Dai compimento alla tua vita

VI domenica del tempo ordinario

Domenica 16 febbraio 2020

 

  • Prima lettura: Sir 15, 16-21
  • Salmo: Sal 118
  • Seconda lettura: 1 Cor 2, 6-10
  • Vangelo: Mt 5, 17-37

 

Domenica scorsa abbiamo sentito l’annuncio meraviglioso di Gesù: “Voi siete il sale della terra e la luce del mondo” quando, ogni volta che, vivete le beatitudini. Ogni volta che voi vivete condividendo (beati i poveri in spirito), ogni volta che voi vivete afflitti (cioè percependo l’emozione e la commozione), ogni volta che voi siete miti (cioè che vivete nella giustizia e non nell’ingiustizia), ogni volta che voi siete misericordiosi (perdono, tenerezza), voi siete sale e luce.

Uno si aspetta che dopo un annuncio così la gente sia meravigliata, sorpresa, che veramente accolga Gesù: “Ma che bello! Questo sì che è vivere! Che parole strepitose!”. Cosa si può dire di più grande, di più meraviglioso? Eppure! Eppure non fu così.

L’annuncio della nuova alleanza tra Dio e il suo popolo non è stato bene accolto. Perché? Loro si aspettavano un Messia forte, potente, che si sarebbe manifestato con splendore, dove Israele si sarebbe impossessata delle ricchezze delle nazioni pagane e le avrebbe dominate. Quando arriva Gesù e dice: “Il Messia è chi perdona… chi sa provare commozione…, chi è giusto, chi è sensibile, chi condivide”, beh questo non è certamente né quello che volevano né quello che si aspettavano. Per questo non accettano Gesù. Per questo Gesù dice queste parole che sentiamo nel vangelo di oggi.

17 NON CREDIATE CHE IO SIA VENUTO AD ABOLIRE LA LEGGE O I PROFETI; NON SONO VENUTO AD ABOLIRE, MA A DARE PIENO COMPIMENTO.

  • ABOLIRE=Gesù qui non usa il verbo “abolire” che si può adoperare per una legge ma “abbattere, demolire (katalio)” che si adopera per un edificio.
  • LA LEGGE E I PROFETI= è un modo per dire l’Antico Testamento.
  • DARE COMPIMENTO=pleroo, dare pienezza a qualcosa che non ce l’aveva, che era mancante.

Quindi Gesù dice: “Quella costruzione del regno che ha attraversato tutta la Legge dei Profeti, io non sono venuto a demolirla ma a darle pieno compimento, ma non come voi pensate, ma come vi dico io: non l’accumulo delle ricchezze ma la pratica della condivisione; non attraverso il dominio degli altri ma attraverso il servizio; e soprattutto non per un popolo ma per tutta l’umanità”.

Cosa dice Gesù? Dice: “Quando voi mi ascoltate voi dite: “Gesù abbatte, elimina, quello che i nostri Padri ci hanno detto?”, e questo vi dà grande angoscia e sconcerto. Ma non è così! Io non solo non elimino, ma do il vero senso a quello che i vostri Padri hanno detto”.

Quindi Gesù svela il vero (=profondo) significato dell’A.T.: ecco il compimento!

Facciamo un esempio. Una donna racconta: “Sai, ho fatto un sogno in cui ho sognato che c’era una mamma che aveva una bambina ma non riusciva ad allattarla, non riusciva a prendersene cura. Era una mamma fredda”, e poi si mette a ridere e commenta: “Che sogno strano! Anche perché io sono stata allattata per un sacco di tempo. Però mi sono svegliata triste, non so perché. Avrò mangiato qualcosa ieri sera…”. Cosa vuol dire dare compimento? Vuol dire trovare il senso profondo di ciò che accade. Quando quella donna comprende che quella madre è lei che non riesce ad alimentare, nutrire, la sua bambina, la sua parte piccola, creativa, perché si impedisce di ricevere amore e calore, perché è troppo giudicante e severa con sé (come d’altronde ha imparato) allora il sogno ha trovato compimento: “E’ proprio così! Sono proprio io!”.

Che cosa faceva imbestialire Gesù? Che i religiosi del tempo erano fedeli alle legge ma non al cuore.

In che senso Gesù dà compimento? La giustizia (=fedeltà) della Legge è una fedeltà letterale, è un’osservanza letterale delle parole e dei testi sacri: “C’è scritto così? Io faccio così!”. C’è scritto che se uno lavora di sabato dev’essere ucciso perché il sabato è il giorno di Dio? Io lo faccio! Ma con Gesù il rapporto con Dio non si baserà sulla regola: “Così è scritto e così si fa!”, ma sullo spirito, su ciò che il tuo cuore dice (coscienza).

Quante volte Gesù si scaglierà contro il precetto del sabato: “Ma voi non avete un cuore? Ma voi non sentite? Voi non avete umanità?”. E la risposta di Gesù era: “No!”. E questo perché conoscevano il Dio dell’A.T. e non il Dio di Gesù, Abba=Padre: “Se conosceste il Padre non potreste fare tutto questo”. Rm 7,6: “Siamo stati liberati dalla legge, essendo morti a ciò che ci teneva prigionieri, per servire nel regime nuovo dello Spirito e non nel regime vecchio della lettera”.

18 IN VERITÀ IO VI DICO: FINCHÉ NON SIANO PASSATI IL CIELO E LA TERRA, NON PASSERÀ UN SOLO IOTA O UN SOLO TRATTINO DELLA LEGGE, SENZA CHE TUTTO SIA AVVENUTO.

  • CIELO E TERRA=il cosmo intero.
  • LO IOTA=era un piccolissimo elemento dell’alfabeto ebraico. Cosa si vuol dire? Che anche le cose più piccole troveranno compimento.
  • TUTTO SIA AVVENUTO=cos’è che tutto sarà avvenuto? Che tutto avrà trovato senso, compimento. Cosa dirà Gesù in croce, un attimo prima di morire? Gv 19,30: “Tutto è compiuto!”. E, chinato il capo, spirò. Gesù dice: “Tutto quello che dovevo fare, l’ho fatto, tutto quello che dovevo vivere l’ho vissuto, ciò per cui ero stato chiamato è stato compiuto, adesso posso andare”. E in quel momento tutta la sua vita trova un senso, un compimento, anche le cose più piccole, anche i particolari minimi (lo iota), perché Gesù ha individuato e vissuto la sua missione. Lui era qui per un motivo e Lui ha perseguito e vissuto il suo esserci.

Trovare un senso, un significato alla nostra vita, dà profondità e compimento anche alle cose minime, più piccole, apparentemente insignificanti che ci succedono.

  1. Etty Hillesum, mistica ebrea, decide di andare volontariamente ad Auschwitz. Ma può avere un senso una cosa del genere? No, se non conosci la tua missione, il senso del tuo esserci. Ma se sai che sei qui per essere “un balsamo per le ferite”, quello è il posto migliore! 2. Prima di questo ha una storia con Von Spyer, il suo terapeuta: ma non si può! Vero! Eppure, anche questo ha un senso: lì trova quell’amore, quella tenerezza, quel balsamo, che poi sarà in grado di riversare sui cuori e sulle anime di molte vite. 3. Un giorno una donna le regala un profumo e le dice: “Con questo profumo ungiti il tuo cuore”. Lei non capisce il senso di quelle parole strane e assurde… ma un giorno tutto le sarà chiaro. Erano proprio il segno della sua missione. In quella donna c’era Lui.

Allora: quando si sa di essere qui per un motivo, per uno scopo, tutto ha un senso, tutto acquisisce luce, significato e comprensione. Allora la Vita davvero ci parla. Ma se si pensa (o si preferisce) di non avere nessun motivo per esserci, allora non si può collegare nulla, allora tutti i fatti accadono e sono senza senso.

E cosa vuol dire re-ligio? Vuol dire proprio questo: col-legare, legare insieme. Allora le cose non solo accadono, ma hanno un senso, un col-legamento, un significato. Allora piano piano, filo dopo filo, uno collegato all’altro si forma l’arazzo e il quadro della tua vita.

Allora devo farmi delle domande (e a non temere le risposte) per iniziare a capire la mia missione, il senso del mio esserci.

Per quale valore sei disposto a soffrire e a pagarne le conseguenze?

Vai ad un giorno in cui eri pienamente felice, quale valore profondo (non bisogno) vivevi in quel momento lì?

Che cosa amavi fare da bambino? (I bambini sanno già il perché del loro esserci).

Che cosa ti appassiona, che cosa ti prende l’anima? Quand’è che ti senti pienamente vivo al 100%?

Che cosa faresti anche se non fossi pagato? Che cosa faresti se non avessi bisogno di soldi?

Quali sono i tuoi talenti? Quali sono i tuoi doni?

19 CHI DUNQUE TRASGREDIRÀ UNO SOLO DI QUESTI MINIMI PRECETTI E INSEGNERÀ AGLI ALTRI A FARE ALTRETTANTO, SARÀ CONSIDERATO MINIMO NEL REGNO DEI CIELI. CHI INVECE LI OSSERVERÀ E LI INSEGNERÀ, SARÀ CONSIDERATO GRANDE NEL REGNO DEI CIELI.

  • TRASGREDIRÀ= lett. “tralascerà, ignorerà”.
  • UNO DI QUESTI MINIMI PRECETTI: qui bisogna leggere bene. Qui Gesù non parla della Legge ma di “questi minimi precetti”. Quali sono i nuovi precetti che Gesù ha appena dato (i 10 comandamenti Gesù, qui, non li nomina!)? Le beatitudini. Allora: chi ignora le beatitudini sarà considerato minimo o grande nel regno dei cieli. Cioè: “Se uno vive ignorando le beatitudini sarà escluso (ma perché lui non vuole) dal regno dei cieli: non dal paradiso, ma da un modo di vivere che per lui è la felicità e che per gli altri è luce e sale”.
  • REGNO DEI CIELI=non è il “regno nei cieli” ma il regno di Dio, cioè una nuova società dove Dio governa gli uomini non emanando leggi che gli uomini devono osservare ma comunicando loro il suo spirito. Quando uno vive le beatitudini realizza il regno di Dio.

20 IO VI DICO INFATTI: SE LA VOSTRA GIUSTIZIA NON SUPERERÀ QUELLA DEGLI SCRIBI E DEI FARISEI, NON ENTRERETE NEL REGNO DEI CIELI.

  • GIUSTIZIA=è la fedeltà all’alleanza.
  • NON SUPERERÀ QuelLA DEGLI SCRIBI e dei farisei=i farisei e gli scribi avevano una fedeltà formale, una fedeltà legata alla lettera ma non allo spirito. Quindi questa formalità religiosa esclude dal regno dei cieli. Quindi c’è una religione, un modo di pregare, di definirsi cristiani, di andare in chiesa, che allontana, che impedisce di avvicinarsi a Dio!

L’ipocrita, il formale, dice: “Io non uccido nessuno”. Poi però può permettersi di picchiare i suoi figli, di giudicare gli altri, di sentirsi superiore, di sentenziare su tutti. Non uccidi il corpo, ma il cuore sì.

L’ipocrita, il formale, dice: “Io non tradisco mia moglie”. Poi però è incapace di tenerezza, di comprensione, di misericordia, di flessibilità. Non tradisci tua moglie ma tradisci l’amore.

L’ipocrita dice: “Io rispetto le regole religiose”. Sì, le rispetti perché ne hai paura, perché temi di essere giudicato, perché deleghi la tua vita a qualcun altro (a chi ne sa più di te!) e ti deresponsabilizzi.

L’ipocrita dice: “Io voglio bene a tutti”. E, invece, dentro cova rancore, odio, giudizio, invidia e gelosia. Orwell: “Dicono di amare tutti perché non amano nessuno”.

E adesso Gesù comincia a demolire le tradizioni del passato mostrando come molte di esse si basino sull’ipocrisia e sulla formalità, e dietro ad un valore, invece, c’è l’esatto contrario.

21 AVETE INTESO CHE FU DETTO AGLI ANTICHI: NON UCCIDERAI; CHI AVRÀ UCCISO DOVRÀ ESSERE SOTTOPOSTO AL GIUDIZIO. 22 MA IO VI DICO: CHIUNQUE SI ADIRA CON IL PROPRIO FRATELLO DOVRÀ ESSERE SOTTOPOSTO AL GIUDIZIO. CHI POI DICE AL FRATELLO: “STUPIDO”, DOVRÀ ESSERE SOTTOPOSTO AL SINEDRIO (=MASSIMO ORGANO GIUDIZIARIO); E CHI GLI DICE: “PAZZO” (=RINNEGATO), SARÀ DESTINATO AL FUOCO DELLA GEÈNNA.

PRIMA DEMOLIZIONE: nessuna aggressività, nessuna violenza (anche in nome di Dio) viene da Dio.

  • AVETE INTESO CHE FU DETTO: qui Gesù è provocatoriamente ironico. E poi per sei volte Gesù dice: “Ma io vi dico…”: è il nuovo che Gesù sostituisce al vecchio dell’antica alleanza.
  • NON UCCIDERAI; CHI AVRÀ UCCISO DOVRÀ ESSERE SOTTOPOSTO AL GIUDIZIO=ma chi erano stati i primi ad uccidere? Proprio gli antichi!

Non aveva proprio Mosè ucciso un egiziano perché percuoteva un altro ebreo (Es 2,12)? Ma questo è niente. In nome di Dio vengono uccisi 3000 uomini (fratelli e figli!) con la benedizione di Dio (Es 32,28). E quando Core e Datan si ribelleranno ai metodi dispotici di Mosè, che fece il grande profeta? Invocò Dio e morirono 250 uomini (Nm 16,33). Ma niente in confronto ai 14.700 per un’offesa a Mosé (Nm 17,14) o ai 24.000 che morirono in un solo giorno per la tresca degli Ebrei con le Moabite (Nm25,1-9).

E il signor Mosé fece lapidare un uomo che raccoglieva legna in giorno di sabato (Nm 15,32-36). Sì, c’era il comando di uccidere, ma come lo si interpretava poi? Sì, c’era il comando di non uccidere, ma la morte era prevista (Parola di Dio!) per chi percuote o maledice i genitori (Es 21,12-17; i figli no, chissà perché!) o per chi pratica la magia (Es 22,17). La libertà di culto era impensabile: o si era ebrei o si doveva morire (Es 22,19).

E se c’è adulterio, i due devono morire (Dt 22,22). E quando Dio massacra e uccide i nemici si compongono dei Salmi per ringraziarlo della sua misericordia (Sal 135; 136; 137,9: “Beato chi afferrerà i tuoi bambini e li sbatterà contro la roccia!”).

Quindi: gli antichi, soprattutto i potenti, lo avevano fatto con buona pace di tutti, perché loro lo facevano “in nome di Dio”.

  • CHIUNQUE SI ADIRA CON IL PROPRIO FRATELLO=qual è il problema? Che c’è chi, come nell’A.T., come Mosè e gli Antichi, che in nome di Dio, in nome della fede, in nome della Legge Cristiana, in quanto difensori della dottrina, possono “uccidere”, ferire, giudicare, escludere, rifiutare, altri fratelli.

Un criminale può convertirsi e cambiare vita ma chi crede di agire in nome di Dio (vedi i terroristici Islamici) non solo non si sente in colpa ma si sente in dovere, e giustifica la propria aggressività e violenza con volontà divina. Coloro che si sentono in dovere di difendere l’onore di Dio sono capaci di una violenza inaudita e possono diventare senza pietà (Mt 10,21: “Il fratello darà a morte il fratello e il padre il figlio, e i figli insorgeranno contro i genitori e li faranno morire”).

Vi ricordate Saulo, che come egli stesso dirà di sé era “irreprensibile quanto alla giustizia che deriva dall’osservanza della Legge” (Fil 3,6), di come era capace di stragi e minacce (At 9,1), di morte e persecuzione, tutto in nome di Dio.

Gesù stesso dirà: “Viene l’ora in cui chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio. E faranno ciò, perché non hanno conosciuto né il Padre né me” (Gv 16,2-3).

  • CHIUNQUE SI ADIRA CON IL PROPRIO FRATELLO=nella Nuova Alleanza non si condanna solo la violenza fisica ma anche quella verbale, psicologica e il rancore. Questo perché l’ira che non viene controllata diviene disprezzo, giudizio, maldicenza, sarcasmo.
  • CHI DICE AL SUO FRATELLO STUPIDO=rakà=stupido, abominevole.
  • CHI POI DICE AL SUO FRATELLO STOLTO (DEFICIENTE, PAZZO) =morè=stolto, sciocco, folle, pazzo, con stolto si indicava uno senza Dio, degno di morte o da escludere dalla propria vita (Dt 21,18-20; Sir 22,10-11). L’ira, il rancore, trasbordano nell’insulto e nel litigio. Morè=pazzo, deficiente, è più forte di rakà=stupido.

Allora cosa dice qui Gesù: “Attenti, perché ci sono tanti modi di uccidere”. Tu puoi dire: “Io non ho ucciso nessuno”, ma in realtà non è mica così, perché si può uccidere in tanti modi.

Gesù qui pone una grande questione, quindi: che ne fai della tua aggressività? Come la gestisci? Perché alcuni condannano l’aggressività solamente in caso di morte (e c’è chi pure parla di “morte giusta”, di “morte preventiva”, ecc!). Ma la tua aggressività prende molte forme e fa molti morti. L’aggressività (intesa qui come forma di violenza e di sopruso dell’altro perché di per sé l’aggressività è una forma di energia neutra, necessaria per la vita) nasce dalla frustrazione e dall’apprendimento.

  1. Dalla frustrazione: io ho bisogno di essere coccolato, abbracciato, valorizzato, amato, rispettato, e questi miei bisogni vengono sempre frustrati. Cioè: “Mai niente”. Allora dentro di me sorge rabbia e odio per chi dovrebbe darmi tutto ciò e non me lo dà. Una rabbia così grande che lo distruggerei. Solo che non posso farlo, perché nel momento in cui distruggo chi dovrebbe darmi ciò di cui ho bisogno, per certo so che non potrò più averlo. Quindi, dentro, pieno di frustrazione e di rabbia, ho una voglia matta di distruggere qualcuno ma non posso distruggere lui: quindi devierò la mia rabbia su qualcun altro (che non centra).

Il mio capo mi tratta sempre come un sopramobile spostandomi di qua e di là secondo i suoi bisogni: io lo odio perché non ha rispetto per me. Ma se mi arrabbio, se esprimo la mia rabbia, temo che poi mi lasci a casa dal lavoro di cui ho necessità assoluta. Quindi arrivo a casa con tutta la mia frustrazione, quando mia moglie mi dice: “Per favore mi prepari la tavola? Mi porti fuori l’umido?, ecc.”, io rivedo in lei il mio capo (ma lei non è il mio capo!) ed esplodo.

I genitori di un uomo dovevano lavorare sempre (ed erano stati educati in una cultura dove le coccole venivano considerate “moine, sciocchezze, capricci”) così lo portavano sempre dai nonni. Lui non si ricorda un abbraccio, una carezza, un incoraggiamento. Tutta questa frustrazione, tutta questo dolore per ciò che non ha avuto, tutta questa pretesa (giusta a quel tempo perché un bambino ha bisogno del calore dei genitori) oggi è diventata la pretesa dagli altri: “Nessuno ti dà niente; tutti sono egoisti; tu non mi dai questo… tu pensi solo a te… ma a me chi ci pensa… meglio non fidarsi di nessuno…”. Lui pretende dal comune, dalla parrocchia, dalla moglie, dai figli, lui ha da dire su tutti; lui giudica, lui disprezza, lui critica; nessuno gli va bene, perché tutti dovrebbero dargli di più. Ecco l’aggressività “fredda”, vestita da “critica costruttiva”: non è costruttiva ma distruttiva. Non può “distruggere” i suoi genitori, così “distrugge” altri innocenti.

Un ragazzo fa il bullo e umilia i suoi compagni di classe che sono terrorizzati da lui. I suoi genitori si sono separati e si sono fatti la guerra contendendosi il figlio. Quindi lui ha perso sia il padre che la madre (che sempre parlavano male del rispettivo partner) e i suoi bisogni di affetto, di gioco, di cura, di amore, erano sistematicamente frustrati dalla loro guerra. Ma siccome non può “distruggere” i suoi genitori, distrugge i suoi compagni di classe.

Un altro ragazzo è sempre stato succube di sua madre che lo comandava in tutto e lo trattava sempre da incapace: “Faccio io; ti dico io cosa devi fare; quella ragazza non va bene per te; tu fai così; tu ascolta tua madre che la sa più lunga di te; ecc.”. Così lui ha sviluppato un odio feroce per sua madre che però non può ammettere (perché la mamma è santa e intoccabile!). E che fa? Sfoga il suo odio contro sua moglie che prende in giro (“ma sono solo battute”), che disprezza (“sembri vestita come la befana”), che a volte perfino percuote. E con i suoi figli? Lo stesso! “Alza le mani” e gli schiaffi volano veloci: “Quando se li meritano, se li meritano; con le cattive si impara prima e bene; lo faccio per il suo bene; ecc.”. E’ ancora l’odio che ha dentro e che esce con innocenti incolpevoli (… e la catena continua!).

  1. L’aggressività poi nasce dall’apprendimento. Mia nonna diceva: “Se stai con i lupi impari a ululare”.

E’ noto l’esperimento di Bandura sulla bambola Bobo sull’aggressività infantile per imitazione. Ad un gruppo di bambini veniva mostrato un filmato in cui un adulto picchiava un pupazzo gonfiabile detto Bobo. In un primo momento, questi bambini introdotti in una stanza con vari giochi tra cui Bobo, non esitavano a riproporre l’atteggiamento visto sul video, anche servendosi dei giochi come corpi contundenti.

In un secondo momento Bandura prese due gruppi di bambini: ad un gruppo veniva mostrato il modello che picchiava Bobo; al secondo dopo aver mostrato la stessa sequenza, veniva spiegato da un altro modello che ciò che avevano visto era male. Il primo gruppo riprodusse i comportamenti visti, il secondo, invece, si astenne dal picchiare il pupazzo. E si vide che più l’identificazione modello-osservatore era elevato e più l’apprendimento aveva effetto: cioè, ad esempio, nel caso dei genitori (identificazione elevata) lo stile aggressivo genitoriale “passa” direttamente al figlio.

Quindi quando te la prendi “con i negri… con gli extracomunitari… con i barboni…”, ecc., quando urli, quando tratti male gli animali, quando alzi la voce, quando dici le parolacce, quando bestemmi, quando ti imponi, quando dici: “Qui comando io e si fa così… stai zitto… taci che non capisci niente… stupido…” tu stai educando un bambino all’aggressività. Lui vede e impara.

Gesù dice: “Non solo non uccidere ma nessuna aggressività nella tua vita”. Perché dove c’è questa aggressività non ci può essere pace, armonia, amore, rispetto della dignità umana.

23 SE DUNQUE TU PRESENTI LA TUA OFFERTA ALL’ALTARE E LÌ TI RICORDI CHE TUO FRATELLO HA QUALCHE COSA CONTRO DI TE, 24 LASCIA LÌ IL TUO DONO DAVANTI ALL’ALTARE, VA’ PRIMA A RICONCILIARTI CON IL TUO FRATELLO E POI TORNA A OFFRIRE IL TUO DONO.

  • SE DUNQUE TU PRESENTI LA TUA OFFERTA ALL’ALTARE =l’offerta tipica era il sacrificio (per questo qui si dice così!). Qui s’intende, quindi: “Se fai un culto, una preghiera, un sacrificio, una preghiera, un atto verso Dio”.
  • E LÌ TI RICORDI CHE TUO FRATELLO HA QUALCHE COSA CONTRO DI TE=non solo che tu hai qualcosa con tuo fratello ma addirittura che lui ha qualcosa con te.

Spesso noi diciamo: “E’ stato lui a farmi del male… con quello che verrà fatto, deve venire lui… vediamo se viene a chiedermi scusa…”: qui Gesù però sovverte tutto. Tu sei arrabbiato con qualcuno e ti aspetteresti che lui venisse da te: vai tu!

Cioè: è inutile la tua preghiera se tu mantieni la tua rabbia. Anche se non tocca a te, prendi tu l’iniziativa e sciogli la tua rabbia e ristabilisci il rapporto e la relazione.

Per Gesù quindi le relazioni, i rapporti non conflittuali ma vitali sono più importanti delle preghiere e del culto. Quindi, la riconciliazione, il perdono, vengono prima di Dio. Quindi nessuna ipocrisia: è inutile che “faccia le tue devozioni”, e che quindi tu ti ritenga “in grazia di Dio, bravo, santo” quando c’è qualcosa tra te e tua moglie, tra te e il tuo collega, tra te e un’altra persona. L’amore si vede dai tuoi rapporti, dalle tue relazioni e non da quanto sei religioso.

25 METTITI PRESTO D’ACCORDO CON IL TUO AVVERSARIO MENTRE SEI IN CAMMINO CON LUI, PERCHÉ L’AVVERSARIO NON TI CONSEGNI AL GIUDICE E IL GIUDICE ALLA GUARDIA, E TU VENGA GETTATO IN PRIGIONE. 26 IN VERITÀ IO TI DICO: NON USCIRAI DI LÀ FINCHÉ NON AVRAI PAGATO FINO ALL’ULTIMO SPICCIOLO!

Gesù qui fa un esempio: se tu non perdoni sai cosa ti succede? Come quell’uomo che non si riconcilia con il suo avversario e finisce in prigione per tutto il tempo (necessario). Cioè: se tu non perdoni vivrai nell’odio, nel rancore e nella bestialità, facendo della tua vita una prigione e un inferno. Ma se tu che ti sei ridotto così!

27 AVETE INTESO CHE FU DETTO: NON COMMETTERAI ADULTERIO. 28 MA IO VI DICO: CHIUNQUE GUARDA UNA DONNA (SPOSATA=LA MOGLIE DI QUALCUNO) PER DESIDERARLA, HA GIÀ COMMESSO ADULTERIO CON LEI NEL PROPRIO CUORE.

SECONDA DEMOLIZIONE: il tradimento non è solo fisico ma c’è il tradimento dell’amore,

della comunicazione, del rispetto, del valore, della dignità, della condivisione

Qui non si tratta del desiderio sessuale normale: vedi una bella ragazza e ci fai un pensiero su. Qui si tratta del pensiero ossessivo della donna, della bramosia, del pensiero fisso che ritorna sempre lì.

Il mio padre spirituale diceva: “Chi è ricco parla sempre dei ricchi o dei poveri. Chi è egoista parla sempre di sé o degli altri. Chi ha un problema parla sempre del problema o del suo contrario. Chi ha problemi col sesso, parla sempre di sesso oppure lo condanna sempre e dappertutto. Chi ha problemi con Dio o non ne parla mai o lo tira fuori ad ogni angolo”.

Gesù qui dice: “Voi giustamente osservate il comando: Non commettere adulterio”. Ma “adulterio” è anche fare questi pensieri o avere sempre il pensiero lì (lì o sul suo contrario).

Ci sono due monaci, il vecchio maestro e il giovane discepolo. Arrivano al fiume e qui c’è una giovane bella donna, non molto vestita, che lo deve attraversare. Allora il vecchio maestro prende la donna se la mette con le gambe al collo e attraversa il fiume. Il discepolo è indignato da ciò che vede. Poi continuano il viaggio. Ad un certo punto il giovane monaco non ne può più e sbotta: “E’ inutile parlare tanto se poi ci si comporta così. E’ indegno per un monaco fare ciò che tu hai fatto”. Allora il vecchio monaco lo guarda e gli dice: “Io quella donna l’ho presa e lasciata giù al fiume; tu, invece, ce l’hai ancora con te”.

C’erano quattro uomini molto amici tra di loro. Tutti loro erano nella fase di preparazione per diventare discepoli del Grande Maestro. Tra di loro si confidavano, il primo: “Io desidero una donna bellissima: cosa non farei per averla!”. Il secondo: “A me le donne mettono in movimento tutti gli ormoni”. Il terzo: “Io ci penso almeno una volta al giorno ad una donna”. Il quarto invece diceva: “Io non faccio mai pensieri di questo tipo”, ed era molto stimato, proprio per questo dagli altri. Quando fu ora di essere ammessi, ciascuno dei primi tre confessò le proprie debolezze e fu ammesso come discepolo. Il quarto si presentò al maestro e gli disse: “Lo sai che c’è un mio compagno che desidera una donna bellissima? E che un altro è turbato dalle donne? E che un altro ci pensa una volta al giorno”. Questo non fu ammesso. “Ma, come maestro? Loro sì e io che non ho il problema no?”. “Vedi, disse il maestro, loro mi hanno parlato una volta del loro problema. Tu tre volte: tu ci pensi sempre solo che lo fai con gli occhi degli altri per sentirti santo e a posto”. E non entrò!

29 SE IL TUO OCCHIO DESTRO TI È MOTIVO DI SCANDALO, CAVALO E GETTALO VIA DA TE: TI CONVIENE INFATTI PERDERE UNA DELLE TUE MEMBRA, PIUTTOSTO CHE TUTTO IL TUO CORPO VENGA GETTATO NELLA GEÈNNA. 30 E SE LA TUA MANO DESTRA TI È MOTIVO DI SCANDALO, TAGLIALA E GETTALA VIA DA TE: TI CONVIENE INFATTI PERDERE UNA DELLE TUE MEMBRA, PIUTTOSTO CHE TUTTO IL TUO CORPO VADA A FINIRE NELLA GEÈNNA.

E poi Gesù da una terapia quando le persone hanno questo problema:

  • SE IL TUO OCCHIO =l’occhio, nella Bibbia, è simbolo del desiderio, cioè di ciò che si vede.
  • DESTRO=perché qui si specifica destro? Perché la destra è il simbolo dell’atto consapevole, cioè: “Quanto tu ti accorgi, ti rendi conto, del tuo desiderio impuro, di possesso, di manipolazione”. Perché molte persone (occhio sinistro) neppure si accorgono!.
  • E SE LA TUA MANO DESTRA=la mano è il simbolo dell’azione, del fare, degli atteggiamenti.

Allora: se c’è qualcosa che devi cambiare, anche se è doloroso, devi farlo, devi estirparlo. Perché se non lo fai muori (“gettato nella Gheenna”).

Quando una cosa s’ha da fare, s’ha da fare. E’ inutile dirsi: “E’ difficile!… Ma ci sto male!… Ma devo cambiare!… Ma mi giudicheranno!… Ma perderò degli amici!…”.

E’ come andare dal dentista, come un’operazione, come un esame: lo si vorrebbe evitare ma bisogna passare di là. Allora: siccome per vivere, per realizzarsi, per volare, per essere se stessi, bisogna farlo, lo si fa. Punto e basta.

31 FU PURE DETTO: “CHI RIPUDIA LA PROPRIA MOGLIE, LE DIA L’ATTO DEL RIPUDIO”. 32 MA IO VI DICO: CHIUNQUE RIPUDIA LA PROPRIA MOGLIE, ECCETTO IL CASO DI UNIONE ILLEGITTIMA, LA ESPONE ALL’ADULTERIO, E CHIUNQUE SPOSA UNA RIPUDIATA, COMMETTE ADULTERIO.

La stessa cosa vale per il ripudio: si tratta cioè di non essere falsi, falsamente formalisti.

Il ripudio non è il divorzio ma l’azione unilaterale dell’uomo maschio nei confronti della propria moglie. Il ripudio era semplice per il maschio: bastava scrivere su di una tavoletta: “Tu non sei più mia moglie” e si poteva per una qualsiasi cosa lasciarla senza protezione e senza sostentamento. Lo si poteva fare per un pranzo bruciato, per un saluto dato ad un estraneo o semplicemente perché gli piaceva una donna più carina. Con la possibilità del ripudio, dunque, le donne vivevano nel terrore. Per questo erano disposte a sopportare di tutto pur di non essere cacciate.

Gesù dice: “Sì, voi lo fate, la legge lo permette, ma non che sia giusto trattare così le donne”. Voi lo fate perché vi è comodo, perché siete insensibili, perché considerate la donna una vostra proprietà.

Un uomo è sposato e per lui il vincolo matrimoniale è sacro davanti a Dio. Ma non ha gesti di tenerezza per la sua donna; ogni tanto la picchia e la minaccia verbalmente. Poi lei lo lascia e lui si sente anche offeso e ferito. Sarà stato fedele alla legge ma non all’amore.

33 AVETE ANCHE INTESO CHE FU DETTO AGLI ANTICHI: “NON GIURERAI IL FALSO, MA ADEMPIRAI VERSO IL SIGNORE I TUOI GIURAMENTI”. 34 MA IO VI DICO: NON GIURATE AFFATTO, NÉ PER IL CIELO, PERCHÉ È IL TRONO DI DIO, 35 NÉ PER LA TERRA, PERCHÉ È LO SGABELLO DEI SUOI PIEDI, NÉ PER GERUSALEMME, PERCHÉ È LA CITTÀ DEL GRANDE RE. 36 NON GIURARE NEPPURE PER LA TUA TESTA, PERCHÉ NON HAI IL POTERE DI RENDERE BIANCO O NERO UN SOLO CAPELLO. 37 SIA INVECE IL VOSTRO PARLARE: “SÌ, SÌ”, “NO, NO”; IL DI PIÙ VIENE DAL MALIGNO.

TERZA DEMOLIZIONE: il tradimento non è solo fisico

ma ogni volta che tu usi l’altro per i tuoi scopi tu tradisci la relazione

  • NON GIURERAI IL FALSO=la Legge vietava di giurare il falso o di venir meno ad un voto preso con Dio, ma non di giurare. La Bibbia è piena di giuramenti (2 Cor 1,17-23; Eb 6,6, ecc.). Cosa si vuol dire allora qui?

Ma cos’è il giuramento? E’ nel nostro modo di parlare il tentativo di definire “per sempre”, come “assolutamente vero” un fatto o un detto. E’ una pretesa di assolutezza, di verità totale. Quando ti dico: “Lo giuro”, ti sto dicendo: “E’ assolutamente così!”: ma perché ho bisogno di giurare? E quando dico: “Lo giuro per i miei figli… sulla testa di mia madre”, perché lo faccio? Non bastano le mie parole? Non sono un’autorità sufficiente? Quando si giura si dichiara qualcosa che va oltre le proprie possibilità.

Non giurare perché non puoi chiamare a responsabilità nessuno altro se non che te. Il tuo parlare sia “sì, si; no, no”. Cioè: mi prendo le responsabilità delle mie conseguenze.

Gesù si rifà al rapporto di schiettezza, di chiarezza, di sincerità che deve esistere nella comunità. Gesù, quindi si rifà alla pratica del giuramento che Gesù esclude assolutamente dalla propria comunità. Cioè: “Quello che dicono le tue parole siano ciò che tu hai dentro. Il tuo “sì” delle parole sia il tuo “sì” che hai dentro; e il tuo “no” che hai nelle parole sia il tuo “no” che hai dentro”.

A volte le persone fanno dei giuramenti interni che sono distruttivi. Si vive una situazione di sofferenza e per non rivivere la stessa sofferenza si dice: “Mai più!”. Giuramenti interiori che facciamo: “Mai più ci sarà un uomo nella mia vita”; “Mai più mi fiderò di qualcuno”; “Mai più aprirò il mio cuore”; “Mai più ci proverò, dopo quanto successo”; “Con questa cosa, io ho chiuso per sempre”. Ma giurare chiude il flusso vitale: evita la sofferenza ma ne procura molta di più!

Allora il nostro parlare eviti il giuramento e sia schietto e chiaro: “Sì, sì, no, no” (Mt 5,37). Sì, si, no, no, vuol dire: “Siate liberi, uomini franchi e veri. Non vivere nella paura”. Quante volte la gente dice: “Io? Io no!”, e invece sì, è stata proprio lei. A volte si giustifica dicendo: “Ma io l’ho detto perché l’ho sentito da qualcun altro” oppure: “Io non volevo dire”; oppure: “Sì, ma…”. Avete fatto una cosa… detto: siate uomini e donne vere: “Sì, sono stato io”; “No, non sono stato io”. Se dici una cosa prenditi le responsabilità di quello che dici o fai.

Gli uomini di oggi sono senza la parola: possono dire una cosa e negarla un attimo dopo.

Un ragazzo ha fatto scoppiare a metà ora (con un congegno artificioso!) un grosso petardo in classe, con relativo terrore della professoressa di latino, ed è stato sospeso. Alla domanda: “Chi è stato?”, nessuno ha detto niente. In realtà erano stati 4-5 a progettare lo scherzo. Al ripetere della domanda – se non avesse alzato la mano l’avrebbe passata liscia – lui ha alzato la mano autoaccusandosi. Il preside l’ha sospeso: “Ho dovuto farlo. Come studente, ti rimprovero; ma come uomo ti stimo”. Condannava l’azione ma stimava il coraggio delle azioni di questo ragazzo.

 

Pensiero della Settimana

 Pensare di poter sistemare e risolvere tutto è un errore.

Il mistero della vita è che il male esiste,

che le tensioni non possono essere soppresse e che noi ci siamo dentro;

che si deve fare il possibile, senza lasciarsi dominare

e senza mai ritenere di possedere la verità assoluta.

Bisogna accettare la condizione umana, sapere che un certo dubitare non si oppone alla fede;

sapere che il senso di contingenza è necessario alla nostra vita.

Devo rendermi conto che sono una parte di questa realtà e che non spetta a me controllarla;

scoprire il senso della vita nella gioia, nella sofferenza, nelle passioni; invece di lamentare la difficoltà del vivere, rimandando ad un giorno che non arriva mai il momento di godere profondamente di questa vita, questo senso in ogni istante.

(Raimon Panikkar)