Trasfigurazione

II Domenica del tempo di Quaresima

Domenica 25 febbraio 2018

Prima lettura: Gen 22, 1-2. 9-18      Salmo: 115     Seconda lettura: Rm 8, 31-34          Vangelo: Mc 9, 2-10

 

 

 

Prima del vangelo di oggi Gesù si era scontrato con Pietro (Mc 8,31-33). Gesù aveva detto: “Amici miei, guardate che se vado a Gerusalemme mi uccideranno; i sommi sacerdoti e gli scribi non sono in grado di accettare la mia novità e il mio messaggio di verità e di libertà”. Allora intervenne Pietro protestando: “No, Signore, questo non ti accadrà mai. Tu sei il Messia, noi ti difenderemo; tu sei il Messia, l’eletto di Dio e Dio manderà i suoi eserciti per te”.

Pietro e amici non avevano ancora compreso chi era Gesù. Nonostante il tempo che erano stati insieme, continuavano a proiettare su di lui le loro immagini di Dio: lo vedevano un Messia forte, potente, uno che avrebbe sistemato con la forza e le armi le cose con i Romani e avrebbe riportato giustizia ed equità nel paese. Questo era quello che loro vedevano ma non quello che Gesù era. E’ per questo Gesù prende Pietro e i due fratelli Giacomo e Giovanni (9,2) e li porta sul monte.

Pietro lo “prende” perché è fautore di un Gesù Messia politico; Giacomo e Giovanni li “prende” perché sono pieni di ambizione. Un po’ dopo (10,35-40) chiederanno a Gesù di essere il ministro degli esteri e dell’interno nel suo regno, uno a destra e uno a sinistra.

Allora Gesù deve correggere la loro visione perché “vedono” in Gesù cose che Lui non è. Pietro, Giacomo e Giovanni, quindi, si aspettavano un Messia trionfante, armato e potente. Ma Gesù non è così. E nonostante tutto quello che Gesù fa e dice, loro continuano a vederlo così.

 

Per sapere chi è Dio abbiamo bisogno di vedere Dio, di avere una visione, un’esperienza, allora si sa chi è. Si conosce Dio solo se lo si è “toccato di persona”: allora si sa chi è. Gb: “Io ti conoscevo per sentito dire ma ora i miei occhi ti vedono”.

In una notte nera alcuni uomini si imbatterono in qualcosa. Non si vedeva proprio nulla. Quando non c’è la luna nella savana non c’è nessuna luce, è buio pesto. Il primo disse: “E’ grande e stabile, qui siamo al sicuro, è certamente una roccia”. Il secondo disse: “Qui c’è un ramo lungo, è certamente un albero, mi metterò a dormire qui”. Il terzo disse: “Qui c’è qualcosa di morbido, è certamente un po’ di terra umida, io mi sdraierò qui”. Tutti avevano conosciuto qualcosa, una parte, ma si erano fermati lì. Non avevano capito che quello era un grande elefante, che stanco della loro presenza, mentre loro dormivano, si alzò e li schiacciò.

 

9,2Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli.

SEI GIORNI DOPO=i numeri nella Bibbia sono importanti.

  1. I sei giorni richiamano altri sei giorni (Es 24,16): “La Gloria del Signore venne a dimorare sul Monte Sinai e la nube lo coprì per sei giorni”. Mosè era stato faccia a faccia con Dio per sei giorni sul Sinai. Allora Mc con “sei giorni”, sta dicendo: “Dio, come allora, qui si sta svelando: accoglilo!”. “Sei giorni” era dire “rivelazione di Dio” e qui Dio, di nuovo, si rivela.
  2. Ma la Bibbia ricorda anche altri sei famosi giorni: l’inizio della creazione (Gen 1,1-2,1). Sei giorni=nuova creazione.

PRESE CON SÉ=una volta pensavo che questi fossero gli eletti, i privilegiati per vedere quest’esperienza e mi dicevo: “Perché loro tre sì e gli altri apostoli, ad esempio, no?”. Non mi sembrava giusto!

E, invece, ha scelto questi tre perché sono gli apostoli più tentatori, quelli più da convertire. Come satana ha portato Gesù su un monte molto alto (Mt 4; Lc 4), cosi Gesù conduce i suoi tentatori su un monte alto.

PIETRO= significa “testa dura”.

Mai Gesù si rivolgerà a Simone chiamandolo Pietro (solo una volta in Lc). Gli evangelisti invece sì e hanno uno stratagemma per dirci le intenzioni di Pietro. Quando scrivono Simone=vuol dire che Simone è in accordo con Gesù, in linea con l’insegnamento di Gesù. Simon Pietro=dubitante: vuol dire che è partito bene ma che è finito male. Pietro=contrario, nemico, di Gesù, è perché farà esattamente il contrario di quello che Gesù gli ha detto di fare o comunque la sua azione sarà negativa.

Quindi qui Pietro è nemico, ostile, contrario, alle idee di Gesù.

GIACOMO E GIOVANNI= se Simone è Pietro, cioè “testa dura”, Giacomo e Giovanni, invece, sono i Boanerghes, cioè “i figli del tuono”. Erano cioè dei fanatici, degli irosi, dei violenti, dei resistenti, ma soprattutto degli ambiziosi.

 

In Mc 10,35-45, dopo il terzo annuncio della passione di Gesù: “Ragazzi, amici miei, vado a Gerusalemme e lì probabilmente mi uccideranno”, che fanno belli belli loro? Lo ascoltano? Macché! Hanno un sentimento di pietà, di compassione? Macché!

Loro pensano solamente a se stessi e se ne strafregano di quello che Gesù ha appena detto. Infatti, con la loro madre, vanno per chiedergli i posti di privilegio: uno a destra e uno a sinistra. Non hanno capito assolutamente niente. Sono convinti di seguire un Messia trionfante.

Per questo Gesù li porta sul Monte della Trasfigurazione, perché possano vedere davvero chi è (il Figlio di Dio) e non ciò che pensano (il Messia della tradizione).

 

Questo è meraviglioso: Dio ti cambia il carattere. Sappiamo dagli Atti che Pietro cambiò radicalmente il suo modo di pensare e che Giovanni divenne il “discepolo amato, quello che posava il capo sul petto di Gesù” (per dire l’amore, la dolcezza, la tenerezza): cambi radicali, totali, definitivi, permanenti; rivoluzioni.

La conversione è questo: tu non sei più tu. Cioè: tu sei sempre te stesso, ma non senti, non pensi, non vivi e quindi non agisci più come prima perché hai fatto un’esperienza che ti ha cambiato tutto. Gli orientali la chiamano “illuminazione”: prima ero cieco e adesso ci vedo.

 

SOPRA UN MONTE ALTO=il monte non è tanto una indicazione topografica, ma teologica. Cos’era il monte nell’antichità? Il monte, nell’antichità, era il luogo della terra più elevato verso il cielo, quindi, il luogo più vicino a Dio (che stava nei cieli). Perché Dio si manifesterà a loro, devono essere sopra un monte elevato.

IN DISPARTE=kat’idian, è una chiave di lettura. Quando lo troviamo nei vangeli, ha sempre una valenza negativa. Normalmente indica una resistenza da parte dei discepoli di comprendere, di accettare il programma di Gesù. Vuol dire che questi discepoli hanno combinato qualcosa che non andava bene. Infatti un po’ prima Pietro aveva rimproverato Gesù (Mc 8,31-33).

 

Cos’era successo? Gesù annuncia la possibilità di essere rifiutato e addirittura ucciso: Pietro si ribella (e si dice che anche Pietro lo prese in disparte; Mc 8,32) e Gesù gli deve rispondere: “Lungi da me satana, perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini” (Mc 8,33).

Pietro pensa a Gesù come un Messia potente, forte, che otterrà successo e non vorrà saperne di vedere Gesù per quello che è e per quello che annuncia.

Per questo Gesù adesso li deve prendere in disparte: Gesù fa vedere loro che lui non è quello che loro pensano; Lui non è Elia e non è Mosè, come loro avrebbero voluto e come credevano.

Amare significa vedere le persone per quello che sono e non per quello che noi vorremmo che fossero.

 

Fu trasfigurato davanti a loro

FU TRASFIGURATO e si usa il verbo meta-morfeo, metamorfosi, al passivo; letteralmente “ebbe una metamorfosi davanti a loro”. Il verbo è passivo e dice che non è Gesù ad agire, ma Dio stesso.

I discepoli pensano e credono che la morte sia la fine di tutto; per questo non possono accettare la sua morte. Gesù, però, mostra qual è la condizione dell’uomo che “passa” attraverso la morte: un arrivo nella luce, un essere nella totale pienezza, un potenziamento dell’essere. La morte non solo non è una fine ma è una pienezza, è una trasformazione, è una trasfigurazione, nuova creazione da parte di Dio dell’individuo.

 

3e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche.

LE SUE VESTI DIVENNERO CANDIDE=quando Gesù risusciterà (Mc 16,5), apparirà un giovane (un “angelo”) “vestito d’una veste bianca”: è sempre Gesù ma nella sua pienezza. Il bianco rappresenta la condizione divina.

 

NESSUN LAVANDAIO SULLA TERRA POTREBBE RENDERLE COSÌ BIANCHE=è un esempio un po’ strano e per niente bello. Cosa si vuol dire?

Avrebbe potuto dire, ad esempio, che le sue vesti divennero splendenti come le vesti del sommo sacerdote. Infatti, si diceva che la vestizione del sommo sacerdote fosse un avvenimento paradisiaco, tanto i suoi vestiti erano pieni di scintillii.

Cosa ci vogliono dire queste immagini?

 

“Coloro che segnati con il sigillo (144.000) sono avvolti da candide vesti” (Ap 7,9). “Coloro che furono immolati a causa della parola di Dio hanno una veste bianca” (Ap 6,11). “I vegliardi della porta del cielo sono avvolti in vesti candide” (Ap 4,4). “Coloro che hanno accolto la parola… lo scorteranno in vesti bianche, perché ne sono degni. Il vincitore sarà dunque vestito di bianche vesti: non cancellerò il suo nome dal libro della vita ma lo riconoscerò davanti al Padre mio e davanti agli angeli” (Ap 3,4-5). Il libro dei Numeri poi dice (Nm 6,25): “Il Signore faccia brillare il suo volto su di te”. E Isaia 60,1: “La gloria del Signore brilla sopra di te (a Gerusalemme)”.

Allora: chi sono questi vestiti con candide vesti e rivestiti, brillanti di luce? Sono i risorti.

 

Cosa vuol dire Marco, allora?

  1. In Gesù si manifesta la pienezza della condizione divina. Splendere come il sole indica la pienezza della condizione divina.
  2. Che per quanto tu faccia (anche il miglior lavandaio) non puoi raggiungere lo splendore di questa condizione. Questo splendore lo può raggiungere solo chi si lascia invadere da Dio, solo chi lascia che Dio lo trasformi; che questa trasformazione, non è frutto dello sforzo umano, ma è frutto dell’azione divina, in risposta all’impegno di Gesù a favore dell’umanità.

Vi ricordate Madre Teresa? Il suo viso era pieno di rughe e scavato, ma aveva un volto splendido. Perché? Perché in lei Dio si faceva visibile, splendente; in lei Dio traspariva. Quando la guardavi vedevi qualcosa di oltre, di più in là del suo volto: in lei risplendeva Lui.

 

La parola splendore viene dal greco spledòs, che vuol dire cenere. Lo splendore ha sempre a che fare con una trasformazione, con un bruciare il vecchio per essere qualcosa di nuovo, con un morire perché qualcosa di nuovo possa rinascere.

 

Cosa succede? Pietro e gli apostoli di fronte all’annuncio di Gesù hanno reagito terrorizzati: “No, non sia mai”, perché per loro la morte è la fine di tutto. I discepoli hanno paura della morte.

Ma Gesù mostrando l’essenza della morte, cambia radicalmente la prospettiva: la morte non solo non è la fine della vita ma è il potenziamento, l’espressione massima di una persona.

Gesù, quando parla della morte, ne parla sempre in maniera vitale, positiva, come qualcosa che trasforma, che potenzia l’uomo, come un’esplosione crescente di vita.

Gesù paragona la morte ad un dormire: così la bambina di 12 anni non è morta ma dorme (Mc 5,39). La morte, come il sonno, è una pausa necessaria nella vita.

Gesù paragona la morte al chicco di grano: “In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna (Gv 12,24-25)”. Come per il chicco quella che sembra una fine è invece la sua piena realizzazione, come il seme dice: “Vado a morire” e invece la realtà è: “Stai diventando la pianta che sei”, così è per la morte.

Gli orientali dicono: “Quella che il bruco chiama “fine del mondo” il resto del mondo chiama “farfalla””.La morte è una metamorfosi (metamorfeo=trasfigurare): non è la fine ma solo un cambiamento. E la bellezza della realtà dopo la morte usa queste immagini di splendore, di luce, di brillare come il sole.

E’ il tentativo di dire una cosa che non si può dire: “Una bellezza infinita”.

 

4E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù.

MOSE’ ED ELIA=è il massimo del massimo. Sono i 2 più grandi personaggi della tradizione d’Israele.

Mosè il grande legislatore, il grande condottiero liberatore del popolo dalla schiavitù d’Egitto.

Elia è il riformatore religioso, che attraverso la violenza aveva imposto la legge di Mosè.

Mosè ed Elia sono quindi i più grandi personaggi di Israele; quelli che non erano, secondo la tradizione, neppure morti, ma erano stati rapiti in cielo; entrambi avevano incontrato Dio (nel roveto o nel vento); entrambi avevano parlato con Dio al Sinai.

Ma chi sono questi due? Sono due violenti! Mosè dopo i 40 giorni sul Sinai scende dal monte e trova il suo popolo che fa festa. Si arrabbia talmente tanto che in un giorno ammazza 3.000 uomini! Naturalmente non è un episodio storico, ma il senso è che bisogna osservare la legge altrimenti ti capita il peggio (terrorismo religioso).

Elia è il profeta fanatico, violento, e tutti i fanatici religiosi in nome di Dio “uccidono, giudicano e distruggono” l’uomo. Per questo Gesù ha detto: ama l’uomo e da questo si vede se ami Dio. Elia un giorno ha sfidato i sacerdoti di un’altra civiltà e ha vinto. Gli poteva bastare la soddisfazione morale: invece no, ne ha sgozzato quattrocentocinquanta! Il Dio di Gesù non ha niente a che fare con questo Dio.

Cosa succede qui? Il fatto che Mosè ed Elia conversino con Gesù (non fra loro 3!) indica che Legge e Profeti (cioè l’A.T.) non hanno più niente da dire ai discepoli. Sono il passato. Ma Pietro non è per niente d’accordo, Pietro qui è chiaramente il tentatore.

E CONVERSAVANO CON GESÙ =allora: prima, nell’A.T., Mosè ed Elia parlavano direttamente con Dio, adesso invece parlano, non più con Dio, ma con Gesù. E’ chiaro cosa si vuol dire: Gesù è Dio!

 

5Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia».

PIETRO=lett. “il Pietro”. Mc ci mette addirittura l’articolo per dire che la sua testardaggine è l’emblema, il prototipo di tutti coloro che sono resistenti, cocciuti, chiusi, refrattari. Un po’ come quando noi diciamo di una bella donna che è “la bella”, cioè la più bella. Pietro è “il Pietro”, cioè il prototipo di questo comportamento testardo.

RABBÌ=maestro. Pietro lo chiama rabbì, ma chi era il rabbì? Il rabbì era colui che si atteneva alla tradizione degli antichi. In Mc solo 2 persone chiamano Gesù “rabbì”: i due traditori, Pietro e Giuda. Sono coloro che vogliono l’uomo della tradizione e che non accettano questa novità.

Pietro gli dice: “Eh no! Tu non puoi essere così… Tu devi essere diverso… tu devi attenerti a quello che è la regola… la tradizione… a quello che i nostri padri ci hanno insegnato”. Dicendogli così Pietro rifiuta Gesù e gli dice: “Noi così non ti vogliamo”. Pietro ha in mente la sua idea di “maestro, di rabbì” e vuole che Gesù si conformi alla sua idea, invece di conformare le sue idee a Gesù.

 

Ci sono due modi di rapportarsi alle cose, alle persone e agli eventi.

Il primo dice: “Questo non è come quello che io so (ho in testa, credo): quindi non vale”. E così si riduce tutta la realtà al proprio cervello. Se una cosa non è come quella che uno sa, allora viene eliminata, scartata.

Il secondo dice: “Questo non è come quello che io so, ma può essere. Verificherò, cercherò, studierò e se sarà vero la accetterò anche se non è come ciò che io credo”. La mente qui si adatta alla realtà.

Nel primo si identifica tutto a sé: tutto è come me, come penso io. Nel secondo ci si apre alla realtà: la realtà è più grande di me.

 

TRE CAPANNE =la tradizione ebraica diceva così: “Il messia verrà improvvisamente nel pinnacolo del Tempio, il giorno della festa delle capanne (in gre. skenas; in latino tabernacula)”.

All’inizio la festa delle Capanne era una festa agricola, la fine vendemmia. Successivamente  fu trasformata in festa religiosa. Per una settimana alla fine della vendemmia, si viveva sotto le capanne e naturalmente si beveva e si faceva festa.

Ma cosa ricordavano le capanne, le tende? Ricordavano i 40 anni di deserto e la liberazione, grazie a Mosè, dagli Egiziani e dalla schiavitù. Era una festa così importante che veniva chiamata “la festa”.

Fare tre capanne=“Caro Gesù, tu devi essere come loro”. Il nuovo liberatore, quindi apparirà nel ricordo della vecchia liberazione. Per Pietro Gesù non può che essere il Messia, atteso dalla tradizione, che si manifesta nella festa delle capanne.

UNA PER TE, UNA PER MOSE’, UNA PER ELIA=e mi sono sempre chiesto: e loro? Loro no? Loro dormono all’aperto? O forse si vuole dire dell’altro?

Nella Bibbia il personaggio più importante, quando ce ne sono 3, sta al centro. Ma al centro, per Pietro, non c’è Gesù, c’è Mosè, il grande legislatore.

Ecco la tentazione di Pietro, il satana: “Tu Gesù devi essere come Mosè, come Elia, come la tradizione dice”. Ma Gesù non ucciderà, anzi Lui darà la vita. Quindi Gesù è incompatibile con la legge di Mosè e con lo zelo profetico di Elia.

Pietro dice a Gesù: “Caro Gesù, il Messia che io voglio è questo: 1. un rabbino dell’A.T., cioè attieniti alla tradizione; 2. un Messia che si manifesta durante la festa delle Capanne (come la tradizione vuole); 3. un Messia legislatore come Mosè. Infatti poiché la legge era diventata un guazzabuglio e nessuno ci capiva più niente si diceva: “Quando verrà il Messia, lui ce la spiegherà”. Pietro rifiuta totalmente Gesù: lui non lo vuole per quello che lui è.

 

6Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati.

NON SAPEVA INFATTI CHE COSA DIRE, PERCHÉ ERANO SPAVENTATI=lett. “terrorizzati”.

Ma perché sono spaventati, terrorizzati? Quello che vedono è bello, meraviglioso, incredibilmente bello, tanto è vero che lo dice anche Pietro: “E’ bello per noi stare qui!”. E, allora, perché hanno paura visto che ciò che vedono è bello, celestiale, fantastico?

Cosa succede quindi? Gesù si manifesta nella sua gloria (cioè per quello che Lui veramente è), solo che Gesù non è affatto come gli apostoli volevano che lui fosse. Allora: quando vedono che Gesù non è come loro lo pensavano, lo vedevano, lo avrebbero voluto e se lo immaginavano, hanno paura della sua punizione e del suo castigo. Nell’A.T., infatti, Dio punisce i disobbedienti e i traditori. Vedono, ancora, Gesù con i loro “vecchi” occhi e hanno paura, quindi, delle conseguenze di ciò che hanno visto (della punizione di Gesù/Dio).

Pietro, prima di qui, aveva ricevuto un rimprovero feroce da Gesù: “Lungi da me satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini” (Mc 8,33). Giovanni stesso ha delle beghe con Gesù. Un giorno infatti voleva impedire ad uno che non era dei loro di scacciare i demoni (Mc 9,38-39). E Gesù gli dirà: “Chi non è contro di noi, è per noi”. Cioè: tutto ciò che è bene, da dovunque venga, se è bene, viene da Dio. Nessuna gelosia, nessun possesso di Dio. Adesso hanno paura che Dio li punisca.

 

7Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!».

VENNE UNA NUBE=non si tratta di una nuvola atmosferica, ma è un’immagine biblica per indicare la presenza di Dio. La nuvola è un’espressione biblica che rappresenta, indica, l’intervento di Dio.

FIGLIO=nel mondo ebraico significa colui che assomiglia al padre. Quindi “figlio di Dio” significa colui in cui Dio si manifesta, si mostra. In Gesù si mostra Dio.

PREDILETTO=non significa il “preferito” ma, nella lingua ebraica, il “primogenito” perché era colui che ereditava tutto. L’eredità non veniva divisa tra i fratelli ma il primogenito ereditava tutto quanto. Se Gesù allora è il prediletto vuol dire che è colui che eredita tutto quello che Dio ha. In Gesù, quindi, c’è tutta la conoscenza, la verità, la presenza di Dio. Non si può dividere Dio da Gesù.

ASCOLTATELO=è un imperativo: un ordine. Lui c’è da ascoltare e non altri.

Ecco il cambio che Dio stesso attesta: “Non ascoltate più né Mosè né Elia, ma soltanto Gesù. E’ solo Lui che dovete ascoltare. Smettetela di rifarvi all’A.T., alla Legge e ai Profeti. E’ Gesù, e solo Lui, che mi rivela e che mi mostra”, dice Dio.

Questo brano risponde ad un interrogativo drammatico e sconvolgente della comunità cristiana: “Ok, accogliamo il messaggio di Gesù, il vangelo, ma che ce ne facciamo di tutto quello che finora abbiamo imparato? Come la mettiamo con l’A.T.? Ma siamo proprio sicuri che sia così?”. Nei primi anni della chiesa su questa fortissima questione c’erano posizioni diverse. C’era chi diceva: “Eh no, dobbiamo osservare la legge di Mosè, come i nostri padri ci hanno insegnato!”. Altri, invece, dicevano: “No, Gesù ha abolito e superato la Legge di Mosè”.

La trasfigurazione, con la Voce di Dio, taglia la testa alla questione: “Ascoltate solo Lui”. Tutto quello poi che dell’A.T. si armonizza, che è compatibile, con Gesù, accoglietelo. Il resto va lasciato.

 

8E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro.

E IMPROVVISAMENTE, GUARDANDOSI ATTORNO, NON VIDERO PIÙ NESSUNO, SE NON GESÙ SOLO, CON LORO=ci rimangono male: “Ma come noi credevamo in Mosè, in Elia e invece dobbiamo credere solo in Gesù, eliminando tutto ciò che prima credevamo?”.

Gli apostoli continuano a cercare Mosè ed Elia: sono le vecchie convinzioni religiose, che davano sicurezza, riferimento. Ma non ci sono più. Adesso c’è solo Gesù. Gli apostoli per accettare Gesù hanno dovuto abbandonare, lasciare, rigettare, tutto ciò che prima credevano. Non fu per niente facile… e possiamo ben capirli! Per questo quando tornano non ci hanno capito niente. Capiranno molto più tardi, dopo la resurrezione.

 

9Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti.

ORDINÒ LORO DI NON RACCONTARE AD ALCUNO… SE NON DOPO…=perché quest’ordine? Perché non hanno ancora capito chi è Gesù. E qui si capisce che la trasfigurazione non è un fatto storico ma un’esperienza della comunità cristiana: solamente dopo la resurrezione capirono che Gesù non era il Messia ma il Dio-Amore. Solo dopo la resurrezione i cristiani capirono che la morte di Gesù non fu la fine di Gesù ma semplicemente un passaggio ad una condizione divina, splendente. Lui era più presente e più vivo da morto che finché era in vita.

 

10Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.

ED ESSI TENNERO FRA LORO LA COSA=cioè non parlano più con Gesù della loro idea del Messia trionfale (contrapposto a quello che hanno appena visto). Continuano ad escludere la morte di Cristo, non riescono a capire come il messia possa andare incontro alla morte. Secondo la tradizione il messia non poteva morire.

CHIEDENDOSI CHE COSA VOLESSE DIRE…=non hanno assolutamente capito niente (visto che si chiedono cosa voglia dire!) e continuano a chiedersi cos’è ciò di cui parla Gesù.

 

Cosa dice a me questo vangelo? La morte esiste e un giorno la vivrai.

La morte è angosciante: 1. Nessuno è mai ritornato di qua: “Vuol dire che non c’è niente?”. 2 Ci separa da tutti coloro che amiamo: “Li rivedremo? Lo riabbraccerò? Lo reincontrerò?”. 3. E’ ineluttabile: tu puoi pensarci o no, ma quando è la sua ora lei arriva inesorabile.

Quando un uomo si rende veramente conto di questa realtà, che cioè si muore, va in angoscia. Jung dice: “Un uomo che non si ponga seriamente il problema della morte, è un uomo ammalato”.

Molte persone fanno finta di niente proprio per questo: per evitare l’angoscia. Ma non funziona! Alcune persone annegano l’angoscia facendo, facendo, facendo: “Finché faccio non ci penso”. Altre cadono nella depressione: “Se si muore non vale la pena di vivere”. Altre si attaccano disperatamente a qualcuno (un figlio o il partner): “Mi attacco a te per non andarmene”.  Altre si ingozzano di cibo, di beni, di soldi: “Visto che perderò tutto, adesso mi riempio a più non posso”. Altre si arrabbiano e protestano con la Vita, con Dio, con tutti: “Non è giusto! E’ colpa tua!”. Altre ancora non ci pensano: “Faccio finta di niente; se non ci pensi non c’è”.

 

La domanda è uguale per tutti: ma su cosa possiamo fidarci? Ci si può fidare? Dipende…

Sei una donna e per strada incontri un uomo sconosciuto che ti dice: “Vieni a prendere un caffè da me?”. E’ chiaro, non ci si può fidare: “Chi è costui? Cosa vuole? Ma se manco lo conosco!”. Ma se invece è un tuo vecchio amico, uno che conosci benissimo, allora puoi salire tranquillamente.

Cosa si vuol dire? Il vangelo, Gesù, dice: “Stai tranquillo, la morte è solo un passaggio, è solo un transito, è solo un viaggio verso una dimora molto migliore di questa vita. Fidati!”. Ma è proprio questo il punto: come posso fidarmi di Gesù, se mai l’ho conosciuto prima?

 

Il vangelo ci aiuta in questo? Per fortuna sì.

Se Dio in questa vita l’hai conosciuto, l’hai incontrato, l’hai fatto diventare il centro della tua vita, se è diventato il tuo amore, la tua aria, il sangue che scorre nelle tue vene, se ti ha cambiato la vita, se Lui ti ha fatto vivere, se ti ha tirato fuori dalle morti interiori, ti ha ridato felicità, amore, vita, allora tu sai che ti ama, che Lui ti vuole bene, che Lui è con te, che Lui non ti abbandona. Allora sì che puoi osare fidarti: non mi ha abbandonato finora… non lo farà neanche adesso. Se lo hai sperimentato sai chi è e per questo non dubiti: perché tu sai chi è. Allora puoi vivere, osare, rischiare, perché non hai più il terrore della morte. C.G.Jung: “E’ vivo solo chi è pronto a morire”.

Elias, 37 anni, era un uomo impegnato per la liberazione dei ragazzi dalla prigionia delle favelas. Un giorno gli squadroni della morte andarono a casa sua e lo uccisero. Sua madre quando lo vide sanguinante gli disse: “Te l’avevo detto, perché ti sei impicciato con quella gentaglia?”. “Mamma sono stato al mondo 37 anni e ho vissuto 37 anni. Sono stato felice di ciò che ho fatto. Lasciami andare!”. E così morì. Sul suo diario scrive: “Quando incontri Dio non puoi più essere lo stesso, non puoi più far finta di non vedere, non puoi più tirarti indietro… Lui ti fa vivere davvero”.

Ma se non Lo conosci, come fai a fidarti? Come fai a fidarti di uno sconosciuto: è da pazzi! Se Dio ti è rimasto estraneo, sconosciuto, alieno dalla tua vita, allora sì che avrai tanta paura: “Una paura da morire!”, perché, per te, è come un terno al Lotto.

Un mistico islamico, Al-Ghazzali, (i musulmani hanno come padre della fede Abramo) dice: “Abramo, quando l’angelo della morte venne per impadronirsi del suo spirito, disse: “Hai mai visto un amico desiderare la morte di un amico?”. (Ora Dio amico di Abramo può desiderare la morte di Abramo?). E il Signore gli rispose: “Hai mai visto l’amante rifiutare l’incontro con l’amato?”.

Se lui è l’amore non c’è paura. Nell’amore non c’è paura. Marcel: “Amare è dire all’altro: tu non morirai”. Perché l’Amore è per sempre.

Ma se lui è lo Sconosciuto, il Nulla, allora la morte sarà un salto nel buio e sarà drammatico.

 

Cosa dice ancora a me questo vangelo?

Il vangelo dice che Gesù “fu trasfigurato davanti a loro… il suo volto brillò…le sue vesti candide…”.

Ma cos’avranno visto? Ma cosa è stata questa esperienza? Come si possono vedere queste cose? Si possono vedere?

La trasfigurazione è vedere cose che non si possono vedere con gli occhi fisici, ma che si possono vedere solo con il cuore. E siccome molti non hanno gli occhi del cuore non hanno queste visioni. Questo vangelo descrive come si appare quando ci si sente in cielo, cioè pieni e posseduti dalla felicità, da una presenza, da un’abitazione, da un amore.

Vi siete mai innamorati? Se vi siete innamorati, se avete perso la testa e fatto cose pazze per qualcuno, se vi è capitato almeno una volta di vedere il mondo come un paradiso e un immenso giardino fiorito perché qualcuno vi ha detto che vi ama, allora potete sperare di capire Gesù e questo brano.

Se non vi siete mai innamorati, non potrete mai conoscere il vangelo perché Gesù fu un innamorato, passionale, un fuoco che riscaldava, bruciava, infuocava chi lo incontrava. Ma come fa uno a cambiare d’aspetto? Come fa uno a cambiare il suo volto? Come fa un volto ad essere splendente come il sole? E i vestiti candidi come la luce? Non si possono capire queste cose. E’ inutile che tu faccia tutte le alchimie e le supposizioni fisiche e scientifiche per capire come si può trasfigurare un volto… o in cosa consiste.

Hai mai visto certi volti dopo l’amore? Hai mai visto certe facce piene di vita, di voglia di vivere? Hai mai visto il volto di un bambino cullato nelle braccia di sua madre? Hai mai visto gli occhi di una donna quando vede suo figlio dopo il travaglio e il parto?

Se tu conosci l’amore, se tu sai cosa vuol dire innamorarsi, comprendi benissimo cosa vuol dire vedere il sole nel volto della tua amata, la luce negli occhi di tuo figlio, le stelle, l’universo e tutti i soli che ci sono negli occhi di qualcuno che ti vuole bene.

Dio è amore dice l’evangelista Gv. Cioè: solo chi sa aprirsi e vivere l’amore può capire Dio. E tutti quelli che non sanno dischiudere il cuore non potranno che avere il concetto di Dio ma non sentirlo; e tutti quelli freddi e incapaci di commuoversi non potranno mai sentire quanto sia grande; e tutti quelli che non sanno provare, abbandonarsi e permettersi i sentimenti continueranno a cercare invano.

 

Ti succede mai di piangere davanti ad un volto, ad un tramonto? Ti senti mai pieno di gioia, da commuoverti, da piangere, da non poter tenere la gioia delle lacrime?

Quando guardo i ragazzi a scuola o nelle attività parrocchiali e vedo quanto sono belli nel loro cuore, quante ricchezze hanno, quali doti, e poi vedo le loro famiglie, i problemi, le situazioni, (e tu sai che in quel terreno sarà difficile crescere, che in quell’altro sarà quasi impossibile, che in quello sarà semplice) io non posso non volergli bene; io mi commuovo, io sento che vorrei abbracciarli tutti, baciarli e dire loro: “Siete grandi, diventate le bellezza che siete”. Allora io vedo la bellezza del mondo.

Quando ascolto le persone che vengono a parlare e sento le loro storie, ferite, traumi, pianti (e volte ci sono delle vere tragedie); quando sento cos’hanno passato, vissuto, io sono toccato nel profondo, io non posso non piangere e commuovermi dentro perché io sento il loro dolore del mondo (che rimane loro), lo avverto e lo percepisco.

O quando si vincono delle battaglie, si fanno delle conquiste, si superano delle paure, delle barriere, che sembravano insuperabili, quando succedono delle cose impensabili o si aprono degli spiragli inaspettati o si guarisce fisicamente o nell’anima, o ci si trasforma e si diventa belli e splendenti come il sole… o si ritrova finalmente la propria vera figura, allora io non posso non piangere dalla felicità, dalla gioia e dalla commozione.

Allora io sento la potenza del mondo.

Di fronte alle conquiste di un bambino, alle sue “uscite” di fronte a certe situazioni, a certi momenti, non si può che stupirsi, meravigliarsi, e sentire tutta la forza, la bellezza e l’intensità della vita che ti entra dentro. Allora io sento la gioia del mondo.

 

Una volta pensavo che commuoversi volesse dire essere deboli. Ma oggi so che vuol dire essere vivi, vuol dire sentire ciò che vivi, ciò che gli altri vivono; vuol dire lasciarsi toccare, lasciarsi colpire da ciò che succede, non essere freddi come il ghiaccio o impenetrabili come il marmo, in ogni caso freddi.

Sono i momenti di “trasfigurazione”; sono i momenti in cui si afferma con assoluta certezza che vale la pena di vivere, anche solo per questi momenti; sono i momenti in cui ci si sente grati di essere a questo mondo e di aver avuto la grande possibilità di esistere.

Sono i momenti che ti danno l’energia, la forza e il coraggio di andare avanti e di affrontare le discese, le croci, di ogni giorno. Senza questi sprazzi di gioia, di felicità, di vita, di infinito, di “Dio”, che sono la forza per quando tutto diventa drammatico, angoscioso, “nero”, indegno di vivere, uno schifo.

Ma bisogna permettere alla felicità di entrarci dentro; bisogna lasciare che la vita ci invada, bisogna lasciare che la vita viva in noi, che sussulti, che si muova (e-mozione), che nasca. Altrimenti, immersi nell’oceano, cercheremo l’acqua.

E se tutto questo, qualche volta, non vi succede è meglio che vi fate curare. Se non vi accade, è meglio vi chiediate se il vostro cuore vive ancora o se è già morto. Perché lo stupore dice quanto siamo vivi.

 

Quando ci innamoriamo noi facciamo esperienza di trasfigurazione. Cioè: vediamo nell’altra persona delle cose che solo noi vediamo (a dir la verità, a volte può anche succedere che vediamo cose che neppure ci sono!!!).

Quando nel buio di una situazione entra una luce; quando eri perso e ti ritrovi noi facciamo esperienza di trasfigurazione (“ero perso, ma tu mi hai ridonato la luce”); quando scopriamo che la nostra vita così piccola e insignificante rispetto al mondo e ai 6-7 miliardi uomini, ha un senso e uno scopo preciso, noi facciamo esperienza di trasfigurazione; quando vediamo, scorgiamo, percepiamo la bellezza di una persona, la forza, la sensibilità, la ricchezza anche se da fuori non si vede, questa è trasfigurazione.

Trasfigurazione è vedere le persone per quello che realmente sono, per quello che realmente sarebbero, è vedere la loro faccia vera, il loro vero volto, la loro figura come creata da Dio, quella non deformata dai giorni, dalle paure, dal dolore, dalle ansie e dalle angosce della vita.

Se vi capita di piangere di gioia, di sentirvi così felici da toccare il cielo da poter dire: “Signore sono così felice, che adesso potrei anche morire, perché quanto ho vissuto mi basta, mi riempie”; se vi capita di essere così pieni, così ricchi da sentirvi in cielo, immensi, da chiamare le stelle sorelle, e i pianeti fratelli, da sentirvi caldi come il sole, o profondi come il mare, beh sappiate che questa è trasfigurazione.

Il mondo vi dirà che siete matti, e continuerà ad essere infelice. Voi continuate a sentirvi matti, forse vi sentirete un po’ diversi, ma sarete tanto, tanto felici.

 

Pensiero della settimana

“Perché non trovo ciò che cerco?”.

Perché cerchi dove hai già trovato.

Cerca dove non hai mai guardato

e troverai ciò che cerchi.