Il perdono Assoluto

V domenica del tempo di Quaresima

3 aprile 2022

 

  • Prima lettura: Is 43, 16-21
  • Salmo: Sal 125
  • Seconda lettura: Fil 3, 8-14
  • Vangelo: Gv 8, 1-11

 

Troviamo questo episodio solo in Gv. Per noi è impossibile, ma gli esperti della Bibbia, quando studiano questo episodio, sanno benissimo che non è di Gv. Lo stile, la grammatica, i termini usati, escludono che sia di Gv. E’ un altro scrittore che scrive e tutti pensano che sia Lc (ci starebbe bene, infatti, dopo Lc 21,38), l’evangelista del Gesù misericordioso.

Fu molto difficile per la prima chiesa accettare questo episodio, che fu inserito tardivamente (i sinottici non ce l’hanno). Nei primi secoli, infatti, i Vangeli non erano fissati come per noi oggi. Ad esempio, la comunità di Marco mandava il proprio Vangelo a quella di Luca perché questa comunità, leggendolo, potesse arricchirsi, e viceversa. Ma questi 11 versetti erano così scabrosi, sconcertanti e indigesti, che nessuno li voleva inserire nel proprio vangelo. Infatti l’atteggiamento di Gesù si scontrava con il duro atteggiamento della chiesa sul matrimonio e con il rigore del sacramento della penitenza: “Ma come? Gesù accetta, non condanna l’adulterio? E, no! Va punito duramente!”; “Ma come, Gesù la perdona così, senza farle fare nulla, nessuna penitenza, conversione? E no!”.

Sant’Agostino, il grande padre della chiesa del IV secolo, una persona così illuminata, si preoccupò dell’accoglienza di questo brano nella sua comunità perché “poteva far credere alle spose l’impunità del loro peccato”. “Se Gesù è così tanto di manica larga con le adultere, dove andremo a finire”, si chiedeva Sant’Agostino.

D’altra parte era un brano del vangelo: che si fa?

Per tre secoli nessuna comunità ha voluto questo brano e per cinque secoli non è mai stato letto nella liturgia.

Noi pensiamo che la Bibbia abbia un’unica immagine di Dio e lo pensiamo perché crediamo che come i libri di oggi sia un libro scritto da un’unica persona e in un tempo ben preciso. Invece la Bibbia, soprattutto l’A.T., è scritta nei secoli da persone diverse, in secoli diversi, con cultura e spiritualità diverse. Quindi non ci presenta l’immagine di un Dio unico, ma diverse immagini di Dio. Le due principali immagini di Dio sono il Dio Creatore e il Dio Legislatore.

Il Dio creatore dice: “Tutto ciò che esiste è buono, perché viene dalle mani di Dio”. Se noi prendiamo il primo libro della Bibbia, dopo aver creato tutto ciò che esiste, Dio dice: “Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona” (Gen 1,31).

L’altra è il Dio Legislatore, che dice: “Se vuoi essere amato da Dio devi seguire per filo e per segno le sue leggi e le sue regole”. Per cui questo “Dio” mette cartelli di divieto, di “non si fa” dappertutto (es. Lv 11).

Il Dio Creatore parla di amore e di sessualità; nel Cantico dei Cantici descrive la sua innamorata e le delizie del suo corpo e tutto questo è Parola di Dio. Il Dio Legislatore prescrive tutto in maniera maniacale, persino il materiale e lunghezza delle mutande dei preti: “Calzoni di lino per coprire le nudità; dovranno arrivare dai fianchi fino alle cosce” (Es 28,42).

Il Dio creatore dice: “Vivi! Godi della vita”, il Legislatore la rende impossibile: “Questo non si può, questo sì; questo è peccato, questo no; questo è puro, questo è impuro”.

Il Creatore conduce l’uomo alla libertà, il Legislatore all’obbedienza.

Gesù si situa sulla linea del Dio Creatore e ancor di più parla, comunica, vive e testimonia un Dio d’amore, dove l’unica legge è l’amore, la vitalità delle persone, la guarigione dei cuori e dei corpi.

DIO CREATORE DIO LEGISLATORE
Si entusiasma per la sua creazione (Gen 1): “Vide che era cosa molto buona”. Mette cartelli dappertutto con scritto “vietato” (Lv 11).
Parla di cose osé e l’amore, la sessualità, il corpo e la sensualità sono cose belle e pure (Ct 4.1.5; 7,2.4). Tutto è peccato e pericoloso. Stabilisce perfino la lunghezza delle mutande dei preti (Es 28,42).
Ama la vita. Rende impossibile la vita con una miriade di leggi.
Tutto è puro (Tt 1,15). Tutto è peccaminoso.
Innalza l’uomo al suo livello. Lo allontana da sé.
Cerca persone che gli assomiglino. Cerca sudditi che gli ubbidiscano.
Ama tutti gli uomini e le sue creature. Divide, separa gli uni dagli altri.
E’ il Dio di Gesù: è venuto per salvare e non per condannare. E’ il Dio degli scribi e dei farisei: condannare e sentenziare.

 

Cosa centra tutto questo con questo episodio? Perché la tematica in questione è quale Dio credere.

Gli scribi e i farisei credono ovviamente nel Dio Legislatore e dicono: “Questa donna? Non si discute, lo dice anche la Legge (cioè la Bibbia) - ed è vero che lo dice anche la Bibbia – dev’essere lapidata”. Il Dio Legislatore punisce chi disobbedisce; anche con la morte.

Gesù crede al Dio Creatore: “Questa donna? Dio non condanna perché ama aldilà di ciò che l’uomo fa. E poi, voi che la giudicate, vi ritenete esenti da tutto questo?”.

Da una parte il Dio che uccide, dall’altra il Dio che salva.

8,1 Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi.

  • AVVIÒ VERSO IL MONTE DEGLI ULIVI=sappiamo che Gv, ad esempio, mai parla di Monte degli Ulivi. Lc sì, e ha pure un atteggiamento particolarmente benevolo verso le donne.

2 Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro.

  • AL MATTINO=se è l’alba allora vuol dire che la donna deve essere stata spiata. Infatti, come hanno fatto a scoprirla in flagrante adulterio? Devono per forza averla spiata o addirittura le hanno teso un tranello. Tra l’altro gli scribi erano persone vestite in maniera molto particolare, ben riconoscibili e visibili. Non era gente che si poteva nascondere o confondere facilmente. Quindi devono aver ben congegnato la trappola.
  • NEL TEMPIO=tutto ciò avviene nel tempio, nella casa di Dio. Ciò che avviene è sconcertante: siamo nella casa di Dio e gli esperti di Dio vogliono uccidere una donna. Gli esperti di Dio hanno già le pietre in mano perché (l’usanza) spettava ai primi testimoni (marito) la prima pietra da lanciare. Se le cose andranno come da programma, ciascuno scaglierà la sua pietra. Nessuno avrà ucciso, però alla fina la donna sarà morta. Nessuno si sentirà colpevole dell’assassinio ma lei sarà morta.

Di chi è la colpa dell’inquinamento dei mari e dell’aria, del buco dell’ozono, della deforestazione? E di chi muore per mancanza d’acqua o di cibo o delle più elementari medicine?

Io? Tu? Lui? Nessuno! Eppure la gente muore… Anche quella donna sarebbe morta.

Perché si è in regola con la legge, non vuol dire che si è in regola con Dio!

Poco dopo si dirà la stessa cosa di Gesù: “Raccolsero pietre per scagliarle contro di lui” (8,59). Quando salvi qualcuno sappi che ti attirerai le ire che erano addosso a lui!

  • E TUTTO IL POPOLO ANDAVA DA LUI=è questo che mette in allarme le autorità: perché la gente va da Gesù e non viene più da noi? Come mai segue Gesù e non più le nostre liturgie?
  • ED EGLI SEDETTE E SI MISE A INSEGNARE LORO=insegnare=didasko.

E perché la gente va da Gesù? Perché Lui ti dà vita e gli uomini si sentono amati da Dio, si sentono incoraggiati a non aver paura, ad osare, a vivere, ad esprimersi, a darsi senza riserve.

L’insegnamento di Gesù non è più sul non fare: “Attento a questo… questo è peccato… questo è pericoloso… non fare quello… questo non si può… questo non si deve…” ma sul fare: “Esprimiti… ama… realizzati… donati… vivi… osa… lasciati andare… perdona…”.

Tant’è vero che se l’A.T. aveva: “Non fare agli altri quello che non vuoi che sia fatto a te” (Tob 4,15: “Non fare a nessuno ciò che non piace a te”, il N.T. avrà: “Ciò che volete che gli altri facciano a voi, così fate loro” (Lc 6,31).

Il messaggio di Gesù è sempre un messaggio di vitalità, di realizzazione, di espressione delle nostre potenzialità e mai è un messaggio per intrappolarci, dominarci o frenarci.

3 Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e

  • DONNA SORPRESA IN ADULTERIO=l’adulterio era presente nonostante il rischio elevatissimo perché i matrimoni non erano decisi dagli sposi, ma dalle famiglie, ancora prima che nascessero i figli. Due vicini di casa, ad esempio, si mettevano d'accordo: “Se ti nasce un maschio e a me una femmina li facciamo sposare e così il campo (il terreno) rimane nel clan familiare”. Molto spesso, le donne e gli uomini conoscevano il proprio coniuge il giorno del matrimonio. Mai l’avevano visto prima. Ma siccome il cuore batte da sempre e l’amore (o innamoramento o semplicemente l’istinto) esiste ed è più forte delle regole, l’adulterio era frequente.

Per capire cosa succede, dobbiamo sapere come avveniva il matrimonio in Israele. Vi erano due tappe: lo sposalizio, dove la ragazza di 12 anni e il ragazzo di 18 venivano dichiarati marito e moglie. L’uomo andava nella casa della sposa insieme ai genitori e si valutava la condizione della donna per pagare il prezzo della dote; al termine di questa contrattazione, che normalmente durava tre giorni, il marito metteva il velo che usavano come copricapo per la preghiera sul capo della donna e pronunciava questa semplice espressione: “Tu sei mia moglie”, la donna diceva: “Tu sei mio marito”. Ognuno poi tornava a casa sua.

Perché solamente un anno dopo vivevano insieme? Il matrimonio era finalizzato alla procreazione, a fare figli, e a 12 anni, per quanto mature potessero essere a quel tempo le donne, non era possibile.

Se l’adulterio avveniva durante lo sposalizio la pena era la lapidazione, come qui (Dt 22,23-24).

Un anno dopo vi erano le nozze e lì iniziava la vita comune. Se l’adulterio veniva compiuto dopo le nozze la pena era lo strangolamento.

Questa ragazza, quindi, aveva sui 12-13 anni. Il fatto che Gesù la chiami “donna” conferma il suo stato matrimoniale.

Se, invece, vi era solo il sospetto di adulterio e non vi erano prove sicure, cosa si faceva? 

La Bibbia diceva di fare così (Nm 5,11-31): per prima cosa il marito portava la moglie al sacerdote e il sacerdote le strappava il velo dalla testa (gesto estremamente disonorante, infatti, dal momento della pubertà le donne avevano sempre il velo in testa e nessuno poteva vederle senza, perché soltanto le prostitute mostravano i capelli). Quindi era un modo per dirle: “Sei una put… una poco di buono”.

I capi d’imputazione venivano scritti su di una pergamena. La pergamena veniva messa su di un vaso, riempito d’acqua, poi veniva spazzato il pavimento tutto attorno alla donna, messa dentro al vaso la polvere raccolta e poi veniva fatto un frappé che veniva fatto bere alla donna.

Se la poveretta aveva mal di pancia, era segno inequivocabile che era colpevole e andava condannata.

Ma è possibile che la religione renda le persone così stupide? Ebbene sì. E’ stato possibile!

E tutto questo veniva fatto in nome di Dio e della Bibbia (in effetti vi era scritto così, ma…).

  • GLI SCRIBI E I FARISEI=gli scribi sono i teologi ufficiali del magistero d’Israele, dell’istituzione religiosa. Sono individui, laici, che dedicano tutta la loro esistenza allo studio della sacra scrittura. All’età di 40 anni ricevono, attraverso l’imposizione delle mani, lo spirito di Mosé e da quel momento possono insegnare la legge. La loro autorità è superiore a quella del re: quando parla uno scriba è Dio stesso che parla.

I farisei sono sempre dei laici che mettono in pratica tutti gli insegnamenti degli scribi. Fariseo vuol dire separato. Separato da chi? Dalla gente comune! Attraverso le devozioni, le preghiere, lo stile di vita, il fariseo si separa dal resto della gente che non poteva osservare i 613 precetti! Quindi, si separa dalla gente per avvicinarsi al Signore. Si separavano dal basso (gente) per andare vero l’alto (la purezza di Dio): solo che Dio in Gesù si è incarnato, è venuto quaggiù. Per cui loro salivano, Dio scendeva, e non s’incontravano mai!!!

Le persone che amano Dio, per il vangelo, sono atee: infatti, chi ama veramente Dio ama l’uomo, visto che Dio si è incarnato lì.

Quindi qui abbiamo i teologi e coloro che mettono in pratica la parte spirituale.

La troppa attenzione alle regole diventa disattenzione all’umano

Perché nessuno si è chiesto: “Che cosa l’ha spinta a fare questo? Cosa cercava? Forse il marito la picchiava; forse il marito la respingeva; forse il marito la umiliava; forse il marito la teneva come schiava; forse il marito aveva un'altra; forse non è ancora matura, adulta, per amare… ma se glielo insegniamo…”. Nessuno si è fermato a riflettere sul perché è successo tutto questo. E’ successo, quindi...

Perché nessuno si è chiesto: “E l'uomo dov’e?” Perché non prendiamo anche l'uomo? Perché dev’essere colpevole solo la donna? Perché qui c'è solo una persona?”.

Tutti vedono il peccato, la peccatrice, l’errore, la vergogna; “Ha sbagliato, paga!; Ci doveva pensare prima!... Non si fanno certe cose!... Quel che è giusto è giusto”. “La Legge dice così… E’ scritto così! E’ la legge! Lo ha detto Dio! E’ scritto nei codici di teologia”.

Si sentono anzi in diritto di uccidere. Poverini!, sono quasi costretti a farlo!

Nessuno si giustifichi dicendo: “Io ho obbedito”; “Io ho eseguito gli ordini, le regole”.

Non giustificarti mai dicendo: “Io ho fatto quello che mi è stato detto; io ho fatto secondo la regola”. Perché tu hai una testa per pensare e un cuore per sentire: sei responsabile di ciò che fai e dici.

I farisei non hanno cuore, sono dei semplici esecutori, formalisti. Il loro criterio è la legge: “Il catechismo dice così; la legge comanda questo; la legge lo permette!”. “La legge non giustifica”, dice S. Paolo. E’ troppo semplice rifarsi alla legge, all’esterno.

E’ il bambino che dice: “Lo dice la mamma! Il papà mi ha detto che si fa così!”. Ma quando sei grande non devi più fare le cose perché te le ha dette qualcuno. Devi prenderti le tue responsabilità e farle perché tu ci credi o non ci credi.

“Ma gli altri fanno così… ma tutti fan così… ma la legge diceva questo… ma si poteva fare”: non ti puoi più giustificare. Tu sei responsabile di tutto.

Sapete che cos’hanno detto tutti i criminali nazisti quando sono stati processati a Norimberga dopo la seconda guerra mondiale: “Noi abbiamo solo obbedito”. Ed era vero! Quindi solo Hitler era responsabile di tutto questo? Seconda questa logica sì.

Gesù si rifà alla legge inscritta nel cuore di ogni uomo (8,7), nel profondo di sé. “Tu puoi anche ucciderla; tu puoi anche accusarla e decretarla colpevole e saresti in regola per la legge umana. Ma lo saresti per la legge di Dio? Perché una legge lo permette non significa che sia giusto”.

Se ti chiedi: “Cosa dice la legge”, allora la condanni. Ma stai eseguendo.

Se ti chiedi: “Cosa dice la mia coscienza, il mio cuore”, come fai a condannarla?

4 gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio.

  • MAESTRO=che ipocriti! Vanno lì per denunciarlo, per ucciderlo e lo chiamano: “Maestro!”. “Maestro” significa che sei una persona della quale riconosco la sapienza e dalla quale voglio apprendere. Invece loro disprezzano Gesù, odiano Gesù.

Attenti a queste persone molto pie, molto religiose! Come dice la Bibbia “più untuosa del burro è la sua bocca ma nel cuore ha la guerra” (Sal 54,22).

Ma manca una persona, l’uomo! L’adulterio si fa in due: l’uomo dov’è? La legge prevedeva che “quando una fanciulla vergine, fidanzata, e l’uomo la trova in città e si corica con lei, li condurrete ambedue alla porta di quella città e li lapiderete con pietre ed essi moriranno. La fanciulla perché pur essendo in città non ha gridato e l’uomo perché ha disonorato la donna del suo prossimo. Così estirperai il male in mezzo a te” (Dt 22,23-29).

Quindi la legge stabiliva che la punizione dell’adulterio fosse comminata sia alla donna che all’uomo. Ma qui non gli conducono l’uomo.

D’altra parte l’uomo poteva spassarsela liberamente purché la donna non fosse un’ebrea sposata. Quindi l’uomo poteva andare tranquillamente con tutte le pagane. Per la donna, invece, no: qualunque relazione con un uomo sposato era adulterio.

5 Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?».

  • DONNE COME QUESTA=sentite il disprezzo: “Donne come questa!”. Loro l’hanno già condannata.
  • TU CHE NE DICI?=in realtà loro sanno già cosa fare e lo sanno anche molto bene. Gli fanno la domanda solamente per metterlo alla prova e avere di che accusarlo.

6 Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo. Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra.

  • PER METTERLO ALLA PROVA=peirazo=tentare; è il verbo di satana, del tentatore. Nonostante la loro professione di alta religiosità e i loro attestati di profonda osservanza della legge di Dio, sono strumenti satanici e diabolici.
  • E PER AVERE MOTIVO DI ACCUSARLO=La trappola è perfetta. In qualsiasi modo Gesù risponda, si condanna.

Se Gesù dice: Sì, va bene, lapidatela, come dice la Legge” (sono nel tempio ed ogni bravo e pio ebreo avrebbe detto così perché la Legge di Dio, volontà di Dio, non poteva essere contraddetta) tutto il popolo che lo seguiva, che finalmente aveva sentito una voce diversa, una voce che non imponeva leggi da osservare, che non gravava sulle persone con precetti o regole che le persone non riuscivano mai ad osservare, l’avrebbero abbandonato. “Anche Gesù è come gli altri”, avrebbe detto il popolo che sperava in lui.

Se Gesù dice: Va bene, sì, perdonatela, lasciatela andare”, al contrario fa emergere il suo lato di misericordia come sempre faceva, ma poiché siamo nel tempio, dove c’è la polizia (c’erano in servizio 120 poliziotti ogni giorno!), Gesù immediatamente sarebbe stato arrestato, processato e condannato in quanto bestemmiatore della legge di Dio. La legge di Dio, infatti, non si discute. Se la legge di Dio dice: “Quando una donna è adultera va ammazzata”, la donna va ammazzata. È la parola di Dio.

Quindi in un caso Gesù perde tutto il suo seguito di gente e nell’altro ci perde la vita.

  • MA GESÙ SI CHINÒ E SI MISE A SCRIVERE COL DITO PER TERRA=perché Gesù scrive per terra? A che cosa rimanda? Chi aveva fatto così?

Il profeta Geremia (Ger 17,13) presenta Dio che si lamenta del suo popolo: “Hanno abbandonato me, fonte d’acqua viva, per andarsi a scavare cisterne screpolate che non contengono l’acqua… quando si allontaneranno da me saranno scritti nella polvere”.

L’azione di Gesù di scrivere nella polvere (la polvere indica il regno dei morti, è un’azione di morte), che richiama naturalmente questo passo del profeta Geremia, vuole indicare che coloro che nutrono dentro di sé sentimenti di morte sono già morti. Quindi Gesù, scrivendo nella polvere, sta già accusando questi scribi e farisei di essere morti.

Allora: con questo gesto Gesù dice: “Voi siete morti (siete già in terra, sottoterra). Voi non avete cuore. Sarete anche molto devoti e rispettabili ma dentro siete morti, pieni di odio e basta!”. Chi non è in contatto col proprio cuore è capace di tutto. E loro capiscono benissimo l’azione di Gesù.

7 Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei».

  • CHI DI VOI È SENZA PECCATO, GETTI PER PRIMO LA PIETRA CONTRO DI LEI=senza peccato=anamartetos=innocente, immune da errore, irreprensibile.

I farisei e gli scribi gli dicono: “Prendi una posizione: dobbiamo lapidarla o no?”. Ma Gesù, furbamente!, risponde: “Prendete voi una posizione. Se vi ritenete puri, immuni, senza peccato, dai, forza, lapidatela!”.

Quando noi pensiamo alla lapidazione pensiamo che ognuno lanciasse la sua pietra contro la donna.

Ma la lapidazione aveva delle regole ben precise: il condannato, in questo caso la condannata, veniva fatta cadere (spinta e fatta cadere di fianco: spesso già moriva così!; la persona era legata) in una buca, in un fosso (profondità di due uomini), e poi - prescrive il Talmud - due persone dovevano prendere la pietra della lapidazione, un’unica pietra, che doveva essere tanto pesante da essere a malapena sorretta da due persone. Normalmente era un blocco di pietra sui 50 chili.

Quindi la prima pietra è quella che ammazza. Poi dopo, tutti i partecipanti alla lapidazione lanciano le pietre fin tanto da ricoprire il cumulo, la terra. Quindi lo scagliare la prima pietra non significa: “C’è la condannata, cominciamo il lancio al bersaglio”. La prima pietra è la pietra che uccide.

Loro, in realtà si ritenevano senza peccato. E perché, allora, non lo fanno? Perché Gesù li costringe a prendersi le proprie responsabilità (in due modi): e loro non sono in grado di farlo.

  1. Tu puoi dirti giusto? tu sei senza peccato?

Quando tu punti l'indice verso qualcuno, se un dito è rivolto verso di lui, tre sono rivolti verso di te. “Tu non avrai tradito tua moglie, ma sei proprio sicuro di non pensare ad altre donne? Sei proprio sicuro di non aver fantasie sessuali? Sei proprio a posto con la tua sessualità? Non ti succede mai che sei egoista e che pensi solo al tuo piacere e non a quello della tua compagna?       Non ti succede mai che usi il sesso come vendetta o arma di potere per avere ciò che vuoi? Non ti succede mai di esser aggressivo o sbrigativo? Non ti succede mai di ironizzarci su, di raccontare barzellette, di avere desideri perversi?”. Quello che attacchi in quella donna non ti riguarda? Pensaci bene!

Gesù li mette di fronte alla propria verità: “Chi di voi può dirsi immune dal peccato?”.

  1. Prenditi davanti a tutti la responsabilità tu che sei giusto e condannala: “Esponiti, tira il sasso, vediamo dai!”.

“Hai detto questa cosa? Prenditene le responsabilità!”. “Ma no… sai… io volevo…”. Prima di parlare la prossima volta pensaci. La gente parla di nascosto, dietro le spalle, getta fango, insinua, maligna: non c’è personalità. Ascolto solo chi parla non “per sentito dire” ma perché sa e ha visto; ascolto solo chi si prende la responsabilità ciò che dice e me lo dice davanti; ascolto chi solo è capace di ascoltarmi perché responsabilità è dire ciò che si pensa e ascoltare ciò che pensa l’altro.

8 E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. 9 Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani. Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo.

  • QUELLI, UDITO CIÒ, SE NE ANDARONO UNO PER UNO=nell’accusa erano tutti compatti; adesso che vedono smascherata dall’atteggiamento di Gesù la loro cattiva coscienza, escono uno a uno, divisi.
  • COMINCIANDO DAI PIÙ ANZIANI =lett. “dai più vecchi” ma vecchio è presbyteros e presbyteros indica un ruolo e non un’età. Chi erano i presbiteri? Erano i componenti del Sinedrio. Il Sinedrio d’Israele era il massimo organo giuridico: era composto dagli scribi (i teologi), dai sommi sacerdoti e dai presbiteri, cioè gli anziani, i senatori. Erano coloro che avevano il potere giuridico di emanare sentenze di morte. Quindi questi uomini qui veramente la possono far condannare a morte.

10 Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?».

  • DONNA, DOVE SONO?=Sant’Agostino dice: “Restano soltanto due: la misera e la misericordia”.
  • NESSUNO TI HA CONDANNATA?=e fin qua tutto bene! Gesù fa prendere coscienza alla donna che i suoi accusatori che la volevano morta, sono tutti spariti; non c’era nessuno che fosse senza peccato ma tutti avevano delle colpe, tutti hanno paura di essere smascherati da Gesù.

11 Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più».

La donna ha evidentemente peccato. Nessuno può contestare la realtà. Anche Gesù lo sa. Allora: Gesù la salva dalla morte, ma che almeno si penta! Va ben che Gesù è misericordioso ma qui c’è un chiaro peccato: “Ti sei pentita? Ti sei resa conto di cosa hai fatto? Hai capito cos’hai rischiato? Vai a mettere una candela a Sant’Antonio! Fai un sacrificio! Fai una novena e digiuna un po’, come segno di conversione”.

  • NEANCH’IO TI CONDANNO=Dio non condanna perché dio è amore e nell’amore non c’è condanna. Dio non condanna, Dio è amore che mai si sente offeso e in qualunque situazione Dio non fa altro che rinnovare la sua offerta di accoglienza d'amore.

Qual è la cosa sconvolgente di questo brano del vangelo? Che Gesù non invita la donna che è in peccato a chiedere perdono a Dio. Perché? Perché è inutile! Dio mai si sente offeso e quindi mai perdona. Dio è l’amore che vuole essere accolto. Il suo perdono avviene immeritatamente, incondizionatamente e immediatamente (anzi ancor prima).

Atti 10,28 Pietro: “Dio mi ha mostrato che non si deve dire profano o immondo nessun uomo”. È la religione che divide tra puri e impuri, tra giusti e ingiusti, meritevoli e non, ma per il Dio di Gesù nessuna persona può essere esclusa dal suo amore.

  • VA’ E D’ORA IN POI NON PECCARE PIÙ=Gesù le dà questa energia per ricominciare una nuova vita. Con questo amore, adesso, forse, puoi essere una donna diversa.

Dio ci perdona sempre. “E chi ci dice che ciò che dici è vero? Come faccio a sapere che Dio mi ha perdonato?”. In effetti, potrebbe non esserlo. Come possiamo credere che sia vero (come anche il contrario)? Infatti, non è possibile dimostrarlo ma posso fartelo vedere.

Se io perdono le colpe di uno che mi ha fatto del male, questo sì che lo vedi.

E’ per questo che nei vangeli mai Gesù ci invita a chiedere perdono a Dio (che sempre ci ha già perdonato) ma sempre di perdonare gli altri. Allora l’amore di Dio che ho già ricevuto (lui sempre mi perdona) diventa visibile, toccabile, perché io ho perdonato gli altri.

Credi nell’altro

Questo è meraviglioso: Gesù fa leva sulle forze nascoste e profonde della donna. Questo è l’amore. Gesù non sottolinea il peccato, che probabilmente c’era, che era vero. Gesù sottolinea la possibilità che ha di uscirne, le risorse della donna per costruirsi una vita migliore, per essere diversa:  “Tu puoi”. “Non è vero che sei così e che sarai sempre così: non crederci”. “Tu puoi essere diversa; tu puoi essere migliore; tu puoi cambiare: io lo so, io ci credo”.

Gesù non sottolinea l’errore. Sapeva anche lei di aver sbagliato! Gesù sottolinea il positivo. Gesù ama la donna perché le dice: “Sì, avrai anche sbagliato ma io credo in te”.

Amare è semplicemente aver fiducia nell’altro. E’ credere che lui ce la possa fare; che lui ha delle altre forze dentro di sé; che lui possa essere migliore.

Una mamma mi ha raccontato come ha fatto per risolvere i problemi del figlio nello scrivere. Quando faceva un riassunto, un dettato o comunque scriveva, faceva una marea di errori di ortografia (20 errori, ad es.); lei lo riprendeva ma il figlio non migliorava. Dopo mesi così, un giorno cambia strategia: “5 parole giuste!”. Il giorno dopo: “8 parole giuste, bravo stai migliorando”. Poi: “10 parole giuste” e così via. Bene, suo figlio non fa più errori di ortografia!

Lavora sul positivo e non sul negativo

E’ il positivo che ci fa credere in noi. Quando tu mi dici che ho sbagliato, che non dovevo farlo, che faccio schifo, che ho fatto un errore grosso, (lo so anch’io che è così!) non fai che rafforzarmi la sfiducia in me stesso. Invece che aiutarmi mi affossi ancor di più. Lo so anch’io che ho sbagliato, credi che ne sia felice? Se sapessi come non fare, lo avrei già fatto! L’insuccesso, l’errore, lo sbaglio, è già un fallimento. Se mi rimproveri non fai che amplificarlo, mi insinui che non solo ho sbagliato, ma che io sono sbagliato e che non ce la farò mai.

Questa cosa la spiega bene la scienza: il nostro cervello registra l’immagine “errore” e quindi in futuro lui applicherà l’immagine che ha registrato dentro di sé “errore”. Ma se io mi soffermo su ciò che ho fatto “giusto”, il cervello registrerà quell’immagine lì e in futuro la applicherà.

E’ primavera e c’è un po’ di vento. Dei ragazzi di 8 anni giocano a calcio. “Non correre, che poi sudi e ti ammali”. Perché non diciamo invece: “Vieni qua che ti asciugo. Mettiti la maglietta di cotone, che ti aiuta ad assorbire il sudore, così puoi correre quanto vuoi”. A che serve il tuo sbraitare (non impara niente!) se non che a farlo sentire in colpa.

Siamo al mare e il bambino di 6 anni va in acqua: “Ma sei matto? Esci subito dall’acqua, non vorrai mica affogare!”. Ma perché non gli diciamo: “Entra dove l’acqua è più bassa, così puoi imparare a nuotare”. A che serve la tua paura? E’ la tua paura! Insegnagli piano piano a non aver paura dell’acqua.

Un ragazzo vuole imparare a suonare il pianoforte. Il genitore: “Non credo che tu sia portato per la musica”. Ma che ne sai tu? Perché non dirgli: “Ok, proviamoci!”.

Siamo ai giochi sui giardini. “Non salire su quello scivolo, è troppo alto”, dice la mamma al figlio di quattro anni. Ma che ti serve dirgli così? E’ come dirgli: “Non sei capace, non sei in grado!”. Perché non dirgli: “Per salire quello scivolo devi tenerti con tutte e due le mani, perché è molto alto e bisogna stare attenti a non cadere. Vuoi che la prima volta venga anch’io con te?”.

Quando un ragazzo viene bocciato, se tu gli dici: “Ma sai quanto noi lavoriamo per mandarti a scuola? Scansafatiche che non sei altro! Avessi avuto io le tue possibilità!”, non lo aiutiamo neanche di un millimetro. Anzi lo affossiamo sempre di più. Perché non dirgli: “Mi dispiace per te, perché credo che ti faccia soffrire. Ma non vorrai mica arrenderti qui? Credo che tu ce la possa fare”.

C’è un bambino irrequieto e la maestra lo castiga non facendogli fare la ricreazione, scrivendogli sul quaderno “Sono un asino; sono stupido” e dicendo a tutta la classe: “Vedete quanto male si comporta Stefano!”. Ma che aiuto è questo? Così facendo non fa che incrementare il suo nervosismo (si sente umiliato e svalorizzato). Lo sa anche lui che dovrebbe stare fermo ma non ce la fa proprio! Allarga il positivo, dagli fiducia: manda lui a chiamare il bidello; dagli qualche responsabilità, fa sentire che anche lui è importante, ecc. L’amore è molto semplice: è credere in una persona quando tutti vedono il contrario, quando lui stesso non crede in sé.

I ragazzi alle superiori dicono: “Io non ci riesco ad esprimere le mie emozioni”. Io credo invece che siano in grado di farlo. Così li metto in cerchio e si inizia a raccontarsi di quando si ha paura, di quando si è arrabbiati, di cosa si fa quando si è innamorati, ecc. Chi ha manifestato paura lo lascio lì per un po’ così si tranquillizza. Poi ad un certo punto dico: “E tu… cosa provi quando (ad es.) sei innamorato”. E lui, senz’accorgersene, parla. Quando finisce l’esercizio gli dico: “Hai visto che ce l’hai fatta!.

Quando le persone mi dicono: “Padre è trent’anni che sono così: come posso cambiare? Non è più possibile, padre: è così e mi devo tenere così”. Io rispondo: “E’ vero, finora non ce l’hai mai fatta, ma io credo che tu ce la possa fare”. E ci credo per davvero che ce la possa fare, non fingo mica. E funziona!

Alle persone dite: “Tu farai qualcosa di grande nella vita!”, e credeteci dal profondo.

“Ma lo sai che sei proprio bella!”. “Ma lo sai che sei proprio bravo a suonare!”. “Ma lo sai che sei cambiato molto”. “Ma lo sai che sei proprio fatto per questa cosa!”. E’ meraviglioso quando qualcuno crede in te, nelle tue forze, nelle tue possibilità, in ciò che sei. E’ meraviglioso quando qualcuno sa andare oltre i tuoi sbagli o i tuoi limiti e ti dà fiducia. E’ meraviglioso quando qualcuno ti ama così tanto che ti fa sentire bello grande, potente: te stesso.

L’amore dà fiducia. Il tuo amore fa sì che io possa ritrovare la fiducia in me. Perché le persone guariscono in certi percorsi? Cos’è che le fa guarire o cambiare o diventare se stesse? La competenza di chi li tiene? No! Il percorso che è fatto bene? No! Ciò che li fa guarire è che trovano qualcuno che crede in loro e che ha fiducia in ciò che possono essere. Frasi del tipo: “Lo puoi; ma sì che ci riesci; io credo che tu ce la possa fare; tu puoi; osa; prova; sperimenta; dai!; ce la farai; puoi essere migliore; così come sei va bene, ecc” dovrebbero essere normali nel nostro vocabolario.

L’amore ti fa vedere per quello che non sei ma che puoi essere e che diventerai se ci credi.

Su di un biglietto lei scrive a lui: “Se tu credi in me, anch’io crederò in me. E se io crederò in me potrò amarmi. E se potrò amarmi potrò anche amarti”.

 

Pensiero della Settimana

 

Scelgo di vivere per scelta, e non per caso.

Scelgo di fare dei cambiamenti, anziché avere delle scuse.

Scelgo di essere motivato, non manipolato.

Scelgo di essere utile, non usato.

Scelgo l’autostima, non l’autocommiserazione.

Scelgo di eccellere, non di competere.

Scelgo di ascoltare la voce interiore, e non l’opinione casuale della gente.