Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli

X domenica  del tempo Ordinario

Domenica 10 giugno 2018

Prima lettura: Gen 3, 9-15   Salmo: 129     Seconda lettura: 2 Cor 4,13-5, 1      Vangelo: Mc 3, 20-35

 

 

L’episodio di oggi della vita di Gesù è un episodio drammatico e sconcertante. Chissà quante volte ci siamo lamentati dei nostri figli? Ma che dovevano dire Maria e Giuseppe del loro figlio? C’è stato un figlio nella storia “più fuori, più pazzo, matto” di Gesù?

Un buon ebreo arrivò correndo dal suo rabbino e declamò: “Rabbì, è successa una cosa terribile. Mio figlio vuole sposare una cristiana!”.

Tuo figlio? rispose il rabbino – Guarda me: anche mio figlio, e sì che io sono il capo di una comunità e tutti vedono in me un esempio, vuole sposare una cristiana e farsi addirittura sposare.

Allora il buon ebreo tacque per un momento, confuso, poi disse: “Tutti vengono da te con i loro problemi, ma tu cosa fai quando hai un problema così grosso? A chi ti rivolgi’”.

Cosa vuoi che faccia? Mi sono rivolto a Dio. E cosha detto Dio?.

Dio mi ha detto: “Tuo figlio?… Guarda un po’ il mio!””.

Tutti hanno problemi e tutti hanno difficoltà con i figli. Non sei l’unico al mondo e non sei il solo. Quindi non drammatizzare e non sentirti vittima di un destino che ce l’ha con te.

3,20Entrò in una casa e di nuovo si radunò una folla, tanto che non potevano neppure mangiare.

UNA FOLLA TANTO CHE NON POTEVANO NEPPURE MANGIARE=con ochlos, folla, non s’intende tanto gli Israeliti ma gli Israeliti che non vivono la legge, di miscredenti e di pagani.

Questo è un imprevisto: quelli che vengono da Cafarnao sono persone pure, che vivono secondo i dettami della legge e per raggiungere Gesù dovevano passare attraverso la folla. E a quell’epoca bastava il contatto con il mantello, con l’abito di un pagano, di un pubblicano, di una prostituta, per renderti impuro. Per questo poi lo manderanno a chiamare (Mc 3,31)! Avevano paura di contaminarsi!

21Allora i suoi, sentito questo, uscirono per andare a prenderlo; dicevano infatti: «È fuori di sé».

I SUOI=la decisione è unanime: sono tutti d’accordo. E’ tutto il clan familiare che va ad arrestarlo. Poi vedremo che fra questi suoi ci sono la madre e i fratelli (Mc 3,31).

USCIRONO PER ANDARE A PRENDERLO=krateo non vuol dire “prendere” (era troppo forte arrestare per cui lo si è addolcito con “prendere”) ma arrestare. E’ lo stesso verbo usato per la cattura di Giovanni (6,17) e di Gesù (12,12; 14,1.44.45.49.51). Quindi vanno per catturarlo, arrestarlo, per fermarlo, per imprigionarlo. Ma perché vogliono arrestarlo? Cos’avrà fatto di male Gesù?

E’ FUORI DI SE’=lett. “è matto; è fuori di sé”.

Loro non pensano che Gesù sia indemoniato, lo conoscono, non pensano che sia un bestemmiatore, sanno che non è un imbroglione. Che sia esaurito? D’altronde è sempre in giro e non si riposa mai? Che sia pazzo? Che abbia perso il senno? Sì, sì, è pazzo. Però può darsi che un eccesso di lavoro, la fatica, lo abbia mandato fuori di testa.

In ogni caso, la situazione è insostenibile. La famiglia è coperta di ridicolo, la reputazione è persa e lui non fa proprio nulla per migliorare la sua posizione (Mc 12,41), anzi! Qui bisogna fare qualcosa, con le buone o con le cattive ma bisogna fermare questa situazione e questo disonore. E’ pazzo e noi abbiamo il dovere di fermarlo e di limitarlo. Per questo decidono di intervenire: bisogna limitarlo, bisogna fermarlo.

La rottura con listituzione religiosa viene considerata una follia da parte del clan familiare di Gesù, che decide di andare a catturarlo.

L’atteggiamento della famiglia che ritiene Gesù fuori di testa, trova conferma nello scetticismo degli abitanti di Nazaret per i quali Gesù era motivo di scandalo, e nel vangelo di Giovanni dove si afferma che neppure i suoi fratelli credevano in lui (Gv 7,5). Comportamento che causa a Gesù l’amara constatazione che un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua (Mc 6,1-6).

Gesù dev’essere fermato (3,21). Ma perché?

 

  1. I “suoi” non ne possono più.

Le chiacchiere, le “voci”, i “si dice” viaggiano velocemente. In giro lo considerano un figlio degenere, un fanfarone che girovaga su e giù per la Galilea, che mendica vergognosamente un pezzo di pane, addirittura dicono di peggio (viaggiava perfino la diceria falsa che fosse figlio di una prostituta (Tertulliano)).

  1. E’ un cattivo figlio.

Gesù è il primogenito e, da che mondo è mondo, il primogenito non solo eredita le ricchezze, ma anche il compito e la responsabilità di rimanere in casa come capofamiglia. E lui che fa? Se ne va in giro come un errabondo infischiandosene della sua famiglia, di casa sua e del fatto che è il primogenito. Bel figlio!

  1. Frequenta brutte compagnie.

Gesù sta con una compagnia di “am ha-arez”, di Galilei: bifolchi, gente grezza, della peggior specie. Brutta gente! Non solo! E Levi? Un pubblicano, un impuro, uno che sta con i nemici Romani. E Simone lo Zelota? Un terrorista, un eversivo… nel suo gruppo! E l’altro Simone? Tutti lo chiamano il “testadura” per via del suo carattere! E Giacomo e Giovanni? Quei due lì, i figli di Zebedeo, sono soprannominati “i fulmini” per la loro propensione ad incenerire chi osi ostacolarli (Lc 9,51-55; Mc 3,17).

E le donne? Come pensa di poter essere credibile? I rabbini neppure si mostrano in pubblico con la proprie moglie e, se per caso la incontrano per via, neppure la salutano. Invece nel suo gruppo ci sono pure delle donne: Maria di Magdala, Giovanna che per seguirlo ha abbandonato perfino suo marito, il potente Cusa factotum di Erode Antipa, e Susanna e tante altre (Lc 8,1-3; 23,49.55). Addirittura Gesù si è fatto “massaggiare” e profumare da “una di quelle” (Lc 7,36) e si è fatto toccare da una sconosciuta con una malattia venerea (Mc 5,25-30).

Le chiacchiere e i pettegolezzi che circolano su questo gruppo e su di lui non si contano più. E’ scandaloso cosa succede lì dentro!

  1. Gli piace la bella vita!

Un mangione e un beone: così lo conoscono tutti. Vuoi trovare Gesù? Basta che tu vada a qualche pranzo o cena e lì lo troverai. E infatti cosa si dice in giro: “Che è un mangione e un beone, amico dei pubblicani e dei peccatori” (Mt 11,19). Il Talmud ammonisce severamente i rabbini a non partecipare a feste ma Lui e il suo gruppo mangiano con “la gentaglia”: i peccatori, i pubblicani, le donne e gli eretici. Sembra che alla sua tavola proprio tutti ci possano andare. E’ indegno un comportamento così da uno che si definisce maestro e che dice di essere addirittura il “Figlio di Dio”.

  1. E’ un impuro!

Tocca i lebbrosi (Mc 1,40-45)! Lo sa benissimo cosa comanda la Legge: di non toccare questa gente impura per non diventarlo a propria volta. E lui che fa? Se ne infischia delle norme religiose, li tocca e diventa impuro lui e pure tutto ciò che tocca.

  1. Ma che Dio è il suo?! Ma chi si crede di essere?

Parla di Dio in modo quasi scanzonato: un Padre che ama anche i peccatori e anzi li cerca e li abbraccia invece di punirli; un Dio al quale ci si può rivolgere direttamente (Mt 6,9) senza bisogno di tante mediazioni di sacerdoti e riti; un Dio non più solo di Israele ma di tutti!

Racconta delle storielle, dei raccontini (le parabole), per parlare di Dio e del suo regno.

Si arroga il diritto di perdonare i peccati: ma com’è possibile? E’ assurdo!

Viola volontariamente e pubblicamente il sabato e lo fa anche dentro la sinagoga, sfidando la Legge (Mc 3,1). Quello che la Legge proibisce, Gesù lo fa e quel che è obbligatorio Gesù non lo fa.

Addirittura dice che il libro del Levitico, la Bibbia!, si è sbagliato e che non c’è nessuna suddivisione tra animali e cibi puri e impuri (Lv 11).

Chiama banditi i sommi sacerdoti (Mt 21,13) accusandoli di aver fatto del tempio una spelonca di ladri!, e si augura la distruzione del tempio (Mc 13,1-2).

Tutti han poi capito che è pazzo quando ha affermato che è nato prima di Abramo (Gv 8,57): l’unica cosa da fare, infatti, era prenderlo a sassate, come si fa con un pazzo pericoloso.

Nella sua follia, un giorno, è entrato nel tempio e come un pazzo furioso ha rovesciato banchi, sedili, animali, perché il tempio, secondo lui, è diventato idolatra (Mt 21,4; Mc 11,11-17; Lc 19,45-46; Gv 2,19-22).

Gesù è così pazzo, fuori di sé (oggi diremo che delira!) che ha rotto con l’istituzione religiosa e si è fondato una sua religione. Se l’antica religione era fondata sulle dodici tribù (Gen 49,1-28), lui che fa? Fonda la sua religione sui Dodici apostoli, in evidente contrapposizione alla religione ufficiale.

E’ un affronto pericoloso, per questo gli scribi (cioè l’autorità) vengono da Gerusalemme per controllarlo, per vedere cosa fa!

22Gli scribi, che erano scesi da Gerusalemme, dicevano: «Costui è posseduto da Beelzebùl e scaccia i demòni per mezzo del capo dei demòni».

GLI SCRIBI=la rottura di Gesù con l’istituzione religiosa provoca allarme a Gerusalemme, sede del tempio. Gesù raduna molta gente: è un pericolo da controllare!

Gli scribi sono i membri più autorevoli del Sinedrio: quindi è l’Inquisizione del tempo, è il massimo dell’ortodossia del tempo che viene a verificare ciò che Gesù dice e fa. E cosa vengono a fare? Questi qui non scendono da Gerusalemme per accertare i fatti, ma per emettere una sentenza tesa a screditare definitivamente Gesù che denunciano come stregone e quindi passibile della pena di morte (Dt 18,10).

COSTUI E’ POSSEDUTO DA BEELZEBUL=la diffamazione contro Gesù è stata curata nei minimi particolari.

Tra le centinaia di demòni nei quali la gente credeva, scelgono il più popolare e nello stesso tempo più temuto: Beelzebùl. Il nome, composto da Baal (“Signore”), e Zebub (“mosche”) ha il significato di signore del letame ed è una deformazione voluta di Baal Zebul (Baal il Principe) una divinità filistea di Ekròn (2 Re 1,2.6.16).

La scelta del nome del demonio è intenzionale. Il popolo è invitato a stare alla larga da Gesù perché, anche se apparentemente libero e guarisce le persone, in realtà Gesù opera in virtù del demonio, che quale signore del letame, è causa prima delle infezioni e delle malattie.

Gesù guariva! Questo lo vedevano tutti! Non potevano, quindi, dire che non era vero! Ma cosa dicono: non guarisce per liberarti ma per renderti ancora più ammalato, infermo. Infatti, i suoi poteri gli vengono da satana, il capo dei demoni.

23Ma egli li chiamò e con parabole diceva loro: «Come può Satana scacciare Satana? 24Se un regno è diviso in se stesso, quel regno non potrà restare in piedi; 25se una casa è divisa in se stessa, quella casa non potrà restare in piedi. 26Anche Satana, se si ribella contro se stesso ed è diviso, non può restare in piedi, ma è finito.

MA EGLI LI CHIAMO’=osserviamo che gli scribi lo diffamano pubblicamente. Gesù, invece, li chiama, cioè li chiama in disparte. Gesù non li contraccambia come fanno loro. Chiamare (pros-kaleo) è proprio una “chiamata” a ragionare, a cambiare modo di pensare.

COME PUO’ SATANA SCACCIARE SATANA=Gesù dimostra l’assurdità del loro ragionamento: “Va bene, dice Gesù, ammettiamo pure che io sia il capo dei demoni. Ma se io, capo dei demoni, scaccio i demoni, cioè i miei stessi alleati, allora il nostro regno è diviso, è finito. Se i “satani” (così c’è scritto nel testo greco) scacciano i “satani” vuol dire che sono in guerra fra di loro”.

27Nessuno può entrare nella casa di un uomo forte e rapire i suoi beni, se prima non lo lega. Soltanto allora potrà saccheggiargli la casa.

NESSUNO PUO’ ENTRARE NELLA CASA DI UN UOMO FORTE…=cosa dice Gesù? Io Gesù, che sono più forte, scaccio satana perché io sono più forte di lui, così come ad un uomo forte (satana) soltanto un uomo più forte (Gesù) può rapire i suoi beni.

Il potere di satana, allora, non è finito per una guerra intestina ma perché Gesù è più forte.

SE PRIMA NON LO LEGA=Gesù “lega”, “imbavaglia”, “scaccia” i demoni, e così libera le persone dal dominio di satana. A quel tempo si pensava che satana fosse uno spirito che entrava dentro le persone e possedendole le faceva agire come se non fossero più loro.

28In verità io vi dico: tutto sarà perdonato ai figli degli uomini, i peccati e anche tutte le bestemmie che diranno; 29ma chi avrà bestemmiato contro lo Spirito Santo non sarà perdonato in eterno: è reo di colpa eterna».

TUTTO SARA’ PERDONATO… MA CHI AVRA’ BESTEMMIATO CONTRO LO SPIRITO SANTO…=cosa vuol dire questa frase?

L’insegnamento di Gesù getta discredito sulla dottrina delle autorità religiose, che invece di dire: “Ha ragione! E’ vero! Dobbiamo cambiare, convertirci”, che cosa fanno? Dichiarano che Gesù è posseduto, non dallo spirito santo, ma dallo spirito impuro (satana).

Gli scribi quali massime autorità religiose di Israele ed esperti della Sacra Scrittura, sanno che l’azione di Gesù può venire solo da Dio. Ma poiché ammetterlo significa rinunciare ai propri privilegi e poteri, affermano il contrario e chiamano bene il male e male il bene (Is 5,20).

Allora dice Gesù: l’ignoranza, la fragilità, tutto verrà perdonato. Non verrà perdonata, però, l’azione contro lo Spirito Santo, cioè chi chiama impuro la purezza dello Spirito, chi, per i propri interessi, intenzionalmente dice “male” il “bene”.

D’altronde dichiarando che Gesù è posseduto da uno spirito impuro e che il perdono dei peccati da lui concesso è una bestemmia (“Bestemmia! Chi può rimettere i peccati se non Dio solo?”, Mc 2,7), si escludono dalla possibilità di riceverne il perdono.

30Poiché dicevano: «È posseduto da uno spirito impuro».

POICHE’ DICEVANO: “E’ POSSEDUTO…”=non Gesù, ma i rappresentanti dell’istituzione religiosa sono i veri posseduti dallo spirito impuro.

31Giunsero sua madre e i suoi fratelli e, stando fuori, mandarono a chiamarlo.

STANDO FUORI=perché se ne stanno fuori? Perché, se entrano, si contaminano!

32Attorno a lui era seduta una folla, e gli dissero: «Ecco, tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle stanno fuori e ti cercano».

ATTORNO A LUI ERA SEDUTA UNA FOLLA=folla=ochlos=sono Israeliti non puri. Mc lo ripete perché deve essere chiaro il motivo per cui non entrano: i suoi familiari hanno paura di toccarli e così di contaminarsi.

33Ma egli rispose loro: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?».

CHI E’ MIA MADRE E CHI SONO I MIEI FRATELLI?=è una risposta fredda, calcolata, fatte per ferire.

Gesù dice: “Ma secondo voi, gente che mi tratta così, che viene per rinchiudermi, che ha paura di contaminarsi, può essere un “mio familiare”, cioè, può volermi bene?”. Maria e i suoi fratelli non possono essere “veri parenti” di Gesù perché non lo vogliono per quello che è ma per quello che loro si aspettano.

34Girando lo sguardo su quelli che erano seduti attorno a lui, disse: «Ecco mia madre e i miei fratelli!

GIRANDO LO SGUARDO=il tono cambia totalmente adesso per i “suoi veri familiari”: un tono caldo, dolce, affettivo. Gesù non vede la madre e i fratelli ma vede chi gli è accanto, la prostituta, il pubblicano, il miscredente, il peccatore.

35Perché chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre».

PERCHE’ CHI FA LA VOLONTA’ DI DIO…=non più il legame di sangue ma il legame di anima, di cuore, di vocazione, per Gesù è il vero legame.

“Attenta madre mia Maria – dice Gesù – non hai nessuna pretesa su di me: sei mia madre se segui il mio messaggio e non perché io sono tuo figlio”.

E cosa accadrà adesso? I parenti “non si riprendono” Gesù ma lo abbandonano al suo destino (Gv dice che “Neppure i fratelli credevano in lui”, Gv 7,5; Mc 6,4: “Un profeta non è disprezzato che nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua”).

Per Maria sarà una scelta difficile: credere all’impossibile che afferma suo figlio o credere al buon senso contro di Lui?

Cosa dice a me questo vangelo?

  1. Tagliare il cordone ombelicale

Tagliare il cordone ombelicale vuol dire che io sono io e tu sei tu. Siamo distinti. Siamo diversi. Questo vale con i genitori, ma vale con ogni “famiglia”, sia il gruppo, l’istituzione, l’appartenenza. Io non sono te: io non mi identifico del tutto con te.

  1. A volte i genitori sono ammalati di figliolite: lo controllano sempre (adesso poi che c’è il cellulare), dappertutto, vogliono sempre sapere cosa fa, dov’è, con chi è e sapere tutto di lui. Ma non stanno educando il figlio: piuttosto hanno bisogno del loro figlio per riempire la “vuotità” della loro vita. Non possono permettere che il figlio tagli il cordone: e poi? E poi loro che fanno? Per chi sono utili? Per chi si preoccupano? Per chi lavorano?
  2. Altre volte i genitori sono ammalati di difensivismo ad oltranza.

Come quella mamma che a Roma, convocata dall’insegnante per avvertirla che se la figlia non si fosse impegnata di più avrebbe rischiato la bocciatura, le urlò in faccia: “Questa è una scuola privata! Io pago. Lei non deve seccarmi!”.

O come quella mamma che, per cancellare le prove della colpevolezza del figlio, bruciò ben sette capolavori di Pablo Picasso rubati dal ragazzo al museo di Rotterdam nel Luglio 2013.

E’ venuto un genitore dicendomi: “La catechista ha detto che mio figlio si è comportato male a catechismo. Guardi, io conosco mio figlio, non è possibile!”. “Guardi c’ero anch’io: in effetti è proprio così!”. “Impossibile!”. Ma come verrà su un figlio così? Non si crederà infallibile? Non sarà un prepotente narcisista!? Tu non sei tuo figlio: se hai bisogno di difendere tuo figlio ad oltranza, allora non c’è ancora confine fra te e lui, ma ciò che lui fa lo senti come se l’avessi fatto tu.

  1. Altre volte i genitori sono ammalati di specchite: “Fai come noi” oppure la variante: “Fai come gli altri” o “Non essere diverso”. Questo crea personalità dipendenti, ubbidienti, specchio del genitore o dell’istituzione. Il figlio deve essere come gli altri, come loro o come le regole della loro società. Se diverge è un problema. Invece, se diverge, è possibile che sia se stesso, perché se non diverge allora sicuramente non è se stesso.

Quando ti dicono: “Tuo figlio è come te… è uguale a suo padre”, noi siamo felici e orgogliosi ma ci dovremmo mettere a piangere: se mio figlio è come me, non è se stesso. Io ci sono già e lui è una mia fotocopia.

Gesù vuole uomini e donne, in-dividui (=cioè non divisi fra sé e la famiglia; fra la propria vocazione e quello che gli altri si aspettano) senza legami dipendenti (nel senso di non ingabbiati da legami invischianti), capaci di decisioni e autoresponsabili. Non vuole come suoi seguaci e sostenitori delle sue idee, dei mezzi bambini, dei burattini, ma dei veri e propri adulti.

Vuole uomini che abbiano il coraggio delle proprie idee, non influenzabili dalla paura e non tergiversanti per andare bene a destra e a sinistra, uomini e donne che sappiano amare profondamente, che sappiano mettersi in gioco, che sappiano dire di sì e di no, radicati e fermi in ciò che credono.

La pianta produce i fiori e i fiori (o i frutti) hanno i semi. Se la pianta si tiene i suoi semi, la vita non procede, non diviene: se li tiene per sé e quei semi, potenziali piante, non nasceranno e non cresceranno mai. Se, invece, la pianta, accetta di perderli, quei semi andranno lontano, in qualche altra terra e diverranno nuove piante e nuova vita.

Un genitore è quella pianta: se non accetta che i suoi semi se ne vadano, “li uccide” e “uccide la vita”. Questa perdita è il taglio del cordone ombelicale: i figli sono fatti per andarsene così come i semi “devono” andarsene dall’albero. Se rimangono “muoiono” o “sono già morti”.

Il vero amore di una madre sta nell’aiutare il figlio a tagliare il cordone ombelicale (Jean Gastaldi).

  1. Non sono come voi

La famiglia di Gesù lo voleva conforme al copione familiare: “Da noi si pensa così; da noi si fa così; questo non si fa, questo non si dice; tu devi essere così; non ci piaci se fai così; non ti vogliamo più bene, ci deludi se fai così… colà”.

Evidentemente la famiglia, madre compresa, non ha capito Gesù. Essa non poteva accettare che egli percorresse un cammino suo personale e che non si sentisse obbligato di fronte agli interessi familiari, ma di fronte al Padre celeste.

Gesù ha dovuto affermare la sua diversità: “Mi dispiace ma io non sono come voi volete”. L’affermare se stesso ha creato questa reazione violenta.

Se l’affermare me stesso (non nel senso egoistico ma nel senso di percorrere la mia strada) rende triste qualcuno: “Pazienza!”, vuol dire che costui sta nient’altro che accampando dei diritti e delle pretese su di me. Sta tentando di farmi sentire in colpa. Quindi non cadrò nel: “Guarda come mi fai stare!”. “E’ perché tu vuoi che io sia come tu hai deciso, che stai male. E’ perché ti sei fatto delle idee e delle aspettative su di me. Mi dispiace, ma io non sono te”.

Alla morte del padre rabbino gli succedette il figlio. La gente gli diceva: “Tu non sei come tuo padre: tu fai tutto diversamente da lui!”. E lui: “No, io sono esattamente come mio padre: lui non assomigliava a nessuno e io… neanche!”. Pablo Neruda: “Talvolta ho vissuto la vita di altri”.

  1. Vivi la tua strada

Il regno è più della tua famiglia. Gesù ha liberato, come nessun altro prima di lui, gli uomini dai loro stretti legami familiari.

Il dovere nei confronti dei genitori passa in secondo piano di fronte al compito di annunciare il vangelo. Il regno di Dio, la tua missione a questo mondo (il regno), è una realtà talmente grande da superare i legami familiari.

Gesù sa che non è possibile trovare la propria strada se prima non si lascia quella degli altri (genitori, famiglia, società).

Sa anche che ci sentirà disorientati in quel momento, senza più la strada sicura di altri, ma senza ancora la nostra. Gesù ci incoraggia e ci spinge (per lui è un dovere irrinunciabile) ad andare avanti per la nostra strada senza tener conto dell’approvazione o meno della famiglia e degli amici.

Sarai solo. Bisogna mettere in conto la solitudine e bisogna affrontarla. Bisogna mettere in conto la disapprovazione e il rifiuto.

Se tu cambi, succedono guai: è la regola immancabile. Ma solo così sapremo se avremo la forza di seguire il nostro richiamo interiore aldilà di ciò che gli altri pensano o no; solo così sapremo se siamo liberi o dipendenti.

Io ho la mia missione e il mio destino. Ogni uomo deve lasciare una traccia di vita, la sua unica e personale traccia. Non ha bisogno né di giustificare, né di spiegare qual è la sua missione, né di avere l’approvazione dalla famiglia. Deve semplicemente fare ciò che Dio lo richiama dal più profondo: questo lo farà terribilmente felice e in nome di questo potrà affrontare ogni cosa. La mia missione è solo mia. La strada è singolare: forse alcune persone possono fare il medesimo tragitto ma ciascuno cammina con le sue gambe e ha la propria unica meta.

Elias, 37 anni, era un uomo impegnato per la liberazione dei ragazzi dalla prigionia delle favelas. Un giorno gli squadroni della morte andarono a casa sua e lo uccisero. Sua madre quando lo vide sanguinante gli disse: “Te l’avevo detto, perché ti sei impicciato con quella gentaglia?”. “Mamma sono stato al mondo 37 anni e ho vissuto 37 anni. Sono stato felice di ciò che ho fatto. Lasciami andare!”. E così morì. Sul suo diario scrive: “Quando incontri Dio non puoi più essere lo stesso, non puoi più far finta di non vedere, non puoi più tirarti indietro… Lui ti fa vivere davvero”.

  1. I miei veri fratelli: i fratelli di cuore.

Ho i fratelli di sangue ma i miei veri fratelli sono quelli di cuore. Quelli dai quali io posso sempre andare, quelli che mi ascolteranno, che mi comprenderanno e che mi ameranno in ogni caso, senza accampare pretese su di me.

Fratello è colui dal quale posso andare e ritornare in piena libertà; fratello è colui con il quale i cuori vibrano; fratello è colui che è entrato nel mio cuore, ha lasciato segno e sarà sempre parte del mio cuore. Fratello è colui con il quale ci possiamo incontrare nella parte più profonda ed essenziale.

  1. L’amore non è un abbraccio soffocante

Il campo sociale della famiglia era quello più solidamente organizzato e quindi la causa di tutta la immobilità nella convivenza nelle “strutture” e nei rapporti. Il vangelo ci dà notizie chiare sulla pressione fortissima in direzione  della conformità  della famiglia, affinché “tutto continui ad andare come è sempre andato”. In questa base sociale risiedeva in partenza il maggiore ostacolo per la nascita del discepolato attorno a Gesù.

Ma Gesù sa bene che questo ”amore” non è nient’altro che un abbraccio soffocante che i membri della famiglia chiamano “amore”; in realtà è una camicia di forza che impedisce alle persone di diventare se stesse e di seguire la propria strada. Essendo poi interpretato dalla stessa società (quindi dalla maggioranza) come “amore”, diventa un mezzo sicuro per tenere legati e dipendenti le persone.

Non chiamare “amore” il tuo bisogno d’amore, il tuo non essere capace di stare da solo, i tuoi bisogni insoddisfatti, le tue pretese e aspettative, i tuoi attaccamenti, la tua gelosia o la tua paura. E soprattutto l’amore non soffoca mai, ma libera sempre.

 

Pensiero della settimana

 

In amore, puoi solo essere deluso da te stesso.

Quando sei deluso dagli altri, non è rimasto più amore!