Natale del Signore

NATALE del SIGNORE

Martedì  25 dicembre 2018

Prima lettura: Is 9, 1-6       Salmo: Sal 95 Seconda lettura: Tt 2, 11-14   Vangelo: Lc 2, 1-14

 

 

Buon Natale a tutti voi. Che sia “buono”, cioè che porti “bene, tempo per l’amicizia, per le relazioni, che ci dia tempo per star bene con noi e con gli altri”. E che sia “Natale”, cioè “nuovo; che nasca qualcosa nella vostra vita; che ci sia spazio per la sorpresa, per l’inaspettato, come quando nasce un bambino”. Allora Buon Natale: un Natale “buono” e una buona “novità”.

 

  1. SORPRESA: questa è la prima parola per questo Natale

 

LA SORPRESA Qui ci sono tanti regali: un regalo è una sorpresa! Il grande pericolo è che questo sia un altro Natale, un nuovo Natale (ne abbiamo fatti tanti!) e non un Natale nuovo, cioè qualcosa che ci sorprenda, che ci lasci “a bocca aperta”.

In fondo tutto è già previsto: “Messa di Mezzanotte… apertura dei regali alla mattina… pranzo con i genitori… auguri vari ad amici e parenti… pance strapiene di cibo, pandoro e dolci… S. Stefano, gita sulla neve… o con gli amici… Ultimo dell’Anno: cenone, festa, petardi, ecc”.

Ma cosa c’è di diverso? Dov’è il Nuovo, il Natale, in tutto questo? E’ quello che facciamo sempre!

“La sorpresa ci fa paura perché ci rende vulnerabili” dice Tania Luna nel suo un libro sulla Sorpresa. E perché ci fa così paura la sorpresa? E’ semplice: la sorpresa è qualcosa di inaspettato, è qualcosa che non puoi controllare, sul quale non hai potere.

La sorpresa è qualcosa che ti sorprende, che ti spiazza, che non puoi sapere prima, sul quale non hai potere. Per questo ti rende vulnerabile, perché non la puoi controllare.

Quindi la sorpresa (in-aspettata) è l’antidoto all’aspettativa (aspettato). Vuoi una vita “emozionante”: lascia che la Vita ti faccia delle sorprese. Vuoi una vita banale: impedisci alla Vita di sorprenderti.

Alcuni amici hanno fatto una festa a sorpresa ad una loro amica: si sono nascosti in casa e quando lei ha acceso la luce di casa sua (il fidanzato l’aveva portata in giro tutto il pomeriggio con una scusa mentre i suoi amici avevano allestito casa) e ha visto tutti i suoi amici e la casa “a festa” s’è messa a piangere. Non riusciva più a parlare!, tanta era l’emozione.

 

EMOZIONE PRIMARIA. Oggi noi sappiamo che la sorpresa è un’emozione primaria (Plutchik) insieme alla paura, alla gioia, alla fiducia, al disgusto, alla tristezza e alla rabbia, perché anche i neonati la provano.

In un esperimento, il battito del cuore di bambini di 21 giorni di vita aumentava sensibilmente quando dopo aver fatto vedere loro una serie di immagini geometriche uguali ne veniva presentata una nuova. E’ un’emozione brevissima dalla quale poi ne insorge sicuramente un’altra (gioia o paura ad esempio).

 

VALUTA L’EVENTO. La sorpresa è l’emozione che valuta un evento.

Facciamo un esempio: sei a casa, stai dormendo, senti un rumore forte: “Sorpresa!”. E’ caduta la pentola che era sul tavolo ad asciugare o c’è qualcuno in casa. Vai a vedere in cucina… e vedi per terra la pentola. Finisce la sorpresa e ti fai una bella risata. Per questo la sorpresa va “a braccetto” con l’anticipazione.

 

L’ANTICIPAZIONE. L’anticipazione è quell’emozione che tutti noi abbiamo spesso provato (e che in genere chiamiamo ansia), ad esempio prima di un esame, di una prova, o quando abbiamo dovuto parlare davanti ad un pubblico importante (congresso, tesi di laurea, al microfono, ecc.) o a qualcuno di importante (al proprio amato, ecc.).

Sapevamo che c’era qualcosa che ci aspettava e “anticipavamo” su come sarebbe andata o su come noi saremmo andati. Insomma, è l’emozione preparatoria a qualcosa.

Sei un cacciatore preistorico e sei nel bosco: si muovono le foglie e non sai se dietro c’è una tigre o un leprotto. Allora “anticipi” ciò che può capitare che non sai e ti prepari (a fuggire; la lancia, ecc): perché c’è una bella differenza tra un leprotto e una tigre, la differenza tra la vita e la morte. Ecco che si alzano le sopracciglia e si spalancano gli occhi per allargare il campo visivo e si apre la bocca per garantire una respirazione più profonda e per facilitare lo sforzo muscolare in caso di fuga. Poi esce un leprotto… e sei sorpreso! Pensavi che fosse una tigre, già ti preparavi al peggio… e invece, sorpresa! (evento inaspettato), è un leprotto (per fortuna!)! E ti fai una risata: il sorriso sembra sia nato così, come manifestazione: “E’ tutto ok, non c’è niente da aver paura!”.

 

PRECEDE LA RIFLESSIONE. La sorpresa, quindi, è quell’emozione che precede la riflessione, la comprensione, l’elaborazione.

Mentre la comprensione (cum-prendere) riguarda qualcosa che riusciamo “a farci stare nella testa” cioè riusciamo a capirlo, la sorpresa (da super-prendere) è qualcosa che va oltre: è il nuovo, l’inaspettato. Quindi mentre la com-prensione (una cosa l’ho già vista e quindi capita e cum-presa) è vedere ciò che già conosco, è l’automatismo, la sor-presa (la super-presa) è vedere le cose che non si conoscono.

Una donna chiede al cassiere di una banca di cambiarle un assegno. Il cassiere le chiede un documento d’identità, secondo il regolamento della banca. La signora se ne sta in silenzio. Il cassiere le dice: “Senza documento di riconoscimento, signora, niente assegno”. La donna è senza fiato, né parole. Alla fine riesce a pronunciare queste parole: “Ma, Giorgio, sono tua madre”.

Ogni tanto… ogni tanto alza gli occhi dal cellulare e guarda il mondo, guarda la gente, guarda gli occhi delle persone, ascolta la loro voce… forse ti stupirai… forse sarai sorpreso.

 

IL BISOGNO DELLA SORPRESA. La sorpresa ti apre a nuove possibilità, toglie il pilota automatico.

Ti piace solo un certo tipo di pane prodotto da un certo fornaio. Un giorno arrivi in negozio più tardi del solito e sorpresa!… scopri che è finito. Esamini gli scaffali, cosa che non fai mai, e ti accorgi che c’è solo un pane nero: sei sorpreso, non te l’aspettavi (rottura della routine). Tra l’altro quel pane non si presenta per niente bene!, mai lo avresti preso. Che si fa: o quello o niente! Lo prendi e scopri che è buonissimo! Da quel giorno prendi sempre quel pane.

Una mia amica si è sposata 15 anni fa: del suo matrimonio non ricorda quasi niente perché tutto è andato secondo la norma, ma ricorda benissimo il momento in cui la sua fede nuziale non entrava nel suo dito. Perché? Perché è stato un imprevisto, una “sorpresa” (alla fine dopo 2 minuti è entrato!).

Un mio amico, invece, è rientrato una sera a casa, come tantissime altre sere, e l’ha trovata sottosopra! Erano venuti i ladri, che tra l’altro non avevano rubato niente. Quella sera lì e quell’immagine lì, se le ricorda benissimo. Perché? Perché è stata una “brutta sorpresa”!

Una donna ha avuto qualche giorni fa un bambino: quando lo ha visto per la prima volta è rimasta così “sorpresa” che si è commossa e ha pianto per circa un’ora! Perché? Perché anche se sapeva di aspettare suo figlio il vederlo, il sentirlo, il toccarlo, è qualcosa di eccedente, che ti “coglie di sorpresa”.

Perché ricordiamo i giorni, gli eventi, “a sorpresa”? Perché è coinvolta una ghiandola del nostro cervello che si chiama amigdala che è implicata sia nell’elaborazione delle emozioni sia nell’archiviazione dei ricordi.

 

LA SORPRESA COMPORTA FORTI EMOZIONI. La sorpresa ci fa paura perché intensifica le emozioni del 400%, secondo la psicologa Tania Luna.

Quando vai nel tuo solito bar da anni e una mattina scopri che è chiuso rimani molto deluso. In positivo, un regalo a sorpresa ti crea un’emozione molto più forte di uno che ti aspettavi. Per questo spesso le persone non amano “le sorprese” perché una vera sorpresa ti mette in contatto con delle emozioni impreviste, che non puoi controllare, sulle quali non hai potere.

Per questo la gente spesso non vuole regali o festeggiare il compleanno o sminuisce i complimenti “a sorpresa” o dici loro: “Bravo!; ma che bello che sei!; ti stimo davvero tanto, ecc”.

Se vuoi che i bambini imparino gioca sull’effetto sorpresa: la sorpresa intensifica l’emozione e quindi si stampa in modo indelebile nel cuore e nella memoria.

Perché gli ovetti kinder hanno avuto tutto il successo che hanno avuto? Per la sorpresa! E vogliamo parlare dei baci Perugina e delle loro “frasi-sorpresa”? I ricercatori hanno visto che le persone sono disposte a pagare anche il 30% in più pur di avere un Uovo di Pasqua con la sorpresa che uno senza!

E la pubblicità, che fa? Cerca di sorprenderti: la cosa che ti sorprende… ti colpisce, ti rimane! E i film? Quali sono i film affascinanti? Quelli a sorpresa, con un finale “sorprendente”! E la comicità? E’ la battuta inattesa, “a sorpresa” che ci fa ridere!

E vogliamo parlare dei “regali di natale”?

 

SEMPRE MENO SORPRESA: E IL NATALE, ALLORA?. Oggi sempre meno l’elemento “sorpresa” abita nella nostra vita: le previsioni meteo, internet, gli avvisi sul traffico, il telefono, ci permettono di controllare tutto. Ma una vita controllata non è una vita emotiva.

Noi vogliamo che tutto sia chiaro, tutto sia spiegato, tutto sia previsto perché ci tranquillizza: ma la sorpresa dove va a finire? Ma se tutto lo stabilisci tu, se tu pianifichi tutto e decidi tutto e ciò che non rientra nelle tue idee lo scarti (“Ah, questo no; questo non è possibile; questa è una sciocchezza”), lo elimini, neppure ti fermi a considerarlo, Dio che viene, come fa a venire? Dio, l’Incarnato, che è il Nuovo, come puoi accoglierlo se controlli tutto tu?

 

STUP… IDI O STUP…EFATTI?. La sorpresa nasce dalla capacità di stupirsi, cioè di poter dire di fronte a qualcosa o a qualcuno: “Wow!; ohh!; non ci credo!; Ma dai!; Incredibile!; Noooo!; Non ci avevo proprio pensato; ecc”.

In greco, lo stupore, viene detto thaumazein, termine che ritroviamo spesso nei vangeli: è sia la gioia della novità sia l’angoscia dell’ignoto. Aristotele: “Gli uomini hanno cominciato a filosofeggiare a causa della meraviglia (thauma)”.

 

In latino meraviglia viene da mir-abilis: mir vien da mirari=mirare e abilis: la meraviglia è “l’abilità di centrare, di mirare” giusto. Perché per i bambini tutto è meraviglia? Perché tutto è nuovo!

Lo stupore è il rimanere “attoniti” (dal latino ad-tuonare: colpiti da un tuono), immobili, fermi, da qualcosa di sorprendente a cui si era impreparati.

Lo stupore è rimane in-cantati di fronte a qualcosa (in-cantare=cantare in versi): è vivere qualcosa che si può cantare, poetare, ma non dire perché è oltre.

La parola “stupore” viene dalla radice “st” che ha sempre il senso di stare, essere fermo e saldo (da cui “st-ato, i-st-ituzione, st-auros=croce”, ecc): è qualcosa di sensazionale (sensatio=coinvolge tutti i sensi), ci afferra e ci colpisce.

La parola stupore dal latino stupere significa battere, colpire l’immaginazione. Da questa parole viene sia lo stupore che la stupidità. Nel primo caso l’urto mi incuriosisce e mi mette in movimento; nel secondo non provoca nessun movimento. La stupidità, quindi, è l’incapacità di lasciarsi colpire, toccare, da ciò che accade.

 

Lo stupore è quel sentimento che è suscitato dall’urto con una realtà imprevista, la quale eccede le attese e le schianta.

In greco lo stupore, figlio della sorpresa, si dice miein, che vuol dire “mettere la mano sulla bocca aperta” (la sorpresa!) e da miein viene la parola mistica, che è l’apice della spiritualità. Lo stupore, quindi, esprime la nostra capacità di essere vivi: solo chi sa stupirsi è rimasto vivo.

La filosofia da cosa nasce (Platone, Aristotele)? Dal meravigliarsi, dall’improvvisa sorpresa, dal repentino non comprendere più il proprio essere e quello del mondo che ci stimolano a porci domande che sfociano nella ricerca di risposte.

  1. Gregorio di Nissa, teologo della Chiesa: “Solo lo stupore conosce”. Lo stupore è apprendere qualcosa che non ti aspettavi, che non pensavi, che non prevedevi. Per questo ti stupisce! Per questo chi non si sa stupire ha smesso di imparare.

 

NON C’E’ FEDE SENZA STUPORE. Lo stupore è il motore del sapere, della conoscenza.

Pensavi che Gesù facessi “miracoli” perché era Figlio di Dio e aveva (solo Lui!) questo potere: poi, ti stupisci, rimani sbalordito e capisci che non è così… e inizi a cercare. Pensavi che i Vangeli fossero dei resoconti storici (Gesù è nato a Betlemme; i Magi sono venuti da lontano; Maria e Giuseppe sono andati a Gerusalemme, ecc.) poi scopri che ben poco è storico: stupore… e inizi a cercare. Pensavi che le cose fossero materia, atomi, poi scopri che niente è materia ma che tutto è onda: stupore… e inizi a cercare. Pensavi che la tua vita fosse questa e che dovesse andare sempre cosi: poi scopri che puoi vivere diversamente, che puoi cambiare tutto… stupore e stravolgi tutto!

C’è una persona che ha lasciato un lavoro manageriale, super retribuito, posto di prestigio, per mettersi a studiare “scienze umane”. Tutti sono stupiti e le dicono: “Ma sei matta? E adesso? Alla tua età?”. Sono sorpresi: perché? Perché questa scelta “rompe” i loro schemi, le loro abitudini, le loro consuetudini.

Quando chiedete alle persone: “Come va?”, la maggior parte cosa vi risponde: “Le solite cose; la solita vita; come al solito; come sempre”: ma dov’è lo stupore? E basta ascoltare il loro tono di voce pacato: non c’è entusiasmo (entusiasmo viene dal greco en-theos=avere un Dio dentro), non c’è vibrazione, sussulto, slancio.

 

LO STUPORE E’ LA POSSIBILITA’ DELLA FEDE. Lo stupore, quindi, esprime la vitalità della nostra fede: una fede che non sa meravigliarsi e quindi gioire e piangere e commuoversi, è una fede morta, che ricalca gli automatismi protettivi della sicurezza.

Albert Einstein: “Se non sei in grado di provare né stupore né sorpresa sei per così dire morto: i tuoi occhi sono spenti”.

Dio, Gesù, il Vangelo, sono l’ex-cedente, il tras-cedente, ciò che è oltre, più grande della nostra comprensione. Per questo ogni anno è Natale, perché per quanti ne festeggiamo, mai lo com-prendiamo (cum-prehendere=abbracciare, comprendere), perché è sempre “oltre”.

Per questo l’essenza del Natale è lo stupore, la meraviglia, l’incanto: Dio viene ma Lui per quanto lo accogli, è sempre “oltre”, più grande, più in là. Per questo Gesù, Dio, lo Spirito, è sempre nuovo: è sempre sorprendente.

Per questo Gesù è stato rifiutato. Vangelo vuol dire “buona nuova”: Gesù è stato rifiutato non perché il suo messaggio fosse “buono” (uno che ti dice: “Io ti amo”, non è mai un problema) ma perché era sempre “nuovo” (uno che ti dice: “Io sono nuovo e quindi tu devi rimetterti in gioco per accogliermi”, è abbastanza fastidioso).

Natale, cioè nascita, è qualcosa di nuovo: ma se non c’è sorpresa, stupore, meraviglia, non c’è nascita.

 

Sarà Natale? Forse…:

Sai commuoverti, senza trattenere le lacrime?

Sai stupirti di fronte a ciò che succede, ed essere grato alla Vita?

Sai entusiasmarti, appassionarti, per qualcosa che leggi o che ti viene detto?

Sai meravigliarti di fronte all’amore delle persone per te?

Sei rimasto sbalordito per una scoperta che ti è sembrata incredibile (e che ha cambiato le tue idee)?

Sai vedere la bellezza negli occhi delle persone?

Sai sentire l’amore e il coraggio nelle loro parole?

Sai cogliere il Dio che abita in loro? In chi hai visto Dio, delle persone a te vicine?

Sei mai stato sorpreso dal semplice fatto che tu esisti?

Perché se non sei mai stato sorpreso da questo, stai sprecando il fatto più grande di tutti: tu esisti!

Sarà vero Natale? Forse…

 

Gv 1,11: “Venne fra i suoi, ma i suoi non lo hanno accolto”. E come mai quando Dio è venuto non lo hanno riconosciuto? Perché non lo hanno visto, lo hanno dato per “scontato”.

E’ il peccato che il vangelo chiama contro lo Spirito Santo, l’unico imperdonabile. Se non vuoi credere, convertirti, cambiare, neppure se scendesse Dio (è già venuto!) lo faresti. Neppure se vedessi Dio faccia a faccia, di persona… se Lui facesse chissà quale miracolo crederesti.

Se non sai accogliere l’inaspettato, il nuovo, l’imprevedibile, non lo potrai ri-conoscere! Lui viene… ma non come è già venuto! Apri gli occhi e stupisciti!

 

  1. Per cui ecco la seconda parola: LASCIATI SORPRENDERE

 

Ecco la sorpresa che due genitori hanno ricevuto dalla loro figlia di 10-11 anni.

“Vi ringrazio tantissimo per il cellulare nuovo: è meraviglioso. E inoltre grazie per la felpa e anche per i trucchi e anche per i soldi che mi avete dato.

Però adesso vorrei dirvi una cosa che il regalo più bello è un altro.

Papà, lo so che tu mi vuoi bene, ma se invece di spiegarmi che non c’è nessuno qui fuori al buio, tu mi tenessi la mano quando cammino per strada con te, io non avrei paura e camminerei…

Mamma, lo so che tu mi vuoi bene, ma se invece di dirmi quanto tu e li papà fate per me mi abbracciassi e mi stringessi forte forte al tuo petto, io sentirei tutto questo…

Papà, lo so che tu mi ami, ma se invece di urlarmi sempre, o di riprendermi sempre “per il mio bene”, mi guardassi e mi sorridessi, e qualche volta mi facessi qualche complimento, allora saprei che mi vuoi bene…

Mamma, lo so che tu mi vuoi bene, ma se invece di pulire sempre la casa e di tenerla sempre in ordine tu giocassi qualche volta con me e mi baciassi, io sentirei che sono importante per te…

Papà, lo so che tu mi ami, ma se invece di dirmi tante parole e di sgridarmi sempre su per tutto, ogni tanto mi dicessi: “Ti voglio bene… andiamo al cinema…” e facessi qualcosa con me, io sentirei che tu sei il mio papà, perché io papà non ti sento così. Tu lo dici, ma io non lo sento che sei il mio papà.

E tu mamma, invece, di essere così orgogliosa che la nostra famiglia è una famiglia felice, perfetta e buona, io vedessi te e il papà darvi un abbraccio, prendervi per mano o darvi un bacio, io saprei che qui regna l’amore. Perché voi dite che la nostra è una famiglia perfetta, modello: ma io non lo so se è vero, perché non vi vedo mai felici.

 

E’ stata una “brutta sorpresa” ma la madre ha detto: “Ci ha sorpresi: all’inizio ci siamo arrabbiati e anche indignati ma poi abbiamo capito. Per noi, quest’anno è stato veramente Natale: Dio era nella lettera di nostra figlia, Lui è venuto lì. Quella lettera ci ha fatti fermare e ci ha cambiati. Così la “brutta sorpresa” è diventata una “meravigliosa sorpresa”.

 

  1. SORPRENDI

 

Pensa ad una persona che è un regalo per te, che è una fortuna per te, che è una benedizione per te. Pensa ad una persona concreta.

Siccome ci facciamo tanti auguri e tanti regali in maniera banale o superficiale (siamo nella dimensione della quantità), fai un regalo semplice ma profondo. Stupisci una persona con un biglietto: “Tu sei una persona di quelle che si incontrano quando la vita decide di farti un regalo”.

E scrivile: “Tu sei un regalo per me perché…”.

E poi consegnaglielo!… e se abita lontano, mandale una lettera!

Ti costringerà ad essere un po’ vulnerabile… ma farà così bene al cuore: al tuo e al suo!

 

Il Natale, il Dio che viene, non viene solo in me o in noi ma anche nel mondo.

 

NATALE NEL MONDO. Allora il Natale non può che non aprire il nostro sguardo su un orizzonte più ampio, sul mondo che ci circonda. Ad esempio, cosa vuol dire far Natale oggi 2018, nel mondo del lavoro?

 

QUALE LOGICA?. Siete proprietari di un’azienda agricola dove vi lavorano 10 vostri operai. Con la produzione annuale mangiate tutti e riuscite ad ottenere un certo piccolo ricavo, vendendo parte di prodotti al mercato del paese, che vi permette di mettere da parte qualche spicciolo “per il futuro”. Ma un giorno, grazie ad un’analista, scoprite che potete ottenere gli stessi risultati con 7 dei vostri operai agricoltori. Tre sono di troppo? Che fate?

  1. A) Li licenziate dicendo che “vi dispiace moltissimo” ma sono costi in esubero, “che non servono”, che non potete fare altro che “lasciarli a casa”.
  2. B) Siete felici perché essendo un po’ in più, rispetto al risultato da ottenere, a turno tutti potete lavorare un po’ meno e avere un po’ di tempo in più per la famiglia, l’osteria e il riposo.

Cosa realmente scegliete? A o B?

 

MALATI O ANTIQUATI.

Se avete scelto A siete “malati” ma “figli del vostro tempo”. Per voi il denaro è un fine e non un mezzo. Se avete scelto A sarete degli ottimi manager. Se avete scelto A voi lavorerete di più e non avrete tempo per altro (se non che per qualche breve vacanza per recuperare le energie e lavorare poi di più). Se avete scelto A avrete creato disoccupazione e preoccupazioni: ma non vi riguarda perché tanto voi avete da lavorare.

Se avete scelto B siete “antiquati” perché per voi i legami affettivi e i bisogni dell’uomo sono più importanti degli interessi personali. Se avete scelto B siete dei disadattati, dei vecchi, siete “out, fuori” dal mercato e dalle logiche comuni. Se avete scelto B non siete “svegli” e non avete “occhio industriale”, non siete veri imprenditori. Se avete scelto B siete “sorpassati”, all’antica: “Dove volete andare da un punto di vista imprenditoriale?”.

 

LA LOGICA ODIERNA DEL LAVORO. Le parole d’ordine del mondo del lavoro di oggi sono: cambiamento, mobilità, competizione. Questo crea un’instabilità mostruosa a livello personale, familiare, sociale e finanziario.

La parola chiave del lavoro oggi è: “crescita”. Ma crescita, in questo senso, è una parola narcisistica che sottintende: “Di più!”.

Le frasi del mondo del lavoro oggi sono: “Devi fartene una ragione, la vita continua (sì, continua: ma come?); chiusa una porta si pare un portone (bisogna vedere che c’è dietro al portone!); nulla accade per caso, tutto ti servirà (grazie, ma ne facevo anche a meno!); tutto e subito; questo e quello; presto e bene; o si cresce o si muore; o cambi o esci; rilanciare i consumi per aumentare la produzione; indietro non si torna; mai accontentarsi; si può sempre migliorare; ciò che conta sono i risultati; mai sedersi sugli allori; fare squadra, che vuol dire produrre di più e meglio; con l’impegno si fa tutto”.

Ma sono proprio vere queste frasi?

 

Oggi il mondo del lavoro ti chiede di sentirti giovane anche a 50-60 anni, di essere sempre lanciato forsennatamente verso un obiettivo, sempre pronto a rilanciare, a rimettersi in discussione, a rifare la gavetta, a fare nuovi corsi (lifelong learning), a spostarsi per il lavoro; ti chiede di essere ipercompetitivo, flessibile, infaticabile, scatenato, supermotivato…: ma è possibile essere sempre così? E lo possono tutti? A qualunque età? E, soprattutto, a quali costi?

 

CONSEGUENZE DI QUESTA LOGICA. Quali sono le conseguenze di tutto questo? La gente è malata.

  1. Il mal di testa: un italiano su due ne soffre (tra cui 3 bambini su 10). Il 75% prende farmaci per questo. Ogni italiano spende in media 828 euro all’anno per questo!

Ma voi avete mai visto un leone, un gatto, un coniglio, un maiale, soffrire di mal di testa? No, a meno che non gli abbiate tirato una “vangata” sulla nuca!

  1. La gente è insicura. Non sai mai cosa ti potrà succedere domani: “Mi lasceranno a casa? E poi? Chi manterrà i miei figli? E cosa andrò a fare?”.

Questo crea diffidenza: “Mi sta fregando il posto, il mio collega’”; competizione: “Meglio essere davanti, perché gli ultimi sono i primi ad essere eliminati”; disistima: “Ma basta ciò che so, ciò che faccio, ciò che ho studiato?”; perfezionismo da prestazioni: “Avrò fatto il meglio? Basterà? E se succede una crisi?”.

  1. La gente non pensa più. Non si può pensare perché se dici la tua, rischi di essere “messo da parte”, se fai diversamente “sarai escluso”, se ti ascolti non puoi passare sopra agli altri come dei schiacciasassi, se dai spazio all’anima e alle relazioni diventa un problema perché poi ti mettono in difficoltà.

Così la gente diventa un automa, un robot, che corre, corre, corre. E l’anima, lo spirito, la fede, la spiritualità? Non c’è tempo!: quel poco tempo bisogna riposarsi per poi correre nuovamente e di più!

Ma io voglio questo?

 

SCELGO DI ESSERE ANTIQUATO. Ma cosa vuol dire, per me, allora Natale, che Dio viene? Io sto dalla parte di Gesù: preferisco l’uomo al lavoro (Mc 2,27: “Il sabato (il lavoro) è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato)!

Chiesi ad un matto: “Che cos’è l’amore?”. E lui mi rispose: “Quella cosa che mi ha fatto diventare così!”.

Preferisco essere “disadattato, fuori, diverso” che malato! Scelgo le relazioni al successo; scelgo la fragilità all’essere perfetto o sempre forte; scelgo di poter sbagliare all’essere invincibile o all’avere sempre la risposta o all’immagine sociale di “brava persona”; scelgo le emozioni al “tutto va bene”; scelgo l’anima rispetto ai viaggi; scelgo di essere me stesso rispetto a ciò che il mondo si aspetta da me; scelgo il bambino rispetto all’efficienza; scelgo di lavorare per vivere e non di vivere per lavorare.

Cosa porterà tutto questo? A cosa non so ma a qualcosa sicuramente…: in ogni caso scelgo l’Uomo.

E quando scelgo l’Uomo, scelgo, sicuramente, Dio.

 

Buon Natale a tutti voi:

Lo lasciamo venire come viene? Brrr… chissà come verrà?!?

 

Pensiero della settimana

Non puoi sentire Dio che parla con un altro,

puoi sentirlo soltanto quando è a te che parla.