Se il chicco di grano…

V Domenica del tempo di Quaresima

Domenica 18 marzo 2018

Prima lettura: Ger 31, 31-34            Salmo: 50       Seconda lettura: Eb 5, 7-9    Vangelo: Gv 12, 20-33

 

 

12,20Tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa c’erano anche alcuni Greci.

GRECI=con Greci si indicano i pagani in genere. Sono dei greci che sono saliti a Gerusalemme per andare al tempio per la festa della Pasqua. Questo, in Gv, è il primo e unico contatto di Gesù con degli stranieri.

 

21Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli domandarono: «Signore, vogliamo vedere Gesù». 22Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù.

 

QUESTI SI AVVICINARONO A FILIPPO=perché vanno da Filippo e non direttamente da Gesù?

  1. Gli stessi Atti degli apostoli dicono: “Ad un Giudeo non è lecito aver contatti o recarsi da stranieri” (At 10,28). Per questo i Greci cercano dei mediatori (Filippo e Andrea: provenienza Greca). I Greci erano molto più aperti rispetto ai rigidissimi ebrei. Un po’ come quando vai in uno stato straniero e se trovi un tuo connazionale subito fai amicizia e ti appoggi a lui perché è come sentirsi un po’ a casa, un po’ capito, un po’ accolto.
  2. Vanno da un discepolo che ha un nome greco (quindi che ha la loro origine), che significa una mentalità più aperta, e che viene da un luogo di confine dove quindi i costumi erano meno rigidi che nell’istituzione religiosa giudaica.

FILIPPO ANDO’ A DIRLO AD ANDREA, E POI…=Filippo prima di portarli da Gesù (che si vede consideravano una cosa loro!) si consulta con Andrea: “Che dici tu? Li portiamo da Gesù? Questi possono vederlo? Ne sono degni?”. Capite?! Gesù lo consideravano un possesso loro. Gesù era “roba” loro. Non avevano ancora minimamente capito chi era Gesù: un re d’amore per tutti. Questo ci aiuta a capire le difficoltà della prima comunità cristiana ad aprirsi all’universalismo di Gesù.

VOGLIAMO VEDERE GESU=questa è la risposta a ciò che Gesù aveva detto: “Chi vede il Figlio e crede in Lui ha la vita eterna” (Gv 6,40). Chiaramente non è soltanto un vedere per conoscere ma per credere. Questi pagani hanno un desiderio profondo: è il desiderio di scoprire chi è Gesù.

 

Tu cosa vuoi vedere? Cosa desideri veramente? La parola desiderio la troviamo per la prima volta in Giulio Cesare nel De bello gallico dove ci sono i desiderantes. Chi sono questi? Sono i soldati sopravvissuti alla battaglia che aspettano, che attendono i propri compagni ancora impegnati in battaglia. Sotto il cielo stellato (de-sidus=sotto il cielo, da cui desiderio) depongono le armi e aspettano il ritorno dei loro amici. Non è un semplice attendere, è un attendere carico di speranza, di coinvolgimento, perché più passano le ore e meno è la possibilità che tornino; è un desiderio che non dipende da me anche se c’è tutto il mio coinvolgimento.

La parola ci parla quindi dei 3 aspetti del desiderio.

  1. Il desiderio è coinvolgimento: lo voglio, lo attendo, lo aspetto con gioia, lo cerco, guardo se arriva, prego perché ritorni. Molte persone vivono il desiderio come qualcosa di passivo: “Sì mi piacerebbe… se si ha fortuna… se cade dal cielo”. Lo devi cercare. Se vuoi scoprire chi è Gesù lo devi volere, cercare, con tutta la passione del tuo cuore.
  2. Il desiderio è vita: il ritorno dell’amico è la gioia della vita. E’ vivo, faccio festa. Il vero desiderio, quello profondo, ha a che fare con la vita, con il far vivere e il vivere di più. Se si chiede alle persone: “Cosa desideri?”, in genere ti dicono: “Un bicchiere di birra… una casa nuova… più soldi… quella cosa… ecc”. Ma questi non sono desideri ma piaceri. Il desiderio è: “cos’è che mi fa vivere di più? Cos’è che mi rende o mi potrà rendere più vivo?”.
  3. Il desiderio è vocazione, orientamento, la bussola come le stelle del cielo per capire dove andrai. Ciò che desideriamo definisce la nostra vocazione. Il desiderio è la strada per la nostra vocazione.

Un uomo è i suoi desideri: dimmi ciò che desideri e ti dirò dove andrai. Se desideri accumulare soldi e averne sempre di più… so dove andrai… (materialità della vita)

Se desideri “una vita tranquilla” so dove andrai: sarai governato dalla paura e vivrai nella difensiva.

Se desideri “un posto tranquillo” so dove andrai: ti accontenterai e ti adatterai.

Se desideri “non avere problemi” so dove andrai: cercherai l’approvazione sociale.

Se desideri “essere te stesso” so dove andrai: ci sarà chi non sarà d’accordo… ma troverai te stesso.

Se desideri “vivere” so dove andrai: troverai molti che te lo impediranno… ma troverai la felicità.

Dimmi cosa desideri e ti dirò dove andrai.

 

23Gesù rispose loro: «È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato.

E’ VENUTA L’ORA CHE IL FIGLIO DELL’UOMO SIA GLORIFICATO=ma che c’entra questa risposta? Perché Gesù risponde così?

Solamente in croce si manifesterà l’amore di Dio per tutti gli uomini: “Non c’è distinzione fra Giudeo e Greco, dato che lui stesso è il Signore di tutti, ricco verso tutti quelli che lo invocano” (Rm 10,12; Gal 3,28). L’ora è adesso: nella sua morte in croce questo sarà chiaro, evidente. Dio è di tutti. La sua morte, quindi, diventa un momento di vita: Dio non è più mio, tuo, di qualcuno, dei sacerdoti, del Tempio, dell’istituzione. Dio è di tutti, per tutti, con tutti.

Morendo in croce Gesù manifesterà questo: la sua morte, per questo, come il chicco di grano, diventa vita.

La Gloria (=la Gloria in Gv è il luogo dove Dio si fa massimamente vedere, dove si mostra) del Figlio dell’Uomo, di Gesù sta per venire: è la croce. Perché quella è la Gloria? Perché lì in Gesù si manifesterà che l’Amore di Dio non è solo per gli ebrei ma per ogni uomo, per ogni creatura, senza distinzioni di nessun tipo. L’amore è un linguaggio che tutti possono comprendere: quindi la risposta di Gesù – frutto di una profonda elaborazione di Gv – è a tono perché se vuoi vedere dove lo puoi vedere? Nell’amore! L’amore, quello vero, è il linguaggio dove tu puoi vedere, dove Dio si rivela.

Un giorno, un ragazzo povero, Howard Atwood Kelly, che vendeva merci di porta in porta per pagarsi gli studi universitari, si ritrovò con soli dieci centesimi in tasca… e aveva molta fame! Decise quindi che alla prossima famiglia visitata, avrebbe chiesto del cibo. Ma gli aprì la porta una affascinante signora che lo turbò a tal punto che, confuso, non seppe chiedere altro che un bicchiere di acqua, anziché del cibo.

La donna si accorse che il ragazzo era affamato, ed invece di acqua, gli portò un grosso bicchiere di latte. Il ragazzo lo bevve lentamente, e poi chiese alla signora: “Quanto le devo? Non mi devi niente – rispose – mia madre mi ha insegnato a non pretendere nulla per quello che si dona per amore, ai fratelli”. – Allora, la ringrazio di cuore…! Quando Howard Kelly uscì da quella casa, non solo si sentì più forte fisicamente, ma sentì anche che era cresciuta in lui la fiducia negli uomini e la fede in Dio.

Molti anni dopo, quella donna si ammalò gravemente. I dottori locali erano confusi sul suo caso e non sapevano trovare rimedio alla sua malattia. Decisero di inviarla nell’ospedale della capitale e chiamarono il famoso Dottor Howard Atwood Kelly per un consulto urgente. Quando questi sentì il nome del paese da cui proveniva la paziente, una strana luce riempì i suoi occhi. Salì immediatamente nella stanza della paziente, e riconobbe l’anziana signora. Il suo cuore sussultò di commozione. Era deciso a fare qualsiasi cosa pur di salvarle la vita. Da quel momento tutte le sue premure erano per l’ammalata, e le sue giornate erano tutte per trovare rimedio a quella terribile malattia che stava per uccidere la signora. Dopo una lunga lotta, la paziente, vinse la battaglia! Era completamente guarita!

Quando la paziente fu definitivamente fuori pericolo e guarita completamente, il Dottor Kelly chiese all’ufficio amministrativo dell’ospedale che inviasse la fattura totale delle spese a lui, per il visto. Quando l’ebbe in mano, la firmò approvandola, e scrisse, in calce alla stessa, una annotazione. La fece così recapitare nella stanza della paziente: “Pagata completamente molti anni fa… con un bicchiere di latte”! Dottor Howard Kelly.

Questo fatto, realmente accaduto, lo comprendono tutti. Tutti qui capiscono i due gesti d’amore, quella della donna prima e del dottor Kelly dopo. Dio è qui!

L’amore è un linguaggio universale: ebrei, pagani, credenti, non credenti, amici e nemici! Quindi Gesù s-vela, ri-vela, il senso della sua morte: Dio è Amore per tutti. Per questo il suo morire anche se è un morire è un vivere; sì, muore il chicco di grano, ma nel suo morire questo chicco produce un frutto immenso. E’ un morire che fa vivere.

 

24In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto.

IN VERITÀ, IN VERITÀ=indica un’affermazione certa, sicura.

SE IL CHICCO DI GRANO…= il chicco di grano ha delle energie dentro di sé, un potenziale enorme. Ma questo potenziale può emergere solamente se si accetta di morire.

Se l’inverno non muore non può nascere la primavera. Tutto deve morire perché qualcosa rinasca.

Se il bambino non muore non può nascere l’adulto e si rimane infantili.

Se l’innamoramento non finisce non può nascere l’amore e l’essere amati per ciò che si è e non per ciò che si mostra.

Se le pretese non muoiono non si può conoscere l’altro perché continui a volerlo “come vuoi tu”.

Se il rancore non muore continui a vedere nemici dappertutto e sarai sempre in guerra.

Se l’illusione non finisce continui a vivere in mondo e in una realtà che non esiste.

Per questo bisogna morire perché nasca, emerga, la forza, il potenziale, l’energia che c’è dentro di noi. La morte (=il morire) è un fatto “naturale” della vita che permette lo sprigionare di una fioritura.

Con questa immagine del seme Gesù mostra che per vivere bisogna saper morire. Se il bambino non morisse mai, non svilupperebbe e scoprirebbe di esser un adulto. Allora: dentro ogni persona c’è un’energia vitale, delle infinite potenzialità, delle risorse inaspettate, delle capacità impensabili, che soltanto la morte=l’accettare di perdere qualcosa, il rinunciare, il lasciar andare ciò che deve andare permettono di sviluppare.

 

Queste sono le leggi della vita!

  1. Per vivere bisogna saper morire.
  2. Ogni volta che si muore si vive di più.
  3. Chi non muore, perisce.

Che cos’è la nevrosi, la malattia? “Il rifiuto di crescere! (Jung)”, cioè il rifiuto di morire. Il saper morire è, in sostanza, quello che noi una volta chiamavamo egoismo.

C’è un bel ragazzo che ha tantissime spasimanti: lui ne “tiene in contemporanea” più di una. Adesso la vita lo chiama a “morire”. Che cos’è che deve morire? Il suo narcisismo che sotto sotto gli dice: “Tu puoi averle tutte!”. Ma, in realtà, non puoi averle tutte ma soltanto una!

Ma se ha il coraggio di morire scoprirà il “frutto” meraviglioso: l’amore per una donna è di tutt’altro livello, di tutt’altra intensità rispetto all’infatuazione per molte spasimanti.

Ma se non ha questo coraggio, perirà, cioè rimarrà per tutta la vita in relazioni di superficie senza conoscere la profondità e l’intensità dell’amore.

Ci sono due genitori che hanno un figlio meraviglioso: aiuta in casa, è bravo a scuola, aiuta nei campi il padre, è atletico, sportivo; Natale e Pasqua li passa con i suoi familiari: un figlio modello (per i genitori).

Ma adesso bisogna morire: il figlio si è trovato una ragazzina e non vuole più fare quello che faceva prima. Non è lei che “lo travia”, è la vita che lo chiama a crescere. Per i genitori è un “morire”: non hanno più il potere su quel figlio, non lo hanno più in casa.

Ma se sapranno “morire”, cioè lasciarlo andare, scopriranno che: 1. L’amore fra di loro (in questi anni messo da parte per il figlio) e 2. Una qualità d’amore (verso il figlio) di un altro livello: un amore non di possesso, di sangue, ma un amore senza pretese.

Ma se “non moriranno”, periranno perché continueranno a chiedere a quel figlio di amarli come quando era bambino (dove i genitori sono tutto per un bambino), solo che lui non lo è più!

 

25Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna.

Era tipico della mentalità ebraica parlare di amore e odio nel senso di preferire. Quindi non si tratta di odiare o di amare ma di preferire. Era un modo di dire. Quindi ci sono 2 modi di vivere.

CHI AMA LA PROPRIA VITA=è colui che non accetta di “morire”, di cambiare, di evolvere. Per questo muore e perde la propria vita, perché rimane sempre lo stesso e diventa sterile. Diciamolo diversamente: la vita evolve, se non accetti che “muoia” una situazione, che finisca, perché “la vita va, diviene”, allora tu ti attacchi alle situazioni, alle persone, le vuoi sempre uguali, sempre le stesse, e muori dentro. Questo è “l’amare la propria vita” del vangelo: è l’attaccarsi alle cose.

La moglie di un uomo è sempre stata in casa. Ha avuto due figli che adesso sono cresciuti e adesso vuole un po’ riprendersi alcuni spazi per sé. Va al gruppo missionario della sua parrocchia, qualche volta invita le sue amiche a casa. Lui, che ha paura di perderla, dice: “Non mi ama più! Non mi vuole più! Non è più la stessa!”. No, è sempre lei solo che emergono nuove esigenze. Se “amerà la propria vita” così tanto da non accettare l’evoluzione, ci saranno molti problemi.

In una coppia lei è stanca che lui parli solo di calcio, lavoro e cose materiali. Lei vuole che si parli anche un po’ di sé, che ci si racconti e che si parli di ciò che si vive dentro. Certo per lui è faticoso perché non l’ha mai fatto. Se “amerà la propria vita” giustificandosi: “Io sono fatto così!” (siamo fatti così ma non siamo nati così, quindi possiamo cambiare!), la relazione potrebbe diventare molto difficile.

Una donna dice: “Mia figlia a volte mi risponde indietro e soprattutto non mi racconta più le sue cose”. Capibile, la figlia ha 15 anni! Se “amerà la propria vita” e rimarrà nel rancore verso la figlia (“Guarda cosa io ho fatto per te!; io ho dato la vita per te!… ed adesso tu mi ricambi così?!”) non accettando di “morire” perché la figlia si sganci da lei, vivrà il fallimento di essere madre.

CHI ODIA LA PROPRIA VITA LA CONSERVERA’ PER LA VITA ETERNA=vita eterna=vita vera e non il paradiso!

Chi, invece, non si attacca alla propria vita (in questo “odiare”), cioè chi è capace di mutare, di cambiare, di lasciar andare, di crescere, allora è sempre vivo.

“Chi ama la vita” si attacca ad una vita, ad una situazione e la vuole eterna, sempre quella, uguale.

“Chi odia la vita”, invece, rimane vivo, cioè sa lasciare e prendere.

Ci sono persone che hanno vissuto un’esperienza e dicono: “Che bella!”. Vero, bella! Ma poi vorrebbero sempre replicare quell’esperienza: si sono attaccati, per questo muoiono dentro perché non sanno più cogliere la vita che si manifesta in miriadi di altre forme.

Chi invece “sa morire”, gode dell’esperienza (un’amicizia, un incontro, un camposcuola, ecc) anche se poi quell’esperienza non è più ripetibile, poiché è vivo, troverà la Vita altrove.

Ieri andava bene la processione con il Santo del paese in giro per le strade: oggi no. Ma non è “morto” Gesù. Facciamo il lutto di una “cosa bella”, che ha avuto un senso profondo in quel tempo e troviamo oggi altre modalità, adeguate alle nuove esigenze, alle persone di oggi, perché Gesù, la Vita, viva nei cuori delle persone. Oggi sarà attraverso la meditazione; ma domani sarà magari con qualcos’altro.

In una parrocchia c’era un meraviglioso coro che animava la messa. Adesso non c’è più: il direttore ha cambiato di parrocchia, i musicisti si sono sposati, nessuna suona più e i ragazzi più giovani non sono interessati a questa cosa. Certo, è un peccato: era così bello! Ma non dobbiamo attaccarci. C’è stato un tempo in cui il coro ha animato meravigliosamente, adesso le cose cambiano.

Essere “morti” vorrebbe dire: “Non c’è più il coro di prima; la messa non è più come una volta (infatti è diversa!); i ragazzi di oggi…”. Non sarà più attraverso la musica e il canto che incontreremo Gesù: dovremo trovare altri modi perché tutto muta e diviene.

 

Si tratta di non attaccarsi all’involucro, ai mezzi. I mezzi cambiano (=modalità di preghiera), il fine (l’incontro con Dio) rimane per sempre. Chi accetta la fatica e il dolore della trasformazione, troverà, entrerà, nella vita vera e viva.

 

Il pittore James Whitler voleva seguire la carriera militare ma fu cacciato da West Point. Era così depresso per il suo fallimento che abbracciò la pittura come terapia. Quella morte divenne la sua vita!

Il cantante Julio Iglesias voleva essere un giocatore di calcio. Ma venne ferito e per un certo periodo fu paralizzato. Un’infermiera gli portò una chitarra per aiutarlo a passare il tempo.

Un amico maledisse il giorno in cui la sua ditta lo spostò da Belluno a Padova. Perse tutti i suoi amici e dovette cambiare vita (e non fu affatto semplice!). Ma qui trovò sua moglie, altri amici e altre e migliori opportunità. Adesso dice: “Quella maledizione sii rivelò una benedizione”.

Sapete come alcuni culture indigene fanno a prender le scimmie? Scavano una piccola buca, grande quanto una mano. Dentro ci mettono del riso. Le scimmie vanno, e ghiotte di riso, si riempiono la mano. Ma la mano piena non riesce più ad uscire e rimangono intrappolate.

Una mano vuota è pronta per nuovi incontri; una mano piena, già occupata non ha spazio per nient’altro. Per vivere qualcosa di nuovo, allora, bisogna prima lasciare il vecchio.

 

26Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà.

SE UNO MI VUOLE SERVIRE MI SEGUA=il verbo servire vuol dire collaborare con Gesù, aiutarlo in quello che Lui fa, come il servo che aiuta il suo padrone.

SERVIRE=diakoneo indica chi liberamente sceglie di servire, di fare una cosa. E’ una scelta! Cos’è che fa chi vuole essere un collaboratore di Gesù (un suo servo)? Fa come Lui, Gesù! Ha il coraggio di “morire”, di cambiare, di trasformarsi, perché questa “morte” produce un frutto grandissimo.

IL PADRE LO ONORERA’=timao=stimare, onorare, dar valore, tenere in grande considerazione. Il Padre ama chi vive come Gesù.

 

27Adesso l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora!

ADESSO L’ANIMA MIA È TURBATA=perché è turbata l’anima (lett. psichè) di Gesù? Perché sa a che cosa va incontro. Sa che quel suo “morire” gli costerà davvero tanto (la morte!).

PADRE SALVAMI DA QUEST’ORA=cosa dice Gesù? Gesù sa la sofferenza che sta per affrontare ma non vuole che questa sofferenza gli impedisca di svolgere la sua chiamata e il suo progetto (manifestare la Gloria di Dio). Gesù non evita le conseguenze della sua missione (“Salvami, tirami fuori Padre, da questo momento)”.

MA PROPRIO PER QUESTO SONO GIUNTO A QUEST’ORA=ma la Vita adesso gli chiede questo; è la sua missione, è il senso della sua vita. Quante volte di fronte a “momenti difficili” ci arrabbiamo col mondo, con gli altri, con la Vita: “Ma guarda cosa mi è successo? Ma perché a me? Ma cosa ho fatto di male io per meritarmi questo? Ma guarda che gente che c’è in giro che ti tratta così! Tu fai il bene e guarda poi cosa ne hai in cambio!, ecc”.

E se, come Gesù, ogni momento difficile non fosse invece una “strada della nostra missione”? Se dovessimo passare proprio di là per imparare, per crescere, per essere “frutto” per il mondo?

 

28Padre, glorifica il tuo nome». Venne allora una voce dal cielo: «L’ho glorificato e lo glorificherò ancora!».

PADRE GLORIFICA IL TUO NOME=è il si di Gesù: sì voglio che la mia vita sia come il chicco di grano; sì voglio mostrare a tutti che Tu sei un Dio d’Amore anche se conosco le conseguenze.

VENNE UNA VOCE DAL CIELO=è il Padre che parla.

L’HO GLORIFICATO E LO GLORIFICHERO’ ANCORA=Dio si manifesterà davvero in Gesù e come non lo ha mai abbandonato finora, così non lo abbandonerà mai: “Anche se tutto sembrerà finire, io sarò sempre al tuo fianco”.

 

29La folla, che era presente e aveva udito, diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: «Un angelo gli ha parlato».

LA FOLLA CHE ERA PRESENTE AVEVA UDITO DICEVA CHE ERA STATO UN TUONO… ALTRI UN ANGELO…=i presenti non comprendono ciò che succede. Il mistero che si sta per svelare è troppo profondo: vedono Gesù ma non riescono a vedere “dentro” Gesù.

 

30Disse Gesù: «Questa voce non è venuta per me, ma per voi. 31Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori.

QUESTA VOCE NON È VENUTA PER ME MA PER VOI=Gesù sa la sua missione e sa cosa sta accadendo. La voce, quindi, non è tanto per lui ma per la gente che c’è lì che non comprende un mistero così grande.

ORA E’ IL GIUDIZIO DI QUESTO MONDO=il mondo “giudica”=non sceglie il modo di vivere di Gesù. Lo giudica sbagliato (inconsapevolezza), lo giudica pericoloso (lo è), lo giudica da temere (perché costringe a cambiare).

ORA IL PRINCIPE DI QUESTO MONDO SARA’ GETTATO FUORI=principe=archon=lett. colui che inizia (archè=è la genesi), che è da principio di una cosa (per questo principe). Gesù inizia un nuovo mondo, dove regnerà l’amore. Questo mondo di oggi (farisei, scribi, potere) getta fuori, uccide, elimina, rifiuta, il nuovo mondo di Gesù: è troppo pericoloso.

 

32E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me».

E IO QUANDO SARO’ INNALZATO=ipsoo (da ipsos=in cima, in alto, nella sommità) indica l’elevare, l’innalzare, il sollevare (ma con l’idea anche di magnificare, di esaltare). Innalzare nell’A.T. indicava il “portare al potere qualcuno, l’eleggerlo sovrano”.

Allora cosa si indica qui?

  1. La morte di Gesù visto che sarà innalzato sulla croce.
  2. Si indica la sua resurrezione visto che sarà innalzato al cielo (e la morte non avrà più potere su di lui!).
  3. Si indica il vero potere di Gesù che è di saper trapassare la morte e ogni morte.

ATTIRERÒ TUTTI A ME=elkuo=trascinare, tirare, attrarre. In che senso Gesù attrarrà tutti a sé? Perché un vivere così, vivere senza aver paura, vivere nella piena vitalità, vivere nella passione, vivere dando e creando vita, vivere aiutando il mondo e le persone a divenire se stesse e a guarire, vivere liberi, vivere nell’amore e liberi dal giudizio degli altri, è un vivere meraviglioso.

Vivere così fa voglia a tutti. Poi magari non lo fai per paura: ma chi è che non vuole vivere così!? Gesù è una calamita per tutti, un magnete per tutti coloro che sono vivi dentro: più sei vivo e più sei attratto dal suo modo di vivere.

 

33Diceva questo per indicare di quale morte doveva morire.

DICEVA QUESTO=Gesù è pienamente consapevole che la sua morte (fisica) diverrà, come quel seme, vita vera e fruttuosa per ogni uomo. Gesù con il suo modo di vivere (che passerà attraverso la morte) sarà un’attrazione meravigliosa per tantissime altre persone. Per questo può andare fino in fondo. Chi ha un perché (vivere) può sopportare qualsiasi come (condizione).

PER INDICARE=semainov (dal verbo indicare, essere segno) vuol dire essere segno: è la segnalazione, il cartello stradale che ti dice: “Vai di qua!”… e arrivi dove devi andare.

In Gv ci sono sette segni (semeion=segnali, indizi; dallo stesso verbo) che non sono dei miracoli ma delle indicazioni per capire, per comprendere chi è Gesù. “Tu in superficie vedi un iceberg e sai che sotto c’è una montagna nascosta: quello che vedi è niente rispetto alla realtà che c’è sotto; quello che vedi è solamente un’indicazione di ciò che c’è sotto”. Ma il vero segno, l’ottavo, eccolo qui (semainon; GV 12,33): il vero e definitivo segno, il culmine, sarà la sua morte e resurrezione. Lì vedrai, lì comprenderai chi è veramente Gesù.

 

Pensiero della settimana

Gli uomini vivi sono una calamita,

gli uomini morti un rifugio.