Purificazione di un lebbroso

VI domenica del tempo Ordinario

Domenica 11 febbraio 2018

Prima lettura: Lv 13, 1-2. 45-46      Salmo: 31       Seconda lettura: 1 Cor 10, 31- 11,1 Vangelo: Mc 1, 40-45

 

 

1,40Venne da lui un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!».

VENNE=il lebbroso è un uomo impuro e castigato da Dio e non poteva avvicinarsi a nessuno: che quest’uomo vada da Gesù, vuol dire che sta trasgredendo, cioè ha il coraggio di fare una cosa che non si poteva fare, che era proibita, che le leggi religiose impedivano e punivano.

Quindi abbiamo un uomo che per guarire è disposto a tutto: per questo guarirà. E’ un uomo che non si è arreso a quello che gli altri gli dicono: “Ormai!, questa è la tua condizione… Tu non puoi… Guai a te se ti avvicini…”.

LEBBROSO=chi sia questa persona non si sa. Quando nei vangeli trovate una persona anonima vuol dire che l’evangelista non vuole indicare tanto un episodio storico, avvenuto 2000 anni fa, quanto un profondo insegnamento, per la comunità cristiana. Il personaggio senza nome, anonimo, è per così dire un personaggio rappresentativo. Rappresentativo di chi? Di che cosa? Di tutte quelle persone che in ogni tempo e in ogni luogo, si trovano nella sua stessa situazione.

LEBBRA=dobbiamo chiederci: cosa voleva dire, a quel tempo, avere la lebbra?

 

La lebbra non era considerata una malattia, ma una terribile punizione, scagliata da Dio per i peccati dell’individuo. Il lebbroso era considerato un maledetto, un cadavere vivente. La lebbra nel libro di Giobbe è chiamata: “Il figlio primogenito della morte” (Gb 18,13).

La lebbra quindi non era una malattia come le altre, ma un castigo di Dio. Per questo il lebbroso non poteva vivere in paese ma doveva starsene appartato ed era emarginato dalla società. E quando qualcuno gli si avvicinava o passava vicino a qualcuno, doveva urlare: “Sono immondo, sono maledetto da Dio, stai lontano da me, non mi toccare”. Lv 13,45: “Il lebbroso colpito dalla lebbra porterà vesti strappate e il capo scoperto, si coprirà la barba e andrà gridando: Immondo! Immondo!”. E proprio perché i lebbrosi erano persone ritenute impure, la guarigione dalla lebbra era considerato un avvenimento impossibile, o straordinario.

Solo Dio poteva far guarire dalla lebbra. E nell’A.T. lo aveva fatto solo 2 volte.

  1. La prima volta fu con Maria, la sorella di Mosé, che malata di prestigio e di carriera si era permessa di criticare suo fratello (Mosé). E per questo fu colpita da Dio con la lebbra. Dio stesso dopo sette giorni, per intercessione di Aronne e di Mosè, la guarì (Nm 12,4-16).
  2. L’altra volta fu con Naaman il Siro. Questo Naaman il Siro era un grande guerriero, solo che era lebbroso. Il profeta Eliseo lo mandò a bagnarsi 7 volte nel Giordano e Naaman il Siro (dopo qualche perplessità) guarisce (2 Re 5,1-27).

Naaman è capo dell’esercito di Siria e quando bussa alla porta di Eliseo dice: “Esci, toccami e guariscimi”. Eliseo gli risponde: “Tu sei matto, io non esco; guarda, là c’è un fiume, vatti a lavare”. L’altro si arrabbia, è sdegnato e inviperito: “Ma senti, credi che in Siria non ci siano fiumi e che debba andarmi a lavare qui?”. Ma Eliseo è un uomo di Dio e rispetta la legge, e la legge di Dio impedisce di toccare un lebbroso (se uno toccava un uomo impuro, automaticamente diventava a sua volta impuro). Ed Eliseo non solo non lo tocca ma neppure vuole vederlo, per sicurezza. Eliseo gli dice: “Ti ho detto che io non esco”. E l’altro minaccia di tagliargli la testa, ma Eliseo non cambia idea neppure di fronte alle minacce.

Il profeta Gesù, però, non farà così (Mc 1,41).

Inoltre dobbiamo ricordarci che per lebbra a quel tempo non si intendeva solo il morbo di Hansen (quella che noi chiamiamo oggi la lebbra) ma ogni affezione del cuoio capelluto (alopecia, forfora, psoriasi, ecc.) e ogni problema all’epidermide (eczema, dermatite, ecc). Essere lebbrosi, a quel tempo, voleva dire essere dei morti viventi, degli emarginati, essere soli e maledetti da Dio e dagli uomini. Era, insomma, l’anticamera della morte e della morte con disonore.

L’unico che poteva guarire dalla lebbra era Dio. Solo che i lebbrosi non potevano entrare nel tempio perché erano impuri (2 Cr 23,6). Quindi: “Sono impuro; l’unico che mi può guarire è Dio; ma non posso rivolgermi a Dio perché sono impuro. E’ una situazione senza speranza.

 

Cosa fa il lebbroso? Trasgredisce! Fa qualcosa che non avrebbe dovuto fare! Infatti si avvicina a Gesù (Mc 1,40). Ma come gli passa per la testa questa cosa impensabile!? Si vede che deve aver già sentito predicare Gesù (Mc 1,32-39). Per questo gli viene in mente di fare una cosa da non fare. Gesù diceva: “Il Regno di Dio (Dio stesso) è per voi”: questo uomo ci crede e in Gesù trova una speranza che prima neppure immaginava. E va da lui.

 

IN GINOCCCHIO=perché si mette in ginocchio? 1. Anche se lo aveva sentito parlare, sa bene che ciò che fa è ardito, irreligioso e non sa mica che reazione può avere Gesù. 2. Si inginocchia perché solamente Dio poteva guarire dalla lebbra (e in Gesù Dio c’è).

SE VUOI PUOI PURIFICARMI=katarizo=purificare.

Noi ci saremmo aspettati che il lebbroso domandasse di essere guarito, di essere curato: ma il lebbroso non chiede di essere guarito, ma di essere purificato perché è il rapporto con Dio che manca. L’uomo ha bisogno di un Dio che lo accolga e non di un Dio che lo rifiuti. Per questo gli chiede non di essere guarito ma di essere purificato, cioè, che sia ancora degno di Dio.

Mai nel brano apparirà il verbo “curare o guarire”, ma sempre per tre volte, il che indica la completezza, il verbo “purificare”, cioè lui vuole almeno il contatto con Dio. Ha perso tutto, la famiglia, gli affetti, gli amici, e ha perso anche Dio, si sente veramente un fallito, un abbandonato. Allora chiede almeno il contatto con Dio, perché la religione lo ha posto in una situazione disperata.

 

41Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!».

NE EBBE COMPASSIONE=il verbo splanchnizomai (è il verbo del buon samaritano di fronte all’uomo mezzo morto (Lc 10,33); del padre quando vede arrivare il figliol prodigo (Lc 15,20); di Gesù di fronte alla morte del figlio della vedova di Nain (Lc 7,13)) è il verbo di Dio. Gli uomini possono avere misericordia ma Dio e solo lui ha compassione.

Il verbo indica il restituire vita. Splanchnon sono le viscere della madre, l’utero. E’ quell’amore viscerale di Dio che ti fa rinascere (a quel tempo si pensava che l’amore e la pietà venissero dalle viscere). E perché ti fa rinascere? Perché ti accetta incondizionatamente. Ti accetta, cioè, per quello che sei: non si arrabbia, non si indigna, non ti caccia, non ti allontana, non ti scomunica, non ti rimprovera, ma ti ama per quello che sei e quest’amore gratuito e immeritato ti fa nuovo.

TESE LA MANO=che bisogno c’era di stendere la mano? Un sacco di volte, Gesù guarisce semplicemente dicendo una parola. Qui no, qui deve toccarlo. Ma perché? Vi fa venire in mente nessun’altra mano stesa?

In Es 3,20 Dio dice a Mosé: “Stenderò la mano e colpirò l’Egitto”: sono le 10 piaghe d’Egitto. E quando Mosè ristende la mano dopo che gli ebrei hanno già passato il Mar Rosso, tutti gli egiziani vengono colpiti con la morte (cavalli, cavalieri, ecc: e non ne scampò uno! Es 15,26-28). La mano di Dio nell’A.T. era la punizione di Dio. Questa cosa c’è rimasta anche a noi perché quando diciamo: “La giustizia di Dio… se c’è un Dio giusto…” e pensiamo che Dio farà giustizia proprio così.

In questo momento i lettori non sanno come finirà: lo punirà come Dio nell’A.T. o come Mosè (come tutti si aspetterebbero) o sarà un Dio diverso? Il Dio di Gesù (la compassione), vuol dire Mc, non è il Dio dell’A.T. (la punizione).

LO TOCCO’=non era necessario toccare un ammalato, un lebbroso. Quante volte Gesù ha guarito soltanto con la potenza della sua parola. Qui perché lo tocca? Lo tocca perché era proibito. Toccandolo Gesù abbatte ogni emarginazione. Non solo: Gesù lo tocca anche (Mc 1,41). Non solo il lebbroso aveva trasgredito; adesso anche Gesù.

L’A.T. era chiaro: “Se tocchi un lebbroso ti contamini anche tu” (Lv 22,4). Ma Gesù se ne infischia di tutto ciò e tocca il lebbroso. Non c’è più nulla di impuro. E poi gli dice: “Lo voglio, guarisci” (Mc 1,41). E l’uomo guarisce. Cosa diceva la religione del tempo: “Se vuoi avvicinarti a Dio devi essere puro”. Gesù no. Cos’ha fatto questo lebbroso per cui Gesù lo accolga? Niente!

L’amore di Gesù non è un merito ma un dono. Gesù vede che l’uomo ha bisogno, si avvicina e toccandolo lo rende puro, degno di esistere e di esserci.

Gesù non dice: “Prima ti converti, prima cambi vita e poi io ti amo”. Ma: “Io ti amo. Se poi tu, sentendo quest’amore viscerale che ti tocca dentro, vuoi cambiare, tanto meglio”.

 

42E, subito, la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato.

FU PURIFICATO=per la terza volta appare il verbo “purificare”. Tre=completezza. Che meriti ha questo lebbroso per essere purificato? Nessuno.

Lebbra, a quel tempo=peccato (la lebbra era punizione). Ma l’uomo qui non si converte, né dice che lo farà in futuro. Eppure Gesù lo purifica lo stesso, anche se l’uomo non si è convertito. Ecco la prima novità=Gesù non guarda i meriti ma i bisogni delle persone. E la seconda: non è l’uomo che deve andare da Dio ma è Dio che va dall’uomo, perché non è vero che solo l’uomo puro può andare da Dio ma è l’accoglienza di Dio che purifica l’uomo.

 

43E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito

E AMMONENDOLO SEVERAMENTE=lett: “Lo cacciò fuori rimproverandolo severamente”. Qui Gesù sembra cambiare umore improvvisamente: perché? Ma lo ha rimproverato di cosa? Perché è così se fino ad un attimo prima era cordiale, premuroso e buono?

Il testo dice: “lo cacciò fuori”: ma lo cacciò fuori da cosa? Dall’istituzione religiosa, dalla sinagoga (simbolicamente), da quel sistema che credeva lebbra=peccato=Dio non ti vuole, dalla sua convinzione di essere indegno, maledetto e non amato da Dio.

Cos’ha creduto infatti quest’uomo? Questo uomo ha aderito a quello che diceva la legge religiosa e ha creduto anche lui che Dio lo rifiutasse, di essere indegno dell’amore di Dio. Allora Gesù gli dice: “Ma come hai potuto credere a questo?”. Immaginiamo il lebbroso: “Guarda che io vivo in una situazione di peccato… guarda che io sono escluso dai sacramenti… guarda che io non posso fare la comunione… guarda che io l’ho combinata grossa!”. “D’accordo, non metto in dubbio tutto questo, ma come puoi pensare che Dio non ti ami?”.

Non c’è peccato, colpa, condizione, che possa escluderci dall’amore di Dio. 1 Gv 3,20: “Anche se il nostro cuore ci rimprovera Dio è più grande del nostro cuore”. Sulla tomba di Ayrton Senna: “Nulla ci può separare dall’amore di Dio” (Rm 8,39). Le religioni ti possono rifiutare, Dio no.

 

Gesù lo caccia fuori dalla sua convinzione di essere “non in grazia”. Cioè: Gesù lo sottrae dal potere dell’istituzione religiosa. La religione: “Se vuoi essere in grazia, devi essere/fare così!”. Ma Gesù: “No, non è così. Io ti guarisco ma se tu continui a pensare come prima (cioè: solo chi è puro è amato da Dio, come dice la religione), allora non serve a niente!”.

Infatti in Gv 5,1-17 c’è un episodio meraviglioso. C’è un uomo infermo (il cieco di Betzaetà) che quando arriva Gesù inizia a dire: “Io non ho nessuno che mi immerga nella piscina quando l’acqua si agita”. Si pensava, infatti, che fosse acqua miracolosa. Il cieco è ancora sotto il potere della religione: “Se entro nell’acqua sono guarito”. Ma poiché nessuno mi porta non riesco mai a guarire. Allora Gesù gli dice: “Alzati prendi il tuo lettuccio e cammina”. E l’uomo si alza, prende il suo lettuccio e comincia a camminare. Ma non entra in piscina. Il suo peccato quindi è stato quello di credere che fosse quell’acqua benedetta, quella religione, che lo facesse guarire. Che senza quello non avrebbe potuto. E quando poi Gesù lo incontra gli dice: “Sei guarito: guarda di non peccare più perché non ti abbia ad accadere qualcosa di peggio” (Gv 5,14).

Qual è il suo peccato che ha fatto e che non deve rifare? Proprio questo: di credere a quella religione che gli dice che solo quell’acqua lo farà guarire, che solo se è puro Dio lo vuole, che solo facendo certe cose Dio lo accetterà. Capite! Se conoscete Dio non vi fate schiavizzare né impaurire più da nessuna ideologia. Perché Lui è Amore.

 

44e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro».

 

GUARDA DI NON DIRE NIENTE A NESSUNO=cosa accadeva? Se uno guariva (ogni tanto accadeva perché “lebbra”=anche: dermatiti, eczema, ecc) doveva andare all’ufficio igiene del tempo che era tenuto dai sacerdoti i quali ti esaminavano per verificare la guarigione. La visita non era gratuita: se la guarigione era avvenuta, tu dovevi offrire tre agnelli (uno se eri povero) e ti veniva dato il certificato: “Puoi tornare a casa!” (Lv 14,1-32).

COME TESTIMONIANZA PER LORO=la traduzione “eis martyrion autois” (=”a testimonianza contro di loro e non per loro” e qui non capiamo se è una testimonianza positiva o negativa) la ritroviamo ad esempio in Mt 23,31 e lì è una testimonianza chiaramente negativa (è la testimonianza negativa dei farisei e scribi che portano fiori sulle tombe di quei profeti che hanno ucciso), oppure in Dt 31,26: “Prendete questo libro della legge, vi rimanga come testimone contro di te, come trasgressione della legge, della volontà di Dio”.

Allora qui la testimonianza è contro i sacerdoti, ha un senso negativo. Ma quale? Mentre per la Legge e per l’A.T. per essere guarito tu dovevi pagare (tre agnelli, ecc; Lv 14), Gesù ti libera gratuitamente. I sacerdoti vogliono essere pagati, Gesù no. Tu vai dai sacerdoti e guarda cosa loro ti chiedono (penitenze, preghiere, ecc) e guarda cosa ti chiede Dio: niente! Tu non devi offrire niente a Dio: è Dio che si offre a te.

 

45Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte.

MA QUELLO SI ALLONTANO’=lett. è: “uscito”. Ma uscito da dove? Mica era dentro a qualcosa! E, invece sì! Era dentro alle regole della religione: “Se sei puro Dio ti vuole; se vuoi essere accettato da Dio tu devi offrire/fare qualcosa”. Ma adesso l’uomo è libero: “Io non ci cado più. Ho conosciuto chi è Dio e adesso voi non mi fregate più!”.

SI MISE A PROCLAMARE E A DIVULGARE=colpo di scena!: che fa l’ex-lebbroso? Si mette “a predicare” (kerysso=il kerygma; Mc 1,45).

De Andrè cantava: “Dal letame nascono i fiori”. Sì, l’amore è capace di questo. Il primo annunciatore in Mc è questo lebbroso: “Io ero fuori. Lui mi ha guarito ma soprattutto mi ha fatto vedere chi è Dio. Dio è libertà, è vita, è gioia, è amore”. E l’uomo non fa nient’altro che annunciare ciò che lui ha vissuto.

Se conosci il Dio di Gesù, annunci il Dio di Gesù. Se conosci solo il Dio della legge, annunci quello. Se conosci il Dio della paura, annunci quello. Se conosci il Dio della schiavitù, annunci quello. Ognuno annuncia il Dio che conosce.

Goldstein era un ebreo sopravissuto ai pogrom in Polonia, ai campi di concentramento nazisti e a dozzine di altre persecuzioni nei confronti degli ebrei. Un giorno disse al Signore: “Oh Signore, non è forse vero che siamo il tuo popolo eletto?”. E Dio gli rispose: “Sì, Goldstein, gli ebrei sono il mio popolo eletto”. “Beh, signore, non sarebbe ora che di popolo te ne scegliessi un altro?”.

IL FATTO=non c’è scritto “il fatto” ma “il logon”, cioè la parola, il messaggio. Non è: “Guardate cosa mi è successo! Guardate che fortunato!”, ma: “Gesù è Vita; Gesù ama anche gli emarginati; Gesù non esclude nessuno!”.

TANTO CHE GESU’ NON POTEVA PIU’ ENTRARE PUBBLICAMENTE…=e guardate come finisce: “Gesù è costretto a starsene fuori, nei luoghi deserti”. Perché? Perché toccando un lebbroso si è reso impuro. Gesù, adesso, è un emarginato, che, come il lebbroso, deve starsene fuori, “in luoghi deserti”, i luoghi dove dovevano stare le persone impure.

E VENIVANO A LUI DA OGNI PARTE=vedete: il lebbroso è tornato a “vederci”, si è liberato dalle regole religiose. Ma quanti, invece, erano così ciechi, così sottomessi alle regole religiose che impedivano perfino a Gesù di entrare nelle città! Tutte le persone che si sono sentite emarginate, tutte le persone che si sono sentite rifiutate, tutte le persone che si sono sentite disprezzate, ecco accorrono a Gesù.

E’ un Dio che ha purificato la persona, l’ha resa pienamente in comunione con lui. E’ questa la buona notizia che la gente aspettava, specialmente i più lontani, i più abbandonati, i più emarginati e disprezzati dalla religione.

 

Cosa dice a me questo vangelo? 1. “Vuoi guarire? Lo vuoi veramente? Sicuro?”.

Il lebbroso chiede a Gesù: “Se vuoi tu puoi guarirmi”. Come a dire: la guarigione dipende da te. Ma subito dopo averlo guarito Gesù lo riprende: “Perché tu non credevi di non poter guarire?”. Al cieco di Betzaetà Gesù chiederà: “Vuoi guarire?” (Gv 5,6). Ma come, sono cieco e mi chiedi se voglio guarire? Cioè: “Sei disposto a fare tutto ciò che è necessario per guarire? Sei disposto ad accettare le conseguenze della tua guarigione?”.

 

Una donna ha sposato un uomo che non amava (era così emotivamente debole che l’unico modo per sottrarsi di casa era fare così). C’è rimasta insieme vent’anni e c’ha fatto vari figli: ma dentro è morta. “Vuoi guarire?”. Guarire vuol dire per lei lasciare quell’uomo. Da una parte è credente, ha un matrimonio e dei figli; dall’altra però vorrebbe sentire la vita. Che si fa? Vuoi guarire? Sei disposta ad accettare le conseguenze, le implicanze di ciò che vuole dire guarire?

Un uomo è depresso. I suoi amici gli dicono: “Fatti aiutare; vai in terapia”. Ma lui dice: “ Non mi serve a niente!”. Forse! “Vuoi guarire?”. “Io sì che lo voglio”, dice Dio, “ma tu?”.

Una madre: “Mia figlia è sempre scontenta”. E’ l’unica figlia che ha: per lei lava, stira, le fa tutto. “Vuoi guarire?”. Il suo terapeuta le ha detto: “Lasciala andare, se la ami!”. “E io? Chi penserà a me?”. “Vuoi guarire?”. “Sei disposto a fare tutto ciò che c’è da fare?”.

Un uomo ha sviluppato un cancro ai testicoli qualche mese dopo che suo figlio di 23 anni è morto. Il suo psicologo gli ha detto: “Se lei non piange, se non lei non lo lascia andare (suo figlio), andrà anche lei con suo figlio (morirà)!”. Certo, difficile, difficilissimo, ma la domanda è sempre la stessa: “Vuoi guarire?”. Cioè: “Sei disposto a fare tutto ciò che c’è da fare, ad operare tutti i cambiamenti necessari per poter guarire?”. “Io sì”, dice Dio: “E tu?”.

Nel 1964, Norman Cousins si ammala. Diagnosi: forma grave di artrite che colpisce i tessuti connettivi. Possibilità di sopravvivere 1 su 500, subendo in ogni caso devastazione fisica e progressiva immobilizzazione. Tutti i medici: “Non c’è nulla da fare, si prepari al peggio”. Allora si disse: “Norman vuoi guarire? Sei disposto a tutto?”. “Sì lo voglio. A qualunque prezzo”. Cambiò radicalmente la sua vita (si disse: “Se vivere così mi paralizza dovrò fare tutto diversamente!)… iniziò a coltivare emozioni positive (amore, speranza, fiducia in sé, ecc)… e la terapia del sorriso: ogni giorno dosi di film che lo facevano ridere e soprattutto la fede. 8 giorni dopo il suo medico, incredulo, notò miglioramenti e 4 mesi dopo, inspiegabilmente (per chi non ha fede) era tornato a pieno regime di lavoro. E’ morto nel 1990!

 

  1. Poi questo vangelo mi dice: “Qualunque lebbra io abbia, Dio mi vuole lo stesso”.

Dentro di me c’è il lebbroso, ci sono i sacerdoti (la religione), ma dentro di me, per fortuna, c’è anche Gesù.

 

Una donna anni fa ha abortito: si sente uno schifo (lebbrosa). I sacerdoti le dicono: “Vergognati! Guarda cos’hai fatto! Imperdonabile!”. Se ascolta solo loro vivrà per sempre nel senso di colpa. Ma c’è anche Gesù: “Io ti amo per quello che sei, anche con quello che hai fatto… Vieni a ricevere il mio abbraccio…. Ti amo come prima e più di prima… Lascia che il mio amore ti incontri”.

C’è un uomo che ha l’Aids e l’ha trasmesso anche a sua moglie: si sente uno schifo: “Guarda cosa ho fatto? Mi sento indegno di vivere! Sono una merda! Come posso perdonarmi?”. Cosa ti dice Gesù? “Vieni qui a farti abbracciare da me: permettimi di toccarti, di amarti. Lasciati amare da me”.

I figli di un uomo, dopo che se ne è andato da casa (si è separato dalla moglie), hanno sofferto molto. Lui si sente il lebbroso: “Guarda cos’ho fatto! Guarda come li ho fatti soffrire!”. Se ascolta solo i sacerdoti, le regole, non ha scampo: “Ma come fa un padre a fare così! Non pensi a quanto soffrono e hanno sofferto?”. Se ascolta queste voci non potrà più vivere sereno.

Ma c’è anche Gesù: “Lo voglio, guarisci. Metti a tacere queste voci. Basta. Io ti amo lo stesso, anche se è successo questo. Non sei meno degno ai miei occhi. Lasciati amare da me”. Quando mi sento lebbroso, indegno, peccatore, nessuna paura: Dio mi ama lo stesso. Risveglia l’Amore (Dio) che c’è in te e lascia che ti abbracci così per quello che sei.

 

In una fredda notte un asceta errante trovò riparo nel tempio. Il sacerdote non voleva farlo entrare, ma il poveraccio se ne stava mezzo congelato lì sulla neve. Allora lo fece entrare nel tempio: “Solo per questa notte!”. Nel cuore della notte il sacerdote sentì uno scoppiettio: scese dal letto e andò a vedere. Rimase costernato: l’asceta aveva bruciato la statua in legno del Buddha per scaldarsi. Il sacerdote andò su tutte le furie: “Ma cos’hai fatto? Quella era la statua del Buddha”. Andò su tutte le furie, ma ormai…

Comunque prese l’asceta e lo cacciò fuori al freddo gelido. Andò a letto con una rabbia tremenda: “Guarda te, tu fai il bene e poi ne ottieni questo”. Finché dormiva gli apparve il Buddha. Era molto arrabbiato. “Hai ragione Buddha ad essere arrabbiato – disse il sacerdote – per ciò che è successo non avrei mai pensato”. Il Buddha: “Non sono arrabbiato per questo; sono arrabbiato perché hai attribuito più valore a un pezzo di legno che a me. Ero io quell’uomo!”.

 

Pensiero della settimana

Lo scopo della vita non è vincere.

Lo scopo della vita è crescere e condividere.

Quando ti accadrà di guardare indietro a ciò che hai fatto nella vita,

troverai più soddisfazione dai piaceri che hai portato nella vita degli altri

che dai momenti in cui li hai emarginati e sconfitti.