Santa Famiglia

SANTA FAMIGLIA

Domenica 30 dicembre 2018

Prima lettura: 1 Sam 1, 20-22. 24-28     Salmo: Sal 83 Seconda lettura: 1 Gv 3, 1-2. 21-24  Vangelo: Lc 2, 41-52

 

 

Questo vangelo viene scelto per commentare la festa della Santa Famiglia.

Ma non è che sembra proprio tanto santa questa famiglia: i genitori si perdono il figlio per strada (ma che genitori sono!?)!; il figlio rimane a Gerusalemme senza avvertire i genitori (ma che figlio è!?): “Volevi rimanere a Gerusalemme? Beh, potevi almeno avvisare!”; i genitori rimproverano il figlio (non avevano mica tanto capito chi era il loro figlio!?); il figlio non si scusa e, anzi, attacca e aggredisce i genitori (ma che modi sono!?).

Lc non presenta per niente una famiglia santa, quanto piuttosto una famiglia come tutte! Sarà stata anche santa ma non è che si capissero e che si comprendessero molto. Maria e Giuseppe non lo capiscono e di certo Gesù non è che faciliti di molto la cosa. Tre santi (S. Giuseppe, Gesù e S. Maria!) ma mica tanto dialogo in questa famiglia.

 

41 I suoi genitori si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua.

Attenzione: chi è che in questo brano ha un nome? Solo Gesù! Si parla di padre, di madre, di parenti, di conoscenti, di comitiva, ma non c’è nessun nome, neanche per Maria e neanche per Giuseppe. E noi sappiamo che quando non c’è il nome allora quel personaggio è un personaggio rappresentativo. Quindi: quei genitori (o i parenti) possono essere tutti i genitori! Puoi essere tu.

OGNI ANNO=la Legge prescriveva che tre volte l’anno (Pasqua, Pentecoste, Tabernacoli) l’israelita adulto (dai 13 anni in poi) andasse in pellegrinaggio a Gerusalemme. Se la distanza era eccessiva, come nel caso di Gesù che viene da Nazaret, ne bastava uno. Le donne non erano tenute ma spesso vi accedevano anche loro.

A GERUSALEMME= verrà nominata 3 volte in questo vangelo. E’ la sede di attrazione di questa famiglia, delle tradizioni ebraiche.

 

42 Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa.

QUANDO EGLI EBBE DODICI ANNI=l’obbligo dei seguire le tradizioni e i riti religiosi scattava a 13 anni ma loro lo portano addirittura prima: a 12!

Mettendo questa data Lc fa anche un altro riferimento: anche Gesù, come il grande profeta Samuele, a 12 anni inizia a profetare.

 

Seguire il Padre e non i padri

 

Ma come? Gesù ha 12 anni e loro continuano a seguire i riti ebraici? Ma cos’hanno capito allora?

Questa famiglia (Giuseppe e Maria) è una famiglia religiosa, molto religiosa, nel senso che segue, cioè, le tradizioni dei padri, come tutti (l’usanza). I genitori di Gesù non hanno colto l’influenza dello Spirito e così continuano con l’osservare le tradizioni passate.

Fanno come se niente fosse accaduto! Sono così osservanti e zelanti che lo portano quando ha 12 anni, mentre di solito si iniziava il pellegrinaggio a Gerusalemme con la maggiore età (13).

Maria e Giuseppe hanno già sentito molte cose sul bambino: è il Figlio di Dio, sarà totalmente diverso dal Messia, sarà diverso, sarà luce di tutti i popoli e non solo di Israele, ecc: insomma dovrebbero aver capito che Gesù è diverso… dovrebbero aver già cambiato modo di pensare… e, invece!?

Prima di questo vangelo c’è l’incontro della Santa Famiglia con Anna e Simeone, due profeti. Era chiaro chi era Gesù, gliel’avevano detto apertamente: “Lui sarà la salvezza di tutti i popoli (Lc 2,31); lui sarà diverso, ecc.”. Ma quelle parole lì sono già dimenticate…

Ma le tradizioni religiose (sono degli schemi solo che hanno in più il vestito “religioso”) se non sono sempre aggiornate sono così forti che diventano impermeabili all’azione dello Spirito. Per questo ci vorrà uno choc, una sberla, perché i genitori di Gesù capiscano.

Gesù però non seguirà i padri ma il Padre. E questo è e sarà sconcertante non solo per la sua famiglia ma per tutto il popolo. Perché tutti si aspettavano il Messia in un certo modo e, invece, Gesù, sarà completamente diverso.

Solo che Maria e Giuseppe lo sapevano già. Infatti quando il Signore aveva annunciato a Zaccaria la nascita di Giovanni aveva usato un’espressione clamorosa del profeta Malachia (Ml 3,23-24).

Cosa aveva detto questo profeta? “Il Messia è qui per portare il cuore dei padri verso i figli (il cuore è la mente) e dei figli verso il Padre”. Cioè: “Il passato deve accogliere il nuovo ma anche il nuovo deve accogliere il passato”. Ma quando l’angelo del Signore era andato a Zaccaria, cosa gli aveva detto? Che quel bambino (il Battista) era qui “per portare il cuore dei padri verso i figli” (Lc 1,17). E quello dei figli verso il Padre? Lc si è dimenticato un pezzo di citazione? No! E’ l’antico che deve accogliere il nuovo ma non il nuovo che deve accogliere l’antico.

Solo che i genitori ancora non hanno capito. Pensano che Gesù li segua, che segua la tradizione d’Israele. Non capiscono invece che saranno loro a dover seguire Gesù.

 

L’automatismo degli schemi

 

Qui si vede benissimo come i nostri schemi agiscano in automatico. Maria e Giuseppe hanno sentito un sacco di cose su Gesù: dovrebbero sapere che Lui non è come loro pensano. Ma Maria e Giuseppe hanno i loro schemi, rigidi e fissati.

Quello che succede qui è che gli schemi religiosi (ma anche le tradizioni, la cultura, il fare-fare quotidiano) se non sono soggetti a cambiamento e soprattutto a consapevolezza, ti fanno impermeabile all’azione dello Spirito. Quindi, per assurdo ma realmente, ciò che ti doveva avvicinare a Dio (lo schema) ti fa allontanare (perché obsoleto).

 

Gli schemi sono degli automatismi: ti fanno agire non in libertà, ma secondo lo schema appreso. Hanno “visto” che Gesù è diverso ma i loro schemi (le abitudini sempre uguali) sono ancora forti. E quando Gesù rompe i loro schemi loro non ci capiscono più niente.

Gli schemi sono come il cellulare o il computer: se non vengono aggiornati tu agisci con programmi vecchi a situazioni nuove. Tu agisci con modalità di ieri (che andavano bene ieri ma non oggi) al presente di oggi. Sei fuori tempo.

Le persone dicono: “Io sono così, non ci posso fare niente!”. “Ma non è assolutamente vero!: uno schema è solo uno schema. È un file inserito nel pc cerebrale; se cambi file otterrai risultati diversi”.

 

Genitori freddi e distaccati emotivamente (i genitori Tutto-fare o i genitori Lucidatrice, quelli proiettati sempre e solo sul fare, sull’ordine, ecc.) che non sanno giocare, esprimere affetto, coccolare, accarezzare i loro figli, possono passare l’idea: “I tuoi bisogni non sono importanti (bisogni di coccole, di presenza, di vicinanza, ecc)”.

Ora, quando uno è piccolo, impara questo. Ma che accadrà da grande? Accadrà che penserà: “Nessuno ti può dare quello che cerchi; chi fa da sé fa per tre; si può essere contenti ma non felici (visto che nessuno può soddisfare i tuoi bisogni)”.

Conseguenze: una persona così potrebbe essere sempre distaccata dagli altri o mai fidarsi o tenere sempre una certa distanza: “Meglio non fidarsi altrimenti poi ti abbandonano” oppure: “Meglio non coinvolgersi troppo altrimenti poi si soffre tanto”.

Ma questo schema, che effetti avrà nella sua vita adulta?

Un marito o una moglie così “non lo senti mai” perché non può mai concedersi del tutto.

Un amico così non riuscirà mai ad aprirsi del tutto, perché non può fidarsi di te.

 

Genitori che dicono sempre ai propri figli: “Vergognati! Così non va bene! Ma hai sbagliato ancora?” o che li criticano sempre e in continuazione, anche quando va bene: “Sei stato bravo ma potevi fare meglio! Tuo cugino l’ha fatto meglio!”, potrebbero creare uno schema di vergogna e di timidezza.

Accadrà che un bambino penserà così: “Io non sono adeguato, io non sono come gli altri; io mi vergogno” e si sentirà sempre imperfetto, inferiore, timido, impaurito, vergognandosi e/o arrossendo in viso. Se dovrà fare qualcosa tenderà a non farla per paura. Se dovrà osare un po’ lascerà stare. Si accontenterà piuttosto che prendersi ciò che gli piace.

Ma questo schema che effetti avrà sulla sua vita adulta?

Un marito o una moglie così avrà paura di tutto e tirerà sempre indietro qualsiasi cosa tu gli/le proponga.

Un amico così vivrà sempre nella paura e non si sentirà mai all’altezza: “Io non sono come te; tu sì che sei bravo!; tu sì che fai bene le cose!”. 

 

Genitori che dicono sempre ai propri figli: “Lascia stare faccio io! Lascia stare che io lo faccio meglio! Faccio io che facciamo prima! Tu sei piccolo! Ti aiuto io (anche se l’aiuto non era richiesto)” e fanno loro quello che dovrebbero fare i loro figli, o si sostituiscono, potrebbero creare uno schema di dipendenza.

Accadrà che il bambino penserà: “Io senza la mamma non sono in grado di fare nulla o di scegliere. Io ho bisogno sempre di lei (loro)”. Così crescerà e sentirà sempre di non valere e di dover sempre chieder l’autorizzazione, l’appoggio o la conferma a qualcuno (“Ho fatto bene? Ti piace? E’ bello abbastanza? Può andare?)”.

Ma questo schema che effetti avrà sulla sua vita adulta?

Un marito o una moglie sono delle cozze perché non fanno mai niente da soli, hanno sempre bisogno di te. Se tu non ci sei o non fai le cose con loro, si sentono persi e abbandonati. 

Un amico così “ti toglie un po’ l’aria” perché ti interpella per ogni cosa. Lui fa solo se tu gli dici di sì.  

 

Genitori che non amano mai incondizionatamente i loro figli: “Io ti amo ma tu (devi essere bravo; devi fare i compiti; devi prenderti cura di tuo fratello); la mamma non ti vuole più bene (dopo qualche marachella)”, che non fanno mai sentire ai loro figli che sono un bene al di là di tutto e di ogni cosa, potrebbero creare uno schema di mancanza di approvazione o di riconoscimento.

Accadrà che il bambino penserà: “Per essere amato bisogna fare qualcosa”, per cui cercherà sempre di accontentare gli altri, di essere ben accettato, farà un sacco di cose per gli altri, trascurando le proprie esigenze, pur di ricevere amore.

Ma questo schema che effetti avrà sulla sua vita adulta?

Un marito o una moglie fanno fatica a ricevere gratuitamente: hanno sempre bisogno di contraccambiare. D’altra parte fanno anche fatica a dare: quando danno, hanno poi delle pretese.  Sono dei contabili: fanno sempre i conti su tutto e quindi controllano il dare e il ricevere.

Un amico così farà un sacco di cose per te ma tu le sentirai un po’ forzate. Oppure avrà bisogno sempre di riconoscimento: “Sì, sei bravo! L’hai fatto bene!”, che alla lunga stanca: “Guarda che io non sono mica tua mamma!”.  

 

 

43 Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero.

TRASCORSI I GIORNI=le festività duravano una settimana. Era proibito ripartire prima del secondo giorno, quindi, in genere, si rimaneva una settimana.

Ma come? Non si sono accorti che il figlio non era con loro!? Ma sono da denuncia; sono da sottrazione del figlio! Ma che genitori sono Maria e Giuseppe!

GERUSALEMME=Jerusalem. Gli evangelisti scrivono Gerusalemme in due modi.

Jerosolima indica il nome geografico: “Gerusalemme”.

Jerusalem, invece, indica la città sacra, la sede dell’istituzione religiosa: “Gerusalemme, la sacra”.

Qui Lc scrive Jerusalem: allora Gesù non rimane solamente in una città, che guarda caso si chiama Gerusalemme, ma nel cuore e nel centro dell’istituzione sacra.

SENZA CHE I GENITORI SE NE ACCORGESSERO=ora questo è abbastanza strano e inverosimile. Anche se dobbiamo ricordare, comunque, che i bambini a quel tempo non godevano affatto di tutte le attenzioni e l’importanza che, ad esempio, hanno oggi. In ogni caso non è possibile che non si siano accorti che mancasse Gesù.

 

44 Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti;

Una volta si diceva che “lo avevano perso” perché c’era una carovana di soli uomini e una di sole donne. Così Giuseppe: “E’ nell’altra carovana, in quella delle donne!” e Maria, invece, pensava: “E’ nella carovana con suo padre, in quella degli uomini”. Quindi: “Io penso che sia di là, tu pensi che sia di qua… e il ragazzo ce lo perdiamo”..

In realtà questo era una proiezione di ciò che succedeva nelle nostre chiese dove c’era la fila di banchi degli uomini e quella delle donne ma non delle carovane del tempo.

 

45 Non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme.

GERUSALEMME=è la terza volta che Lc ripete “Gerusalemme”: è una ripetizione voluta per sottolineare che Gesù voleva trovarsi e per far vedere dove si trovava. Gesù si trovava nel cuore dell’istituzione religiosa.

 

46 Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava.

DOPO TRE GIORNI=se ci mettono tre giorni (ma quanto grande era Gerusalemme!? Grande sì, ma non così tanto!!!) vuol dire che l’hanno cercato dappertutto meno che lì. Questo vuol dire che proprio mai si sarebbero aspettati di trovarlo lì.

NEL TEMPIO=trovano Gesù nel portico dove s’insegnava la Legge: Lui seduto al centro. La posizione centrale è la posizione importante.

La prossima volta che entrerà nel tempio (Lc 19,47: “Ogni giorno insegnava nel tempio. I sommi sacerdoti e gli scribi cercavano di farlo perire e così anche i notabili del popolo…”) le autorità religiose tenteranno di assassinarlo.

SEDUTO IN MEZZO AI MAESTRI=Gesù, che ha 12 anni e che quindi per quel tempo è considerato un “niente”, si mette come maestro tra i maestri. Al centro, infatti, ci stava il maestro.

Lo stare in mezzo è immagine in cui la Bibbia presenta la sapienza di Dio (Sir 24,1: “La sapienza lo da se stessa, si vanta in mezzo al suo popolo”): quindi Gesù viene presentato come la sapienza divina, che “ascolta”, ma che soprattutto “interroga”.

MENTRE LI ASCOLTAVA=era il metodo tipico del tempo: domanda e risposta. Per questo Gesù li ascolta e li interroga.

Gesù li ascolta; Gesù insegna loro ma è anche capace di accogliere quello che di buono essi hanno da dare e da dire.

E LI INTERROGAVA=Gesù li interroga e le risposte di Gesù non sono molto gradite dai maestri della legge (infatti sono pieni di stupore, sono cioè “fuori di sé”).

 

Qui Gesù sa già tutto.

Gesù sa più da piccolo che da grande! Gesù sembra avere una maturità superiore a quella che poi darà prova nel corso di tutta la sua vita. Qui sembra avere già tutto chiaro quando poi, invece, avrà molti dubbi. Gesù sembra avere una comunicazione divina anche se non ha frequentato nessuna scuola: sembra essere in “filo diretto col Padre”.

Questo fatto poi sembra totalmente sconosciuto non solo ai suoi genitori (Maria faticherà un bel po’ a capire chi è questo suo figlio; cfr Mc 3,20-21; Lc 8,19-21) ma anche ai suoi compaesani, tant’è vero che quando ritornerà a Nazaret saranno completamente sorpresi (Mc 6,2-3).

Tutto il brano, più che un fatto storico, è, infatti, una rielaborazione teologica per descrivere chi è il vero Padre di Gesù e chi Gesù seguirà. Quindi non va interpretato o preso alla lettera, nell’esatta descrizione di Lc.

D’altra parte era tipico della letteratura del tempo che l’eroe, fin dalla nascita, sapesse quello che poi avrebbe fatto e compiuto. Era un modo per decretarne la sua grandezza, per dire che era stato “grande fin dall’inizio, da sempre”.

 

47 E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte.

E TUTTI QUELLI CHE L’UDIVANO ERANO PIENI DI STUPORE=il termine greco (existemi=essere così sconvolti da essere muti, lontani) indica una meraviglia irritata da parte di queste persone. Questo stupore, questo essere fuori di sé è negativo. Cioè: non accettano le risposte di Gesù.

Allora cosa sta facendo Lc? Lc ci presenta Gesù che parla di Dio in una maniera completamente nuova, non quella imposta e conosciuta dai dottori della Legge, ma quella che lui come figlio ha sperimentato.

INTELLIGENZA=sinesis, intelligenza, conoscenza, perspicacia, saggezza.

RISPOSTE=apokrisis=risposta, separazione, decisione, difesa. E’, quella di Gesù, una risposta che mette in crisi, che fa pensare, che ti toglie certezze precostituite.

 

48 Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo».

AL VEDERLO=Maria e Giuseppe non lo ascoltano, constatano dov’è e a loro sembra impossibile la cosa.

STUPITI=ek-plesso (da cui per-plesso) vuol dire essere storditi, sbalorditi, disturbati, sconvolti, attoniti. Quindi quando lo vedono dicono: “Come? Tu, qua!? Ma che ci fai qui!?”.

MADRE=perché non dice Maria? Perché qui non c’è solamente Maria, ma in questa figura c’è tutto il popolo d’Israele che non comprende questo Messia.

Il popolo d’Israele tenterà di integrare Gesù, di “farlo stare dentro” alle proprie tradizioni, ai propri costumi ed usanze, ma non ci riusciranno. Gesù, infatti, non appartiene al popolo d’Israele ma a tutta l’umanità.

 

I due errori di Maria

 

Qui Maria commette due errori.

Il primo errore di Maria. La madre gli ricorda il IV comandamento: “Onora il padre e la madre” (che ha un senso tra l’altro completamente diverso da come noi pensiamo). Ma Gesù gli risponde con il I: “Io sono il Signore Dio tuo. Non avrai altri dei all’infuori di me”.

La madre, infatti lo chiama “figlio” (Lc 2,48) e usa il termine teknon che significa “quello che io ho partorito”, quello sul quale ho dei diritti e del potere. Teknon viene da tikto=“partorire” con una connotazione di dipendenza, di legame fisico che Gesù non accetta. Mai nel N.T. questo termine riapparirà applicato di Gesù).

Cioè, per Maria (meglio per la madre, per ogni madre!) suo figlio è qualcuno sul quale lei ha dei diritti e il figlio è qualcuno che ha dei doveri nei suoi confronti.

Potremo tradurlo in italiano “bambino mio” o “figlio mio”. Quindi non si adopera il termine greco che significa “figlio” (uios), ma “quello che io ho partorito”, cioè qualcuno che in qualche maniera mi appartiene.

È il popolo d’Israele che pensa di avere dei diritti su Gesù (“Tu sei mio”), che pensa che Gesù abbia dei doveri nei suoi confronti.

 

Ma poi viene il secondo errore della madre: “Ecco, tuo padre e io angosciati ti cercavamo” (Lc 2,48).

La risposta di Gesù è tremenda perché mentre tutti quanti nel tempio ascoltano Gesù, loro, che hanno visto e sentito angeli e a cui sono state dette cose “speciali”, loro no!

Per Maria e Giuseppe, come è consuetudine, è il figlio che deve ascoltare i genitori. Ma per Gesù non è affatto così: “No, non sono io che devo ascoltare voi ma siete voi che dovete ascoltare me!”. Hanno capito gli altri, quelli lontani, ma non Maria e Giuseppe, quelli più vicini a Gesù.

 

49 Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?».

PERCHE’ MI CERCAVATE?…=non c’è nessuna scusa da parte di Gesù. Queste sono le prime parole di Gesù in questo vangelo e sono un rimprovero. Per chi? Per i suoi genitori!

Da un punto di vista storico è impossibile: “Come? Perché ti cercavamo? Perché è da tre giorni che non ci sei! E’ tre giorni che non ci sei e ti chiedi: “Come mai ti cercavamo?”? Ma sei scemo?”.

La risposta di Gesù è assurda storicamente ma non teologicamente: Gesù, infatti sta prendendo le distanze dalla tradizione: “Perché mi cercavate nella carovana della tradizione? Lo sapete che io non sono lì! Perché mi cercate lì?”.

NON SAPEVATE CHE IO DEVO OCCUPARMI DELLE COSE DEL PADRE MIO?=l’espressione lett. vuol dire: “debbo essere presso mio Padre”.

Gesù, dice Lc, non fa la volontà degli uomini ma quella di suo Padre; Gesù non segue il volere dei suoi genitori o degli uomini ma la sua chiamata e la sua vocazione; Gesù è in contatto con la sua anima e con Dio, per questo sa cosa deve fare e cosa deve dire.

 

Cosa succede? Maria dice a Gesù: “Io e tuo padre…”, al che Gesù la ferma e le dice: “No cara, ti sbagli. Mio Padre non è Giuseppe, ma un altro: il Padre mio. Io non seguo né mio padre Giuseppe, né la tradizione, ma mio Padre”.

Gesù non segue i padri, cioè il passato, ma è il testimone visibile dell’amore universale del Padre, cioè il presente, cioè il nuovo.

Dobbiamo ricordare che a quel tempo il padre:

  1. dava la vita (era il suo seme che era vitale; la madre, si credeva, era solo un contenitore);
  2. dava il nome. Maria ed Elisabetta, infatti, che mettono il nome ai loro figli, sono le donne che rompono con la tradizione perché i figli saranno deputati proprio a questo;
  3. dava la tradizione religiosa: era il padre che aveva il compito di insegnare e passare le leggi religiose.

Gesù è chiaro: io non sono in quello di Giuseppe o delle tradizioni ma (lett.) “devo essere in quello del Padre mio” (Lc 2,49)

Qui Gesù mette subito le cose in chiaro: “Mio padre non sei tu, Giuseppe, ma Dio”. A Lc interessa dire che Gesù, fin dall’inizio, si stacca dalle antiche tradizioni e annuncia un mondo nuovo.

Gesù ha una sua vocazione (“Padre suo”) e la seguirà fino in fondo. Questa sarà la sua unica fedeltà.

 

Devo (“devo occuparmi, in greco deomai) è un verbo tecnico e indica seguire la volontà divina. Allora il “dovere” di Gesù non riguarda una costrizione ma un essere in sintonia con la sua Voce interiore. E’ un’esigenza del cuore e dell’anima non un’imposizione divina.

 

Le prime e le ultime parole di Gesù in Lc (Lc 2,49 e Lc 23,46: “Padre nelle tue mani consegno il mio spirito”) sono per il Padre.

 

50 Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro.

E questo sarà il motivo conduttore di tutto il vangelo. Gesù nessuno lo capisce: né i suoi genitori, né sua madre, né le autorità religiose, né le istituzioni. Gli unici a capirlo sono quelli lontani da Dio.

Maria, dice il versetto successivo, (Lc 2,51) “Serbava tutte queste cose nel suo cuore”. Questa è la grandezza di Maria: non ci capisce niente ma rimane aperta. Maria accoglie questi semi, anche se sono sconosciuti o assurdi: e un giorno fioriranno.

 

51 Scese dunque con loro e venne a Nàzaret e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore.

SUA MADRE CUSTODIVA TUTTE QUESTE COSE NEL SUO CUORE=è la crescita graduale di Maria che da madre la porterà a diventare discepola. E’ la stessa, identica, reazione che Maria ha avuto dopo la visita dei pastori (e anche lì non ha mica capito che gentaglia del genere ci faceva lì!). In quell’episodio Maria si trovava di fronte all’amore universale di Dio verso tutti, anche verso i più disperati, come i pastori.

Maria non comprende ma non rifiuta la novità. E questa è la grandezza di Maria e ci riflette. Anche qui.

 

52 E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini.

GESU’ CRESCEVA…: tutto sembra finito, tutto rientra nell’ordine. Nessuno si accorge più di niente. Gesù cresce normalmente come tutti i ragazzi del tempo e del mondo. Eppure in quell’uomo c’è qualcosa di diverso.

Come prima, con la cifra 12, vi era un’allusione al profeta Samuele, così Lc riporta un’altra citazione di Samuele dove lui cresceva in “sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini”.

Perché questo riferimento a Samuele? Perché Lc ha preso come modello la madre di Samuele, Anna, e il canto di lode di Anna sarà poi la base per un altro canto, quello di Maria, nel Magnificat.

 

Io ho una vocazione e una chiamata che la mia anima desidera seguire e vivere

 

Io nasco da mio padre e mia madre: loro mi hanno dato la vita ma non sono la mia vita. Li ringrazio, li onoro per un dono che non potrò mai ricambiare ma io ho un compito e una missione.

E quando un genitore fa di suo figlio la sua ragione di vita vuol dire che lui ha perso la sua ragione di vita. Cioè: poiché non ha ragioni per vivere fa di suo figlio la sua ragione di vita. Ma fare di mio figlio la mia ragione di vita, fa di me una persona senz’anima, senza missione, e di lui un dipendente a mio servizio (visto che la mia vita dipende da lui).

 

Noi abbiamo delegato la vocazione ad alcune persone (preti, suore, ecc): come se solo loro avessero una chiamata. Così ci siamo messi a posto la coscienza ma non il cuore: perché siamo tutti così tristi?

 

Io ho un’anima e la mia anima è qui per una missione, per uno scopo. Non seguirla è far morire la propria anima.

Tu sei chiamato. Tu puoi raccontartela ma in ogni caso tu non sei qui a caso. Tu puoi far finta di niente e fare tutt’altro nella vita, ma la tua anima desidera essere/fare/vivere ciò per cui è creata.

La felicità è scoprire ciò per cui io ci sono: se sono un albero di mele la mia felicità sarà essere un albero di mele e se sono un albero di ciliegie quella sarà la mia unica felicità, la cosa che farò meglio e l’unica dove io darò veramente frutti.

Siamo infelici perché pensiamo di essere qui per caso (senza scopo). Siamo dispersi perché non sappiamo dove andare (una vocazione è un riferimento chiaro). Siamo annoiati, vuoti, perché scegliamo a casaccio, perché non sappiamo cosa ci serve per davvero. Siamo pieni di paura perché non abbiamo la forza della vocazione (tutto è possibile per chi sa dove andare).

 

“Maestro, disse il discepolo, come posso essere veramente di aiuto a questa umanità?”.

“Vuoi aiutare un uomo per un mese? Dagli dei soldi”, rispose il maestro.

“Vuoi aiutarlo per degli anni? Dagli un figlio”.

“Vuoi aiutarlo per sempre? Dagli una missione”.

 

Ad un Concorso per dilettanti alla Opera House di Harlem sale sul palco una sedicenne goffa e magrolina. “Ecco a voi Miss Ella Fitzgerald che ballerà per voi… un momento… un momento… cosa mi dici, dolcezza? Mi correggo, signore e signori: Miss Ella Fitzgerald ha cambiato idea. Non vuole ballare, vuole cantare…”. Dovette concedere tre bis e vinse il premio. E quando fu intervistata, anni dopo, disse: “Non fui io a scegliere. Fu la mia anima che mi scelse e io nient’altro la segui”.

 “Io devo occuparmi delle cose del Padre mio”: tu hai una vocazione, non dimenticartelo mai!

 

Pensiero della settimana

Per essere unici

bisogna essere differenti.