Vedere è ben più che guardare

Pentecoste

23 maggio 2021

 

  • Prima lettura: At 1, 1-11
  • Salmo: 46
  • Seconda lettura: Ef 4, 1-13
  • Vangelo: Mc 16, 15-20

 

Oggi la chiesa celebra la festa di Pentecoste. Il centro delle letture non è, come al solito, il vangelo, ma la prima lettura dagli Atti degli Apostoli, in cui si racconta l’evento fisico della Pentecoste. Pentecoste è una parola greca e significa cinquantesimo giorno; si celebra cinquanta giorni dopo Pasqua.

Pasqua era anticamente la festa di primavera, Pentecoste l’inizio della raccolta del grano. Per gli ebrei Pasqua ricorda il passaggio del mar Rosso e Pentecoste i comandamenti sul Sinai. Per i cristiani, Pasqua è la resurrezione di Gesù, Pentecoste l’effusione dello Spirito. Gesù a Pasqua se ne va al cielo, ma a Pentecoste ritorna sotto un’altra forma: lo Spirito.

Per gli antichi cinquanta era il numero della pienezza di un tempo. A cinquant’anni a Roma, si era dispensati dal servizio militare. Ogni cinquant’anni c’era il giubileo (ebrei). Allora la Pentecoste, i cinquanta giorni, indicano che un tempo è finito: è giunto a compimento il tempo del Gesù terreno e delle sue apparizioni e si apre un nuovo tempo, il tempo dell’uomo, della Chiesa e dello Spirito.

Cosa sta succedendo? Gesù è morto e gli apostoli sono presi dalla paura: “Che accadrà adesso?”. Possiamo capire tutta la loro paura e i loro dubbi: “Gesù se ne è andato, è morto, cosa ne sarà di noi, adesso che il maestro, il nostro capo è morto? Gesù era Gesù, noi siamo noi: come possiamo pensare di continuare noi il suo messaggio? Gesù lo hanno ucciso: noi abbiamo paura. Faranno anche a noi ciò che hanno fatto a lui?”. Per loro questo è un momento di crisi forte, profonda, radicale, decisiva.

Quante volte ci troviamo in questa situazione. Sei dirigente di banca: lavoro sicuro, ben retribuito, bella posizione sociale. Ma il tuo hobby, il tuo desiderio profondo è fare il fotografo. Hai la possibilità di entrare in società con un amico fotografo. Che si fa?

Il tuo fidanzato vive in Toscana e tu sei del Veneto. Ti dice: “Ci sposiamo?”. Avresti anche la possibilità di farti spostare il lavoro lì e lo ami tanto, ma vuol dire lasciare tutti gli amici, la tua famiglia d’origine, le relazioni, tutto il tuo mondo. Che si fa?

Fra te e tua moglie non va male, vi capite, siete d’accordo sull’educazione dei figli, vi volete bene, ma c’è qualcosa che non gira, il fuoco dell’amore non s’accende, il rapporto tira avanti un po’ stancamente. Che c’è da fare?

Stai facendo la tua vita: il lavoro ce l’hai, la famiglia (moglie e figli) pure, gli amici anche, tutto sembra andare bene ma in realtà tu dentro sei spento e procedi per forza d’inerzia.

Vai in chiesa, rispetti le regole cristiane, sei generoso, ma non c’è slancio nella tua fede, non c’è passione; quando parli di Dio sembri un insegnante non un innamorato, perché?

Sei una brava persona (e in effetti lo sei davvero), rispettato, se puoi aiuti gli altri, sei presente in casa e con i figli, attento con tutte le persone, ma sei insoddisfatto perché senti che tu non sei proprio così. Che si fa?

Cosa è necessario in tutte queste situazioni? Cosa è successo agli apostoli?

Il giorno di Pentecoste per gli apostoli è stato un salto qualitativo, quantico. Da un livello di superficie sono passati ad un livello interno, dall’esteriorità sono passati all’interiorità, dalla dipendenza sono passati all’autonomia e alla libertà.

Parlavano una lingua che tutti capivano (2,8-11) perché erano entrati in contatto con il Dio dentro di sé. Prima Gesù era fuori: vi avevano vissuto insieme, avevano mangiato e parlato con lui. Ma adesso quel Gesù (Risorto) non era più fuori ma dentro (Spirito Santo), lo sentivano forte e chiaro, potente e presente.

Mentre prima vivevano nella paura di perderlo adesso sapevano benissimo che nessuno glielo poteva più togliere. Perché ciò che è dentro di noi non ci può essere sottratto. Prima Gesù era fuori (il Gesù storico), adesso è dentro (lo Spirito Santo).

Fu un passaggio che li sconvolse, che li rovesciò, che li mise in crisi.

Le due immagini “rombo come di vento” (2,2) e “fuoco che si divideva” (2,3) indicano un passaggio potente, destabilizzante, anche terribile all’inizio, in ogni caso così forte che poi non sarai mai più come prima.

Il vento indica un passaggio di libertà e di decisione: il vento spazza via, purifica, scompiglia e sconvolge, è un uragano che si abbatte (rombo), che ti libera da paure e dalla dipendenza dagli altri.

Il fuoco indica un salto di calore, di passione, un “essere preso”, toccato nell’unicità di ciascun soggetto (ogni lingua assume la sua forma su ogni soggetto che scende). Questo salto qualitativo ti ha portato dall’essere freddo, insipido, al bruciare, al trovare senso e passione. Questo contatto con Dio in te ti ha permesso di individuarti, di trovare la tua forma e la tua unicità.

Solo così avvengono i grandi passaggi della vita: se non c’è Spirito, se non c’è vento e fuoco, non si va da nessuna parte!; non si possono fare le grandi scelte, non si può andare in tutto il mondo.

Il dirigente di banca: se non metti te prima della posizione sociale, non puoi fare nessun salto di vita. Se invece di osare e rischiare per fare quello che ti riscalda, preferisci la sicurezza e la stabilità, ti condanni a seguire un binario già fatto: sicuro ma non è il tuo. Ci vuole Spirito!

Il fidanzato in Toscana: se non fai un salto di fiducia e prendi questa decisione che sconvolgerà la tua vita, se non metti prima il fuoco dell’amore, se non segui il tuo cuore mettendo a tacere le voci della paura: “Ce la farò? Sarò in grado? E se poi finisce male? Sarò sola?”, vivrai per tutta la vita con il rammarico di ciò che avrebbe potuto essere ma che per paura non è stato. Ci vuole Spirito!

Fra te e tua moglie: se non avviene un salto di relazione il rapporto si trascinerà negli anni. Un salto di relazione vuol dire che ciò che c’è dentro è la nostra forza: quindi scambiarci il nostro profondo e incontrarci nella nostra parte più interna (e per questo intima). Ma ci vuole Spirito, coraggio, apertura, per farlo!

L’andare in chiesa: se non avviene un salto di fede rimarrai un semplice esecutore di regole religiose (bambino nella fede). Il salto è che Dio non è una regola, un precetto, una formula, ma una persona di cui innamorarsi, che ti prende dentro, che diventa esempio e modello di energia, coraggio, forza, libertà, passione, per cui guardando il suo fuoco tu sprigioni il tuo fuoco. Questione di Fuoco!

Te stesso: se il coraggio della libertà e della decisione non ti portano a trovare la tua missione nella vita, il senso delle tue giornate, la strada del tuo destino, magari farai tante cose belle e buone, ma non ciò per cui tu esisti. Ci vuole lo Spirito della libertà che ti porta a seguire solamente la tua unica chiamata.

La festa di Pentecoste esprime la verità che Dio abita dentro di noi. Dio non è più presente fisicamente in mezzo a noi; Dio è presente con il suo Spirito. Quando noi sentiamo questa affermazione pur registrandola con la mente e sapendola ripetere a memoria, traduciamo così: “E cosa vuol dire tutto questo? Io non lo sento! Cos’è lo Spirito?”.

Se noi chiediamo alle persone cos’è lo Spirito, la maggior parte non saprà cosa rispondere. E se non sa rispondere è perché non lo conosce, non ne ha esperienza, non lo ha mai vissuto. Molti pensano che lo Spirito sia qualcosa che si aggiunge a quello che siamo. Quindi, ne posso fare anche a meno. Ma lo Spirito non è un di più, ma qualcosa che noi già siamo. Altri pensano che lo Spirito sia in contrasto con la materia – e non vi è cosa più erronea – per cui spirituale vuol dire disincarnato, fuori del mondo.

E quando pensano ad una persona spirituale si immaginano un monaco che vive quasi fuori dal mondo, solo pregando e che odia tutto ciò che c’è nel mondo. Queste persone potrebbero leggere un po’ di più del vangelo e osservare quanto materiale fosse Gesù, che mangiava, bevevo, faceva festa, si divertiva e toccava. E non si può dire che non fosse spirituale!

Lo Spirito non viene in noi un giorno della nostra vita ma abita già in noi. Lo Spirito non è nient’altro che il modo con cui Dio abita in noi. Ed essere spirituali non è pregare molto o fare cose religiose o frequentare la chiesa o fare pellegrinaggi. Essere spirituali vuol dire vivere facendo emergere ciò che ci abita dentro. E’ un modo di vivere.

Madre Teresa disse ad un giornalista: “Vede, io Dio lo vedo chiaramente. E’ qui in questo uomo che soffre o in quello lì, di quel letto lì, abbandonato da tutti. Dio è in me, Dio è in lei. Se lei non lo vede non è un affare mio. Per me la cosa è così evidente!”. Che cosa vedeva questa donna? Che occhi aveva per vedere Dio presente in ogni creatura?

Francesco vedeva Dio nell’acqua, nel sole, nella luna e perfino nella sorella morte. Che era pazzo? Era solo un romantico, un poeta? O aveva valicato la soglia della materia?

Gesù che guardava gli uccelli del cielo o i gigli del campo e affermava che neppure Salomone in tutta la sua ricchezza vestiva come loro: cosa vedeva? Era pazzo o aveva varcato la soglia della materia?

Quando Gesù proclamava le beatitudini e diceva beati i poveri, quelli che piangono, quelli che soffrono, era un pazzo? Chi vuole soffrire, chi vuole essere perseguitato, deriso o imprigionato? Nessuno che sia sano di mente! E allora, che cosa vedeva Gesù? Non è che avesse valicato la soglia dell’apparenza?

Einstein un giorno definì la formula E=mc2. Questa formula stabilisce che la materia è anche luce, spirito. Questa formula scientifica dice ciò che i mistici da sempre hanno vissuto migliaia di anni prima. Quando guardavano le persone, la natura ed ogni cosa, non vedevano la materialità, ma la luce, lo spirito che abitava in ogni cosa.

Tu guardi un sasso e dici: “Che pieno!”. Ma, invece, dentro è vuoto. Il 99% delle cose è fatto di vuoto. Se noi togliessimo il vuoto della materia, lo spazio che c’è tra gli atomi, la città di Milano sarebbe molto meno che una pallina da tennis. Tu prendi un sasso e dici: “Senti che duro, senti che resistenza”. Ma la resistenza non è data dalla materia ma dalle connessioni, dai rapporti che si instaurano tra i vari atomi del sasso. Tu prendi un sasso, lo guardi e dici: “Più materia di questa!”. Dipende con quali occhi lo guardi. Perché quel sasso lì è energia condensata. Se tu lo guardi con altri occhi, gli occhi dello spirito, è luce.

Tu sei seduto su di una sedia in questo momento. Indossi degli abiti e porti delle scarpe: più materia di questo! Ma ti sbagli perché tutto questo è energia condensata: così come il ghiaccio è acqua condensata, così la materia è energia condensata. Se tu entri dentro la materia della sedia e di ogni cosa, troverai degli atomi che ballano in maniera allucinante in un movimento frenetico. La sedia non è ferma, la sedia vive! La sedia dove sei seduto è materia, ma più dentro è energia.

La scienza non fa altro che rendere scientifico ciò che da sempre i mistici hanno saputo: tutto è al tempo stesso onda, energia o particella, materia. Ogni cosa è materia e spirito (luce, energia). Lo spirito si trova nell’unghia, nell’osso, nella pelle, in tutte le cose. Non c’è uno spirito dentro la materia. La materia è simultaneamente spirito e materia. Non esiste uno spirito distaccato dalla materia ma la materia stessa è spirito. Dipende da cosa vedi. Dipende se entri dentro o se rimani nell’apparenza. Ciò che vediamo è meno reale di quello che pensiamo.

Ora cosa centra tutto questo con la festa di Pentecoste di oggi? Centra eccome: lo Spirito abita ogni cosa, è ogni cosa. Tutto è spirito o tutto è materia e questo dipende solo da come tu guardi le cose. Si tratta di andare oltre le apparenze.

Gesù fu l’uomo del vedere dietro l’apparenza o dentro la realtà. Questa cosa Lui la chiamava “regno di Dio”. E lo diceva sempre: “Il regno di Dio non è il paradiso, ma è qui, oggi, adesso. Dipende dai tuoi occhi”. Gesù vedeva un fiore e vedeva Dio (vedeva la luce, lo spirito del fiore). Gesù vedeva gli uccelli del cielo ed esclamava: “Che meraviglia; chi può vestire come loro?; che liberi!”. Gesù vedeva i fatti di cronaca e vi vedeva dentro, leggeva la mano di Dio che insegnava. Gesù vedeva i sofferenti, i poveracci, le donne, e mentre tutti se ne stavano lontani, Lui li abbracciava, li incontrava, li baciava, li accarezzava e coglieva il loro desiderio e bisogno d’amore. Gesù vedeva i peccatori e mentre tutti si fermavano all’apparenza (“Siete peccatori, avete sbagliato, lontani da Dio!”), Lui andava dentro. Lui sapeva cogliere la luce che li abitava; Lui sapeva vedere la forza e il desiderio di vita che dormiva dentro di loro. Lui vedeva un pescatore qualsiasi e mentre la materialità diceva: “Uno che pensa solo ai soldi, al pesce e a vendere”, Lui vi coglieva i desideri profondi del suo animo. Sulla croce era vicino ad un peccatore che aveva ucciso e mentre tutti vedevano il malfattore, Lui gli disse: “Oggi sarai con me in Paradiso”. Fu condannato a morte e mentre noi non proviamo che rabbia verso coloro che lo condannarono, Lui vide la luce che si nascondeva nel profondo delle loro tenebre: “Padre perdonali perché non sanno quello che fanno”. Gesù non vedeva tanto la materia; Gesù vedeva lo Spirito, la luce che c’è dentro ad ogni cosa.

Tuo figlio ha 15 anni, è nervoso, spesso ti risponde in malo modo ed è aggressivo. Puoi guardare alla materia, rimanere nella superficie e dire: “Tu così a tuo padre non rispondi. Io vado a lavorare per te (cosa che è vera, peraltro), fatico e porto a casa i soldi per i tuoi studi. Tu non mi rispetti”. Allora lui ci prova; ma non ci riuscirà. Tu ti sentirai incompreso e offeso; lui si sentirà incompreso e in colpa. Ma tu lo puoi guardare con gli occhi dello spirito: “Cosa c’è dietro tutto questo? Cosa sta vivendo per essere così?”. Forse non ce l’ha con te; forse sta tentando di muovere i suoi primi passi nella vita e ha molta paura. Forse nel suo animo c’è una confusione terribile e neppure lui sa chi è e cosa vuole. “Guarda meglio; guardalo dentro. La verità non è quello che sembra”.

Sei stata abusata da un tuo familiare. Questo ti ha creato un senso di vergogna e di indegnità enorme. Ti guardi allo specchio e ti fai schifo. Ti senti colpevole di ciò che è successo; anzi credi di essere stata proprio tu la causa (ma avevi solo tredici anni!). E nel profondo ti senti sempre con quest’onta. Se guardi alla materia, a ciò che è successo, non hai scampo. Ti terrai per te tutto questo, non lo dirai a nessuno, rimarrà il tuo segreto e per tutta la vita avrai la sensazione di essere sporca e indegna di vivere. Ma se tu riesci ad entrare dentro potrai trovare la luce. Tu sei ancora degna di vivere; questo dolore non ha cancellato la tua bellezza profonda, quella che Dio vede. Tu sei ancora pura e vergine ai suoi occhi. Se tu riesci, tra dolore e lacrime, ad andare oltre, tu puoi ritrovare la luce. Tu puoi trasformare la dura realtà e accedere al tuo spirito, alla tua parte incontaminata, quella che sta oltre l’esterno e i fatti della vita.

Ogni mattina passi davanti ad un albero secolare. E’ lì da tanto tempo, prima di te e forse lo sarà per tanto tempo dopo di te. Ma tu non ti sei mai reso conto che c’è, non ti sei mai fermato a guardarlo, non ti sei mai seduto alla sua ombra, non lo hai mai visto realmente. Per te è solo legno, non ti sei mai fermato a pregare ai suoi piedi e non hai mai imparato da lui. Non cogli il suo spirito, non riesci a penetrarlo, non riesci ad accedere alla luce che contiene.

Hai un sacco di cose da fare – ti dici –, ma non ti chiedi mai perché sei sempre così irrequieto, nervoso? Nel fondo sei sempre insoddisfatto e mai pienamente felice. Poi te la racconti che “bisogna accontentarsi”, “che è così per tutti”, ma la verità è che c’è qualcosa che non và. Ma tu continui a correre, a fare, a produrre, e così continui a rimanere nell’ordine della materia. Non puoi accedere allo spirito che c’è in ogni cosa. Non puoi vedere il divino che si nasconde dentro le persone e la vita stessa.

Perché sbatti le porte così forte? Perché urli sempre quando parli? Perché sei sempre arrabbiato? Perché non c’è luce nel tuo volto? Perché non sai esprimere un sentimento che sia uno? Perché se puoi “fregare” gli altri lo fai? Perché non sai sorridere? Perché non sai dire “grazie”? Perché non sai pregare?

Ciò che è tremendo della nostra società è l’incapacità di essere spirituale. E’ una vera disabilità. Il segno evidente della nostra malattia è: “Quanto costa? Quanti soldi? Quanti soldi servono?”.

Un altro segno eclatante è l’espressione: “Io, io”. “Io faccio così; se non ci fossi io; ti dico io cosa fare; io di qua, io di là; parlo io; io so; io non ho bisogno”.

Quando non mando mio figlio ad una festa di compleanno del suo amichetto perché mi vergogno di non potergli fare il regalo (tutti glielo fanno), io ho perso lo spirito della festa. Sto costruendo un figlio materialista. “Ma sarà più importante la presenza umana che il regalo!”. Sto mettendo prima la materia all’anima.

Quando giudico o valuto le persone in base al vestito; quando ammiro le auto e le case della gente, invidiandole; quando il mio unico pensiero è il conto in banca; quando il lavoro viene prima di ogni cosa; quando tutto viene monetizzato: “Quanto costa?”; quando “una mano lava l’altra”, cioè che io aiuto te solo se tu aiuti me, sono materia.

Materia è il pane della domenica sull’altare. Spirito è quando io vedo in quel pane, il Pane, il Cristo. Materia è quando vedo nel mio collega o in una persona solo uno che rompe i miei piani, uno che scoccia, uno che mi dà fastidio. Spirito è quando inizio a vedere uno che soffre, uno che ha un cuore e un’anima. Materia è quando vedo di fronte al nuovo giorno solo un altro giorno di lavoro. Spirito è quando posso vedere un’altra opportunità che mi viene data per sperimentare la vita. Materia è quando qualcosa mi fa innervosire. Spirito è quando inizio a chiedermi il perché, che cosa devo imparare o che cosa devo cambiare del mio comportamento o del mio modo di pensare. Materia è quando guardo una donna e voglio possedere il suo corpo. Spirito è quando inizio a percepire che quella donna è una creatura, con un cuore che batte e che pulsa. Materia è mangiare, spirito è gustare. Materia è respirare (avviene in automatico), spirito è essere consapevoli del respiro (non a caso ruah, spirito, in ebraico vuol dire anche soffio). Materia è udire il canto degli uccelli, spirito è ascoltare il canto degli uccelli. La stessa vita può essere terribilmente materiale o terribilmente spirituale, piena di buio o di luce. Tutto può essere materia o tutto può essere spirito, dipende dai miei occhi.

Un ladro un giorno andò dal maestro: “Che cosa vuoi?”, gli disse il maestro. “Mi servono le tue cose preziose”. “Bene”, disse il maestro, “prenditele pure, ma non so se ti serviranno”. Dopo alcuni mesi tornò e si prese i suoi libri. Passati alcuni mesi si prese tutti i suoi libri. Infine tornò e si prese quel che rimaneva della casa del maestro. Dopo alcuni mesi ancora tornò di nuovo e disse al maestro: “Maestro non hai più niente da darmi?”. “No, amico perché per quanto io ti dia è il tuo spirito che è malato. Ciò che cerchi non è materiale; tu cerchi qualcosa che nessuno ti può dare”.

 

Pensiero della settimana

Chi obbedisce alla sua anima può far a meno delle ingiurie come delle lodi.

(Carl Gustav Jung)