Parabola dell’amministratore disonesto

XXV domenica del tempo ordinario

Domenica 22 settembre 2019

Prima lettura: Am 8, 4-7            Salmo: Sal 112            Seconda lettura: 1 Tm 2, 1-8               Vangelo: Lc 16, 1-13

 

 

La parabola di oggi è letteralmente sconcertante perché Gesù elogia un ladro. Se non fosse perché è scritta nel vangelo nessuno mai potrebbe immaginare che Gesù avesse detto una cosa simile. Ma attenzione non dice: “Siate una persona disonesta… ma fate (comportamento) come questo uomo”. In ogni caso, ad una prima lettura, ci lascia stupiti.

 

Cosa sta succedendo? Succede che Gesù sta andando a Gerusalemme ed è seguito da una gran massa di persone. E perché lo seguono? Perché vogliono seguirlo? (Ricordate appena due domeniche fa: “Siccome molta gente andava con lui, si voltò e disse: “Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre…”.” Lc 14,26-27). Lo seguono per interesse.

Infatti pensano che lui sia il Messia e che stia andando a Gerusalemme per fare un colpo di stato e ad intronizzarsi al posto dei sommi sacerdoti e dei romani. Quindi lo seguono sperando di spartirsi il bottino e condividere il potere con lui. Per questo Gesù per tre volte dovrà dire: “Non vado per conquistare il potere ma sarà il potere a conquistare me e a uccidermi”.

E nel terzo annuncio Pietro gli dice: “Noi abbiamo lasciato tutto per te! (Lc 18,28)” sapendo poi che tu spartirai con noi il bottino della vittoria. E Gesù chiaramente dovrà dirgli: “In verità ti dico che non c’è nessuno che abbia lasciato casa o moglie o fratelli o genitori o figlie per il regno di Dio, che non riceva molto di più nel tempo presente e la vita eterna nel tempo che verrà” (Lc 18,29-30). Sì, è vero, se mi seguite avrete ricchezze ma non quelle che pensate voi (soldi, potere, prestigio).

E quando sentono questo lo lasciano solo: “Vai tu a Gerusalemme, poi mandaci una cartolina! Noi non siamo disposti a lasciare tutto per te e per queste tue “ricchezze””.

Erano pronti a morire con Gesù… ma solo se c’erano ricchezze da spartire!

 

16,1DICEVA ANCHE AI DISCEPOLI: «UN UOMO RICCO AVEVA UN AMMINISTRATORE, E QUESTI FU ACCUSATO DINANZI A LUI DI SPERPERARE I SUOI AVERI.

DICEVA ANCHE AI DISCEPOLI=se si rivolge ai discepoli vuol dire che questo modo di fare è per tutti. Quindi: “Fate tutti così!”.

 

UN UOMO RICCO AVEVA UN AMMINISTRATORE=qui l’amministratore non amministra molto bene il patrimonio che ha (e che non è suo!).

 

Tu sei l’amministratore, non il possessore della tua vita.

 

Tu sei quell’amministratore: la tua vita è tua? No! Tant’è vero che non ne hai potere.

Cos’è che è tuo nella vita? Pensaci bene…: niente! I figli, il marito/moglie, le cose: niente! Neppure la tua vita è tua! Tu non possiedi nulla.

Allora il punto è: 1. non possiedi niente. 2. Ma se non possiedi niente non perdi niente (si può perdere solo ciò che si possiede!). 3. La vita che vivi non è tua: è un dono, un regalo. Tu pensi che sia tua (per questo hai paura di perderla, ma se invece “ti svegli”, ti accorgi che non è tua, non lo è mai stata e non lo sarà mai!) e per questo ti attacchi perché hai paura di perderla.

È un’illusione credere di avere la vita: no, noi non abbiamo la vita, noi viviamo, ma la Vita non è nostra.

L’unico modo in cui perdi la vita è se non la vivi. Perché la vita non è qualcosa da possedere ma da vivere.

Quando ho fatto la Cresima mi hanno regalato una macchina da scrivere: i miei genitori me l’hanno messa via per quando sarei stato grande, perché altrimenti magari la rompevo. Sapete cos’è successo? Che si è rotta sì, perché non l’ho mai utilizzata… e vent’anni dopo l’ho buttata via!

Perché non osi vivere? Perché non osi rischiare, immergerti, lasciarti andare, visto che non perdi nulla?

 

Nel libro “Vivere, amare, capirsi”, Leo Buscaglia scriveva: “A ridere c’è il rischio di apparire sciocchi; a piangere c’è il rischio di essere chiamati sentimentali; a stabilire un contatto con un altro c’è il rischio di farsi coinvolgere; a mostrare i propri sentimenti c’è il rischio di mostrare il vostro vero io; a esporre le vostre idee e i vostri sogni c’è il rischio d’essere chiamati ingenui; ad amare c’è il rischio di non essere corrisposti; a vivere c’è il rischio di morire; a sperare c’è il rischio della disperazione e a tentare c’è il rischio del fallimento. Ma bisogna correre i rischi, perché il rischio più grande nella vita è quello di non rischiare nulla. La persona che non rischia nulla, non è nulla e non diviene nulla. Può evitare la sofferenza e l’angoscia, ma non può imparare a sentire e cambiare e progredire e amare e vivere. Incatenata alle sue certezze, è schiava. Ha rinunciato alla libertà”. Solo la persona che rischia è veramente libera.

La vita è il dono che Dio ci fa: una vita vissuta è il mio dono a Lui. E una vita sprecata è il peccato.

Ma cosa aspetti a vivere? Quando non avrai più la vita non potrai più farlo, sappilo!

 

Cinque uomini in un locale videro una donna bellissima che mangiava da sola. A tutti batteva il cuore.

Il primo: “Cosa non farei per averla, per conoscerla. Ma se mi faccio avanti, chissà cosa potrebbe pensare! Manco la conosco. Penserà che sono un poco di buono e che ci provo con tutte”. E lasciò stare anche se gli rimase sempre il rammarico di cosa sarebbe potuto succedere.

Il secondo: “Se solo fossi bello! Se avessi qualche carta da giocarmi!… Se vado lì cosa le dico? E se magari ha già un altro? E poi, io posso ambire ad una donna così? E se poi mi dice di no?”. Così per non rischiare se “la mise via” perché, si giustificò, “non erano donne per lui quelle”.

Il terzo non vide l’ora di tornare a casa. Prese la sua chitarra e compose canzoni stupende piene di emozione, di amore e di desiderio che lei però non sentì mai.

Il quarto andò a casa, telefonò agli amici e raccontò a tutti di aver visto la donna più bella del mondo e che nessuno di loro mai avrebbe potuto capire quanto bella fosse.

E il quinto? Il quinto si alzò dal tavolo, le si avvicinò e chiese di sedersi vicino. La donna gli disse di sì e quella sera rimasero insieme, ma anche quella successiva e anche quella successiva ancora e per tutte le sere della vita.

 

E QUESTI FU ACCUSATO DINANZI A LUI…=da che mondo è mondo si sa che a volte gli amministratori dei beni pubblici o dei propri datori di lavoro, più che gli interessi del proprietario, fanno i loro. Nulla di nuovo, purtroppo. C’è anche il proverbio che dice: “Chi ministra minestra”.

Qui il padrone se ne accorge e lo richiama all’ordine: “Che cosa sento dire di te…”.

 

2LO CHIAMÒ E GLI DISSE: “CHE COSA SENTO DIRE DI TE? RENDI CONTO DELLA TUA AMMINISTRAZIONE, PERCHÉ NON POTRAI PIÙ AMMINISTRARE”.

CHE COSA SENTO DIRE DI TE? RENDI CONTO… PERCHÉ…=il padrone gli dice: “Fammi vedere un po’ i conti”.

L’uomo ricco ha scoperto che il suo amministratore gli ha rubato dei soldi e adesso gli toglie, ovviamente, il posto di lavoro. L’amministratore, che ha fatto effettivamente il furbo, si sente scoperto e si dice: “E adesso? Che faccio adesso che mi ha scoperto?”.

Osservate: si pente l’amministratore? Chiede scusa? No, mai!

 

Problemi o occasioni?

 

C’è un problema irreversibile: il padrone lo ha scoperto e non c’è più niente da fare. Che si fa di fronte a questo? Ci si dispera? Ci si butta via? È tutto finito?

Un problema è un problema finché lo consideriamo tale: si chiama occasione se impariamo e lo sfruttiamo a nostro favore.

Tutti i problemi sono superabili: è che non sempre come vogliamo noi. La soluzione c’è, anche se è diversa da quello che avremmo voluto o che ci saremmo aspettati.

Qui l’uomo ha trovato una “soluzione creativa”. Il problema si è trasformato in un’occasione.

A Dani Alves, un calciatore che giocava nel Barcellona, tirarono una banana dagli spalti, come a dirgli: “Sei un negro… che mangia le banane!”. Certo, una cosa deplorevole.

Che ha fatto lui? Ha preso la banana che gli hanno lanciato, l’ha sbucciata, e se l’è mangiata!

Per questo Gesù nelle parole dell’amministratore, lo loda.

 

Cosa facciamo quando c’è un problema, una crisi, una difficoltà?

In genere noi diciamo: “Uffa!… ma proprio a me… ma toccano tutte a me… ma cos’ha fatto di male io perché mi capiti una cosa del genere… ma guarda che sfortuna… ma guarda che gente che c’è in giro!…”.

E se, invece, quel problema fosse una benedizione? Se fosse Dio che ci chiama, che ci invita, che ci spinge a fare ciò che altrimenti noi non faremo?

Un problema o un’occasione? Per l’amministratore il problema è diventato una grandissima occasione.

 

Quindi quando ti succede un problema, non maledire e non fare la vittima, ma chiediti: “Che cosa Dio mi chiama a fare che io altrimenti mai farei? Che cosa devo sviluppare, cambiare in me, che altrimenti non farei, se non fossi proprio costretto da questa situazione? Che cosa devo imparare (cambiare, lasciare, smettere, ecc.) che non voglio imparare?”.

Se lo faccio il problema diventa un’occasione, una benedizione, una Grazia.

  1. G. Jung una volta disse: “Noi non siamo qui per guarire dalle nostre malattie. È la malattia che è qui per guarirci”.

 

Un uomo è stato licenziato dopo 30 anni di lavoro. Reazioni abituali: “Che ingiustizia! Tu lavori una vita e poi ti trattano così! Io mi sono sacrificato per il lavoro e loro non si sono fatti scrupoli; e adesso?”. Di fronte a questo ci si può deprimere (“poverino me”), ci si può arrabbiare (“che bastardi”), si può anche morire (“la mia vita non ha più senso”). Ma anche no!

Questo uomo ha detto: “Finalmente. Siccome io non riuscivo a farlo, la vita mi ha dato uno spintone. Così cambio lavoro e faccio finalmente quello che voglio”. Era direttore di banca; adesso si è preso un pezzo di terra, lavora i suoi campi e finalmente è felice.

Una famiglia aveva il problema della figlia di tre anni: non c’era posto alla scuola materna perché i posti erano esauriti. Si era di fronte alla scelta inevitabile che la madre avrebbe dovuto stare a casa dal lavoro. Solo che il suo lavoro, nel budget familiare, era indispensabile. Si poteva dire: “E ti pareva! Mi tocca rinunciare al lavoro!”. Ci si poteva deprimere, si poteva sentirsi gli “sfigati” di turno, si poteva sentire una coalizione della vita contro di sé. Che si fa? Soluzione creativa: ha creato lei una baby-parking dove oltre a suo figlio ce ne sono anche altri.

Il fondatore e presidente di una nota assicurazione, anni fa, si vantava che da qualunque situazioni si era sempre tirato su al meglio. Un giorno, uno dei suoi dipendenti commise un errore terribile che costò all’azienda 10 milioni di dollari. Convocato il dipendente nel suo ufficio, esordì: “Immagino che lei voglia presentare le dimissioni”. E il dipendente: “Ma neanche per scherzo! Ho appena speso 10 milioni di dollari perché tutti vedano quanto lei, presidente, è capace di perdonare!”. Il presidente fu impressionato dalla risposta e non lo licenziò. Divenne in seguito uno degli elementi più creativi e utili all’azienda.

Viktor Frankl si trovava nei campi di concentramento dove perse tutta la sua famiglia. In quella situazione non si poteva sopravvivere se non si fossero trovati dei motivi sensati per poter accettare quell’esperienza. Così si disse: “Questa sarà la mia università di vita!”. E sopravvisse!

Una donna ha sofferto per tre mesi di problemi gastrointestinali con coliche tremende di diarrea. Ha capito il perché di questo. Lei ha sempre vissuto accontentando tutti e mettendo gli altri prima di sé. Ora questa non era generosità o amore degli altri, ma totale disistima di sé stessa. Il suo corpo non ne poteva più. Era schifato dalla cosa. Così ha colto “il problema” come la grande occasione per cambiare la sua vita. Quelli che gli sono vicini, adesso sono meno contenti, ma lei è felice, si sente per la prima volta in vita viva e – cosa non trascurabile – non ha più problemi gastrointestinali.

Ad un uomo, 5 anni fa, è stato diagnosticato un tumore: sei mesi di vita. Così, visto che doveva morire, si è licenziato dal lavoro e ha fatto tutto ciò che mai prima aveva fatto. Di un problema (e che problema!) ne ha fatto un’occasione per vivere. Per inciso, è ancora vivo ed è sano come un pesce.

Richard Buckminster Fuller a 32 anni nel 1927 è in bancarotta, la figlia Alexandra gli muore di polmonite, comincia a bere e decide di suicidarsi. Ma all’ultimo momento, mentre sta per buttarsi sul lago Michigan, un pensiero, un’illuminazione, gli cambia la mente: “Perché non donare la mia vita la mondo? Perché non fare della mia vita un esperimento?”. E divenne un famosissimo architetto, inventore e filosofo. Visse con l’idea di fare della propria vita un dono per l’umanità. È morto nel 1983.

 

3L’AMMINISTRATORE DISSE TRA SÉ: “CHE COSA FARÒ, ORA CHE IL MIO PADRONE MI TOGLIE L’AMMINISTRAZIONE? ZAPPARE, NON NE HO LA FORZA; MENDICARE, MI VERGOGNO.

L’AMMINISTRATORE DISSE TRA SE’=qui l’amministratore si accorge che non può più fare come prima. Infatti: “Zappare, non ne ho la forza” (indica l’impossibilità fisica) “mendicare, mi vergogno.” (indica l’impossibilità morale), ecco che adesso deve fare una cosa nuova, una cosa che non ha mai fatto, deve cambiare, perché se non cambia sarà la fine!

Ed è questo che Gesù loda: quell’uomo capisce che adesso deve fare qualcosa di diverso. “Se fai quello che hai sempre fatto otterrai quello che hai sempre ottenuto”.

In molti giorni della nostra vita noi faremo sempre le solite cose (più o meno). Ma ci saranno dei giorni in cui la Vita stessa ci chiederà di fare dei cambiamenti radicali, perché quello che prima andava bene (e prima andava proprio bene!) adesso non andrà più bene. Ci saranno dei giorni in cui dovremo cambiare la nostra vita, avere il coraggio e andare là dove Dio, il Cuore, il nostro Destino ci chiama. Che faremo?

In quei giorni si vedrà cos’avremo dentro: coraggio o paura? Dio o giustificazioni? Libertà o catene?

 

Gli uomini vincenti trovano sempre una strada… i perdenti una scusa (John Fitzgerald Kennedy).

 

“Venite verso l’orlo del dirupo”. “Potremmo precipitare”.

“Venite verso l’orlo del dirupo”. “È troppo alto”.

“Venite verso l’orlo del dirupo”. Ed essi vennero.

E lui li spinse giù… Ed essi… volarono (Christopher Logue).

 

4SO IO CHE COSA FARÒ PERCHÉ, QUANDO SARÒ STATO ALLONTANATO DALL’AMMINISTRAZIONE, CI SIA QUALCUNO CHE MI ACCOLGA IN CASA SUA”.

E che fa? Ruba al suo padrone una seconda volta (Lc 164-7). Un ladro professionista; ce l’aveva proprio nel sangue! Ad un primo imbroglio se ne aggiunge un altro!

 

5CHIAMÒ UNO PER UNO I DEBITORI DEL SUO PADRONE E DISSE AL PRIMO: “TU QUANTO DEVI AL MIO PADRONE?”. 6QUELLO RISPOSE: “CENTO BARILI D’OLIO”. GLI DISSE: “PRENDI LA TUA RICEVUTA, SIEDITI SUBITO E SCRIVI CINQUANTA”.

CENTO BARILI D’OLIO=Dobbiamo considerare che cento barili d’olio erano un capitale: immaginate che corrispondevano a più di 3 anni di paga per un operaio.

 

7POI DISSE A UN ALTRO: “TU QUANTO DEVI?”. RISPOSE: “CENTO MISURE DI GRANO”. GLI DISSE: “PRENDI LA TUA RICEVUTA E SCRIVI OTTANTA”.

CENTO MISURE DI GRANO=qui abbassa un po’ di meno. Cento misure di grano erano circa 260-280 quintali. In ogni caso erano quindi un bel po’! Cento misure di grano a quel tempo facevano 2.500 denari, quindi 8 anni di lavoro, visto che 1 denaro era la paga quotidiana di un operaio.

Non è chiaro – gli studiosi non sono arrivati ancora ad un parere unanime – quello che l’amministratore fa. Cosa fa? Rinuncia alla sua commissione, che è probabile,        perché dimezza il debito, o è una semplice frode? Comunque decurta, dimezza il debito.

Sia quel che sia, in ogni caso, cerca, diversamente dal solito (dove invece cercava di guadagnare il più possibile), di “farsi amici” quelle persone che, visto il suo comportamento, lo considerano da ora in poi un loro alleato e non più un nemico.

La domanda è: perché si comporta così? Beh non ci sono tanti motivi teologici o caritatevoli, ma semplicemente puro opportunismo. L’uomo pensa: “Adesso io sono senza lavoro. Allora io adesso li favorisco (falsando le carte), loro sono contenti, me li creo amici e così mi assumono loro, riconoscenti dei vantaggi che ho loro procurato”.

 

8IL PADRONE LODÒ QUELL’AMMINISTRATORE DISONESTO, PERCHÉ AVEVA AGITO CON SCALTREZZA. I FIGLI DI QUESTO MONDO, INFATTI, VERSO I LORO PARI SONO PIÙ SCALTRI DEI FIGLI DELLA LUCE.

IL PADRONE LODÒ QUELL’AMMINISTRATORE DISONESTO=ma qual è il padrone che fa così? Nessuno! Se ti va bene ti fa causa, denuncia… se va peggio ti “prendi una rata di botte”… se va male “ci lasci le penne”. Altro che essere lodati! Ma dove vive Gesù?

 

I FIGLI DI QUESTO MONDO, INFATTI…=cosa si vuol dire? A volte la gente religiosa (i figli della luce) dicono: “Mi affido a Lui” e questo diventa una scusa per lasciare tutte le cose uguali come sempre. Oppure dicono: “È volontà di Dio… è la sua croce… è quello che Lui vuole” e invece di accettare la sfida e di fare di un problema un’occasione, fanno i remissivi… e non fanno nulla.

I figli di questo mondo (cioè chi agisce in nome dell’interesse, come quest’uomo), invece, spesso non si arrendono di fronte alle difficoltà ma sanno trovare altre soluzioni. Allora: non si tratta di diventare disonesti ma di cogliere la chiamata di Dio trasformando un problema in un’occasione.

 

9EBBENE, IO VI DICO: FATEVI DEGLI AMICI CON LA RICCHEZZA DISONESTA, PERCHÉ, QUANDO QUESTA VERRÀ A MANCARE, ESSI VI ACCOLGANO NELLE DIMORE ETERNE.

FATEVI DEGLI AMICI… ACCOLGANO NELLE DIMORE ETERNE=la convenienza (=amico) dell’amministratore prima era il padrone; adesso saranno questi amici. E quando non avrà più ricchezze perché il padrone gli prenderà tutto avrà però sempre degli amici che lo potranno sostenere, in nome del rapporto d’amicizia e di convenienza che ha instaurato con loro.

Solo che qui l’esempio muta perché si parla di “dimore eterne”. Ma chi sono questi “amici” che possono accogliere nelle dimore eterne? Nessun “amico” fisico può farlo. Infatti! Questi “amici” è la fede, Dio.

Puoi essere ricco o povero, ma un giorno lascerai qua tutto. Quindi “l’amico” che ti salverà sarà solo la tua fede, la tua fiducia in Dio. La vera ricchezza è Dio, la fede, perché la morte, di fronte a Lui, non è più un dramma ma un passaggio.

 

10CHI È FEDELE IN COSE DI POCO CONTO, È FEDELE ANCHE IN COSE IMPORTANTI; E CHI È DISONESTO IN COSE DI POCO CONTO, È DISONESTO ANCHE IN COSE IMPORTANTI.

L’amministratore era proprio stato così: disonesto nel poco e nel molto. Allora qui non si vuol dire di essere disonesti ma di essere fedeli (come Lui era stato fedele nella disonestà). L’esempio da imparare non è nel contenuto ma nellatteggiamento: “Sì alla fedeltà e no alla disonestà”.

 

Allora cos’è che si elogia qui? La capacità di essere fedeli! La fedeltà prima che un atto, un comportamento, è una capacità! Quando noi pensiamo alla fedeltà pensiamo “a non fare certe cose sessuali”. Ma la fedeltà è ben altro. Poche sono le persone veramente fedeli… molto poche… Una persona fedele cambia il mondo; come una quercia: nulla la potrà spostare.

 

Hai trovato qualcosa di importante: gli rimani fedele anche se le cose vanno male… anche se a volte ti costringe a cambiare… anche se non è come vorresti tu. Ci sono degli uomini che sono come il vento: vanno dove tira il vento. Non c’è fedeltà a niente: sono pronti a rinnegare i valori che tempo prima hanno scelto.

Una donna vuole sposarsi e avere dei figli. Il suo compagno, però, non vuole sposarsi e non vuole neppure figli! Lei ci sta insieme – dice – per “amore”; ma in realtà è attaccamento! Non è fedele a sé.

Un uomo ha trovato un gruppo di preghiera, dove, al di là delle preghiere, ci sono delle persone con un cuore grande, generose, che vanno oltre all’apparenza, che non giudicano. Lui lì si sente “a casa”. Ma i suoi amici definiscono quel gruppo “gli sfigati”. Lui ha paura di perdere i suoi amici: così anche lui ci fa le battute, sceglie i suoi amici al gruppo e dopo qualche tempo anche lui li considera “sfigati”. Non è stato fedele a sé!

Una donna è un’insegnante di yoga: è la sua vita. Il valore del corpo, dell’ascolto, del silenzio, della meditazione, sono ciò che la rende felice. Ad un certo punto decide di lasciare il suo lavoro da impiegata per dedicarsi a ciò che le appassiona l’anima. Ma suo marito, i suoi genitori: “Ma sei matta? Lasci un lavoro sicuro? Tienitelo come hobby! Ma ti hanno bevuto il cervello?”. Così lei, per paura, non fa mai la scelta che l’appassiona. Non è fedele a sé!

Un uomo fa un cammino di crescita (dove trova coraggio, energia, forza) ed effettivamente giunge ad una conclusione importante: deve lasciare la sua famiglia d’origine. Poi, però, si fa prendere dalla paura e non fa più niente. Così qualche anno dopo parla di quel percorso come “stupidaggini”. Non è fedele!

 

Se non sei fedele a te… cosa potrai avere dalla vita?

Proteggi e difendi i tuoi tesori (le tue fedeltà)… altrimenti la tua vita sarà vuota e triste.

Chi è fedele a sé stesso non sarà mai tradito.

 

Elias, 37 anni, era un uomo impegnato per la liberazione dei ragazzi dalla prigionia delle favelas. Un giorno gli squadroni della morte andarono a casa sua e lo uccisero. Sua madre quando lo vide sanguinante gli disse: “Te l’avevo detto, perché ti sei impicciato con quella gentaglia?”. “Mamma, sono stato al mondo 37 anni e ho vissuto 37 anni. Sono stato felice di ciò che ho fatto. Lasciami andare!”. E così morì. Sul suo diario scrive: “Quando incontri Dio non puoi più essere lo stesso, non puoi più far finta di non vedere, non puoi più tirarti indietro… Lui ti fa vivere davvero”.

Questa è la fedeltà: non rinunciare mai a ciò che ti fa vivere. Perché se rinunci alla vita sei morto.

 

11SE DUNQUE NON SIETE STATI FEDELI NELLA RICCHEZZA DISONESTA, CHI VI AFFIDERÀ QUELLA VERA? 12E SE NON SIETE STATI FEDELI NELLA RICCHEZZA ALTRUI, CHI VI DARÀ LA VOSTRA?

SE DUNQUE NON SIETE STATI FEDELI NELLA RICCHEZZA DISONESTA…=cioè se non hai la capacità di rimanere fedele, come potresti essere fedele in quella vera (=cioè DIO).

Tante persone hanno incontrato Dio (sotto forma di libertà, verità, forza, coraggio di battersi, scelte controcorrente, giustizia, ecc.): ma quando poi c’è stato da scegliere… quando poi c’è stato da esporsi… quando poi c’è stato da trovarsi soli… quando poi c’è stato da combattere… quando poi c’è stato da esporsi… hanno lasciato!

Perché? Non sono stati fedeli a sé, al proprio cuore, alla propria coscienza, al Dio in te.

Questa è fede, questa è fedeltà: andare là dove il nostro profondo (Dio) ci chiama. Come Gesù: andare fino in fondo (per lui è andare a Gerusalemme) anche se sapeva il pericolo.

Patrick Henry, protagonista della rivoluzione americana che denunciò la corruzione dei funzionari pubblici e rivendicò i diritti degli abitanti delle colonie, quando fu catturato dagli inglesi e fu messo di fronte alla scelta di rinunciare alla rivoluzione e di unirsi agli inglesi o di essere fucilato come traditore, disse: “Datemi la libertà o datemi la morte”. E morì!

 

13NESSUN SERVITORE PUÒ SERVIRE DUE PADRONI, PERCHÉ O ODIERÀ L’UNO E AMERÀ L’ALTRO, OPPURE SI AFFEZIONERÀ ALL’UNO E DISPREZZERÀ L’ALTRO. NON POTETE SERVIRE DIO E LA RICCHEZZA».

MAMMONA=il termine “Mammona (m-ame/on-a)” (cfr Lc 16,9; compare 4 volte nei vangeli di cui 3 in Lc), nella radice ebraica, ha lo stesso significato della parola amen. Amen vuol dire “sia così”, nel senso di qualcosa che è sicuro, che è certo.

Il termine “Mammona”, nella lingua aramaica ed ebraica, significa ciò che è certo, ciò che dà sicurezza, ciò su cui si può contare. È la convenienza.

Facilmente, quindi, Mammona è la ricchezza, i beni, i possedimenti. Ma Mammona indica non tanto delle cose, ma il legame con queste cose. Mammona è il nostro attaccamento. Il Vangelo la chiama ricchezza, ma la ricchezza è molto di più delle ricchezze (per questo Gesù dirà: “Beati i poveri” (Mt 5,1)). Perché Mammona può essere tutto: le ricchezze, le idee, le cose, le tradizioni, i figli, la religione, perfino il partner. È tutto ciò a cui ti attacchi perché temi, senza quella cosa lì, di sentirti solo, perso, abbandonato.

Un uomo, senza figli e senza famiglia, ha vissuto una vita di stenti in una casa che aveva perfino le finestre rotte e senza riscaldamento. In banca ha lasciato 350.000 euro!

Muore una persona ricca. Allora uno degli eredi: “Quanto ha lasciato?”. E un altro risponde: “Tutto!”.

Due persone hanno vissuto una vita accumulando un piccolo gruzzolo. E sono arrivati a novant’anni mettendo da parte qualcosa. E sapete cos’è successo? Sono morti!

Vuoi sapere quanto ricco sei? Chiediti cosa avrai di tutto questo fra 100 anni.

 

Allora: non si possono servire questi due padroni perché se sei attaccato non hai la libertà per vivere. Se vivi nell’attaccamento, vivrai nella paura della perdita e non potrai vivere rischiando, osando, provando, seguendo la tua chiamata, perché temerai di perdere l’approvazione, il consenso, l’amore degli altri, l’accettazione della società, le ricchezze, ecc.

Se vivi in Dio (che è Assenza di paura, che è Fede, Fiducia, Vita) non vivrai attaccato.

Sono due sistemi opposti, come il sistema simpatico (vivere nella paura) e il sistema parasimpatico (vivere nella rilassatezza, nella fiducia): se c’è uno non ci può essere l’altro.

 

Qual è l’unica cosa certa della Vita? Dio! È che se non l’hai incontrato… se non lo conosci… non ne sei certo: quindi quale sarà per te l’unica cosa certa? L’attaccamento (sotto forma di giudizio, invidia, maldicenza, rigidità, ecc.)!

Ero sordo come una campana. Vedevo la gente che faceva ogni sorta di giravolte: la chiamavano danza. A me, che ero sordo, pareva così stupido. Ma un giorno sentii la musica e capii: quant’era bella la danza!”

Il ciliegio disse al mandorlo: “Parlami di Dio”… e il mandorlo fiorì.

Su di un cartello in una casa di campiscuola: “Non cercare Dio, ci sei immerso”.

 

Pensiero della settimana

L’infedeltà è rimanere sempre sé stessi: si rimane sempre uguali.

La fedeltà a sé stessi: è divenire sempre diversi.