Un uomo diverso

Venerdì Santo

10 aprile 2020

 

  • Prima lettura: Is 52,13-53,12
  • Salmo: Sal 30
  • Seconda lettura: Eb 4, 14-16; 5, 7-9
  • Vangelo: Gv 18,1-19,42

 

La lettura della Passione ci ripropone, come ogni anno, la morte di Gesù. Di fronte a tale fatto si rimane sempre un po’ sbigottiti e costernati e in fin dei conti ci sovviene sempre la domanda: “Ma com’è stato possibile che il Figlio di Dio sia stato messo in croce?”.

E, spesso, dietro a questa domanda c’è un po’ la presuntuosa pretesa di dire: “Io non l’avrei fatto!”. Ma è proprio così? Non è che, invece, anche noi, ogni giorno, lo crocifiggiamo di nuovo?

La questione sulla morte di Gesù può essere considerata da vari versanti e troveremo motivi religiosi, politici, ideologici, psicologici, educativi, ecc. Ogni versante mette in luce un aspetto dell’unica montagna, dell’unico evento (la morte di Gesù). Noi ci soffermiamo su uno di questi.

Perché Gesù è stato ucciso?

La gente, cosa voleva? Un Messia forte che avrebbe riportato giustizia, pane e libertà.

L’autorità religiosa, cosa voleva? Un Messia forte che avrebbe scacciato i Romani e i loro costumi pagani e restaurato il presunto vero culto a Dio fatto di migliaia di doveri.

L’autorità politica, cosa voleva? Un Messia forte che avrebbe scacciato i Romani, liberato Israele, così da poter imporre il proprio dominio rispetto a quello dei Romani.

Gli apostoli, cosa volevano? Volevano un Messia forte, un Gesù superstar, visto che loro erano dei “suoi”, così anche loro sarebbero stati “qualcuno”.

Tutti volevano un Messia forte. Ma in realtà Gesù chi era? Gesù non era affatto così! Tutti lo volevano forte e potente e, invece, lui era debole, non violento e non impositivo. A tutti diceva: “Se qualcuno vuol venire dietro a me…” (Mc 8,34).

Fino all’ultimo hanno sperato che Gesù si manifestasse per come loro si aspettavano e non per come Lui era.

Quando entra a Gerusalemme, l’abbiamo sentito domenica scorsa, si aspettavano il Messia di Davide: “Osanna al figlio di Davide” (Mt 21) e non il figlio di Dio. E quando Gesù un attimo prima di morire grida: “Eloi, Eloi, lemà sabactani; Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato” (Mt 27,46) dove “Eloì” può esser confuso con “Elià” (teniamo presente la situazione dove la voce di Gesù era flebile e poco chiara!) ancora si aspettano che Gesù sia l’Elia potente e forte che scende dalla croce e sistema tutto. Infatti dicono: “Alcuni dei presenti, udito ciò, dicevano: “Ecco, chiama Elia!” (Mt 27,47). Quindi, fino all’ultimo hanno sperato che Gesù non fosse Gesù, ma quello che loro avevano in testa.

Al che sorge spontanea la domanda: “Ma cos’hanno visto?”.

Quando hanno visto che Gesù non era come loro volevano, cos’hanno fatto? Avevano due possibilità:

  1. Cambiare la loro immagine di Dio (“Gesù non è come quello che io ho in testa, è diverso, quindi cambio la mia idea di Gesù e lo vedo per quello che è e non per quello che io vorrei”). Oppure:
  2. Eliminare Gesù (“Tu non sei come il Gesù che abbiamo in testa, Tu sei sbagliato, quindi noi ti eliminiamo”). E così fecero!

Nel primo caso si dice: “Io ho un’idea sbagliata, e la cambio”.

Nel secondo caso si dice: “Io ho l’idea giusta, tu sei sbagliato, io non ho niente da cambiare e quindi elimino te”.

Nel primo caso si dice: “Tu sei diverso da me: accolgo la tua diversità e mi chiedo se posso imparare da essa”.

Nel secondo caso si dice: “Tu sei diverso da me: tu sei sbagliato e ti combatto”.

D’altra parte questo è un ragionamento falsato in sé: infatti, nello stesso momento in cui dico: “Tu sei sbagliato perché tu sei diverso”, non mi accorgo che stabilisco anche la mia condanna perché in questo momento anche l’altro, il diverso da me, può dire di me: “Tu sei sbagliato perché sei diverso da me”.

Nel primo caso abbiamo una persona flessibile, capace di convertirsi, di evolvere, di cambiare.

Nel secondo caso abbiamo una persona intollerante, anticamera del razzismo.

Quante volte nel corso della storia la cosa si è ripetuta: “Tu non sei come me?… Allora ti elimino!”. E’ successo per gli ebrei, per i matti (segregati nei manicomi), per gli omosessuali (discriminati per l’orientamento sessuale), per gli zingari o i gitani, ecc. Ci chiediamo: ma cos’hanno vissuto dentro di sé (a livello emotivo) queste persone che hanno rifiutato Gesù?

Gesù annuncia un Dio totalmente diverso dal loro, da quello che hanno sempre imparato e sentito, da quello che sono stati educati, per cui sono costretti a confrontarsi con questa nuova e diversa immagine di Dio ma anche della Vita e dell’Amore.

Ciò che hanno vissuto con Gesù ci accade ogni volta che qualcosa di “diverso”, di non “secondo i nostri schemi” s’imbatte nella nostra vita. Può essere un nuovo modo di credere, può essere una nuova idea, può essere una nuova scoperta, può essere un nuovo modo di fare, può essere un nuovo modo di vedere le cose (vita, matrimonio, educazione, i rapporti di coppia, l’amicizia, il lavoro, ecc).

La prima cosa che ci viene da fare è: “No!”. Vediamo l’altro come un nemico, qualcosa da cui diffidare, forse meglio da condannare o da eliminare, di cui avere paura. Ci sentiamo attaccati (in realtà l’altro non ci ha fatto niente), ci sentiamo sbagliati (ma l’altro non ha detto questo), ci sentiamo impauriti (ciò che dice mette in discussione ciò che pensavamo) e ci viene spontaneo, invece di chiederci: “E’ possibile tutto questo? Forse è vero? Che sia così? Aspettiamo un attimo e vediamo…”, attaccarlo ed eliminarlo.

Ma lo eliminiamo non perché lui è sbagliato, ma perché noi temiamo di esserlo.

Ecco che dentro si scatenano tutta una serie di paure, di tempeste:

  1. LA PAURA DELL’ALTRO: “Ma chi è questo Gesù che si permette di dire questo? E’ troppo diverso questo Gesù! Mai sentite queste cose! Non è mica uno di noi!”.

Ma posso dire: “E’ un uomo che sa più di me! E’ un uomo che ha più potere di me”? Posso accettare ciò?

Il genoma umano è stato ormai decifrato. Sapete qual è la differenza fra un uomo e un qualsiasi altro uomo, dal punto di vista biologico? Meno dello 0,1 per cento, cioè niente! Questo vuol dire che tutti gli uomini hanno gli stessi bisogni, gli stessi desideri, gli stessi sogni, le stesse paure e le stesse prestazioni.

L’esperienza mostra che le tribù dell’Amazzonia o dell’Africa di fronte al diverso sono tolleranti.

Avete mai visto i bambini? 3 bambini ebrei e 3 palestinesi, che ne so, di 3 anni: che fanno? Giocano. Prendete 3 bambini musulmani e 3 bambini cristiani di 3 anni: che fanno ? Giocano insieme! E adesso prendete i loro genitori? Che fanno? La guerra!

Ma cosa succede in quelle persone tra quando sono bambini e vent’anni dopo quando sono adulti?

Bandura ha creato il famoso esperimento della bambola Bobo. Alcuni bambini giocavano tra di loro. Poi senza dire nulla, entrava un adulto e picchiava una bambola di dimensioni umane. I bambini guardavano e all’inizio non facevano niente. Dopo un po’ di tempo, ogni tanto, uno si alzava e picchiava la bambola. Si chiama modeling (modellamento) ma mio nonno lo chiamava l’esempio: i bambini fanno quello che vedono dai grandi. La loro aggressività veniva agita perché l’avevano vista dagli adulti.

  1. La paura del PREGIUDIZIO. Di Gesù avevano detto: “Ma cosa mai può venire di buono da Nazareth?” (Gv 1,45).

I politici: tutti ladri! I musulmani: tutti rancorosi. Gli albanesi: tutti poco di buono! Le donne: tutte paranoiche. Gli uomini: pensano solo a quello!, ecc. Ma li conosci tutti?

Sono sul pullman e vedo questa semplice scena. C’è una ragazza nera in pullman. Parla al telefono: è una bella ragazza, profumata, vestita bene, molto educata. Solo che parla al telefono: non disturba nessuno, parla anche dimessamente. Ma si sa, è nera: un uomo sbuffa; una donna la guarda come se stesse compiendo un reato; un vecchio con cattiveria: “A casa loro bisognerebbe mandarli, a casa loro… Dove credono di essere?”. Io scendo dal pullman, il vecchio mi riconosce perché è sempre a messa e mi dice: “Salve, don Marco”. Al che io rispondo: “Gesù, oggi, è quella ragazza nera lì!”.

  1. LA PAURA DI PERDERE IL PROPRIO POTERE: “Se crediamo a Gesù, il nostro potere (di farisei, di religiosi, di scribi, ecc.) perde di valore”.

Se crediamo a lui perdiamo il privilegio di essere “creduti” dalla gente! Ma io posso dire: “Ok, sono disponibile a rinunciare al mio ruolo di potere”?

Raimondo Lullo, francescano, nella sua scuola di Miramar sull’isola di Maiorca, nel 1300 manteneva in dialogo permanente i rappresentanti delle tre religioni abramitiche: giudei, cristiani e musulmani. Egli diceva: “Quanto è vero in ciascuna delle religioni non può star fuori dalla verità”. Ma questo vuol dire accettare che la verità esiste anche in te e non solo in me: vuol dire accettare di perdere un po’ il proprio potere.

C’era un prete che non dava l’assoluzione a nessuno di quelli che avevano peccato nella sessualità. Dietro la grata ascolta un uomo che gli confessa i suoi peccati sessuali. Il prete non voleva assolverlo. Il peccatore, che ne sapeva di Vangelo, gli faceva notare come Gesù perdonò sempre tutti, senza distinzioni. Il prete: “Ho detto che non posso darti l’assoluzione. I miei superiori e la mia autorità non lo permettono!”.

Allora l’uomo si sposta, viene davanti, gli sposta la tendina viola del confessionale, lo guarda e gli dice: “Ma vedi chi sono? Sono il tuo vescovo!”.

Accettare ciò che non è come me vuol dire accettare di rinunciare al potere della mia verità. Non ridurre il mondo alla tua testa ma apri la tua testa al mondo.

  1. LA PAURA DI METTERSI IN DISCUSSIONE, di confrontarsi: “Se quello che Gesù dice è vero, allora le nostre idee, la nostra religione è da cambiare. Noi dobbiamo metterci in gioco e cambiare ciò che pensiamo”. Ma posso dire: “Ok, mi rimetto in gioco, mi rimetto a scuola per imparare?”.

Quando Ferdinando Magellano disse che avrebbe voluto circumnavigare la terra: “Impossibile!”. “Impossibile perché nessuno lo ha mai fatto prima. Quando l’avrò fatto sarà possibile”. Credi di non farcela? Credi che sia impossibile? Solo perché ne hai paura!

Un giorno al catechismo dico: “Dimmi con chi vai (che tipo di persone cioè frequenti) e ti dirò chi sei”. Un ragazzo alza la mano e mi dice: “Giuda frequentava Gesù e gli apostoli: come la mettiamo con ciò?”. Al che gli dissi: “Hai ragione tu. Ciò che ho detto non è vero!”.

  1. LA PAURA DI ACCETTARE DI ESSERSI SBAGLIATI: “Sì, è vero, pensavamo una cosa ma non è così. Pensavamo che fosse “Dio” ma invece non era “Dio”, ci siamo sbagliati”. Ma posso ammettere di essermi sbagliato? Posso dire: “Sì, niente di grave, ma ho sbagliato?”.

Ogni giorno dopo pranzo, siamo in un camposcuola, un’animatrice se ne va via per 10-15 minuti. Noi sappiamo dove va: va a fumare. Si ritira in una stanza e lì serenamente si fa la sua cicca. Così decidiamo di farle uno scherzo e senza farci sentire arriviamo da lei, apriamo la porta di scatto e lei che ha in mano una lattina vuota di coca-cola come portacenere getta la sigaretta dentro la lattina. Allora le diciamo. “Stai fumando!”, e lei: “No Assolutamente!”, mentre dalla lattina si vede uscire un copioso fumo!!!

  1. LA PAURA DI SCOPRIRSI DEBOLI: “Se Gesù ha ragione, allora io non ho la verità assoluta; non sono perfetto… sono debole… vulnerabile… perfettibile… sbagliante…

Ma posso accettare di essere debole?

Cosa succede se una persona non può piangere, non può dire: “Scusa ho sbagliato!”? Cosa succede se uno viene educato al pensiero rigido (bianco o nero; giusto o sbagliato; buono o cattivo; con noi o contro di noi) o alla generalizzazione (se uno straniero fa una cosa, allora tutti gli stranieri sono così!)? Cosa succede se uno non è educato alla propria affettività? Cosa succede se uno non è educato all’ascolto dell’altro, all’empatia, al percepire ciò che l’altro vive? Avremo un narcisista che non può essere “debole” e che eliminerà tutto e tutti coloro che potrebbero metterlo a contatto con la propria debolezza.

  1. LA PAURA DELL’INSICUREZZA e della DESTABILIZZAZIONE: “Mi sento vuoto: ho creduto in delle cose che adesso capisco e comprendo che non sono più vere. Ho perso le mie sicurezze e le mie certezze, sulle quali basavo la mia vita”.

Ma posso perdere le mie certezze? Posso rinunciarvi e rimanerne senza? O è un dramma? “Se quello che dice Gesù è vero, allora devo cambiare, non posso più pensare, fare, agire come prima. Questo però mi destabilizza? Questo però mi crea angoscia? Questo rimette tutto in gioco”. Posso sostenere una tale destabilizzazione, insicurezza, per cercare la verità, per trovare una stabilizzazione migliore?

Colombo un giorno disse: “Voglio circumnavigare la Terra”. “Impossibile!”, gli dissero.

Einstein un giorno disse: “L’atomo si può dividere”. “Impossibile!”, gli dissero.

Galileo e Copernico un giorno dissero: “Non è il sole che gira attorno alla terra”. “Impossibile!”.

Rifiutavano queste idee completamente nuove perché creavano destabilizzazione con le vecchie idee precedenti lasciandoli in una condizione di insicurezza.

Questo è ciò che accade quando un Gesù, un uomo, diverso da noi appare nella nostra vita.

Ma deve finire sempre così? Dobbiamo sempre crocifiggere nuovamente Gesù? Non può andare diversamente? Non abbiamo ancora imparato? E’ stata proprio vana del tutto la sua vita e la sua morte?

Di fronte a Gesù, che cosa avrebbero potuto dire o fare, invece che eliminarlo? Com’è che possiamo anche noi oggi, duemila anni dopo, non ripetere la morte di Gesù? Perché Gesù lo crocifiggiamo anche noi, sotto altri nomi, ogni giorno.

E se dicessimo: “Ti ascolto… non capisco quello che dici, ma ti ascolto”. Quando uno ci parla non potremmo dire questo? Ma ci serve tempo. Ci serve disponibilità interiore.

E se dicessimo: “Interessante quello che dici! ma dai!, non ci avevo mai pensato”: quante cose nuove potremmo imparare! Quando ascoltiamo i giovani o le nuove proposte, non potremmo dire così! Perché dovremo essere solo noi i depositari della verità?

E se dicessimo: “ma sai gesù che hai ragione! e’ proprio vero quello che dici! Mi destabilizza questo perché metti in crisi tutte le mie certezze precedenti, ma è proprio vero ciò che dici!”. Quando ascoltiamo i nostri “nemici”, potremmo scoprire che hanno tante verità come noi e che, forse, sono più “nostri” amici di quanto pensiamo.

E se dicessimo: “Verifichiamo! Andiamo a vedere nella Bibbia se è vero”, avrebbero scoperto la scientificità delle cose, invece, che lasciarsi andar al pregiudizio.

E se dicessimo: “scusa, ci siamo sbagliati!”, non avrebbero crocefisso il Figlio di Dio.

E se dicessimo: “tu pensi così, noi pensiamo colà… confrontiamoci in verità”, oppure: “Tu metti in luce un aspetto della verità e io un altro. Io potrei imparare da te e tu da me, invece di combatterci!”… forse non ci sarebbero state molte guerre di religione.

E se dicessimo: “Proviamo a metterci nei tuoi panni per vedere il mondo con i tuoi occhi”, avrebbero visto il regno di Dio.

Non capiamo gli altri perché non sappiamo metterci nei loro panni, perché non sappiamo vedere il mondo dal loro punta di vista. Un punto di vista è la vista da un punto.

Nel 1985 papa Giovanni Paolo II visitò le Ande. Ramiro Reynaga, capo indigeno della Bolivia, prese l’occasione per dirgli: “Noi indios delle Ande e dell’America, abbiamo deciso di approfittare di questa sua visita per restituirle la sua Bibbia, perché in cinque secoli essa non ci ha dato né amore, né pace, né giustizia. Per favore Santità, riprenda la sua Bibbia e la restituisca ai nostri oppressori, perché loro ne hanno più bisogno di noi. Dall’arrivo di Cristoforo Colombo sono stati imposti all’America, con la forza, una cultura, una lingua, una religione e valori propri dell’Europa. La spada spagnola che di giorno attaccava e uccideva il corpo degli indios, la sera diventava croce per attaccare l’anima indi”.

Il Papa non poté rispondere niente e fece l’unica cosa dignitosa che poteva fare: pianse.

Picchiavo tutti quelli che “erano diversi da me”: era giusto picchiarli perché non erano e non pensavano come me.

Poi un giorno scoprii di essere diverso dall’anno precedente: dovevo picchiarmi!

Ma in quel giorno non mi picchiai e da quel giorno non picchiai mai più nessuno.

 

 

Pensiero della settimana

La piaga del genere umano è la paura e il rifiuto della diversità: il monoteismo, la monarchia, la monogamia e, nella nostra epoca, la monomedicina.

La convinzione che ci sia un solo modo giusto per vivere, un solo modo giusto per regolare le questioni religiose, politiche, sessuali, mediche è la causa principale della più grande minaccia per l’uomo:

i membri della sua stessa specie, decisi ad assicurare la sua salvezza, la sicurezza e la sanità mentale.

(Thomas Szasz)