Amore per i nemici

VII domenica del tempo Ordinario

Domenica 24 febbraio 2019

Prima lettura: 1 Sam 26, 2. 7-13. 22-33  Salmo: Sal 102  Seconda lettura: 1 Cor 15, 45-49  Vangelo: Lc 6, 27-38

 

 

Dopo essersi rivolto ai discepoli e ai loro persecutori, domenica scorsa nelle Beatitudini secondo Lc, Gesù si dirige ora a tutti quanti lo ascoltano.

 

Le parole del vangelo di oggi sono parole elevate, che fanno risplendere un modello alto, elevato, cioè maturo, evoluto di uomo. Per essere così bisogna essere maturati molto. Sono modalità d’essere di arrivo: in partenza nessuno è così ma tutti siamo presi dai nostri narcisismi, dalle nostre pretese e aspettative nei confronti degli altri. Non sono ciò che siamo ma ciò che possiamo essere.

 

Alcuni esegeti mettono in dubbio che Gesù le abbia mai dette: non è importante se le abbia verbalmente dette o no, perché conoscendo chi era Gesù e vedendo che lui ha vissuto proprio così, non possono che essere sue, del suo cuore. Gesù le ha dette perché lui le viveva proprio così. Ma non possono essere assolutamente capite razionalmente. Sono frutto di una consapevolezza e di una conoscenza di sé e del mistero della vita profondissima.

 

Vengono dopo le Beatitudini (domenica scorsa) perché se non si è capito che essere poveri, aver fame, piangere, essere perseguitati è un valore, una tappa inevitabile del cammino di crescita, non puoi vivere queste dimensioni ancora più grandi. Perché bisogna essere poveri? Perché impari il valore del non attaccamento. Perché bisogna aver fame? Perché impari il valore della mancanza, di stare nella mancanza, nel non avere una cosa senza dover compensare con droghe, cose da fare, pensieri, ecc. Perché bisogna essere nel pianto? Perché impari il valore della sensibilità, del sentire il dolore e la sofferenza del mondo (tua e degli altri). Perché bisogna essere perseguitati? Perché impari il valore di seguire ciò per cui si crede, aldilà di quello che gli altri vogliono o ti dicono. Perché bisogna amare i nemici? Perché solo l’amore gratuito, disinteressato, è vero amore.

 

27Ma a voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici,

NEMICI=adoperando il termine nemico (gr. echthros), con il quale nella Bibbia s’indicano di solito i nemici del popolo di Dio (Sal 31.7; 139.21), l’evangelista raffigura quelli che saranno i persecutori della comunità cristiana. L’evangelista, attraverso le parole di Gesù anticipa per il lettore quello che sarà il comportamento del Signore condannato e crocifisso. Gesù infatti pregherà per i suoi crocifissori e chiederà al Padre di perdonarli (Lc 23,34).

 

AMATE I VOSTRI NEMICI=il verbo agapao adoperato dall’evangelista per indicare l’amore, designa il genere di amore che Gesù richiede una volontà di bene indipendente dalle qualità delle persone che ne sono l’oggetto.

Per questo l’evangelista adopera il verbo greco agapaô (da cui la parola agape) e non il verbo greco phileô (volersi bene), che indica una comune intesa basata sull’attrazione e sulla simpatia reciproca.

L’amore ai nemici, punto culminante del discorso di Gesù, è da considerare come la novità e la caratteristica che distingue il gruppo dei discepoli, dal momento che costoro non solo sono tenuti a predicarlo, ma a metterlo in pratica.

L’amore che Gesù richiede è immotivato e incondizionato, gratuito; ma non rimane mai astratto e si traduce concretamente nel fare del bene anche a coloro che sono solo capaci di odiare e far del male.

 

Qual è il senso di questo comando?

 

  1. Amare i nemici non vuol dire sorridere ai nemici

 

Amare i propri nemici non ha nulla a che vedere con il sorridere, con il fare la bella faccina a chi ci ferisce, con il far finta di niente, con il mettere tutto a tacere. Questa è paura e complicità con il male.

Di fronte ad una madre che ha taciuto l’abuso del padre sulla loro figlia, quando la figlia le ha chiesto: “Ma tu dov’eri? Tu sapevi tutto e non hai detto niente! Tu hai lasciato fare!”, lei ha risposto: “Io lo amavo!”. Ma non può essere amore questo. Questa è paura dello scandalo, paura di perdere il compagno, la faccia, e di affrontare una situazione complicata e difficile.

Molte persone non hanno mai capito queste parole: “Ma come, uno mi fa del male e io lo devo anche amare?”. Questo ha portato a giustificare violenze e soprusi: “Bisogna amarli!”; questo ha portato milioni di persone a sacrificarsi e a rinunciare a sé. Ma Gesù non ha detto questo!

 

 

  1. Tra subire e ricambiare, meglio amare

 

Quando tu mi fai del male io non posso non provare rabbia e odio per te. E’ ovvio, è naturale, è normale. C’è stato insegnato che quando uno ci ferisce ci sono due possibilità: o ricambi o subisci.

  1. Ricambiare è: “Mi hai fatto questo, te lo farò anch’io (se non di peggio)”. Oppure: “Mi hai fatto questo, ti elimino così non mi fai più male (ad es. le guerre)”. Eliminare (variabile del ricambiare) vuol dire: non ti parlo più, ti scredito, ti parlo alle spalle, ti metto in cattiva luce, mi vendico, te la faccio pagare, chiudo con te, fuggo, escludo, scomunico, giudico, accuso, derido, attacco, ferisco, sottometto, umilio, ecc.

L’altra possibilità è 2. subire: “Mi hai fatto questo: ti perdono (che vuol dire me lo faccio andare bene, subisco)”.

Amare i propri nemici, però vuol dire qualcos’altro.

Gesù non ha mai detto di amare le azioni cattive; ha detto di amare chi le fa, non le azioni di chi le fa. Se tu mi ferisci, non accetterò per nessun motivo che questo avvenga; ti esprimerò la mia rabbia, mi prenderò cura del mio dolore e se c’è un’ingiustizia o un sopruso nei miei confronti, per nessun motivo ometterò di denunciarlo.

Gesù era così: tutte le falsità e le ipocrisie le denunciava senza pietà. Eppure amava i suoi nemici (non certo ciò che facevano). Sapeva cioè che non erano cattivi, che non erano malvagi, che neppure sapevano cosa facevano (23,34), sapevano che vivevano nel buio, nell’ignoranza, nella morte del cuore e nella paura. Per questo agivano così.

Amare il nemico vuol dire: “Mi hai ferito; mi prenderò cura del mio dolore e della mia rabbia. Forse questo creerà distanza, ma il mio amore rimane, anche se adesso non lo sento e non percepisco perché l’unica cosa che sento è tutto l’odio per te”.

Amare il nemico vuol dire: “Mi hai ferito. Mi verrebbe da chiudermi e da non aprirmi mai più perché quanto si sta male quando si è traditi! Ma non voglio che accada così: io non voglio che tu determini così tanto la mia vita. Se tu mi hai ferito una volta, io non voglio fare di questa tua ferita un dolore così grande che mi impedirà di vivere, di amare ancora e di aprirmi”.

 

 

  1. L’amore dipende da me

 

L’amore dipende da me. Se io ti amo perché tu mi ami, è un amore bello, buono, viscerale, ma “di interesse”. Tu mi dai (amore) e io ti do (amore): è uno scambio. E’ l’amore umano: io ti amo se tu mi ami; io ti do se tu mi dai; io sto in relazione con te se tu stai in relazione con me. In questo senso il mio amore dipende da te: solamente se ricevo, ti do. L’amore verso di te dipende da te, dalla tua posizione rispetto a me. Se tu non mi ami allora io ritiro il mio amore o mi chiudo. Se tu mi fai del male, io smetto di amarti, di volerti bene, mi difendo e ti attacco.

Ma l’amore libero non è così. L’amore vero non dipende da ciò che tu fai per me, ma dipende solo da me. L’amore, nel senso più alto, è il voler il meglio per te e il tuo bene, sempre e in ogni caso, anche se tu non hai fatto lo stesso per me.

 

Un uomo ha tradito sua moglie, l’ha abbandonata a casa con i suoi figli e lui se ne è andato “in giro” per il mondo a divertirsi (visto che se lo poteva permettere). E’ stato via dieci anni, senza neppure mai vedere i figli piccoli né mandare aiuti economici. Per sua moglie è stato davvero difficile con due figli piccoli. Poi un giorno lui, ammalato, si è reso conto di cosa aveva fatto: è tornato a casa e le ha chiesto scusa. Lei nel frattempo si era trovata un altro uomo ma se n’è presa cura con amore fino alla sua morte. Non se lo meritava; non ne era degno, non aveva nessuna credenziale per essere amato, anzi… per questo si è sentito amato e prima di morire le ha scritto un sms: “Anche se io non ho fatto lo stesso con te, muoio conoscendo l’amore”.

 

Michael Weisser, un ebreo cantore, e sua moglie Julie si erano appena trasferiti. Stavano ancora disfando le valigie quando ricevettero un biglietto: “Il KKK (Ku Klux Klan) vi sta tenendo d’occhio, feccia!”. Il biglietto era stato mandato da Larry Tramp, un sedicente nazista che aveva già organizzato vari attentati e che stava progettando di bombardare B’naiJeshuran, la sinagoga dove Weisser era cantore. Saputo questo, Weisser non reagì con sdegno od odio, ma reagì in maniera diversa, nuova, con amore. Chiamò varie volte Larry e gli mandò vari biglietti: “Larry, perché mi odi, non mi conosci nemmeno!”. Poiché Larry era su una sedie a rotelle (e aveva anche il diabete) Michael gli chiedeva spesso se aveva bisogno di aiuto. Una sera Michael e tutta la sua congregazione pregarono per qualcuno che era malato di “odio e di intolleranza”. In quella sera Larry sentì prurito così forte alle mani che si tolse gli anelli con la svastica e chiamò Michael: “Aiutami, voglio uscire, ma non so come!”. Diede le dimissioni dal KKK, si scusò e poiché scoprì di avere meno di un anno di vita, i Weisser lo ospitarono a casa loro. Si convertì all’ebraismo in quella stessa sinagoga che aveva progettato di far saltare e morì tra le braccia di Michael e di Julie.

E’ lo stesso amore del padre misericordioso di Lc verso il figliol prodigo (Lc 15): “Non meritava niente ma lì l’amore c’era sempre”. Che non vuol dire che quello che è successo non conta più: ma quest’amore sa andare oltre… perché non dipende più da te ma da me.

 

Perché se io mi comporto come te non sono al tuo stesso livello? Se io faccio come fai tu…: dov’è la differenza? Se tu mi odi e io faccio lo stesso, mi trasformo in te: vinci due volte!: 1. perché mi odi. 2. perché mi condizioni ad agire come te. L’amore vero non dipende mai dall’altro ma da sé. Decido io se amarti o no!

Io ti posso amare sempre: anche se tu non vuoi… anche se tu non lo fai… anche se non ti vedo… anche se mi fai del male. L’amore vero non dipende da te ma da me.

L’amore nasce dalla pienezza del nostro cuore: “Ti amo non perché mi ami, ma perché sono così pieno, ne ho così tanto dentro, che non ho bisogno del tuo amore per donarti il mio”. L’amore è una gioia che straripa: per questo non dipende da te, ma da me!

 

“L’amore è una gioia che straripa.

Se sei annoiato con te stesso che gioia potrai mai condividere con l’altro?

L’amore è un lusso. E’ abbondanza.

Significa possedere così tanta vita che non sai più cosa farne, quindi la condividi.

Significa avere nel cuore infinite melodie da cantare; che qualcuno ascolti o no è irrilevante.

Anche se nessuno ascolta, devi comunque cantare, devi danzare la tua danza…

Coloro che amano si sentono riconoscenti per il fatto che il loro amore sia stato accettato. Si sentono riconoscenti perché erano così colmi di energia che avevano bisogno di qualcuno in cui riversarla.

Quando un fiore sboccia e dona la sua fragranza al vento, si sente grato al vento perché la fragranza gravava sempre più intensamente su se stesso” (Osho).

 

 

  1. Qual è l’unico modo per vincere, spezzare l’odio? L’amore!

 

Come si può rompere una spirale di odio? Con dell’altro odio? Con della violenza? Con la vendetta?

L’unico modo per vincere l’odio è l’amore. L’unico modo per vincere il male è il bene. L’unico modo per far finire le guerre è la riconciliazione.

 

E’ questo amore che ci fa comprendere cos’è veramente l’amore: quella cosa che hai indipendentemente da chi sei. Abbiamo bisogno di sperimentare “amori” così, dove sentiamo che andiamo bene al di là di ogni cosa, al di là di tutto, al di là del bene e del male.

E’ quest’amore che ci fa sperimentare il nostro valore, che va al di là delle nostre azioni. Abbiamo bisogno di uomini e donne che amano così… allora incontreremo l’amore vero… allora incontreremo Dio con il volto umano. Per questo l’amore va esteso ai nemici: amare i nemici ci dice la gratuità del nostro amore.

 

 

  1. I nostri nemici sono i nostri migliori amici

 

Ma amare il nemico ha pure un altro senso profondo. Amare chi è come te è nient’altro che amare te stesso. E’ necessario amare i propri nemici, perché il nemico è l’altro, colui che non è come me. Si impara molto di più da chi non è come te che da chi è come te, perché chi è come te, lo dice la parola stessa, è come te e quindi tu lo sai già.

Anni fa il mio padre spirituale mi impedì di leggere un libro perché era “pericoloso”, eretico, “nemico della chiesa”. Oggi l’ho riletto, “e accipicchia quanto ho imparato!”. Certo non pensa come la mentalità comune, ma quanta verità.

Frequentare sempre la stessa gente è un modo per credere di aver ragione e di essere dalla parte della verità. Ci si rinforza a vicenda e si assolutizza le proprie credenze solo perché non si ha il coraggio di aprirsi all’esterno. Allora fa bene frequentare “i nemici”, cioè, chi non la pensa come noi. Fa benissimo ascoltarli, percepire i loro punti di vista, le loro verità. Perché è solo così che si impara; è solo così che nuove visuali possono entrare nella nostra vita.

Per anni sono stato con persone che non si arrabbiavano mai. Così pensavo “sbagliato, nemico” il farlo. Ma frequentando le persone che si arrabbiano ho imparato una modalità decisa e risoluta nell’esprimere le mie idee e quello che voglio; ho imparato a non scappare e a non tirarmi indietro; ho imparato a non aver paura del conflitto; ho imparato a dire apertamente quello che penso, senza dirlo poi ad altri, senza poi spettegolare, senza poi malignare. Insomma, ho imparato molto dal mio nemico!

Capisco bene cosa dicono gli orientali: il tuo nemico è il tuo migliore amico.

 

Anche perché il tuo nemico a volte, proprio perché non gliene frega niente di te, ti dice delle cose su di te che il tuo migliore amico, per non ferirti, non ti direbbe mai. Ascoltando i miei nemici imparo molto su di me, su come la gente mi vede e su come io stesso sono.

Un giorno un “nemico” mi disse: “Tu sei un egoista che pensa solo a sé”. Nessun amico mi avrebbe mai detto questo. Eppure era vero: io penso solo a me, alla mia strada, a realizzare il mio compito e vado deciso per dove devo andare e dove la Vita mi chiama (e se tutti facessimo così nessuno avrebbe da pretendere dagli altri e tutti saremmo un po’ più felici). Se questo è narcisismo, allora io lo sono.

Ama il tuo nemico perché è il tuo più grande amico.

 

fate del bene a quelli che vi odiano,

Mantieni sempre veri i tuoi valori al di là chi hai davanti; di fronte a chi è disonesto con te ti verrebbe naturale fare altrettanto e da tralasciare i tuoi valori. Il primo impulso è: “Mi fai del male?”. “Anch’io”.

Così mi ha fregato due volte: uno perché mi odia e due perché rimango legato a lui. Non permettere a chi ti odia di influenzarti così tanto, di condizionarti da doverlo odiare anche tu. “Tu mi fai del male? Questo mi ferisce”. “Ma io voglio essere libero di scegliere cosa dirti o farti”.

Una famiglia offese il suo parroco con ingiurie e maldicenze incredibili. Ma si sa che il male che si fa è un boomerang che torna sempre indietro, è solo questione di tempo. Infatti, questa famiglia ebbe bisogno del suo parroco (il quale aveva dentro una rabbia tremenda). Il parroco si fermo e ci pensò: “Adesso posso fargliela pagare. Adesso ho io il coltello per il manico e devono passare per di qui. Ma se mi vendico non sono come loro? Se mi vendico non continuo la catena d’odio? Se mi vendico non avveleno io stesso il mio cuore?”. Espresse tutto il suo odio con il suo confessore e decise di fare il bene di quella famiglia. Ma non per loro, ma per sé: non voleva che il loro odio lo condizionasse da dover adesso, a sua volta, fare anche lui come loro. Era questione di libertà.

 

28benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male.

BENEDITE COLORO CHE VI MALEDICONO, PREGATE…=dal comportamento esterno (fare del bene; odio come sentimento dell’azione) si passa ad un comportamento interno, ad un atteggiamento interiore. Cos’è che sarebbe normale, solito? Cos’è che ti viene da fare? Mi maledici? Anch’io!… ma allora sono come te! Mi tratti male? Anch’io!… ma dov’è la differenza allora fra me e te? E’ la legge del taglione: occhio per occhio, dente per dente.

 

Il cervello non conosce che se stesso. Quindi quando voi parlate degli altri non parlate altro che di voi stessi. Non vi fa pensare? Quando gli altri parlano di altri, ascoltateli: parlano di sé! Quello che dici degli altri, lo dici a te.

Le parole escono dal cuore. Se uno dice male di te è perché quel male che dice di te è dentro di sé. Ogni albero, diceva Gesù, ha i suoi frutti. Frutti buoni da albero buono; e frutti cattivi da alberi cattivi. Se dice male di te è perché quella rabbia, quell’odio, quel fango che ti butta addosso sono suoi.

Tu mantieni puro il tuo cuore e continua a far uscire dal tuo cuore parole buone. Se escono parole cattive è perché il tuo cuore si sta incattivendo: attento! Ricorda che parole buone fanno più dolce, tenero, buono e misericordioso il tuo cuore. E che parole cattive, incattiviscono il tuo cuore: è questo quello che vuoi?

Le azioni escono dal cuore. Chi ti tratta male è perché l’odio lo ha accecato. Mi difendo dalle sue azioni e poiché so che non è capace di ascoltarmi, di dialogare, di entrare in relazione con me, l’unica cosa che posso fare io è pregare, metterlo nelle mani di Dio e augurargli che lui possa aprire gli occhi. Perché per quanto io gli dica, o cerchi il dialogo, lui non mi può vedere. Con una persona così io non posso fare nulla. Allora mi affido a Dio perché finché il cuore è cieco non c’è possibilità di cambiare le proprie azioni.

 

29A chi ti percuote sulla guancia, presenta anche l’altra; a chi ti strappa il mantello, non rifiutare neanche la tunica.

A CHI TI PERCUOTE SULLA GUANCIA…=cosa verrebbe normale fare se uno ti tira un pugno sulla guancia? Tirargliene uno a lui!

Nei secoli questa frase fu letta così: “Se prendi un pugno, porgi l’altra guancia per prenderne un altro”. Così uno ne prendeva due! Era un modo dei forti e dei potenti per dominare: “Se ricevi del male, subisci in silenzio che poi in Paradiso avrai la tua ricompensa”… intanto in terra fai quello che diciamo noi!

La guancia è morbida, tenera. Quando vieni ferito da qualche parte è normale irrigidirsi, chiudersi, alzare delle barriere e delle corazze, inacidirsi. Porgi l’altra guancia vuol dire allora: mantieniti sensibile anche se vieni attaccato; non indurirti. Mantieni la tua parte morbida, continua a porgere la guancia alla vita non per prenderle ancora, ma per non irrigidirti.

Gesù non dice allora: “Prendi un’altra sberla, dandogli anche l’altra guancia!”, ma: “Non permettere a chi ti fa del male di trasformare il tuo cuore come il suo”.

 

A CHI TI STRAPPA IL MANTELLO…=cosa succede se uno ti strappa il mantello? Succede che ti rende vulnerabile, ti lascia nudo, ti toglie la dignità. Di fronte a chi ti spoglia non vergognarti di farti vedere per quello che sei.

Una ragazza, ventenne, rimane incinta. Una vicina di casa va a dire a sua madre (figlia presente!): “Tua figlia, cara, è proprio una poco di buono. Fa’ che ti dica cosa ha fatto!”. Quanta rabbia, odio, veleno, ci deve essere stato dentro una donna così? Era invidiosa perché non poteva avere figli? E la figlia con una dignità bellissima: “Sì, mamma sono incinta. Avevo molta paura di dirtelo, ma c’è qualcosa di cui vergognarsi? E’ vero è così, ma non è una bella cosa dare al mondo una vita?”.

Se il mondo ti toglie la dignità, tu non perdere mai la tua dignità: qualunque cosa tu abbia fatto tu sei Figlio di Dio, non dimenticartelo mai! Nessuno ti può togliere questo mantello.

 

30Da’ a chiunque ti chiede, e a chi prende le cose tue, non chiederle indietro.

Nella nostra illusione noi crediamo di non avere preferenze. Diciamo di voler bene a tutti perché siamo banalmente superficiali. Ma non è affatto così: noi agiamo in base a gusti, preferenze e soprattutto in base a chi ci piace e a chi non ci piace, a chi è dei nostri e a chi non è dei nostri, a chi la pensa come noi e a chi è diverso da noi.

Dà a tutti, a chiunque ti chiede, non vuol dire di essere così stupidi da farsi fregare da tutti. Ma cerca di vincere la categoria non è dei nostri”, non è come me, non mi piace, perché altrimenti lo fai solo per interesse.

Chi prende del tuo, non richiederlo. Se applicassimo questa regola tutti potrebbero derubarci. Vuol dire, come prima, cerca di vivere in maniera disinteressata, non agire secondo la mentalità: “Mi hai fatto questo e io voglio altrettanto”. Molti uomini sono dei contabili: io gli ho dato questo, quindi mi aspetto altrettanto.

 

31E come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro.

Quando faccio una cosa, semplicemente mi chiedo: “A me starebbe bene se un altro mi facesse questo?”. Solo che magari a me piace quando si discute alzare la voce ma ad un altro no.

Quindi, è ancor meglio chiedersi: “Mi metto nei suoi panni: lui lo vorrebbe questo?”. “A lui piacerebbe questo? E’ questo che lui vuole?”. E se non lo so (ad esempio, se a lui piace) glielo chiedo!

 

Questo vuol dire uscire dal narcisismo: mettersi nei suoi panni. Se parlate con le persone tutte fanno il bene dell’altro. Solo che una cosa è fare ciò che io penso sia il bene dell’altro e un’altra fare il bene che l’altro vuole per sé.

Una donna voleva che suo figlio “studiasse”: lei lo faceva per il suo bene. Solo che la passione di quel figlio era coltivare la terra: quello era il suo vero bene. Oggi è un importante coltivatore europeo, con una super azienda agricola.

 

32Se amate quelli che vi amano, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori amano quelli che li amano.

Anche i mafiosi amano i propri figli e la propria famiglia: sono gli altri che non amano! Anche il marito che uccide il vicino di casa ama la propria moglie! I generali nazisti piangevano di fronte ai loro figli: sì, ma solo di fronte ai loro! Il bene o è di tutti o non è bene.

 

33E se fate del bene a coloro che fanno del bene a voi, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori fanno lo stesso.

Le lobby e i gruppi massonici si fanno un sacco del bene a vicenda: “Io ti aiuto così tu mi aiuti. Io non ti intralcio nei tuoi piani e tu non intralciarmi nei miei”.

 

34E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto.

Anche le banche fanno prestiti ma non per questo le chiamiamo opere assistenziali o definiamo “amore” la loro attività. Se tu fai tutto per averne un ritorno possiamo definirlo, chiamarlo amore?

 

35Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e la vostra ricompensa sarà grande e sarete figli dell’Altissimo, perché egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi.

Vivere senza sperarne un ritorno è vivere senza pretese. Pretendere vuol dire prendere te: ogni pretesa ti lega a me e ogni pretesa mi lega a te.

Vivi da uomo libero; ciò che fai, fallo dalla pienezza del tuo cuore e dalla passione della tua anima; vivere senza pretese ci permette di amare al di là di chi abbiamo davanti. Allora si può amare tutti, anche quelli che ci odiano, che ci rifiutano, che ci attaccano, perché il nostro amore scavalca chi abbiamo davanti. Chi vive così è figlio dell’Altissimo; chi vive così conosce davvero l’amore; chi vive così sperimenterà l’essenza della vita.

 

36Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso.

Qui Lc usa il vocabolo oiktirmos, misericordia. Oiktirmos indica l’emozione di compassione che comprende 1. sia il dolore 2. che la disponibilità a dare soccorso. Si potrebbe anche tradurre amorevolezza, simpatia. La compassione di cui si parla qui è quella di chi capisce l’altro o se stesso: non giustifica ma è in sintonia, capisce le sue ragioni e cosa lo spinge ad agire così.

 

Con gli altri questa misericordia ci fa capire che dietro chi ci ferisce c’è una persona che soffre, sempre! Compassione è=”Condanno la tua azione ma non l’uomo che sta dietro alla tua azione. Sento il mio dolore (mi hai ferito) ma sento anche il tuo dolore (un uomo ferito)”.

 

Con noi stessi ci aiuta a capire quanto sia importante non infuriarsi contro i nostri nemici interni, contro i nostri demoni, contro i nostri mostri, ma invece ascoltarli, sentirli, lasciarli parlare.

Chi sono i nostri nemici interni?

La paura: vorrei non sentirla, combatterla, eliminarla. E, invece, la mia paura ha bisogno del mio ascolto e della mia compassione. C’è un bambino solo, timido, che ha paura di uscire fuori e che ha bisogno di qualcuno che lo aiuti a farlo.

La gelosia: vorrei non vedermi così quando mi guardo allo specchio. E, invece, sono geloso delle persone a me vicine, e più sono vicine e più ne sono geloso e le vorrei tutte per me. Ma questo nemico ha bisogno del mio amore: combattendola non faccio che alimentarla.

La mia gelosia mi parla del mio bisogno di relazioni e di legami con qualcuno, di appartenere a qualcuno senza possederlo.

L’invidia: vorrei non vedermi così, eppure lo sono. Questo nemico ha bisogno del mio amore perché mi parla del mio bisogno di realizzarmi, di costruire qualcosa per cui io possa essere fiero, così non guarderò più fuori (in-vidia=vedere negli altri) ma potrò guardare dentro di me ed essere orgoglioso di me.

La rabbia: vorrei non sentire tutto questo odio che ho dentro.

Ma questo nemico ha bisogno del mio amore, che io gli porti il balsamo dell’ascolto, del perdono, del lasciare andare, dell’espressione, del far uscire. Allora un giorno tutta la rabbia che c’è dentro si tramuterà in passione, ardore, delicata tenerezza e dolce misericordia.

Quindi il primo amore è verso i nemici dentro di me. Se li tratto da nemici saranno sempre più arrabbiati con me. Ma se li tratto con amore diventeranno mansueti e i miei migliori nemici.

 

Senti questa storia indiana: “Una sera un anziano capo Cherokee raccontò al nipote la battaglia che avviene dentro di noi. Gli disse: “Figlio mio, la battaglia è fra due lupi che vivono dentro di noi. Uno è infelicità, paura, preoccupazione, rancore, senso di inferiorità. L’altro è felicità, amore, speranza, serenità, gentilezza, verità, compassione”. Il piccolo ci pensò un minuto e poi chiese: “Ma quale lupo vince?”. E l’anziano Cherokee rispose semplicemente: “Quello a cui dai da mangiare!”.

Se ciò che c’è dentro di te lo “vedi come un lupo infelice” e non te ne prendi cura, crescerà sempre più. Ma se ciò che c’è dentro di te “lo vedi come un lupo bisognoso di amore, gentilezza”, crescerà sempre di più.

 

37Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati. 38Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio».

Quello che fai agli altri è quello che fai a te. Conoscendo nient’altro che te, ogni parola, ogni pensiero, ogni azione che tu fai agli altri è nient’altro che una azione che tu fai a te. Quando parli male di qualcuno diventi più malevolo anche tu. Quando pretendi molto dal tuo partner diventi più pretenzioso anche da te. Quando condanni chi hai davanti, sviluppi la capacità di condannare anche te stesso.

Se, invece, perdoni l’errore dell’altro, impari a perdonare anche i tuoi errori. Se invece di condannare impari a sospendere il giudizio con l’altro, diventi più misericordioso non solo con lui ma anche con te. Tutto quello che fai agli altri lo fai anche a te. Quindi quando ti lamenti della tua vita, non lamentarti! Perché la vita di ciascuno è secondo le proprie opere.

 

La misura di quello che dai è la misura di quello che riceverai. E tutta quella gente che si lamenta perché dà tanto e non riceve mai quanto dà (mai nessuno si è lamentato del contrario, strano!) è perché il suo dare non è nient’altro in vista di un ritorno. Dà, sì è vero, ma quanto si aspetta? E che dare è, allora? La porta per la quale esci a dare agli altri è la stessa porta che gli altri potranno varcare per dare a te. Ma se la tua porta è piccola in uscita, sarà piccola anche in entrata.

 

Io ho visto che quando si ama si è amati, quando si perdona, si è perdonati e quando si dà si riceve. Certo, non sempre da chi vorremmo noi!

Nella mia vita ho amato tanto ma ho ricevuto di più d’amore; ho perdonato tanto ma mi è stato perdonato di più; ho dato molto, ma ho ricevuto di più (certo non da tutti, ma in proporzione a ciò che ho fatto io ho ricevuto ben di più). Il perché sia così, non lo so, ma funziona.

Se fai una cosa, allora non chiederti mai cosa ne avrai di ritorno. Falla e basta!

Metti a tacere tutte le tue voci che chiedono e pretendono. E imparerai che più dai e più riceverai. Perché quello che fai agli altri lo fai anche a te.

E quando ami gli altri ami anche te. Se li ami tanto, ti ami tanto. Nel tuo cuore, quindi, avrai tutto il tuo amore e anche il loro. Per questo ciò che si riceve sarà sempre di più di ciò che si dà.

Dai e avrai di più. Non funziona in economia, né nella finanza, né in politica. Funziona solo nel regno dello spirito. Per questo è così poco conosciuta questa legge. Dai gratuitamente e avrai di più.

 

 

Pensiero della settimana

Chi ama non si lamenta mai.