Sentirsi in cielo ovvero posseduti dalla felicità

II domenica del tempo di quaresima

Domenica 8 marzo 2020

 

  • Prima lettura: Gen 12, 1-4
  • Salmo: Sal 32
  • Seconda lettura: 2 Tm 1, 8-10
  • Vangelo: Mt 17, 1-9

 

Prima del vangelo di oggi (16,22-23) Gesù si era scontrato con Pietro. Gesù aveva detto: “Amici miei, guardate che se vado a Gerusalemme mi uccideranno; i sommi sacerdoti e gli scribi non sono in grado di accettare la mia novità e il mio messaggio di verità e di libertà”. Allora intervenne Pietro protestando: “No, Signore, questo non ti accadrà mai. Tu sei il Messia, noi ti difenderemo; tu sei il Messia, l’eletto di Dio e Dio manderà i suoi eserciti per te”.

Pietro e amici non avevano ancora compreso chi era Gesù. Nonostante il tempo che erano stati insieme, continuavano a proiettare su di lui le loro immagini di Dio: lo vedevano un Messia forte, potente, uno che avrebbe sistemato con la forza e le armi le cose con i Romani e avrebbe riportato giustizia ed equità nel paese. Questo era quello che loro vedevano ma non quello che Gesù era.

È per questo che Gesù prende Pietro e i due fratelli, Giacomo e Giovanni, e li porta sul monte (17,1). Pietro lo “prende” perché è il fautore di un Gesù Messia politico; Giacomo e Giovanni li “prende” perché sono pieni di ambizione. Un po’ dopo (20,20-28) chiederanno a Gesù di essere il ministro degli esteri e dell’interno nel suo regno, uno a destra e uno a sinistra.

Allora Gesù deve correggere la loro visione perché “vedono” in Gesù cose che Lui non è. Pt, Gc e Gv, quindi, si aspettavano un Messia trionfante, armato e potente. Ma Gesù non è così. E nonostante tutto quello che Gesù fa e dice, loro continuano a vederlo così.

Per sapere chi è Dio abbiamo bisogno di vedere Dio, di avere una visione, di fare un’esperienza, allora si sa chi è. Si conosce Dio solo se lo si è “toccato di persona”: allora si sa chi è. Giobbe: “Io ti conoscevo per sentito dire ma ora i miei occhi ti vedono”.

In una notte nera alcuni uomini si imbatterono in qualcosa. Non si vedeva proprio nulla. Quando non c’è la luna nella savana non c’è nessuna luce, è buio pesto. Il primo disse: “È grande e stabile, qui siamo al sicuro, è certamente una roccia”. Il secondo disse: “Qui c’è un ramo lungo, è certamente un albero, mi metterò a dormire qui”. Il terzo disse: “Qui c’è qualcosa di morbido, è certamente un po’ di terra umida, io mi sdraierò qui”. Tutti avevano conosciuto qualcosa, una parte, ma si erano fermati lì. Non avevano capito che quello era un grande elefante, che stanco della loro presenza, mentre loro dormivano, si alzò e li schiacciò.

1 Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e suo fratello Giovanni e li condusse in disparte, su un alto monte.

Questa è una prima chiave di lettura.

  • SEI GIORNI DOPO=ma che importanza ha sapere che Gesù fa questo sei giorni dopo il discorso precedente? In effetti nessuna! Ma i numeri non sono mai messi a caso e hanno sempre un significato profondo.

Nel sesto giorno Dio convocò Mosè sul monte: ecco qui ci sarà una nuova rivelazione. Il sesto giorno, poi, è il giorno della creazione dell’uomo. Quindi quando nel vangelo troviamo sei giorni, o il sesto giorno, significa che quel brano è in relazione alla creazione dell’uomo. L’uomo (Adamo) non è ancora stato creato del tutto.

  • PIETRO=il discepolo Simone è soprannominato Pietro, cioè pietra, durezza, testardaggine. Quando Gesù si rivolge a Simone lo chiama sempre “Simone”. Gli evangelisti, invece, quando nominano questo discepolo usano tre nomi: se è in accordo con Gesù (poche volte) lo chiameranno Simone; se la sua fede oscilla, è dubbiosa, traballante, lo chiameranno Simon Pietro; se invece è contraria, Pietro.
  • GIACOMO E SUO FRATELLO GIOVANNI=come Pietro anche Giacomo e Giovanni hanno un soprannome negativo: i Boanerghes, i “figli del tuono”, perché erano suscettibili, peperini; perché avrebbero distrutto ogni nemico (Mc 3,17; Lc 9,54). Giacomo e Giovanni erano dei fanatici, ambiziosi, violenti e a causa della loro ambizione hanno spaccato il gruppo dei discepoli (Mt 20,17-28).

Allora qui ci sono gli unici tre apostoli a cui Gesù ha dato un soprannome (negativo).

  • LI CONDUSSE IN DISPARTE=questa è un’altra chiave di lettura: ‘in disparte’. Ogni volta, infatti, che troviamo in disparte (kat’idian) significa sempre una situazione negativa.

Se Gesù li prende in disparte non è per un particolare privilegio ma perché stanno resistendo al suo messaggio. Quindi Gesù si prende del tempo tutto per loro perché sono più in difficoltà degli altri.

Questa è un’attenzione pedagogica meravigliosa: Gesù non sbandiera a tutti la “difficoltà” di qualcuno, ma se ne occupa privatamente, lontano da tutti. Un po’ come la mamma che dà più tempo al figlio ammalato rispetto a quelli che stanno bene.

  • SU UN ALTO MONTE=il monte, infatti, è il luogo della divinità. Nell’episodio delle tentazioni nel deserto, è stato satana a portare Gesù su un monte alto e a dirgli: “Ti do tutto questo; tutto questo è a tuo servizio se mi adorerai” (Mt 4,8-9). Adesso, invece, è Gesù a portare Pietro e compagni su di un alto monte: Gesù mostra loro qual è la vera condizione della divinità.

2 E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce.

  • BRILLO’ COME IL SOLE E LE SUE VESTI…=Ma cosa ci vogliono dire queste immagini? “Coloro che segnati con il sigillo (144.000) sono avvolti da candide vesti” (Ap 7,9). “Coloro che furono immolati a causa della parola di Dio hanno una veste bianca” (Ap 6,11). “I vegliardi della porta del cielo sono avvolti in vesti candide” (Ap 4,4). “Coloro che hanno accolto la parola… lo scorteranno in vesti bianche, perché ne sono degni. Il vincitore sarà dunque vestito di bianche vesti: non cancellerò il suo nome dal libro della vita ma lo riconoscerò davanti al Padre mio e davanti agli angeli” (Ap 3,4-5). Il libro dei Numeri poi dice (Nm 6,25): “Il Signore faccia brillare il suo volto su di te”. E Isaia 60,1: “La gloria del Signore brilla sopra di te (a Gerusalemme)”.

Allora: chi sono questi, vestiti con candide vesti e rivestiti, brillanti di luce? Sono i risorti.

Pietro e gli apostoli di fronte all’annuncio di Gesù hanno reagito terrorizzati: “No, non sia mai!”, perché per loro la morte è la fine di tutto. I discepoli hanno paura della morte.

Ma Gesù mostrando l’essenza della morte, cambia radicalmente la prospettiva: la morte non solo non è la fine della vita ma è il potenziamento, l’espressione massima di una persona.

Gesù, quando parla della morte, ne parla sempre in maniera vitale, positiva, come qualcosa che trasforma, che potenzia l’uomo, come un’esplosione crescente di vita.

Gesù paragona la morte ad un dormire: così la bambina di 12 anni non è morta ma dorme (Mt 9,24). La morte, come il sonno, è una pausa necessaria nella vita.

Gesù paragona la morte al chicco di grano: “In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna” (Gv 12,24-25). Come per il chicco quella che sembra una fine è invece la sua piena realizzazione, come il seme dice: “Vado a morire” e invece la realtà è: “Stai diventando la pianta che sei”, così è per la morte.

Gli orientali dicono: “Quella che il bruco chiama “fine del mondo” il resto del mondo chiama “farfalla””.

La morte è una metamorfosi (metamorfeo=trasfigurare): non è la fine ma solo un cambiamento. E per dire la bellezza della realtà dopo la morte, usa queste immagini di splendore, di luce, di brillare come il sole. È il tentativo di dire una cosa che non si può dire: “Una bellezza infinita”.

3 Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui.

  • Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia=Mosè ed Elia rappresentano l’A.T. Mosè è colui che ha dato la Legge ed Elia è il profeta che con zelo, anche violento, ha imposto l’osservanza di questa legge. Ma chi sono questi due? Sono due violenti!

Mosè dopo i quaranta giorni sul Sinai scende dal monte e trova il suo popolo che fa festa. Si arrabbia talmente tanto che in un giorno ammazza tremila persone! Naturalmente non è un episodio storico, ma il senso è: “Vedrai cosa ti capita se non osservi la legge” (terrorismo religioso).

Elia è un profeta fanatico, violento, come sono fanatiche e violente tutte le persone che mettono Dio al primo posto nella loro esistenza (ecco perché Gesù ha cambiato l’orientamento: non Dio al primo posto nella propria esistenza, ma l’uomo. Facendo il bene all’uomo fai pure il bene a Dio, mentre facendo il bene a Dio rischi di non fare il bene all’uomo). Infatti Elia un giorno ha sfidato i sacerdoti di un’altra civiltà e ha vinto. Gli poteva bastare la soddisfazione morale: invece no, ne ha sgozzato quattrocentocinquanta!

Il Dio di Gesù non ha niente a che fare con questo Dio.

Cosa succede qui? Il fatto che Mosè ed Elia conversino con Gesù (non fra loro tre!) indica che Legge e Profeti (cioè l’A.T.) non hanno più niente da dire ai discepoli. Sono il passato.

Ma Pietro non è per niente d’accordo (e adesso capiamo perché Mt quindi lo chiama negativamente: “Pietro”) e interrompe questa conversazione. Pietro qui è chiaramente il tentatore.

4 Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia».

  • TRE CAPANNE=la tradizione ebraica diceva così: “Il messia verrà improvvisamente nel pinnacolo del Tempio, il giorno della festa delle capanne (in greco skenas; in latino tabernacula)”. La festa delle capanne era una festa in ricordo della liberazione dall’Egitto, quando per 40 anni il popolo visse in capanne (ecco la parola che a noi suona strano: capanne!?). Per una settimana si viveva in capanne.

Il nuovo liberatore, quindi apparirà nel ricordo della vecchia liberazione. Per Pietro Gesù non può che essere il Messia, atteso dalla tradizione, che si manifesta nella festa delle capanne.

  • UNA PER TE, UNA PER MOSE’, UNA PER ELIA=mi sono sempre chiesto: e loro? Loro nessuna capanna? O queste parole vogliono dire qualcos’altro?

Nella Bibbia il personaggio più importante, quando ce ne sono tre, sta al centro. Ma al centro, per Pietro, non c’è Gesù, c’è Mosè, il grande legislatore. Ecco la tentazione di Pietro, il satana: “Tu Gesù devi essere come Mosè, come Elia, come la tradizione dice”. Ma Gesù non ucciderà, anzi, Lui darà la vita. Quindi Gesù è incompatibile con la legge di Mosè e con lo zelo profetico di Elia.

5 Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo».

  • EGLI STAVA ANCORA PARLANDO=Pietro ha interrotto Gesù e a sua volta viene interrotto da Dio.
  • nuvola=è un’espressione biblica che rappresenta, indica, l’intervento di Dio.
  • Figlio=nel mondo ebraico significa colui che assomiglia al padre. Quindi “figlio di Dio” significa colui in cui Dio si manifesta, si mostra. In Gesù si mostra Dio.
  • PREDILETTO=non significa il “preferito” ma, nella lingua ebraica, il “primogenito” perché era colui che ereditava tutto. L’eredità non veniva divisa tra i fratelli ma il primogenito ereditava tutto quanto.

Se Gesù allora è il prediletto vuol dire che è colui che eredita tutto quello che Dio ha. In Gesù, quindi, c’è tutta la conoscenza, la verità, la presenza di Dio. Non si può dividere Dio da Gesù.

  • LUI ASCOLTATE= Lui ascoltate… e non chi? Ecco il cambio che Dio stesso attesta. “Non ascoltate più né Mosè né Elia, ma soltanto Gesù. È solo Lui che dovete ascoltare. Smettetela di rifarvi all’A.T., alla Legge e ai Profeti. È Gesù, e solo Lui, che mi rivela e che mi mostra”, dice Dio.

Questo brano risponde ad un interrogativo drammatico e sconvolgente della comunità cristiana: “Ok, accogliamo il messaggio di Gesù, il vangelo, ma che ce ne facciamo di tutto quello che finora abbiamo imparato? Come la mettiamo con l’A.T.? Ma siamo proprio sicuri che sia così?”. Nei primi anni della chiesa su questa fortissima questione c’erano posizioni diverse. C’era chi diceva: “Eh no, dobbiamo osservare la legge di Mosè, come i nostri padri ci hanno insegnato!”. Altri, invece, dicevano: “No, Gesù ha abolito e superato la Legge di Mosè”.

La trasfigurazione, con la Voce di Dio, taglia la testa alla questione: “Ascoltate solo Lui”. Tutto quello poi che dell’A.T. si armonizza, che è compatibile, con Gesù, accoglietelo. Il resto va lasciato.

6 All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore.

  • CADDERO CON LA FACCIA A TERRA=un’espressione che si trova nell’A.T. e che indica la sconfitta. Credevano di seguire Dio, credevano che Gesù fosse quel Dio che loro avevano in testa e quando si accorgono che Gesù non è il Messia e che loro devono cambiare la loro immagine di Dio se lo vogliono seguire, si sentono sconfitti: “Ma come, ci siamo sbagliati?”. “Sì!”. “Non sei come noi pensavamo?”. “No!”.
  • FURONO PRESI DA GRANDE TIMORE =i discepoli sono ancora condizionati dall’idea della religione che diceva che non si può avere un’esperienza di Dio e rimanere in vita.

Mentre per loro “vedere Dio” è poi morire (secondo ciò che diceva l’A.T.), per Gesù per credere bisogna aver fatto esperienza di Dio.

7 Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete».

 “Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: “Alzatevi e non temete” (Mt 17,7).

  • TOCCO’=apto, è il verbo con cui Gesù tocca gli ammalati o i morenti. Sono ammalati!
  • ALZATEVI=egheiro, è alzarsi, svegliarsi dopo un sonno: “Non abbiate paura di cambiare; non abbiate paura di riconoscere che il vostro Dio non è il vero Dio; non abbiate paura di risvegliarvi e di accogliere il Dio-Amore che io vi porto, anche se cambia tutte le vostre idee precedenti”.

A volte noi passiamo per “fede certa” cose che non ci sono nel vangelo.

8 Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo.

I discepoli continuano a cercare Mosè ed Elia: sono le vecchie convinzioni religiose, che davano sicurezza, riferimento. Ma non ci sono più. Adesso c’è solo Gesù.

9 Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti».

E qui si capisce che la trasfigurazione non è un fatto storico ma un’esperienza della comunità cristiana: solamente dopo la resurrezione capirono pienamente che Gesù non era il Messia che avevano nella loro testa ma il Dio-Amore per ogni uomo. Ma che fatica prima!

Solo dopo la resurrezione i cristiani capirono che la morte di Gesù non fu la fine di Gesù ma semplicemente un passaggio ad una condizione divina, splendente.

Lui era più presente e più vivo da morto che finché era in vita.

Cosa dice a me questo vangelo? La morte esiste e un giorno la vivrai anche tu. Vivo l’angoscia o la fiducia della morte?

La morte è angosciante. 1. Nessuno è mai ritornato di qua per cui ci viene spontanea la domanda: “Se nessuno è mai ritornato, vuol dire che non c’è niente?”. 2 Ci separa da tutti coloro che amiamo: “Li rivedremo? Lo riabbraccerò? Lo reincontrerò?”. 3. È ineluttabile: tu puoi pensarci o no, anestetizzarti, distrarti, rimuovere il pensiero ma quando è la sua ora lei arriva inesorabile.

Quando un uomo si rende veramente conto di questa realtà, che cioè si muore, va in angoscia. Jung diceva: “Un uomo che non si ponga seriamente il problema della morte, è un uomo ammalato che deve farsi curare”.

Molte persone fanno finta di niente proprio per questo: per evitare l’angoscia. Ma non funziona!

Alcune persone annegano l’angoscia facendo, facendo, facendo: “Finché faccio non ci penso”. Altre cadono nella depressione: “Se si muore non vale neanche la pena di vivere”. Altre si attaccano disperatamente a qualcuno (un figlio o il partner): “Mi attacco a te per non andarmene. Tienimi di qua”. Altri si ingozzano di cibo, di beni, di soldi: “Visto che perderò tutto adesso mi riempio a più non posso”, oppure: “Tutto quello che ho mi protegge dalla morte”. Altri si arrabbiano e protestano con la Vita, con Dio, con tutti: “Non è giusto! È colpa tua!”. Altri non ci pensano: “Faccio finta di niente; se non ci pensi non c’è”.

La domanda però è uguale per tutti: ma su cosa possiamo fidarci? Ci si può fidare? Dipende

Sei una donna e per strada incontri un uomo sconosciuto che ti dice: “Vieni a prendere un caffè da me?”. È chiaro che non ci si può fidare: “Ma cosa vuoi da me? Ma chi sei? Ma se manco ti conosco!”. Ma se invece è un tuo vecchio amico, uno che conosci benissimo, allora puoi salire tranquillamente.

Cosa si vuol dire? Il vangelo, Gesù dice: “Stai tranquillo, la morte è solo un passaggio, è solo un transito, è solo un viaggio verso una dimora molto migliore di questa vita. Fidati!”. Ma è proprio questo il punto: come posso fidarmi di Gesù, se mai l’ho conosciuto prima?

Il vangelo ci aiuta in questo? Per fortuna sì.

Se Dio in questa vita l’hai conosciuto…, l’hai incontrato, l’hai fatto diventare il centro della tua vita, se è diventato il tuo amore, la tua aria, il sangue che scorre nelle tue vene… se ti ha cambiato la vita… se Lui ti ha fatto vivere… se ti ha tirato fuori dalle morti interiori… se ti ha ridato quella felicità, quell’amore, quella vita che prima non avevi… se Lui ti ha fatto un uomo migliore… se Lui ti ha liberato dall’odio, dal rancore e dal non-senso del vivere… allora tu sai che ti ama, che Lui ti vuole bene, che Lui è con te, che Lui non ti abbandona.

Allora sì che puoi osare fidarti: “Non mi ha abbandonato finora, sono certo che non lo farà neanche adesso”. Se lo hai sperimentato, sai chi è e per questo non dubiti: perché tu sai chi è.

Allora puoi vivere, osare, rischiare, perché non hai più il terrore della morte. Jung: “È vivo solo chi è pronto a morire”.

Elias, 37 anni, era un uomo impegnato per la liberazione dei ragazzi dalla prigionia delle favelas. Un giorno gli squadroni della morte andarono a casa sua e lo uccisero. Sua madre quando lo vide sanguinante gli disse: “Te l’avevo detto, perché ti sei impicciato con quella gentaglia?”. “Mamma sono stato al mondo 37 anni e ho vissuto 37 anni. Sono stato felice di ciò che ho fatto. Lasciami andare!”. E così morì. Sul suo diario scrive: “Quando incontri Dio non puoi più essere lo stesso, non puoi più far finta di non vedere, non puoi più tirarti indietro… Lui ti fa vivere davvero”.

Ma se non Lo conosci, come fai a fidarti? Come fai a fidarti di uno sconosciuto: bisognerebbe essere pazzi.

Ma se Dio ti è rimasto estraneo, sconosciuto, alieno dalla tua vita, allora sì che avrai tanta, ma tanta paura: “Una paura da morire!”, perché, per te, è come un terno al Lotto.

Un mistico islamico, Al-Ghazzali, (i musulmani hanno come padre della fede Abramo) dice: “Abramo, quando l’angelo della morte venne per impadronirsi del suo spirito, disse: “Hai mai visto un amico desiderare la morte di un amico?”. (Ora, Dio amico di Abramo può desiderare la morte di Abramo?). E il Signore gli rispose: “Hai mai visto l’amante rifiutare l’incontro con l’amato?”.

Se Lui è l’Amore… non c’è paura. Nell’amore non c’è paura. Marcel: “Amare è dire all’altro: tu non morirai”. Perché l’Amore è per sempre.

Ma se Lui è lo Sconosciuto, il Nulla, allora la morte sarà un salto nel buio… e sarà drammatico.

Cosa dice ancora a me questo vangelo? Mi dice: “Ecco cos’è felicità!”.

Il vangelo dice che Gesù “fu trasfigurato davanti a loro e che il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce”. Cos’avranno visto? Cosa è stata questa esperienza? Come si possono vedere queste cose? Si possono vedere?

La trasfigurazione è vedere cose che non si possono vedere con gli occhi fisici e che si possono vedere solo con il cuore. E siccome molti non hanno gli occhi del cuore, non hanno queste visioni. Questo vangelo descrive come si appare quando ci si sente in cielo, cioè pieni e posseduti dalla felicità, da una presenza, da un’abitazione, da un amore.

Vi siete mai innamorati? Se vi siete innamorati, se avete perso la testa e fatto cose pazze per qualcuno, se vi è capitato almeno una volta di vedere il mondo come un paradiso e un immenso giardino fiorito perché qualcuno vi ha detto che vi ama, allora potete sperare di capire Gesù e questo brano.

Se non vi siete mai innamorati, lasciati andare, abbandonati alle emozioni del cuore e agli slanci dell’anima, non potrete mai conoscere il vangelo perché Gesù fu così, un innamorato, un passionale, un fuoco che riscaldava, bruciava, infuocava chi lo incontrava.

Ma come fa uno a cambiare d’aspetto? Come fa uno a cambiare il suo volto? Come fa un volto ad essere splendente come il sole e i vestiti candidi come la luce?

Non si possono capire queste cose. È inutile che tu faccia tutte le alchimie e le supposizioni fisiche e scientifiche per capire come si può trasfigurare un volto o in cosa consiste.

Hai mai visto certi volti dopo l’amore? Hai mai visto certe facce piene di vita, di solarità, di voglia di vivere? Hai mai visto il volto di un bambino cullato nelle braccia di sua madre? Hai mai visto gli occhi di una donna quando vede suo figlio dopo il travaglio e il parto?

Se tu conosci l’amore, se tu sai cosa vuol dire innamorarsi, stupirsi, commuoversi, tu comprendi benissimo cosa vuol dire vedere il sole nel volto della tua amata, la luce negli occhi di tuo figlio, l’immenso nella faccia di tuo marito, le stelle, l’universo e tutti i soli che ci sono, negli occhi di qualcuno che ti vuole bene.

Dio è amore, dice l’evangelista Giovanni. Cioè: solo chi sa aprirsi e vivere l’amore può capire Dio. E tutti quelli che non sanno dischiudere il cuore non potranno che avere il concetto di Dio, ma non sentirlo; e tutti quelli freddi e incapaci di commuoversi non potranno mai sentire quanto sia grande; e tutti quelli che non sanno provare, abbandonarsi e permettersi i sentimenti continueranno a cercare invano.

Vi succede mai di piangere davanti ad un volto, ad un tramonto? Vi sentite mai pieni di gioia, da commuovervi, da piangere, da non poter tenere la gioia delle lacrime?

Quando guardo i ragazzi a scuola o nelle attività parrocchiali e vedo quanto sono belli nel loro cuore, quante ricchezze hanno, quali doti, e poi vedo le loro famiglie, i problemi, le situazioni (e tu sai che in quel terreno sarà difficile crescere, che in quell’altro sarà quasi impossibile, che in quello sarà semplice), io non posso non volergli bene; quando li guardo mi commuovo, sento che vorrei abbracciarli tutti, baciarli e dire loro: “Siete grandi, diventate la bellezza che siete”.

Quando ascolto le persone che vengono a parlare e sento le loro storie, le loro ferite, i loro traumi, i loro pianti (e a volte ci sono delle vere tragedie); quando sento cos’hanno passato o vissuto io sono toccato nel profondo e non posso non piangere o commuovermi, perché sento il loro dolore (che rimane loro): lo avverto, lo percepisco.

O quando si vincono delle battaglie, si fanno delle conquiste, si superano delle paure, delle barriere che sembravano insuperabili; o quando succedono delle cose impensabili e meravigliose o quando si aprono degli spiragli inattesi o quando si guarisce fisicamente o nell’anima o ci si trasforma e si diventa belli e splendenti come il sole e si ritrova finalmente la propria vera figura, allora io non posso non piangere dalla felicità, dalla gioia e dalla commozione.

Di fronte alle conquiste di un bambino, alle sue “uscite”, ai suoi occhi, di fronte a certe situazioni, a certi momenti, non si può che non stupirsi, meravigliarsi e sentire tutta la forza, la bellezza e l’intensità della vita che ti entra dentro.

Una volta pensavo che commuoversi volesse dire essere deboli. Ma oggi so che vuol dire essere vivi, vuol dire sentire ciò che tu vivi, ciò che gli altri vivono; vuol dire lasciarsi toccare, lasciarsi colpire da ciò che succede, non essere freddi come il ghiaccio o impenetrabili come il marmo.

Sono i momenti di “trasfigurazione”; sono i momenti in cui si afferma con assoluta certezza che vale la pena di vivere, anche solo per questi momenti; sono i momenti in cui ci si sente grati di essere a questo mondo e di aver avuto la grande possibilità di esistere. Sono i momenti che ti danno l’energia, la fiducia, la forza e il coraggio di andare avanti e di affrontare le discese, le croci e le crocifissioni di ogni giorno.

Sono questi sprazzi di gioia, di felicità, di vita, di infinito, di “Dio”, che ti permettono di affrontare anche i momenti in cui tutto diventa drammatico, angoscioso, “nero”, indegno di vivere o uno schifo.

Ma bisogna permettere alla felicità di entrarci dentro; bisogna lasciare che la vita ci invada, bisogna lasciare che la vita viva in noi, che sussulti, che si muova (e-mozione), che nasca. Altrimenti, immersi nell’oceano, cercheremo l’acqua.

E se tutto questo, qualche volta, non vi succede, è meglio che vi fate curare. Se non vi accade, è meglio che vi chiediate se il vostro cuore vive ancora o se è già morto. Perché lo stupore dice quanto siamo vivi.

Quando ci innamoriamo facciamo esperienza di trasfigurazione.

Cioè: vediamo nell’altra persona delle cose che solo noi vediamo (a dir la verità, a volte può anche succedere che vediamo cose che neppure ci sono!!!).

Quando nel buio di una situazione entra una luce, quando eri perso e ti ritrovi, noi facciamo esperienza di trasfigurazione (“ero perso, ma tu mi hai ridonato la luce”).

Quando scopriamo che la nostra vita così piccola e insignificante rispetto al mondo e ai sei miliardi di uomini, ha un senso e uno scopo preciso, noi facciamo esperienza di trasfigurazione.

Quando vediamo, scorgiamo, percepiamo la bellezza di una persona, la forza, la sensibilità, la ricchezza anche se da fuori non si vede, questa è trasfigurazione.

Trasfigurazione è vedere le persone per quello che realmente sono, per quello che realmente sarebbero; è vedere la loro faccia vera, il loro vero volto, la loro figura come è stata creata da Dio, non deformata dai giorni, dalle paure, dal dolore, dalle ansie e dalle angosce della vita.

Se vi capita di piangere di gioia, di sentirvi così felici da toccare il cielo, da poter dire: “Signore sono così felice, che adesso potrei anche morire, perché quanto ho vissuto mi basta, mi riempie”; se vi capita di essere così pieni, così ricchi da sentirvi in cielo, immensi, da chiamare le stelle sorelle, e i pianeti fratelli, da sentirvi caldi come il sole, o profondi come il mare, beh sappiate che questa è trasfigurazione.

Il mondo vi dirà che siete matti, e continuerà ad essere infelice. Ma voi continuate a sentirvi matti; forse vi sentirete un po’ diversi, ma sarete davvero tanto, tanto felici.

Il nome Tabor, il monte della trasfigurazione, significa “ombelico”.

La vita ci chiama a tagliare tutti i cordoni ombelicali (dipendenze) per poter nascere e vivere ogni giorno.

Se al bambino non fosse tagliato il cordone ombelicale morirebbe: non tagliare certi legami (cioè cambiarli, renderli più liberi o veri, chiuderli, perdonarli, modificarli, trasformarli) ci fa solo morire.

Ma c’è un cordone ombelicale che non si taglia. Il legame con Dio rimane per sempre.

Il Tabor, l’ombelico del mondo, ti dice: “Se sei attaccato qui, legato a me (re-ligione vuol dire ri-legare, essere legati) allora sei al sicuro. Questo legame rimane in eterno, questo cordone è d’acciaio e non si può troncare. E per quanto in basso tu cada o vada, questa corda ti terrà, e tu non ti perderai”.

Quand’ero bambino il nonno si calò per pulire un pozzo (non era molto fondo, 4-5 metri, ma ai bambini tutto sembra enorme). Si legò alla vita e lo calarono giù. La mia paura era: “E se la corda si rompe?”. E loro mi tranquillizzavano: “Questa corda non si spezza mai”.

 

Pensiero della Settimana

Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore (1 Gv 4,8).

Se non hai mai conosciuto l’amore, non hai mai conosciuto Dio.

Se non hai mai conosciuto l’amore, non hai mai conosciuto la potenza dell’amore.

Se non hai mai conosciuto l’amore, semplicemente non hai mai vissuto.

 

Non temere l’amore, temi, piuttosto, di conoscerlo mai.

Non pensare l’amore: ama. L’amore non è un pensiero.

Non aver paura di innamorarti o di lasciarti sconvolgere dall’amore: è l’amore.

Non aver paura di farti amare, di aprirti e di mostrarti vulnerabile: è l’amore.

Chi Ama vive per sempre.

Chi Vive ama per sempre.