fuori dal ricercare compassione e attenzioni dagli altri (“Poverino! Guarda cosa gli hanno fatto! Ma che cattivi con te!”) e torna a vivere. Se accetti la sua parola, la tua vita cambia.

Vuoi guarire?” (Gv 5,6). “Sei disposto a fare tutto ciò che c’è da fare per star bene, a dire tutto ciò che c’è da dire, a cambiare ciò che c’è da cambiare, per guarire? Non ciò che ti piacerebbe, ma ciò che c’è da fare? Sei disposto?”.

Un uomo ha dei terribili mal di schiena perché si sobbarca la sofferenza di sua madre che è in perenne lite con suo padre. “Vuoi guarire?”. “Sì”. “Sei disposto a lasciare che i loro problemi se li gestiscano loro?”. “Ma poverina, mia madre… lui è così cattivo…”. “Vuoi guarire, sì o no?”. Le sue parole sono spirito e vita: se le accogli, la tua vita non sarà mai più la stessa.

Io sono la via, la verità e la vita” (Gv 14,6). Cioè: “Se ascolti, se segui, Gesù che è un cammino di verità e che ti fa vivere, non segui altri cammini”.

“Ma se faccio così deludo i miei amici… i miei genitori… i miei superiori non sono contenti…; nessuno mi capisce… tutti mi dicono: “Perché vuoi essere diverso da tutti?”…; se faccio così mi attiro inimicizie, ecc.”. Che via vuoi seguire? Quella dei tuoi amici? Quella del giudizio sociale? Quella della tua famiglia? O vuoi seguire la via del tuo cuore, della tua missione e del tuo destino, cioè la via di Gesù?

Se ascolti le sue parole la tua vita cambia, si trasforma.

Abbiamo ascoltato molte parole di Gesù ma non sono spesso diventate verità e vita. Non che non lo siano. È che ci fa paura ascoltarle veramente. Meglio lasciare che siano parole perché se diventano “spirito e vita” non saremo più gli stessi, sia per noi che per gli altri. Le sue parole sono dei chicchi che se li fai crescere ti cambiano il giardino (la vita). Se le sue parole sono delle bombe, delle mine: se le accendi la tua vita “scoppia”, si trasforma. Se le sue parole sono fuoco: se lo accendi la tua vita s’illumina.

È la differenza tra credere in Dio e sperimentarlo.

Credere è dire: “Belle parole! Che forte Gesù! Magari ce ne fossero tanti così”.

Sperimentarlo è vivere noi quelle parole sulla nostra vita e trasformarci. Ecco che allora le parole ricevute diventano parole vissute e sono pronte, solo adesso, per essere parole donate.

Quando chiedete alla maggior parte delle persone: “Credi in Dio?”, vi risponderà. “Sì”. Ma se alle stesse persone chiedi: “Quando l’hai incontrato? Quando l’hai toccato? Quando l’hai respirato?”, molte non sapranno cosa rispondervi. E perché? Perché le parole sono rimaste solamente parole e non sono divenute “spirito e vita”.

64 Ma tra voi vi sono alcuni che non credono». Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito.

  • MA TRA VOI VI SONO ALCUNI CHE NON CREDONO=è il fallimento di Gesù. Il momento è tremendo: gran parte dei discepoli lo abbandonano e tra quelli che restano ci sono quelli che non credono.

65 E diceva: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre».

  • NESSUNO PUO’ VENIRE A ME SE NON GLI È CONCESSO DAL PADRE=cioè: non puoi seguire Gesù se non capisci chi è Lui, il suo messaggio, le sue parole (tutto questo Giovanni lo chiama “Padre”; il Padre è la realtà che sta dietro e dentro a Gesù).

66 Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui.

  • DA QUEL MOMENTO MOLTI DEI SUOI DISCEPOLI TORNARONO INDIETRO=indietro dove? Dov’erano prima! Hanno fatto un po’ di strada ma poi hanno avuto paura delle conseguenze e ritornano nelle convinzioni di prima.

Perché tornano indietro? Perché sono centrati su di sé (egocentrati), non sanno uscire da sé per accogliere altre idee e altre parole (quelle di Gesù). Quando tu non sai aprirti, quando non sai accogliere altre posizioni, idee e scelte diverse dalle tue, tu sei un narcisista, cioè uno che pensa che solamente il suo pensiero, le sue convinzioni e il suo modo di vivere sia l’unico esatto e possibile.

Gesù non li rincorre. Gesù non dice a quelli che se ne vanno: “No, fermi un attimo, che mi spiego meglio, che vi ridico il mio pensiero”. Se vogliono andarsene, se ne vadano. Gesù li lascia liberi di andarsene.

Anzi si rivolge a quelli che rimangono: “Voi volete andarvene? Fate pure!”.

67 Disse allora Gesù ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?».

  • VOLETE ANDARVENE ANCHE VOI?=Gesù li provoca. Loro seguono Gesù per la propria provenienza e per la propria necessità e non vogliono seguirlo, invece, per essere pane, dono, amore, vita, per gli altri.

Gesù è disposto a rimanere solo piuttosto che tradire la sua missione, il suo progetto di dare vita all’umanità. Gesù è disposto a rimanere solo pur di non indietreggiare.

Gesù non ha bisogno del loro riconoscimento, del loro appoggio, della loro sequela: “Io ho una missione. Se volete venire, bene. Se non volete venire, pazienza. In ogni caso non tradirò la mia missione e il mio progetto perché rimango da solo”. Questa sì che è potenza!!!

68 Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna

  • SIMON PIETRO=questo discepolo si chiama Simone, ha un soprannome negativo: “Pietro”; quando viene chiamato così è sempre in opposizione a Gesù. Quando viene chiamato Simon Pietro lo si indica in un atteggiamento dubitante: un po’ ci crede e un po’ no.

Quindi anche qui noi dobbiamo aspettarci una parte che crede (Simone) e una parte che non crede (Pietro).

  • SIGNORE DA CHI ANDREMO? TU HAI PAROLE DI VITA ETERNA=Simone ha compreso che le parole di Gesù sono di un altro livello, sono parole e indicazioni per vivere una vita “viva e vera”. E questa è la parte positiva del suo nome: “Simone”.

69 e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio».

  • NOI ABBIAMO CREDUTO CHE TU SEI IL SANTO DI DIO=ecco la parte negativa (Pietro).

Il Santo di Dio è un’espressione, che ritroviamo ancora nei vangeli sempre in un contesto negativo, che indica il Messia dell’aspettativa popolare, quello che avrebbe ripristinato la monarchia, dominato i pagani e che avrebbe fatto rispettare la legge. Questo è il Messia che desiderano!

 

Pensiero della settimana

Sogna come se dovessi vivere per sempre.

Vivi come se dovessi morire oggi.