Vera carne e vero sangue

XX domenica del tempo Ordinario

Domenica 19 agosto 2018

Prima lettura: Pr 9, 1-6         Salmo: 33       Seconda lettura: Ef 5, 15-20            Vangelo: Gv 6, 51-58

 

 

Gv ci presenta la conclusione del lungo discorso tenuto da Gesù nella sinagoga di Cafarnao, tutto centrato sull’eucarestia. Ricordiamo che Gv non ha il racconto dell’istituzione dell’eucarestia, ma nonostante questo è l’evangelista che più cerca di sviscerarne il senso.

 

51 Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».

IO SONO=Gesù ribadisce la sua condizione divina (“Io sono”) già affermata in Gv 6,48. Quando Dio si rivelò nell’A.T. a Mosè, si rivelò proprio così: “Io sono”. Allora “Io sono” è il nome di Dio. Gesù, dicendo di sé “Io sono”, afferma la sua condizione divina.

Nel versetto precedente dicendo “il pane discendente” ha affermato che Lui scende sempre (cioè che ci nutre sempre), qui, invece, afferma la sua origine divina: “il pane disceso dal cielo”.

SE UNO MANGIA DI QUESTO PANE VIVRA’ IN ETERNO=lett. è “per sempre”. Quindi questo pane è di una qualità che neppure la morte può scalfire.

PANE CHE IO DARO’ È LA CARNE PER LA VITA DEL MONDO=sarx/carne indica la vita nella sua debolezza. Cosa vuol dire Gesù?

Innanzitutto se Gesù è il vero pane, indica che l’umanità è carente di questo pane che dà vita. Ha molti pani ma non danno vita, non sfamano veramente.

E poi che il pane (cioè il mio dono d’amore incondizionato) è, passa, arriva, attraverso la carne (che è la condizione umana nella sua fragilità, vulnerabilità, limite), ed è la vita (ciò che fa vivere) del mondo.

È nell’uomo e nel tempo che si trova Dio, è qui che si accetta o si rifiuta Dio. La vita di Dio non si può dare al di fuori della realtà umana. Non si può trovare “Dio” se non attraverso l’umanità. Quindi più si è umani e più si scopre il divino che è in tutti noi.

 

52 Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?».

ALLORA I GIUDEI SI MISERO A DISCUTERE ASPRAMENTE=lett. “litigare”; Giudei indica sempre i capi del popolo.

COSTUI=osservate il disprezzo: neppure lo nominano, neppure lo chiamano per nome!

Cosa succede? Finché Gesù dice “io sono il pane”, i Giudei in qualche modo potevano anche accettare la cosa interpretandola simbolicamente. In fin dei conti anche la Legge veniva chiamata e considerata “pane”, adesso lo potrebbero essere le parole di Gesù.

Ma Gesù toglie ogni simbolismo: la carne è la realtà umana, le persone. Allora essi non capiscono più.

COME PUO’ COSTUI DARCI LA SUA CARNE DA MANGIARE=l’istituzione era abituata che Dio è qualcosa da raggiungere, è un premio, è la conseguenza di un tuo comportamento.

Dio se ne sta lassù e tu per arrivare a Lui devi fare certe cose (opere di pietà, conversione, fioretti, preghiere, riti, digiuni, rinunce, ecc.). Ma adesso Gesù dice: “Dio non è più lassù, Dio è quaggiù; non sei più tu che devi andare da Lui ma è Lui che viene da te; non sei più tu che devi guadagnartelo ma è Lui che viene gratuitamente e sempre; non sei più tu che devi amare Lui ma è Lui che vuole amare te; non sei più tu che devi fare i tuoi doni a Lui ma è Lui che si dona a te”. Lo possono accettare un Dio così? Un Dio che ci dona la sua carne, il suo amore, il suo nutrimento, la sua accoglienza? No.

 

53 Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita.

IN VERITA’ INVERITA’ VI DICO=”vi assicuro con certezza”.

SE NON MANGIATE LA CARNE DEL FIGLIO DELL’UOMO=dobbiamo ricordare che quando si mangia si diventa quello che si mangia. Allora mangiare “il pane” vuol dire, per Gesù, non solo mangiarlo, assimilarlo, nutrirsi di quel pane, ma diventare anche pane per altri e da altri mangiato, assimilato, nutrimento per altri.

Che riferimento fa qui Gesù? Per capirlo dobbiamo capire il contesto ebraico. Nella grande notte dell’uscita dall’Egitto, gli ebrei mangiarono l’agnello (che dava forza, energia, vigore, per compiere il passaggio e per scappare) e col sangue dell’agnello vennero cosparsi gli stipiti delle porte in modo che l’angelo della morte non bussasse alle porte a prendere i loro primogeniti.

Gesù nel vangelo di Gv viene presentato come il nuovo Agnello (Gv 1,29: “Ecco l’Agnello di Dio”). La carne di Gesù, allora, dà la capacità di compiere la propria uscita dal proprio Egitto e di fare il proprio esodo, il proprio cammino fino alla libertà, fino alla terra promessa e il sangue libera dalla morte, cioè dal morire interno, dal vegetare, da una qualità di vita mortale in questa e nella prossima vita.

Ma cosa sono la carne e il sangue? 1. La carne e il sangue sono la vita stessa di Gesù che ha vissuto tutta la vita cercando di dare “vita” ai suoi amici (Gv 15,13: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita (psiché/vita=vitalità) per i propri amici”).

  1. Nella prima comunità cristiana tutto ciò divenne l’eucarestia. Ecco cosa dovrebbe essere l’eucarestia! Uno dovrebbe venire in chiesa per poi tornare a casa con più vita.

Dove c’è paura l’eucarestia ti dà il coraggio per fare, scegliere, dire, andare, lottare.

Dove c’è blocco, paralisi, l’eucarestia ti dà la forza per uscire, camminare, rischiare, lottare.

Dove c’è diffidenza, l’eucarestia ti dà la forza per la fiducia, per aprirti, per andare verso l’altro.

Dove c’è caduta, l’eucarestia ti dà la forza per rialzarti, per perdonarti, per ripartire, per girare pagina.

Dove c’è odio, l’eucarestia ti dà l’amore del perdono e la pace del lasciar andare.

Dove c’è insignificanza, l’eucarestia ti dà l’energia per trovare il tuo posto nel mondo e il tuo senso alla tua vita, inseguendo i tuoi sogni e credendo in te.

Dove c’è solitudine, l’eucarestia ti dà la presenza di Dio che, almeno Lui, c’è sempre con te.

Dove c’è gioia, amore, l’eucarestia ti dà lo slancio non per tenertela per te ma per diffonderla a tutti.

L’eucarestia è “una botta di vita”. Se non hai questo pane non hai la vita (Gv 5,53): tutto ciò è ovvio, visto ciò che dà. Ma se non da questo, è un pane insignificante.

 

54 Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno.

CHI MANGIA=lett. è “chi mastica” (trogo=tritturare). Gesù vuole evitare un eccessivo simbolismo. L’adesione dev’essere reale, concreta.

Gesù parla di vita concreta, viva, vera, non di parole sulla vita. Si tratta cioè di assimilare questo modo di vivere, di farlo proprio nella realtà concreta (sarx) della propria esistenza.

HA LA VITA ETERNA=“per sempre; la vita viva, quella vera”; ancora una volta Gesù non parla della vita eterna (lett. “per sempre”) in futuro, come premio o conquista di un certo modo di vivere, ma al presente: “Ha la vita vera per sempre”, oggi e domani.

 

55 Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.

LA MIA CARNE IL VERO CIBO E IL MIO SANGUE VERA BEVANDA=qui Gesù si riferisce all’esaltazione che facevano gli ebrei dell’agnello pasquale e del sangue che aveva salvato i figli degli ebrei dall’angelo sterminatore.

Gesù dice: “Non quella è la vera carne ma questa, la mia è quella vera: non quello fu il vero sangue, ma questo è il vero sangue che vi fa vivere”.

 

56 Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui.

CHI MANGIA… BEVE… RIMANE IN ME E IO IN LUI=il progetto di Dio è quello di fondersi con l’uomo e diventare una sola cosa con Lui. Quindi, da adesso, l’uomo è il santuario, il luogo della presenza di Dio. Mentre i Giudei lo cercano e lo pregano nel Tempio, con Gesù Dio si trova nell’uomo. L’uomo è il tempio di Dio.

RIMANE IN ME=chi vive così è divino, rimane collegato a Lui e alimentato di Vita. C’è allora una sorgente di forza, di vita, di energia, di coraggio, inesauribile, potentissima, enorme. C’è una bomba atomica dentro di noi.

Quando chiesero a Gandhi come facesse a non scoraggiarsi mai di fronte alle difficoltà e alle critiche, lui disse: “Non è difficile: non c’è nulla da fare! Se tu lasci la lampada attaccata alla spina lei non si spegne mai. Basta rimanere collegati alla sorgente”.

IO IN LUI=Lui ci assicura che al di là di quello che faremo noi, Lui rimarrà sempre con noi.

 

57 Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per mezzo del Padre, così anche colui che mangia me vivrà per mezzo di me.

COME IL PADRE, CHE HA LA VITA= lett. “il Padre vivente, che vive”; è la prima volta che nel vangelo di Gv il Padre viene comunicato come colui che dà la vita, che è vivente, che dona la vita. Il Padre è il Vivente, Gesù è la Vita, gli uomini sono vivi, cioè pieni di vita se collegati a Lui.

Gesù dirà in tutto il vangelo di Gv che l’unico scopo per cui Lui è venuto è perché gli uomini “vivano”.

Gv 1,4: “In Lui era la vita e la vita era la luce degli uomini”.

Gv 3,15-16: “… perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna”.

Gv 10,10: “Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza”.

Gv 14,6: “Gli disse Gesù: “Io sono la via, la verità e la vita”.”.

Gv 15,13: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici”.

Gv 20,30-31: “Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome”.

COLUI CHE MANGIA ME VIVRA’ PER MEZZO DI ME=chi mangia di Gesù vivrà di Lui (si nutrirà di quel pane), grazie a Lui (sarà vivo per quel pane) ma anche per Lui (vorrà essere pane a sua volta perché ha capito che la vita dev’essere donata).

 

Qui ci sono tre criteri fondamentali per la nostra fede.

  1. Qual è l’unico dono che Dio ci ha fatto? La vita. E qual è l’unico dono che noi possiamo fare a Lui? Vivere.

Eduard Van de Bogart, medico e studioso belga, racconta che un giorno andò da lui a Bruxelles una donna a cui i medici le avevano diagnosticato una leucemia fulminante con al massimo 48 ore di vita. Lui non chiese niente alla donna se non: “Di che cosa hai voglia? (Cioè: “Qual è la cosa che più ti farebbe felice?”). La donna disse: “Andare a bere un caffè nero sulla riva sinistra della Senna a Parigi”. “Bene, la seduta è finita per ora, vai e poi torna”. La donna rimase incredula: “Ma sono ammalata!”. “Appunto! Vuoi morire senza esaudire questo desiderio?”. “Ma cosa dirà mio marito?”. “Meglio una moglie che muore felice piuttosto una che muore triste”. “Ma ho un figlio a casa?”. “Beh, tua madre ha educato te, vedrai che per due ore in più riesce a stare anche con tuo figlio”. Insomma, la donna lo fece… ed è ancora viva! Ora tutto questo sembra banale, ma cos’è successo in realtà, nel profondo di questa donna?

È successo che si è legittimata di vivere, di infischiarsene del giudizio degli altri smettendo di difendersi da quello che potrebbero dire (e qui forse ci potrebbe essere un collegamento con la leucemia), di darsi ciò che desiderava (era una bravissima donna ma faceva tutto per dovere), di darsi il suo giusto valore.

 

Allora la grande domanda è: “Ma cosa aspetti a vivere?”.

La vita è il dono che Dio ci fa: una vita vissuta è il mio dono a Lui. E una vita sprecata è il peccato. Ma cosa aspetti a vivere? Non dare anni alla vita ma dai vita agli anni.

Julie Keene era una professoressa universitaria quando suo figlio di nove anni si ammalò gravemente e poi morì. “Chiedevo sempre a Dio di ridarmelo e piansi incessantemente notte e giorno… e piansi per anni… e continuavo a chiedergli perché Lui, Dio, lo avesse fatto”.

Poi un giorno, tre anni dopo, l’altro figlio, che a quel tempo aveva otto anni le disse: “Mamma, sono tre anni che non vivi. Quanto dovrò aspettare ancora? Hai perso tre anni di vita, di me e del papà”.

Da quel giorno ritornò a vivere: “Sì – dice – mi era successo un fatto mostruoso ma la vita rimane un dono da vivere nonostante tutto. E oggi posso dire che sono felice di questa mia vita”.

Non aver paura che la vita possa finire. Abbi invece paura che possa non incominciare mai davvero.

 

  1. La vita è un dono che se lo scegli produce vita. Il Padre dà la vita al Figlio; il Figlio a noi; noi agli amici, ecc. La volontà di Dio è che la Vita si diffonda, grazie a suo Figlio e grazie a noi.

La vita prima di tutto va scelta: essere in vita non è aver scelto di vivere. Quindi prima, scegli!

Scelgo di vivere per scelta, e non per caso.

Scelgo di fare dei cambiamenti, anziché avere delle scuse.

Scelgo di essere motivato, non manipolato.

Scelgo di essere utile, non usato.

Scelgo l’autostima, non l’autocommiserazione.

Scelgo di eccellere, non di competere.

Scelgo di ascoltare la voce interiore, e non l’opinione casuale della gente (Eileen Caddy).

Quando hai scelto di vivere non potrai che trasmettere vita.

Se tu hai deciso di vivere e di fare delle scelte, a tuo figlio non gli insegnerai di prendere quello che viene, il “treno che passa”, di “salire sul carro dei vincitori”, di accontentarsi, ma gli dirai: “Scegli solo ciò che ti appassiona l’anima”.

Se tu hai deciso di operare dei cambiamenti per essere felice e non di adattarti, di passare inosservato, di giustificarsi: “È difficile; non è per me; ma gli altri?”, a tuo figlio non dirai: “Poverino, che sfortunato che sei”, insegnandogli l’autocommiserazione, ma gli dirai: “Sii il protagonista della tua vita; se una cosa non ti va, prenditi le tue responsabilità e fai qualcosa di diverso”.

Se hai deciso di vivere, sei motivato nell’aiutare gli altri, insegnerai a tuo figlio: “Aiuta tutti quelli che hanno bisogno e sta lontano da quelli che chiedono aiuti di cui non hanno bisogno”.

Se hai deciso di vivere, vuoi diventare non più degli altri ma il meglio di te, a tuo figlio non dirai: “Hai preso più di tutti? E tuo cugino cos’ha preso? È il voto più alto?”, ma gli dirai: “Hai fatto tutto quello che hai potuto? Hai dato il meglio di te? Ti sei dato tutto?”. E se ti risponderà “sì” qualunque voto andrà bene.

Se hai deciso di vivere, non ascolti quello che gli altri vogliono, quello che l’autorità si aspetta, quello che tutti fanno, ma ascolti la voce del tuo cuore. E quando tuo figlio farà qualcosa che tu non vuoi che lui faccia, non gli dirai: “No”, ma: “Stai seguendo il tuo cuore, quello che vuoi davvero tu o quello che vogliono i tuoi amici o la comodità?”.

Un uomo vivo, vive lui e spontaneamente dà vita. Il sole non fa nient’altro che sé stesso: il sole… ma quanta vita!

“Quando sono andato a scuola, mi hanno chiesto cosa volessi diventare da grande. Ho risposto “felice”. Mi dissero che non avevo capito l’esercizio e io risposi che loro non avevano capito la vita (John Lennon)”.

 

  1. Dio vuole che tutto viva, cioè che tutto sia nel suo massimo splendore possibile.

Li Zhenfan, in arte Bruce Lee, è conosciuto per i suoi film e per il suo Kung Fu; in realtà egli era anche un profondo filosofo e pensatore. Un giorno gli fu chiesto non solo il segreto della sua velocità, dove era imbattibile, ma soprattutto il segreto della sua popolarità: “Nel mio giardino di casa ho piantato 10 semi. 5 sono nati e 5 no. Lei cosa farebbe?”. Il giornalista: “Cercherei, dandogli un po’ d’acqua, muovendo la terra, mettendoci del concime, di far nascere anche gli altri cinque”. “Perfetto, faccia così e il suo giardino sarà meraviglioso”. “Non capisco”, disse il giornalista. “Ci sono dei doni universali: l’amore, l’affettività, la comunicazione, la fiducia, la sessualità, la gioia. Sono dei fiori. Altri doni sono personali: la capacità di fare questo o quello, la sensibilità per quello o per quell’altro. Sono dei fiori. Lei quanti fiori ha fatto nascere? Vede, gli uomini fanno nascere un fiore e dicono: “Io sono questo” e vivono e s’identificano solo per quel fiore. Ma il loro giardino ha molti fiori in più. Brillare è risplendere tutta la luce, è far fiorire tutto il giardino; felicità è far sì che tutto il nostro giardino viva”.

Essere religiosi, essere cristiani, allora, vuol dire essere pienamente vivi e non repressi. Vuol dire far vivere tutti “i fiori” del nostro giardino e non nascondere quelli che saranno giudicati, che saranno attaccati, che ad altri non piaceranno. Sono i nostri fiori, sono i fiori del nostro giardino.

 

58 Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».

QUESTO È IL PANE DISCESO DAL CIELO, NON COME QUELLO…: qui Gesù ricorda nuovamente il fallimento dell’esodo che è avvenuto perché non hanno ascoltato la voce di Dio.

NON È COME QUELLO CHE MANGIARONO I PADRI E MORIRONO: c’è allora un pane falso e uno vero. Il primo è falso perché ha mostrato ma non ha portato alla libertà e alla vita. Il secondo, Gesù, invece ti fa libero e ti fa vivo.

CHI MANGIA=Gesù ogni volta parla sempre del singolo: è una scelta dell’individuo, personale, vivere così. Nessuno ti può costringere: “Chi mangia… se lo vuoi… se ti va… se puoi sentire quanto ti fa vivo…”. È un’opzione, una possibilità. Vivere così è una possibilità meravigliosa ma non è mai un’imposizione.

VIVRA’ IN ETERNO=se l’esodo degli ebrei è stato un fallimento, l’esodo di Gesù, invece, si realizzerà pienamente.

 

Pensiero della settimana

La vita è come un’eco:

se non ti piace quello che ti rimanda,

devi cambiare il messaggio che invii.