Chiamata primi quattro discepoli

III Domenica del tempo ordinario

Domenica 21 gennaio 2018

Prima lettura: 1 Sam 3, 3-10-19       Salmo: 39       Seconda lettura: 1 Cor 6, 13-20       Vangelo: Gv 1, 35-42

 

 

1,14Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio,

DOPO CHE GIOVANNI FU ARRESTATO=Mc denuncia la stupidità del potere: pensavano di aver risolto il problema uccidendo il Battista, invece, Dio ne fa nascere uno di ben più grande: Gesù. E quando uccisero Gesù pensarono di aver risolto la questione, e, invece, Dio ne fece sorgere uno di ancor più grande: la chiesa. Ogniqualvolta il potente crede di soffocare una voce di denuncia, il Signore ne suscita una ancora più forte.

GESU’ ANDO’ NELLA GALILEA=Gesù incomincia nella regione lontana dall’istituzione religiosa giudaica, una regione a contatto con i pagani dove la mentalità poteva essere poco aperta ma non erano così invasati religiosamente come a Gerusalemme, dove religione e potere andavano a braccetto. La Galilea è lontana da Gerusalemme e lì può iniziare la sua predicazione senza problemi.

Questo vuol dire che Gesù non cercava affatto la morte e i problemi ma, con tanto buon senso, cercava di proteggersi e di stare il più possibile lontano dalle “rogne”. E’ che verrà un tempo in cui “stare lontano dai casini” vorrà dire essere infedele al proprio progetto: e qui Gesù dovrà scegliere. E sceglierà la fedeltà! Sbalorditivo non è che Gesù sia stato ammazzato, sbalorditivo è come sia riuscito con le sue idee, con il suo messaggio, a vivere così tanto.

GALILEA=DISTRETTO, in ebraico, è Ghelil da cui ecco Galilea. Mentre la Giudea deve il suo nome a Giuda, uno dei patriarchi più importanti, questa regione al nord era talmente disprezzata (d’altronde era una regione abitata da poveri, da bifolchi, da gente violenta e i Giudei erano disgustati di questa gente) che lo stesso Isaia non sa come definire questa regione ed usa un termine dispregiativo. La chiama, infatti, “la provincia o il distretto dei non ebrei”.

PROCLAMANDO IL REGNO DI DIO=lett. “annunciando (=kerysso, da ker=cuore, annunciare) il vangelo (eu-anghelion=buona notizia)” cioè la buona notizia di Dio. E qual è la buona notizia di Dio? Che Dio è diverso da come i sacerdoti l’avevano presentato. E’ un Dio completamente diverso. Non è un Dio che chiede ma un Dio che dà, non è un Dio che castiga, ma un Dio che perdona; non un Dio buono ma esclusivamente buono. Questa è la buona notizia: “Al di là di ciò che tu sei o hai fatto, Dio ti ama e tu non devi fare niente per ricevere il suo amore, neppure convertirti!”.

15e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».

IL TEMPO E’ COMPIUTO=tempo=kairos=l’occasione propizia, da prendere al volo perché poi rischia di non ripresentarsi. Dio aveva stipulato un patto con il suo popolo. In cosa consisteva questo patto? Dio aveva dato le sue leggi al suo popolo e questo popolo, osservando le sue leggi, doveva essere in una qualità tale di vita che i popoli circostanti avrebbero dovuto ammettere che il Dio di Israele era il più grande. Ogni nazione aveva una sua divinità, ma, vedendo lo stile di vita di Israele, avrebbero dovuto ammettere che il popolo di Israele era quello che aveva un Dio più grande. In Dt 15,4 c’è scritto: “Nel mio popolo nessuno sia bisognoso”. Allora: una nazione dove nessuno è bisogno è chiaro che quella nazione ha qualcosa di divino.

Ma tutto questo non c’è stato, anzi. Infatti l’ingiustizia veniva esercitata in nome di Dio. E questo era intollerabile. Per questo Gesù dice: “Il tempo è compiuto” (Mc 1,15). Adesso basta: il tempo è venuto ed è finito.

Anche se è difficile dobbiamo aver il coraggio dire: “Questo è finito; questo s’ha da chiudersi”.

Ciò che è finito, è finito. Se una cosa si è chiusa, se ha fatto il suo tempo, dev’essere chiusa.

Se una relazione è finita, è finita. Se un amore è finito, è finito.

Se un progetto è finito, è finito. E’ inutile insistere o attaccarsi all’impossibile.

Se un’idea non è buona o è passata, è inutile continuarla. Se non dà più niente, non dà più niente.

Se un’opinione è falsa, bisogna cambiarla. Perché altrimenti si diventa menzogneri.

Se una persona se ne è andata, è inutile trattenerla perché non c’è più e non ci si può attaccare alla morte.

Se un periodo si è chiuso, è inutile ricordare i bei tempi. La vita è oggi, adesso; ieri è passato.

Se una porta è chiusa, non ha senso continuare a bussare perché per di lì non si può più entrare.

Se un sistema è finito, va chiuso. Ha dato, ma ha fatto il suo tempo.

Esseri uomini e donne vuol dire far nascere e far morire, aprire e chiudere, accendere e spegnere quando è il caso, quando la situazione lo chiede. Anche se sé difficile, anche se costa.

IL REGNO DI DIO=in cosa consiste questo regno?

  1. L’espressione “regno di Dio” ad un ebreo evocava una memoria non molto piacevole. Israele aveva voluto la monarchia e il re. Tutti i profeti erano contrari, ma il popolo lo volle lo stesso. I profeti volevano che fosse Dio stesso a regnare (il regno di Dio) ma il popolo volle, invece, un vero re.

Il profeta Samuele aveva detto al suo popolo: “Ma guardate che il re prenderà i vostri figli per la guerra e li farà morire in battaglie; prenderà le vostre figlie e diverranno “madame” di corte e sue donne; prenderà i vostri terreni e i vostri prodotti migliori; prenderà i vostri schiavi (i lavoratori del tempo), vi metterà tasse, ecc, e voi griderete a causa del re che voi avete voluto eleggere” (1 Sam 8,11-18). Vi farà fare le cose peggiori che voi potete immaginare e pensare. “Volete ancora un re, nonostante questo?”. “Sì” (1 Sam 8,19). Al che anche Dio s’arrende e dice a Samuele: “E dagli sto re!” (1 Sam 8,22). “Se ne pentiranno!”. E così fu perché fu un’esperienza disastrosa.

Ma Dio rispetta sempre la libertà degli uomini, anche quando è contraria alla sua volontà, e concesse la monarchia e il “suo re” ad Israele e fu l’inizio della tragedia di questo popolo. I re furono uno peggio dell’altro: la scissione, la divisione, l’occupazione e la deportazione.

Tutto questa delusione, frustrazione, aveva fatto nascere la speranza, l’attesa di un regno dove Dio stesso sarebbe diventato re. Quindi quando Gesù parla di regno di Dio non intende un regno dell’aldilà, il Paradiso o cose del genere, ma un regno nell’aldiquà, dove Dio stesso governa il suo popolo.

  1. I regni finora instaurati erano regni basati sul potere, sul salire, sull’essere importanti, sull’essere più degli altri, sul comandare. Ma questo regno è una società alternativa dove al posto del salire c’è lo scendere e al posto del comandare c’è il servire, e al posto del possedere c’è il condividere. Ma perché si instauri questo regno è necessaria una cosa: la conversione.

Siate voi la vostra autorità

L’uomo ha il culto dell’autorità. L’uomo ha bisogno di un capobranco che lo guidi, che lo domini e lo gestisca. E più l’uomo è bambino, immaturo, e più cerca qualcuno che faccia “da padre”.

I dittatori non nascono dal caso: possono nascere perché c’è un popolo che crede che miracolisticamente qualcuno possa risolvere tutte le loro questioni e i loro problemi. Allora affida al “leader” tutto il potere, il potere di fare tutto.

Più un uomo è maturo e più rifiuta l’autorità perché diventa egli stesso autorità a sé. Più un uomo è maturo e meno vende il proprio cervello a qualche credo o a qualche “sapiente”. Einstein: “Per qualcuno il cervello è di troppo, un optional”.

Non affittate a nessuno il vostro cervello, chiunque esso sia. Siate i re a casa vostra e della vostra vita.

E’ VICINO=perché dice “che è vicino” e non che c’è già? Perché per entrarci esige una condizione: la conversione. Ma per il vangelo Dio non deve venire perché c’è già, quindi basta accoglierlo.

Il tempo è compiuto, il regno è vicino (altrove dice qui)” per me vuol dire anche: “Vivi adesso”.

Le persone: “Quando sarò grande… quando avrò tempo… quando ci saranno altre condizioni… quando cambieranno le cose… quando i figli saranno grandi… quando sarò meno pieno di cose… quando starò bene”.

La vita è adesso, non domani. E mi chiedo: e se non lo fai oggi perché lo dovresti fare domani? E ancora: ma se non senti il desiderio oggi, come potrai sentirlo domani?

Adesso vuol dire: “Scegli oggi di vivere così!”. Vivi adesso, vivi qui.

Hai un problema da affrontare? Fallo adesso, perché altrimenti diverrà più grande.

Hai una rabbia da esprimere? Fallo adesso perché avvelenerà il tuo sangue e i tuoi giorni.

Hai un mostro o uno scheletro da tirar fuori? Fallo adesso prima che sia troppo tardi.

Hai un cambio radicale da operare? Fallo adesso perché il tempo è ora. Domani potrebbe essere mai.

Hai da ringraziare chi ti ama, chi ti sostiene? Fallo adesso così il tuo cuore si sentirà amato.

Hai del pianto trattenuto? Libera il tuo cuore dall’oppressione e dalla tensione: piangi!

Devi dire un “no” o un “si” difficile? Fallo adesso, subito, e ti sentirai libero.

Ogni volta che noi rimandiamo ciò che dobbiamo fare al nostro profondo arriva il messaggio: “Non vali niente. Tu hai paura per questo non lo fai. Se non avessi paura lo faresti adesso. Vedi: non ne sei capace”.

E quindi non solo non lo facciamo, ma avremo anche sempre meno forza per farlo.

E’ una spirale perversa: meno si agisce oggi e meno si agirà domani (perché la stima di noi diminuisce).

Adesso vuol dire: “Sii qui, nel presente!”.

Ogni tanto mi devo chiedere: “Ma dove sono?”. Perché mentre io sono qui la mia mente è altrove.

Quando uno ti parla, sii presente. Ascolta cosa ti dice: non pensare alla risposta, ascolta il suo cuore, non ti alterare se dice delle cose che non ti vanno, dite: è il suo sentire, non la verità assoluta.  

Quando bevi la birra, gustala. Non pensare ad altro.

Quando sei con un amico, sii presente. E invece, no, cosa fa la mente? Inizia a pensare: “Ma, è interessato a me? Ma, ho detto una “stronzata”? Ma, mi vuole bene?”.

Se domani avete un incontro con il capo, e sapete che potrebbero essere “dolori”, che potrebbe spostarvi, licenziarvi o quant’altro, non fate altro che pensare a questo. Da una parte è normale. Ma dall’altra parte a che serve? Il pensiero serve in realtà per difendervi dal pericolo possibile: così se succede, ci avete così tanto pensato che siete “quasi” pronti. Solo che questo vi impedisce di vedere l’amore di vostra moglie, la gioia dei vostri figli che vi abbracciano; vi impedisce di sorridere, di rilassarvi, di star bene. Ne vale la pena?

Cosa potete cambiare di quello che sarà? Niente. E visto che non potete cambiare niente, vale la pena di rovinarsi l’oggi con il domani?

Perché c’è chi vive sempre “domani” perché l’oggi, la vita, l’intensità della vita gli fa troppo paura.

 

Un ragazzo nel ghetto di Varsavia nel 1941 ha scritto questa poesia:

“Da domani sarò triste, da domani.

Ma oggi sarò contento: a che serve essere tristi, a che serve? Perché soffia un vento cattivo?

Perché dovrei dolermi, oggi, del domani? Forse il domani è buono, forse il domani è chiaro.

Forse domani splenderà ancora il sole. E non vi sarà ragione di tristezza.

Da domani sarò triste, da domani. Ma oggi, sarò contento;

e ad ogni amaro giorno dirò:

“Da domani sarò triste. Oggi no”.

 

Anthony De Mello: “La vita è quella cosa che ci accade mentre siamo impegnati a fare altri progetti”.

Pablo Neruda: “Spesso ho vissuto vite che non sono mai esistite”.

Ogni volta che “viaggio”, che mi faccio una “canna” di pensieri, che la paura mi porta a tutto il possibile nefasto immaginabile, a ciò che potrebbe succedere, a ciò che gli altri potrebbero fare, mi devo dire con forza: “Ritorna alla realtà!, torna qui!, piedi x terra, vivi adesso, vivi qui”.

CONVERTITEVI=metanoeo. Questo termine adoperato da Mc indica un cambio di mentalità, di pensieri, che poi incide nel comportamento.

Il verbo convertirsi nei vangeli, in greco, si trova in due maniere.

  1. Epi-strepho indica il ritorno religioso a Dio. Prima non pregavi, non credevi, non andavi al tempio e poi è successo qualcosa e ritorni a Dio attraverso il culto, la legge e i sacrifici. Gv non lo usa mai; Mt e Mc 1 volta; Lc poche volte. Noi abbiamo tradotto questo verbo convertirsi così, come fosse scritto epistrefo: “Se non vi convertite, cioè, se non fate penitenza, se non pregate di più, se vi mortificate…”. Solo che qui c’è un altro verbo!
  2. Meta-noeo (cambiamento di pensiero-noeo; era la sede non solo dei pensieri ma anche dell’azione), invece, indica un cambio di mentalità che incide, cambia il comportamento.

Qual è, allora, il primo cambio di pensieri?

  1. Il primo cambio di pensieri è che non c’è più da tornare da Dio (epistrefo) attraverso il culto, i sacrifici, l’ubbidienza, la conversione (più preghiere; essere più buono; ecc) ma che Dio adesso è da accogliere.
  2. Il secondo cambio di pensieri è “cambiare i propri pensieri”, tenendo presente che per gli antichi il pensiero è la sede della volontà, dell’agire, quindi del comportamento. A) Mi accorgo che c’è un comportamento, un idea, che non va. B) Accolgo la forza di Dio che C) mi permette di cambiarla.

Quindi conversione non è più tornare a Dio (epistrefo) ma orientare diversamente la propria esistenza.

Conversioni interiori

Conversione, metanoeo, mi invita a fermarmi sulle mie “conversioni” e sulle mie “conversazioni interiori”: quello che mi dico, i miei pensieri, determinano le mie emozioni.

Sto insegnando a scuola e c’è un allievo a cui cade la testa dal sonno (evento). Penso: “Lo sto annoiando” (pensiero). Il pensiero mi fa triste (emozione): “Con tutto il tempo che ci ho dedicato ieri…” e fisiologicamente sento un po’ di ansia (reazione fisiologica): “Cosa devo fare adesso per renderlo attento?”. Dov’è il problema? Il problema è quello che penso: “E’ colpa mia se ha sonno”. Se avessi pensato (com’era!): “Forse ha fatto tardi ieri sera… forse ha dormito poco…”, mi sarei evitato quella tristezza.

Un ragazzo doveva fare l’esame della patente. Quando lo vedo gli dico: “E allora?”. E lui: “Sono un fallimento totale… sono davvero un fallito”. Ci stava malissimo. Capisco, non è bello essere bocciati, ma un esame non è la vita (poi è passato!!!). Perché stare così male? Perché non pensare: “Ce la farò la prossima volta! Studierò di più! Non è la fine del mondo!”.

Outlaw invece dice: “Occhio ai tuoi pensieri, perché si trasformano in parole!… Occhio alle tue parole, perché si trasformano in azioni!… Occhio alle tue azioni, perché si trasformano in atteggiamenti!… Occhio ai tuoi atteggiamenti perché si trasformano in carattere!… Occhio al tuo carattere perché si trasforma in destino”.

 

Allora convertirmi (metanoeo) è innanzitutto per me: “Prima li individuo e poi cambio i miei pensieri che mi fanno soffrire”.

 

Molti pensieri sono dei veri e propri virus per la nostra vita, che creano epidemie di dolore, paura, colpa e angoscia:

“Piacerò? – Bisogna assolutamente! – Non si deve mai… – E se non gli andrò bene? – Devo proprio… – E se poi succede questo…? – E se sbaglio? – E se deludo? – Nessuno mi vuole! – Non piaccio a nessuno! – Sono un disastro! – Non ho futuro! – Non sono capace! – Ormai è troppo tardi! – Non c’è più niente da fare! – Tu sei tutto! – Sarò sempre triste! – E’ un dolore troppo grande! – Non riuscirò mai più a riprendermi! – Senza di lui la vita non ha senso! – Se ne è andato per colpa mia! – Cosa faccio di male? – Ho un brutto carattere! – Non cambierò mai! – La mia vita è inutile! – E’ troppo tardi! – Sono così e rimarrò sempre così! – Nessuno mi ama! – Non merito di essere felice con tutta questa gente che soffre! – E se un giorno mi ammalo? – E se mi succede che…? – E se poi…? – Non finirà mai! Ecc”.

Ma come sarà la tua vita con questi pensieri, con questi virus che hai dentro? Ma è la vita difficile o dolorosa o sono i tuoi pensieri che la rendono così? Perché se sono i tuoi pensieri qualunque posto e qualunque situazione sarà così.

Un uomo esce dalla sua stanza e inizia ad urlare: “Non ci vedo più… non ci vedo più… portatemi subito in chirurgia per operarmi subito”. Arriva lo psichiatra e gli toglie gli occhiali neri che ha addosso: “Adesso ci vedi?”. “Sì”. “Operazione fatta!”.

La prima conversione allora è quella che io devo operare sui miei pensieri. Io penso e non sono pensato dai miei pensieri. Io sono il capitano dei miei pensieri e non i miei pensieri di me.

16Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori.

PASSANDO LUNGO IL MARE=per instaurare questo regno c’è bisogno degli uomini e della loro collaborazione. Gesù chiama due coppie di fratelli Simone e Andrea, (Mc 1,16) e Giacomo e Giovanni (Mc 1,19). Poi Gesù ne chiamerà altri fino a formare un gruppo di circa 12 (Mc 3,13-19).

Questi quattro, in Mc sono i primi chiamati (non così ad esempio in Gv) e sono pescatori. Poi saranno dodici, ma dodici è un numero simbolico. Dodici erano state le tribù di Israele e dodici saranno gli apostoli. Le dodici tribù avevano stipulato l’alleanza, istituendo di nuovo dodici uomini Gesù vuole rifondare un nuovo gruppo, con uno stile totalmente diverso dal primo.

MARE=in realtà è un lago. E perché l’evangelista adopera il termine “mare”?

Ci fu altro grande mare da attraversare e lo attraverso Mosè con il suo popolo per andare verso la Terra Promessa. Gesù, dice Mc, è il nuovo Mosè che porterà ad un’altra terra e ad un altro regno, non più basato sulla terra e sul potere ma sull’amore e sul donare. Mc si rifà al cammino di liberazione degli ebrei col passaggio del Mar Rosso (ecco perché lo chiama mare). Quindi la proposta che Gesù farà è una proposta di guarigione perché gli apostoli sono in schiavitù, in prigione, vivono una vita aliena.

SIMONE E ANDREA=Simone e Andrea hanno nomi greci quindi significa che provengono da una famiglia abbastanza aperta. Una famiglia ortodossa ebrea mai avrebbe messo nomi non ebrei ai suoi figli. Simone, in particolare, è conosciuto, per la sua testardaggine. Infatti il suo soprannome, “Pietra” (Cefa) indica un tratto del suo carattere, la sua caparbietà, che verrà scoperta più avanti lungo tutto il vangelo.

MENTRE GETTAVANO LE RETI=Pietro/Simone e Andrea stanno lavorando (pescatori).

Ma cos’è il lavoro? Il lavoro è la loro sicurezza: senza il lavoro non si mangia. Quindi cos’è che lasciano Pietro e Andrea? La loro sicurezza!

Quel mare è l’Egitto, la prigionia, non può dare vita. Hanno costruito la loro vita su delle basi insicure, non solide: il risultato è ovvio.

La sicurezza è quella cosa su cui basi la tua vita e che senza quella credi di non poter vivere.

E’ il lavoro: sei impiegato in banca e senti che questo lavoro ti uccide l’anima? Che si fa?

E’ l’approvazione: sei “il cocco” del capo… solo che tu non sei d’accordo con la sua politica disumana aziendale. Che si fa?

E’ la mentalità comune: hai una famiglia, dei figli come tutti, lavori, sei una famiglia stimata solo che senti il desiderio di frequentare un gruppo carismatico di preghiera. Solo che i tuoi genitori ti darebbero per pazzo? Questa gente che balla, alza le mani e fa tiri “da matti”… Che si fa?

E’ la tradizione: hai sempre fatto così, sei sempre andato in chiesa al tuo paese, e adesso senti che la cosa è arida e vorresti andare lì vicino dove hai trovato “tanta vita”. Che si fa?

Quando le persone preferiscono la sicurezza alla vita sono destinate a morire nell’anima.

17Gesù disse loro: «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini».

VENITE DIETRO A ME=lui ha bisogno di persone aperte, di persone che si lasciano coinvolgere per realizzare questo suo regno. Lui è il riferimento, Lui è davanti e noi dietro.

Cos’è che metti davanti nella tua vita? Tutti abbiamo un dio, tutti abbiamo qualcosa che per noi è l’assoluto, tutti ci mettiamo qualcosa davanti: per alcuni è il lavoro, per altri l’essere considerati, l’essere qualcuno, per altri la paura. Cosa stai seguendo nella tua vita? Dimmi chi segui e ti dirò chi sei!.

Gesù non va in cerca di monaci (esseni)… di persone pie come i farisei… o gli appartenenti al clero come i sacerdoti… o i teologi, gli scribi, ma chiama gente normale. Gesù cerca persone dal cuore grande perché solo chi ha un cuore grande può essere “pescatore di uomini”.

E’ interessante che Gesù non dice: “Venite dietro di me e vi farò maestri di spiritualità, vi farò diventare santi, vi farò diventare asceti”. Ma dice: “Venite dietro a me e vi farò capaci di togliere le persone dalla morte per ridare a loro la vita”.

VI FARO’ PESCATORI DI UOMINI=

  1. Nell’A.T. la pesca viene associata alla cattura degli empi, di quelli sottoposti a giudizio (Ger 16,16). Quindi non è affatto un’immagine positiva. L’A.T. parla del raduno delle pecore non della pesca dei pesci.
  2. Nella mentalità tempo era il demonio che “pescava gli uomini”.
  3. L’immagine dev’essere risultata di difficile comprensione, tant’è vero che poi i missionari non furono mai chiamati “pescatori di uomini”. Questo è strano visto che Gesù stesso li aveva definiti così. E’ interessante che questo titolo “pescatori di uomini” verrà poi abbandonato dalla chiesa. Preferiranno farsi chiamare “pastori”, titolo che Gesù non aveva dato a nessuna persona (solo Lui si è definito così: “Io sono il Buon Pastore” Gv 10,11), piuttosto che “pescatori di uomini”.

Cosa vuol dire allora quest’espressione?

  1. Per gli ebrei il mare è il caos, l’abisso, l’orrore del mondo, il male. D’altronde non erano un popolo di pescatori e il mare era considerato il nemico numero uno per eccellenza. Mare=male.

E cosa saranno Gesù e gli apostoli? Saranno coloro che libereranno le persone dal potere del male di satana, cioè dalle malattie, dai demoni, dalle infermità del corpo, della mente e dell’anima. In tutti i vangeli, non a caso, la prima cosa che devono fare gli apostoli è guarire (“scacciare gli spiriti immondi e guarire ogni sorta di infermità” Mt 10,1; Mc 3,14-15; 6,7; Lc 9,1).

  1. Pescare un pesce significa tirar fuori un animale dal suo habitat naturale per dargli la morte. Se io pesco un pesce, lo tiro fuori dal suo habitat naturale, la vita, e portandolo a terra gli do la morte. E si fa per il proprio interesse, si pesca per il proprio beneficio.

Ma pescare un uomo, invece, significa tirarlo fuori da quello che gli può dare la morte. Infatti un uomo che sta in mezzo all’acqua sta per affogare e pescarlo significa tirarlo fuori e dargli la vita. Pescare gli uomini significa tirarli fuori dall’acqua, ciò che rischia di dar loro la morte; quindi è un ambiente ostile all’uomo, un ambiente nel quale l’uomo può perire, e non si fa per il proprio interesse, ma per l’interesse degli altri.

  1. Quindi gli apostoli (la Chiesa) ha il compito di “dare la vita”. Per questo la Chiesa è Madre!

La Chiesa deve far vivere i suoi discepoli, deve renderli vivi, vitali, vibranti di vita da traboccare e da contagiare gli altri. Quindi gli apostoli sono chiamati a comunicare vita a tutta l’umanità.

  1. Inoltre c’è un ulteriore senso: da te agli altri. Mentre fino ad ora hai vissuto per il tuo interesse, adesso vivi per l’interesse degli altri; mentre fino ad ora hai pescato per te, adesso pesca per gli altri, per comunicare vita agli altri.

Da pesci a uomini: una vita più profonda! E’ chiaro che c’è un riferimento ad una profondità mai vista.

Questi quattro sono pescatori di pesci: è la loro vita. Vivono per questo, questo dà loro da mangiare.

Cambiando l’oggetto della pesca da pesci a uomini, Gesù cambia l’oggetto e il motivo del loro esserci: non si tratta più di pescare pesci, di vivere in superficie ma si tratta di vivere adesso ad una profondità inaudita, tanto da pescare uomini.

Perché quando sentono la possibilità di essere “pescatori di uomini”, cioè di vivere in una maniera totalmente diversa, lasciano tutto e lo seguono. E’ quando capiscono che possono vivere così che lo seguono.

Ma cosa vedono?

Vedono la tenerezza di Gesù che accoglie i piccoli, i derelitti e tutti i peccatori; vedono la libertà di Gesù che va oltre tutti i pregiudizi e tocca i lebbrosi, le donne, le prostitute; vedono l’amore di Gesù per cui ogni uomo, anche il più pezzente, ha il suo valore insostituibile e unico; vedono la passione di Gesù che lotta per l’umano e per tutto ciò che vive; vedono la commozione di Gesù che piange e si commuove per la Vita e per le cose belle; vedono la passione per la verità di Gesù che non si ferma in superficie nelle questioni ma ci entra dentro; vedono la fiducia di Gesù che non ha paura di nulla e che si affida al Padre e alla Vita; vedono i miracoli che accadono a chi incontra Gesù; vedono un uomo vivo e si sentono loro stessi vivi come non mai.

E quando Gesù chiede loro: “Volete anche voi vivere così (= pescare la Vita, l’umanità, le persone, gli uomini)? Volete vivere a questo livello?”, loro non possono che rispondere: “Certo!”; “Sì”. “Volete vivere così, come vivo io?”. E la risposta certa, immediata, senza dubbi: “Sì!… Certo!… Anca massa!… Sì, subito!”.

Sarà difficile, sarà faticoso, tante volte vorranno tornare indietro e tante volte deluderanno Gesù ma “toccarono” un modo di vivere per cui valeva la pena lasciare tutto. E lasciarono tutto il resto, e vissero davvero! E ne valeva veramente la pena!

Ecco il: “Seguitemi!”. Cos’è che seguono? Il suo modo di vivere!

 

La domanda quindi è rivolta a tutti noi: “Vuoi vivere davvero? Vuoi sentire la vita? Vuoi sentire la vibrazione della vita? Vuoi sentirti pieno e vivo come non mai?”. Non è un obbligo (tanto Dio ti ama lo stesso), è una possibilità. Se vuoi questo e se sei disposto ad accettarne anche le conseguenze (le cose da lasciare) allora sarà automatico seguire Gesù.

Dio ha stima di te. Dio ha più fiducia di noi perché ci conosce meglio di noi. Noi abbiamo paura ma lui, invece, ha fiducia, stima di noi. Sa cosa possiamo fare. Conosce la nostra grandezza.

Mandela: “Un vincitore è solo un sognatore che non si è arreso”. “La nostra paura più profonda non è di essere inadeguati, la nostra paura più profonda è di essere potenti oltre misura. È la nostra luce, non il nostro buio che ci fa paura”. Noi ci chiediamo: “Chi sono io per essere così brillante, così grandioso? Così pieno di talenti, favoloso?”. In realtà chi sei tu per non esserlo? Tu sei un figlio di Dio. Se tu voli basso, non puoi servire bene il mondo. Non si illumina nulla in questo mondo se tu ti ritiri, appassisci. Gli altri intorno a te non si sentiranno sicuri. Noi siamo nati per testimoniare la gloria di Dio dentro di noi”.

Sii un pescatore di uomini!

Dio ha bisogno di te.

La mistica Etty Hillesum nel suo meraviglioso Diario dice: “Non saremo noi, o Signore, un giorno a chiamarti in causa e a dirti: “Dov’eri Tu?”, ma sarai Tu un giorno a chiamarci in causa e a dirci: “Dov’eri tu o uomo?””.

Durante la guerra il Duomo di Colonia viene bombardato e il Cristo cade e si rompono le mani e i piedi. Allora viene raccolto dalle macerie e il parroco ci mette un cartello: “Dio non ha mani se non che le nostre mani (per fare, costruire, realizzare, cambiare), Dio non ha piedi se non che i nostri piedi (per andare, incontrare), Dio non ha cuore se non che il nostro cuore (per amare questi uomini e questo mondo).

18E subito lasciarono le reti e lo seguirono.

SUBITO=quando hanno capito come potevano vivere, non potevano che dire immediatamente. “Sì”.

1943: siamo in piena guerra e l’agnostico e indifferente Lorenzo Milani (fu battezzato solo per timore delle leggi razziali e i suoi genitori sposati solo civilmente si sposarono religiosamente per lo stesso motivo), di famiglia bene e agiata, assiste alla morte di un giovane sacerdote e, interpellato nel suo profondo, dice: “Io prenderò il suo posto”. Così fece e così fu.

La fede non è una produzione di preghiere, di salmi, di concetti religiosi. La fede è andare. Dio mi chiama (chiamata) e io sono chiamato a rispondere (respondeo: la responsabilità!).

C’è una chiamata (vocatus, vocazione), qualcosa che mi tocca, che mi interpella, che mi dice al mio cuore: “Tu!” e c’è una risposta (responsabilità) che è sempre una pazzia a pensarci bene.

La fede è andare: c’è qualcosa che mi “tocca”, sollecita: fede è coinvolgersi, mettersi in gioco, scendere: “Ci sono io! Io vado! Eccomi! Non posso far finta di niente! Non posso tirarmi indietro! Non posso vivere e sottrarmi alle mie responsabilità! Devo andare!”.

Dire di ”no”, è già una risposta, tanto quanto dire di “sì”.

Le persone a volte dicono: “Ma qual è la mia chiamata? Ma cosa devo fare io nella vita?”. E’ una domanda da porsi certo, ma a volte è un modo per sfuggire dal coinvolgersi. Si aspetta la grande chiamata e si fugge dalle piccole chiamate di ogni giorno. Coinvolgiti nella scuola, nel lavoro, nell’ingiustizia, nel territorio: “Puoi stare zitto? Puoi tirarti indietro? Puoi far finta di non sapere, di non aver visto?”.

Buber: “Si diceva che alle porte di una città c’era un mendicante che sapeva chi era il Messia. Così un rabbino, appena sentita la notizia, si mise subito in viaggio, desideroso di sapere chi fosse. Quando arrivò alla città, effettivamente trovò alle porte della città un uomo che mendicava. “Mi hanno detto che tu sai chi è il Messia. E’ vero?”. “Sì, è vero?”. “Ti prego, allora, dimmelo. Chi è il Messia?”. “Tu!”.

LASCIARONO LE RETI E LO SEGUIRONO=perché lasciano subito tutto quello che facevano? Perché Mc sottolinea il cambio radicale? Perché hanno scoperto una cosa (la Vita) che è troppo bella, troppo forte, troppo incredibile. Vivere così non ha prezzo!

19Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, mentre anch’essi nella barca riparavano le reti.

ANDANDO UN POCO OLTRE=perché Mc non ha scritto (che faceva prima!): “Gesù chiamò quattro persone, due coppie di fratelli, ed essi lasciato tutto lo seguirono”? Perché le due chiamate sembrano uguali ma non lo sono.

VIDE GIACOMO, FIGLIO DI ZEBEDEO E GIOVANNI SUO FRATELLO=sono tipici nomi giudaici, ebrei.

Giacomo e Giovanni, sono in una condizione diversa da Pietro e Andrea. Infatti Mc fa di tutto per far capire che loro hanno un attaccamento tremendo al padre. Infatti dice:

  1. “Giacomo di Zebedeo” (Zebedeo è il padre). Cioè, Giacomo appartiene a suo padre. Giovanni, invece, no o comunque meno di Giacomo, che sembrerebbe completamente avvolto nella ragnatela paterna. Avrebbe potuto dire: “Giacomo e Giovanni di Zebedeo” ma qui Mt volutamente scrive così, per far apparire la diversità che c’è fra i due fratelli.
  2. “Giacomo e Giovanni che nella barca insieme con Zebedeo, loro padre”: la barca, che è la loro sicurezza e la loro vita, è condivisa, o forse meglio, influenzata o ancor più, diretta dal padre. Non ci sono solo loro: nella loro vita è il loro padre che li dirige e che comanda.
  3. ”Lasciata la barca e il padre”. E’ proprio questo il loro problema: devono lasciare giù il padre.

Il padre, a quel tempo, è sia la tradizione (erano i padri a trasmettere la tradizione e la religione), che la famiglia (era il padre il responsabile e il capo della famiglia).

Il legame paterno diceva: “Se tu porti avanti il nostro onore… se tu porti avanti il lavoro della tua famiglia… se tu non ci deludi… se tu ti comporti bene… se tu fai contenti i tuoi genitori… se tu ti fai una famiglia come noi… se tu non fai cose che ci fanno soffrire… se tu non fai cose tanto diverse da noi allora noi ti accettiamo; allora qui sai che puoi sempre tornare; allora sei dei nostri; allora l’amore è garantito”.

Il legame paterno è l’ambizione, è trovare un bel posto, è portare in alto il cognome, dar lustro alla famiglia. E, infatti, un giorno andranno con la madre, assetata di potere anche lei, chiedendogli di essere alla sinistra e alla destra nel suo regno (Mt 20,20-23). Un’altra volta chiesero di utilizzare la violenza (come tutti gli assetati di potere): “Vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li distrugga” (Lc 9,54). E un’altra volta ancora siccome c’era uno che riusciva a fare le guarigioni che loro non riuscivano a fare dicono a Gesù: “Abbiamo visto un tale che scacciava demoni nel tuo nome e glielo abbiamo impedito, perché non ti segue insieme con noi” (Lc 9,49).

E poi il legame paterno diceva: “Prima di tutto, ricordati sempre, viene la tua famiglia”. E non importava che poi dentro la famiglia vi fosse insoddisfazione, manipolazione, soprusi! Solo che Gesù dirà: “Mi dispiace, non è così. Prima della famiglia viene il regno di Dio”.

 

Quindi Giacomo e Giovanni, abbandonando il padre, fanno qualcosa che nessuno avrebbe mai fatto a quel tempo: disubbidire all’autorità paterna (segno di ingratitudine e oltraggio pubblico scandaloso).

È più importante la mia nuova compagna o mia madre? È più importante la Vita (=il regno).

È più importante l’onore della gente o la libertà interiore? È più importante che tu sia vivo (=il regno).

È più importante che i tuoi genitori siano contenti di te o che tu sia contento di te? È più importante che tu sia vivo (=il regno).

Per questo un giorno Gesù dirà: “Non sapevate che devo occuparmi delle cose del Padre mio” (Lc 2,49) e non tanto delle cose di mio padre Giuseppe e di mia madre Maria?

20E subito li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre Zebedeo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui.

LASCIARONO IL PADRE CON I GARZONI=Gesù non è compatibile con queste due dimensioni.

  1. La tradizione, sicurezza (padre): “Lasciamo le cose così… si è sempre fatto così… non fare diversamente… attento che è pericoloso… non deluderci… fai come tuo padre… la famiglia è la cosa più importante…”.

2. Benessere, tranquillità, stabilità (garzoni): se hanno dei garzoni vuol dire che hanno una impresa ittica, quindi c’è un certo benessere, una certa garanzia. Seguire Gesù, invece, “non è tranquillo”, è vitale, vibrante ma incerto, pericoloso, destabilizzante.

 

 

Pensiero della settimana 

 

La tua strada è solamente tua:

per questo ti diranno che la tua strada è sbagliata

perché la tua strada non è la loro.