L’amore è irresistibile

Battesimo del Signore

Domenica 7 gennaio 2018

Prima lettura: Is 55, 1-11     Salmo: Is 12, 2-6        Seconda lettura: 1 Gv 5, 1-9            Vangelo: Mc 1, 7-11

 

 

1,7E proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. 8Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».

Il vangelo di Mc inizia con Giovanni Battista che battezza. Il suo è un battesimo di conversione (Mc 1,4). Conversione, metanoia in greco, indica letteralmente un cambiamento di mentalità e di valori. Il battesimo del Battista è un segno: “Con il battesimo vi tolgo il passato sbagliato, i peccati, ma voi dovete cambiare vita, mentalità e modo di pensare”, altrimenti non serve a niente.

Prova a dire ad una persona: “Se tu continui a fare così, tuo figlio non diverrà mai autonomo, adulto. Se tu continui a trattarlo da bambino, creerai un disabile psichico nel futuro”. Le persone vi diranno: “Fatti gli affari tuoi!; chi sei tu per darci consigli; tu parli perché non hai figli; io lo amo”.

Prova a dire ad una persona: “Guarda che il Gesù del vangelo non è proprio così”. Ti dirà: “E chi sei tu per dirci questo? A me hanno insegnato così! Ma allora non è vero niente! Impossibile”.

Prova a dire ad una persona: “Guarda che la tua vita è così infelice perché ciò che tu credi la rende infelice”. Ti dirà: “Non è vero!; io faccio il meglio!; è il mondo cattivo; io mi voglio bene (!); ecc.”.

E’ difficile convertirsi, cambiare pensieri, modo di vivere e d’agire.

Einstein diceva: “E’ più facile spezzare l’atomo che le credenze di un uomo”.

A Padova vive un uomo che batte le mani ogni dieci secondi. Interrogato sul perché di questo strano comportamento risponde: “Per scacciare gli elefanti”. “Elefanti? Ma qui non ci sono elefanti”. E lui: “Appunto!”.

Una vecchia zitella che abita in riva al fiume chiama la polizia per avvertire che davanti a casa sua alcuni ragazzi fanno il bagno nudi. L’ispettore manda sul posto uno dei suoi uomini, che ordina ai ragazzacci di andare a nuotare più in là dove non ci sono case. Il giorno seguente la donna telefona di nuovo: “I ragazzi si vedono ancora!”. Il poliziotto torna e li fa allontanare di più. Il giorno seguente la donna chiama ancora: “Dalla finestra della mia soffitta, con il cannocchiale, li posso ancora vedere!”.

Il battesimo di Giovanni Battista (che non è quello di Gesù) è: “Vi tolgo i peccati; ma voi cambiate, altrimenti li rifarete e non serve a niente”. E’ un lavaggio, una purificazione, un bagno, non per niente viene fatto nel Giordano! “Ma se poi voi vi sporcate ancora”, dice il Battista: allora tanto vale la pena!

Ma cosa succede? Succede qualcosa di imbarazzante. Perché? Perché finché il Battista battezza arriva da lui Gesù. E le persone si chiedono: “Ma come, anche Gesù va a farsi battezzare dal Battista?”.

I primi cristiani stessi erano imbarazzati da questo episodio. Infatti: se il battesimo del Battista è per il perdono dei peccati, questo vuol dire che Gesù aveva peccato? Non è possibile questo. E allora? Ma se Gesù non aveva peccati, allora perché ci è andato? C’è andato per darci l’esempio? Ha fatto finta di averne di peccati? E non se ne viene fuori.

9Ed ecco, in quei giorni, Gesù venne da Nàzaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni.

Mc dice: “In quei giorni Gesù” (Mc 1,9). Letteralmente è: “Accade in quei giorni che Gesù venne da Nazaret”.

  1. Accade. A noi non dice assolutamente nulla questa cosa, l’accadere per Mc è il compimento delle promesse dell’antica alleanza: con Gesù e in Gesù vengono realizzate.
  2. Gesù. Gesù ha lo stesso nome di Giosuè: e chi è Giosuè? Se si va a vedere nella Bibbia si trova che Giosuè è colui che ha condotto il popolo dalla schiavitù alla terra promessa. Mosè li ha fatti uscire, li ha condotti, ha vista da lontano la terra promessa, ma non ci è entrato. È stato Giosuè colui che ha fatto entrare il popolo nella terra promessa e Gesù ha lo stesso nome di colui che ha realizzato l’esodo. Gesù è colui che ti libera dalla schiavitù e ti conduce alla terra promessa, alla libertà.
  3. Nazaret. Mc dice solo questo: Gesù viene da Nazaret di Galilea. In Mc (il vangelo più antico) non c’è nessun accenno di Betlemme e di una sua nascita lì. Quindi Gesù non nasce in Giudea, a Betlemme, ma in Galilea, a Nazaret. E siccome non era possibile per la Bibbia che nascesse in una regione pagana e disprezzata come la Galilea, forse è per questo che la sua nascita è stata spostata a Betlemme di Giudea, come diceva la Bibbia (lì doveva nascere il Salvatore).

Poi il vangelo dice che Gesù fu battezzato (Mc 1,9). Gesù però non confessa i suoi peccati.

Il battesimo di Giovanni era un simbolo di morte. Cosa significava? Immergendomi io muoio a quello che sono stato, per iniziare una vita nuova. Il peccatore si immergeva completamente e il battesimo d’immersione significava una morte: tutto ciò che c’è stato prima muore, viene tolto, viene cancellato, eliminato. Questo è il battesimo del Battista.

Ma Gesù non vive questo battesimo di morte. Lui vive un battesimo di resurrezione.

10E, subito, uscendo dall’ acqua, vide aprirsi i cieli e lo Spirito discendere sopra di lui come una colomba.

Il vangelo dice: “Salendo (ana-baino) dall’acqua”: ci saremo aspettati un “uscendo” dall’acqua. Uno ci entra e poi ci esce. Perché invece c’è scritto che “sale” dall’acqua?

Quand’ è che Gesù “sale”? Gesù “sale” in cielo dopo la resurrezione (Mc 16,19).

Allora il battesimo di Gesù non è tanto una direzione solo verso la morte: tolgo il peccato. Ma è una direzione verso la vita: “Sono venuto a portarti l’amore del cielo, dell’alto”.

Il battesimo di Gesù non è tanto l’eliminazione del peccato originale, la purificazione dei peccati: non è qui l’accento. Ma, come c’è scritto in tutti i vangeli, è l’amore dall’alto che scende su Gesù e su ogni uomo.

Mc continua: “E subito salendo dall’ acqua, vide aprirsi i cieli” (Mc 1,10).

Aprirsi i cieli. Letteralmente è “schizo=squarciare, lacerare, rompere” i cieli: non è la stessa cosa. Infatti il verbo “squarciare” fa riferimento ad un passo dell’A.T. di Isaia 63,19 dove si dice: “Se tu squarciassi i cieli e discendessi”. Qual è differenza tra squarciare e aprire?

Una cosa che si può aprire poi si può chiudere, ma cosa che si è lacerata o squarciata, non si può più ricomporre, richiudere.

Dobbiamo capire la credenza del tempo. Ai tempi di Gesù si credeva che il Signore, indignato per i peccati del popolo, avesse sigillato la sua dimora. Dio non si dava (non si comunica più) al popolo. Non c’era più comunicazione fra Dio e gli uomini. I cieli sono la dimora di Dio, e i cieli quindi sono sigillati, per sempre. Per questo il profeta diceva: “Se tu squarciassi i cieli e discendessi”. Era la speranza, il desiderio che Dio tornasse a comunicare, a rapportarsi con l’uomo per sempre, senza mai più chiudersi.

Allora: qui i cieli non si aprono (potrebbero di nuovo rinchiudersi) ma si squarciano: in Gesù, Dio torna a comunicare con l’uomo, si dà all’ uomo e si dà per sempre all’ uomo. Il cambiamento che avviene in Gesù è quindi totale, radicale e definitivo.

Qualcuno potrebbe dire: “Ma io non lo sento!”. Sì, ma se non lo senti non è perché Lui non parla ma perché tu sei sordo. Se non lo senti è perché altre voci, altri frastuoni coprono la sua voce.

  1. Bisogna volerlo sentire. Perché a volte noi temiamo cosa Dio ci potrebbe dire. Allora preferiamo non sentirlo o sentire dell’altro.

C’è un uomo che entra in un bar, si siede ad un tavolo e prende un caffè. Il suo vicino, che anche lui prende un caffè, ha una banana nell’orecchio. L’uomo pensa: “Ma forse dovrei dirglielo. Anzi no, non sono affari miei”. Ma il pensiero lo tormenta e dopo un po’ dice: “Scusi… ehm… ha una banana nell’orecchio”. Il vicino. “Come?”. L’uomo: “Ha una banana sull’orecchio”. “Come ha detto, scusi?”. “Ha una banana sull’orecchio!”. “Parli più forte, perché ho una banana sull’orecchio”.

  1. Bisogna mettere a tacere tutte le altre voci. Vi ricordate Elia: “Dio non era nel vento impetuoso, non era nel terremoto, non era nel fuoco, ma era in una brezza leggera” (1 Re 19,11-12). Come in discoteca: non si capisce cosa l’altro dice perché la musica è troppo alta. Per capirsi, per fare un discorso con calma e profondo, bisogna uscire fuori, cioè mettere a tacere tutte le altre voci.

Un giorno il discepolo chiese al Maestro: “Io non sento Dio. Come posso sentirlo?”. E il Maestro: 1. Metti a tacere le voci fuori (chiacchiericcio, continuo parlare). 2. Metti a tacere le voci dentro (pensieri). 3. Metti a tacere le voci del passato (rabbie, odio, rancori, paure che continuano a gridare). 4. Metti a tacere le voci che vuoi sentire (le nostre aspettative su ciò che Lui ci dovrebbe dire). 5. Fatto questo lo sentirai chiaro perché la sua voce è chiara e presente.

E dove ritroveremo questo stesso verbo (schizo)? Lo ritroveremo in Mc 15,38 dove si dice che “il velo del tempio si squarciò in due dall’alto in basso”.

Nel tempio c’era un’altra porta con un velo enorme lungo 25 metri, che copriva una stanza vuota dove non c’era niente. Lì entrava il sommo sacerdote, una volta all’ anno, per pronunziare il nome impronunciabile, il nome di Dio. E si credeva che in questa stanza vi fosse la gloria di Dio, la sua presenza.

Cosa succede? Appena Gesù muore, il velo del tempio si squarcia. E se si squarcia non è più possibile rammendarlo. Cosa vuol dire Mc? Il Dio che era nascosto dal velo del tempio, il Dio nascosto nel tempio, si è manifestato ormai definitivamente in Gesù, in quel Gesù crocifisso. Quella è l’immagine visibile di Dio.

Il Crocifisso è il segno dell’amore di Dio che non si ritrae più, neanche se lo rifiuti, neanche se lo umili, neanche se lo prendi in giro, neanche se lo crocifiggi. Lui non ritrae mai più il suo amore.

Poi Mc continua: “Lo Spirito” (Mc 1,10). Il testo dice “lo Spirito”, in Mc cioè c’è l’articolo. L’articolo determinativo indica la totalità della forza e della vita di Dio: ora tutto questo è in Gesù. Cioè tutto lo Spirito è su Gesù. Non una parte, tutto. Gesù è il possessore de “lo Spirito”. In Gesù si manifesta, non un qualcosa della divinità, ma la pienezza della divinità.

Questo è decisivo: perché molte immagini di Dio sono state create dagli uomini, dalle credenze, dai nonni, dalla cultura, dalla religione, dalle tradizioni. E perché siano vere, vanno confrontate con Gesù: tutto quello che noi sappiamo di Dio e non coincide con Gesù va cambiato. E ci sono molte cose del nostro credo che non coincidono con la vita e con il pensiero di Gesù!

Poi Mc dice: “Scese su di lui come colomba” (Mc 1,10). Quando si analizza il Battesimo di Gesù si trova che è in stretto contatto con la sua morte.

Infatti quando Gesù muore (Mc 15,37) si dice che “spirò” (ek-pneuo). Gesù, nei vangeli, in realtà non muore mai: non si dice mai infatti, che Gesù muore, ma che emette lo spirito. E’ chiaro che Gesù è morto, ma dicendo così gli evangelisti vogliono dire che lui è risorto, che lui vive tutt’ora e vivrà per sempre: lui non è mai morto. Tant’è vero che il verbo spirare prima dei vangeli, non indicava mai la morte di una persona.

Ma il verbo ek-pneo ha la stessa radice di Spirito Pneuma.

Quindi cosa accade? Qui Gesù riceve lo Spirito (pneuma) e alla sua “morte” emette lo Spirito che continua a vivere su tutti coloro che vivono come Lui. Qui entra quello Spirito che poi verrà donato da Gesù a tutti nella Pentecoste: il suo spirito passerà poi in noi.

E la colomba? E’ un’immagine, chiaramente. C’era un proverbio ebraico che diceva: “Come amor di colomba al suo nido”: era un modo per dire l’attaccamento della colomba al suo nido. Lo Spirito che scende su Gesù come colomba, vuol dire che scende su di lui e rimane attaccato perennemente: la forza di Dio risiede davvero, totalmente e per sempre in Gesù.

11E venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».

Poi Mc dice: “E ci fu una voce (phonè) dal cielo” (Mc 1,11). Prima di “emettere lo Spirito” (Mc 15,37), Gesù dà un forte grido (lett. phonè; Mc 15,37). Un altro grido (phonè) Gesù lo dà qualche istante prima di morire quando grida: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (Mc 15,34).

Durante la passione c’è tutto un gioco di grida e di voci. C’è stato il grido (phonè) del gallo 14,30.72 che annuncia il tradimento di Pietro. Il gallo era considerato un animale demoniaco; era un demonio che cantava ogni volta che il satana effettuava una vittoria. Pietro tradisce tre volte Gesù e il gallo canta due volte. E’ il grido di vittoria del male: sembra che satana, il demoniaco, abbia vinto. Ha cantato vittoria!

E, invece, no. Perché anche Gesù grida due volte (phoné Mc 15,34.37): è il grido della vittoria di Gesù e della vita. Canta bene chi canta per ultimo.

Allora: questa voce (Mc 1,11 phoné) è la voce dell’amore di Dio. La voce dell’amore e della vittoria sono all’inizio e alla fine della vita di Gesù. Tutta la vita è nell’amore, immersa nell’amore di Dio che lo sostiene, lo protegge e lo spinge a realizzare ciò che deve realizzare.

E’ quest’amore, questa voce, questo sentirsi al sicuro, protetti, amati, sorretti, che sarà la forza che condurrà dovunque. Si ha bisogno di un amore che ci ami al di là di tutto, un amore che c’è in ogni caso, un amore che non ritrae per nulla, un amore che non si perde e che non si può perdere. Allora si può fare tutto.

Cosa mi dice allora questo vangelo? 1. Quando si è amati si ha la forza per fare tutto.

 Albert Schweitzer, eccellente musicista, medico, teologo e filosofo costruisce un ospedale a Lambaréné nel Gabon per curare tutti i malati. Quando i soldi finiscono torna in Europa per concerti e convegni. Cos’è che lo spinge a fare tutto quello fa? Cos’è che lo spinge in mezzo alla foresta tropicale quando poteva starsene, famoso e agiato, in Europa? Dove trova la forza per curare da solo migliaia di indigeni? Quando si è nell’amore di Dio, si è irresistibili.

Giorgio Perlasca, fingendosi ambasciatore spagnolo, salva 5218 ebrei durante la seconda guerra mondiale. Si trova a Budapest quando c’è l’armistizio tra l’Italia e gli alleati. Si rifiuta di diventare fascista (lo era già stato e ne era anche uscito) e scappa, ricercato dai tedeschi. Ottiene dall’ambasciata spagnola un falso passaporto e diventa Jorge Perlasca. Diventa l’impiegato dell’ambasciatore e quando l’ambasciatore se ne va da Budapest, Perlasca si autonomina (e si auto firma) sostituto dell’ambasciatore. Viene incredibilmente creduto e questo gli permette di salvare migliaia di ebrei. Ma uno dove trova la forza per fare tutto questo?

Peppino Impastato figlio di una nota famiglia mafiosa si dissocia dalla sua famiglia. Viene cacciato di casa dal padre. Si batte per giustizia e legalità. Viene ucciso nel 1978 dalla mafia.

  1. Dio ci ama di un amore incondizionato. L’amore umano, anche il più grande, pone, ha, delle condizioni. Quello di Dio no. Noi abbiamo imparato che per essere amati bisogna fare qualcosa.

Quando facevo il bravo seguivo mio fratello che era più piccolo di me, gli facevo da baby-sitter, così mia madre poteva andare a lavorare e lei, quando tornava, mi diceva: “Che bravo che sei stato!”. Era orgogliosa di avere un bambino così bravo come me. Allora io ho imparato che se si è bravi si ha l’amore. Ma Dio non è così. Dio non ti ama perché sei bravo, Dio ti ama perché sei tu.

Quando andavo a scuola, se studiavo prendevo dei bei voti e la maestra parlava bene di me ai miei genitori. E siccome ero disciplinatissimo, ero additato come esempio dalla maestra. Allora ho imparto che l’amore si merita: si fanno alcune cose e si ha la stima, l’approvazione, il riconoscimento, dalle figure importanti della tua vita. Ma Dio non è così. L’amore di Dio non si merita, è gratuito, è im-meritato.

Quando ero adolescente ho capito che i belli erano visti dalle ragazze e che i ricchi erano corteggiati da loro. Ho capito che solo se si aveva delle qualità si poteva essere “visti” o tenuti in considerazione. Allora cercavo di “mostrarmi”, di “farmi vedere”, di mettere in luce le mie doti, perché qualcuno mi vedesse. Ma Dio non è così. Non bisogna diventare chissà cosa o chissà chi perché Dio ci ami. Non dobbiamo aver successo per andare bene a Dio né diventare qualcosa di diverso da noi stessi.

Quando ero in seminario ho imparato che se ci si comportava bene e non si creavano problemi allora i superiori ti stimavano e ti apprezzavano. Se non creavi problemi ne avresti guadagnato in stima. Così non creai nessun problema e fui bravissimo, un modello. Ma Dio non è così. Non mi devo comportare bene perché Dio mi ami; non devo rinunciare a me perché Dio mi ami; non devo fare il buono perché Lui mi ami.

Quando andavo dal padre spirituale in seminario minore bastava non raccontargli certe cose e lui era contento. Ma Dio non è così. A Lui puoi raccontare tutto, anche ciò di cui più ti vergogni, anche ciò che più ti fa male, ti ripugna, ti fa schifo. Lui ti ama lo stesso.

Quando andremo di là, il Gran Capo, qualunque cosa ci sia scritta nel libro della nostra vita, ci dirà: “Vuoi venire con me? Vuoi accedere alla felicità… alla festa… alla luce… alla pienezza eterna?”. E basterà dirgli: “Sì”. Nient’altro. Ma per molti di noi, quando vedremo tutto il libro della nostra vita, sarà difficile terribilmente difficile dirgli di “sì” perché ci vergogneremo della nostra vita e vorremo meritarci il suo amore, guadagnarci il paradiso. E, invece, no. Il suo amore è Gratis, per questo si chiama Grazia. La Grazia è gratuita e l’unica cosa da fare è dire: “Grazie”.

 

Pensiero della settimana

 

Un giorno un discepolo si macchiò di una grave colpa.

Tutti s’aspettavano che il maestro lo punisse in maniera esemplare.

Ma passò un anno e il maestro non diede segno di reazione.

Allora un altro discepolo protestò: “Non si può ignorare ciò che è accaduto: dopo tutto, Dio ci ha dato gli occhi!”.

E il maestro replicò: “E’ vero, ma Dio ci ha dato anche le palpebre!”.