La fierezza: vivere la propria vita del tutto e fino in fondo

Battesimo del Signore

Domenica 12 gennaio 2020

 

  • Prima lettura: Is 42, 1-7
  • Salmo: Sal 28
  • Seconda lettura: At 10, 34-38
  • Vangelo: Mt 3, 13-17

 

Il vangelo di oggi ci presenta il Battesimo di Gesù. Gesù certamente è stato battezzato dal Battista. Per i primi cristiani questo era un episodio imbarazzante e scomodo ma innegabile. Se avessero potuto toglierlo… è che era così (la realtà)! Tanto è vero che i vangeli, ognuno a modo suo, cercano di addolcirlo (Gv neppure lo riporta). Le domande problematiche erano molte: “Ma Gesù è inferiore al Battista (visto che si è fatto battezzare)? Gesù ha peccato (visto che è andato come tutti i peccatori a farsi battezzare; cfr. Mc 1,4 dove si dice che il Battista battezza “un battesimo di conversione per il perdono dei peccati”)? Gesù aveva bisogno di conversione (visto che il battesimo del Battista era per la conversione)? E se sì, che cosa doveva cambiare Gesù? Qual era il suo comportamento sbagliato da cui convertirsi?

Gesù si è fatto battezzare ma non ha mai battezzato. E lo stesso Gv 4,1-2 lo sottolinea. Infatti, quando Gesù sente che i farisei dicono che lui battezza e fa più discepoli del Battista, l’evangelista dice testualmente: “Sebbene non fosse Gesù in persona che battezzasse ma i suoi discepoli”. Questo vuol dire che il battesimo, come battesimo, perderà poi di rilevanza in Gesù. Per Gesù non sarà importante battezzare ma il perdono, la guarigione e la Buona Novella. Quindi non è tanto importante il gesto ma il senso del gesto.

In Mt troviamo che il battesimo di Gesù si trova all’inizio e alla fine dell’attività di Gesù. Nel brano di oggi Gesù viene battezzato e quindi diventa manifestazione visibile del Padre in questo mondo. E poi le ultime parole di Gesù resuscitato saranno proprio: “Andate e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo…” (Mt 28,16-20). Cioè gli apostoli sono manifestazione visibile dell’amore di Dio e farla sperimentare ad ogni persona.

13 ALLORA GESÙ DALLA GALILEA VENNE AL GIORDANO DA GIOVANNI, PER FARSI BATTEZZARE DA LUI.

Nel vangelo di Mt appena Gesù entra in scena iniziano subito i problemi.

  • VENNE=lett. “Gesù dalla Galilea andò (lett. “venne”; gr. paraghinetai) al Giordano da Giovanni Battista per farsi battezzare” (Mt 3,13). Mt adopera lo stesso verbo (Mt 3,1 e 3,13: paraghinetai) che ha adoperato per l’apparizione di Giovanni Battista. Con questo stratagemma letterario Mt indica che in Gesù c’è il prolungamento e il compimento dell’attività che ha già iniziato il Battista.

Questo vangelo ci presenta Gesù che va dal Battista a farsi battezzare. Il Battesimo è un simbolo di morte: è morte a quello che si è, che si è stati, per accogliere una vita nuova.

Anche per Gesù il battesimo è un simbolo di morte: non tanto per i suoi peccati o per il suo passato, ma “morte” verso il futuro, cioè per essere fedele alla volontà del Padre di manifestare il suo volto d’amore.

Quindi, per il popolo era un simbolo di morte al passato: “Lascio, metto giù, seppellisco una condotta mortifera per prenderne una vitale… Ho sbagliato a vivere… ho fatto dei danni alle persone… ho ferito… ho fallito la mia vita… ho fatto questo… non ho fatto quell’altro… adesso l’ho capito, mi battezzo come segno che voglio chiudere con tutto ciò”.

Per Gesù è morte al futuro: “Sono disposto a tutto per manifestare chi sei Tu, Padre mio”. Infatti Gesù parlerà della sua morte sempre come un battesimo: “Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto!” (Lc 12,50).

Per noi il Battesimo è simbolo di vita: portiamo un bambino piccolo, la vita appena nata e naturalmente facciamo l’associazione vita-battesimo.

Ma di per sé, il battesimo è un simbolo di morte. Cioè: per rinascere bisogna prima morire. Per aver bisogna prima lasciare… Per amare bisogna prima essere liberi… Per gioire bisogna prima essere in grado di vivere il dolore… Per rialzarsi bisogna prima accettare di essere caduti.

14 GIOVANNI PERÒ VOLEVA IMPEDIRGLIELO, DICENDO: «SONO IO CHE HO BISOGNO DI ESSERE BATTEZZATO DA TE, E TU VIENI DA ME?». GIOVANNI PERÒ VOLEVA IMPEDIRGLIELO

  • GIOVANNI PERÒ VOLEVA IMPEDIRGLIELO=Gesù che va a farsi battezzare come se anche lui fosse bisognoso di conversione non è in linea con il Messia che il Battista ha annunciato, un Messia cioè forte, giustiziere, potente, castigatore, che non ha bisogno di niente e di nessuno. Il profeta Malachia descrive così l’avvento del Messia: “Quel giorno sarà rovente come un forno. Allora tutti i superbi e tutti coloro che commettono ingiustizia saranno come paglia; venendo quel giorno li incendierà” (Mal 3,19).

Giovanni Battista allora protesta: “Io ho bisogno di essere battezzato da te e tu vieni da me?” (Mt 3,14). Per il Battista, infatti, il battesimo è segno di conversione, di cambiamento, di rinnovamento, un modo per dire: “No, a ciò che è stato”. Per questo glielo vuole impedire: “Tu? Tu non hai bisogno di conversione perché tu sei la Conversione, tu sei Dio!”.

Ma per Gesù, invece, essere battezzato (baptizein=immergersi) vuol dire immergersi nella propria vita e nel proprio destino fino in fondo e del tutto; e per lui “essere battezzato” sarà andare incontro alla morte, non perché Lui volesse morire, ma perché il suo annuncio era così destabilizzante che non poteva che concludersi così!

Quindi: “no battesimo!” per il Battista (ed è logico dal suo punto di vista!) perché Gesù non ha bisogno di conversione perché è il Messia, Colui che deve venire; ma per Gesù, “sì battesimo!”, perché Lui vuole immergersi fino in fondo.

Cosa vuol dire per Gesù “Battesimo”? Perché per Battesimo qui si intende “Destino”.

Facciamo un esempio. Si ha vent’anni e una voglia matta, forte, grande e profonda di divertirsi (valore), di “farne”, di emozioni ed eccitazioni.

Allora per realizzare concretamente questa “voglia” si cerca una modalità, una concretizzazione (chiamata) e cosa c’è di più bello che di andare a Gardaland? E che si fa? Si prende l’auto e si va a Gardaland (destino).

Per Gesù è esattamente così. 1. Gesù vive un valore profondo che si chiama Padre, Regno dei cieli (e tutta una serie di valori conseguenti: amore incondizionato, compassione, tenerezza, uguaglianza, perdono, ecc). Il vangelo di oggi del Battesimo, la Voce che Lui sente, è nient’altro che l’esperienza di questo valore fortissimo e radicatissimo di cui fa esperienza. Gesù fa l’esperienza intima del Padre, del Regno dei cieli, della Vita.

  1. Gesù, quindi, si sente chiamato a tradurre nelle parole e nelle azioni (missione) questi valore e questo sentire che vive dentro di sé. Ecco la sua chiamata a predicare, ad andare e ad annunciare. E più l’annuncia e più la sua chiamata viene confermata. E’ l’azione, l’andare, l’incarnarsi, che trasforma il Fato in Destino.
  2. E questo valore è così radicato, così profondo, che è disposto a tutto, ad andare fino in fondo, ad essergli fedele a tutte le condizioni e a tutte le conseguenze: diventa il suo destino (il destino è la strada!). Per questo va fino in fondo, per questo si sente protagonista della propria vita e autore del proprio destino: non perché lui sappia per filo e per segno cosa accadrà, non perché lui lo controlli, non perché lo decida lui, ma perché, qualunque cosa succeda, vivrà ciò che la sua anima vive (valore).

Per questo Gesù si sente immerso nella Vita (Battesimo) perché è totalmente “dentro” al suo valore, a ciò che Lui crede e ha sperimentato.

Allora vivere una vita battesimale, cioè piena, cioè viva, vuol dire avere grandi, forti e radicati valori, a quali ci aggrappiamo e che diventano sostegno, forza, ancore, anche nelle difficoltà. Più sono profondi e più potremo vivere la nostra chiamata, cioè, troveremo, nella nostra realtà, delle modalità per realizzare i nostri valori. E’ l’esperienza e il radicamento nei valori che produce chiamate e destini grandi. Altrimenti si è come un’auto senza benzina: non si può andare avanti!

Diceva lo scrittore latino Cleante: “Il destino guida chi acconsente, trascina chi si oppone”.

Di fronte al destino vi sono almeno tre posizioni:

  1. Tutto dipende da noi (noi ci creiamo il nostro destino). Qui rischiamo di avere l’ansia da prestazione, il senso di colpa se non riusciamo a realizzarci e l’onnipotenza quando le cose ci vanno bene.
  2. Niente dipende da noi (noi non possiamo nulla di fronte a Dio o al Fato o alla Dea Bendata). Questa posizione è consolatoria (il che viene scambiata a volte per fede), dà un senso agli eventi (“E’ volontà di Dio”) ma a volte anche molto comoda e passiva.
  3. Tutto è casuale o misterioso, cioè incomprensibile. Questa posizione è cinica e ci procura insicurezza e impotenza.

Gesù viveva un’esperienza fortissima, l’esperienza del Padre (valore) e poi le circostanze della sua vita in quel tempo (chiamata) gli hanno permesso di realizzare ciò che Lui credeva. Quindi, tutto è dipeso da Lui (a livello di valori) ma non tutto è dipeso da Lui (a livello di circostanze; circostanze erano quel regime politico, quella gente precisa, quei religiosi, ecc.).

In ogni caso è ciò che credi (valore), meglio, la profondità di ciò che credi che determina il destino che ne segue.

Coelho dice: “Il guerriero della luce crede.

Poiché crede nei miracoli, i miracoli cominciano ad accadere.

Poiché ha la certezza che il suo pensiero può modificare la vita, la sua vita comincia a mutare.

Poiché è sicuro che incontrerà l’amore, l’amore compare”.

15 MA GESÙ GLI RISPOSE: «LASCIA FARE PER ORA, PERCHÉ CONVIENE CHE ADEMPIAMO OGNI GIUSTIZIA». ALLORA EGLI LO LASCIÒ FARE.

  • GIUSTIZIA=il termine “giustizia” sia nell’A.T. che nel N.T. ha il significato di fedeltà, di fedeltà all’Alleanza. La giustizia di Dio consiste nella sua fedeltà all’alleanza. Anche se l’uomo può tradirla, Dio rimane fedele all’alleanza. E l’uomo è giusto quando è fedele a questa alleanza. Quindi Gesù invita ad essere fedeli all’alleanza, cioè a compiere la volontà di Dio.
  • ALLORA EGLI LO LASCIÒ FARE=lett. infatti è: “Allora, egli (Giovanni Battista), lo lasciò” (Mt 3,15; gr. tote afiesin auton). Qui Mt colloca un’espressione strana che si trova solo 2 volte nel vangelo di Mt: qui e alla fine delle tentazioni del deserto dove si dice che “il diavolo lo lasciò” (Mt 4,11; gr. tote afiesin auton).

Non è un “lasciò fare” come a volte viene tradotto: cioè il Battista “lascia fare, acconsente” anche se non è proprio d’accordo che Gesù si faccia battezzare.

Ma il Battista, come il diavolo, lo lasciò. Cioè questa, quella del Battista, è la prima tentazione (il diavolo qui è il Battista). Gesù cioè deve rinunciare alle aspettative che la gente ha su di lui (tra cui anche il Battista).

Il Messia annunciato dalla tradizione e dal Battista sarebbe stato subito riconosciuto, accolto e acclamato.

Nel Battista si insinua il dubbio che Gesù non sia l’Atteso che lui attende (ecco la tentazione: “Tu non sei come io pensavo che tu fossi, cioè come il Messia annunciato dai profeti dell’A.T.”). E in Mt 11,3 il dubbio sarà fortissimo: “Sei tu colui che deve venire o dobbiamo attenderne un altro?”.

Gesù non è così! Gesù, invece, al contrario, dovrà proprio liberare il popolo da quest’idea del Messia: non un Messia potente ma un Messia d’amore, non di dominio ma di servizio.

Le persone si attaccano ferocemente alle loro idee, per cui preferiscono vedere quello che vogliono vedere di te piuttosto quello che tu sei davvero.

Due uomini si incontrano. Uno dice all’altro: “Henry, come sei cambiato! Eri tanto alto e adesso sei così basso! Eri così robusto e ora sei magrissimo! Eri tanto biondo e ora sei castano. Cosa ti è successo Henry?”. E l’altro risponde: “Non sono Henry, sono John!”. “Oddio Henry, hai cambiato anche nome”.

“Da quando ti sei sposato non sei più lo stesso”. Forse è sempre stato così, solo che tu volevi vedere quello che ti piaceva vedere. Solo che lui non era quello, ma questo. Questo perché ognuno vede non quello che è ma quello che lui vuole vedere.

Un giovane un giorno arrivò in una nuova città e chiese ad un vecchio: “Com’è la gente di questa città?”. E il vecchio: “Com’è la gente della città da cui vieni?”. “Orgogliosa, attaccabrighe, avara e ladra. Non vedevo l’ora di andarmene!”. “Anche questa”, disse il vecchio.

Dopo un’ora arrivò un altro giovane e incontrò il solito vecchio e gli disse: “Com’è la gente di questa città?”. E il vecchio: “Com’è la gente della città da cui vieni?”. “Buona, gentile, dolce, solidale, sorridente: mi è dispiaciuto tanta lasciarla”. “Anche questa”, rispose il vecchio.

16 APPENA BATTEZZATO, GESÙ USCÌ DALL’ACQUA: ED ECCO, SI APRIRONO PER LUI I CIELI ED EGLI VIDE LO SPIRITO DI DIO DISCENDERE COME UNA COLOMBA E VENIRE SOPRA DI LUI.

  • APPENA BATTEZZATO, GESÙ USCÌ DALL’ACQUA=Gesù esce subito dalla morte.
  • ED ECCO SI APRIRONO I CIELI=i cieli sono la dimora di Dio.

Ma il verbo aprirsi (anoignimi) non è esattamente “aprirsi” (lo si vede meglio in Mc 1,11: schizo) ma svelare (quindi qualcosa di nascosto) aprire ciò che è chiuso a chiave. Uno potrebbe dire: “Ma va beh, è la stessa cosa!”. E, invece, no!

Mt vuole fare un chiaro riferimento a Is 63,19: “Se tu squarciassi i cieli e discendessi” (ed è proprio questo che accade!). Una cosa che si può aprire, poi si può anche richiudere, ma una cosa che è lacerata o squarciata non si chiude più, non si ricompone più.

Cosa credevano a quel tempo, al tempo di Gesù? Credevano così: “Il Signore si è indignato per i peccati del nostro popolo e ha sigillato la sua dimora (i cieli sono la dimora di Dio)”. Cosa vuol dire quindi tutto questo? Che Dio non comunica più con il suo popolo. Ma adesso con Gesù, i cieli si aprono e non si chiuderanno mai più. Sono aperti per sempre. Dio ha smesso di offendersi o di ritirarsi per i nostri peccati; non fa l’offeso o l’arrabbiato perché noi siamo sempre gli stessi e non cambiamo mai. Lui comunica il suo dono d’amore con noi sempre.

In Lc 23,45 si dice che “il velo del tempo si squarciò nel mezzo”. Nel tempio c’era una porta con un velo enorme, lungo 25 metri che copriva una stanza vuota dove non c’era niente. In questa stanza vuota, una volta l’anno, entrava il sommo sacerdote per pronunziare il nome impronunciabile, il nome di Dio. In quella stanza, si credeva, c’era la gloria di Dio, la Sua presenza. Era un Dio nascosto, velato.

Gesù adesso rivela, fa vedere chi è Dio: Dio è amore. Dio è esclusivamente buono e vuole comunicare con gli uomini.

Il Dio della religione: “Hai ucciso: meriti di morire!… Hai peccato: non meriti Dio…! Hai fatto un errore grosso: ritieniti indegno e peccatore!… Hai tradito la sua fedeltà: sei fuori! Mi hai offeso: adesso mi chiedi perdono, altrimenti io non ti rivolgo più la parola (cieli chiusi)”.

Il Dio di Gesù dice: “Io sono l’amore. Sono qui per amarti. Io non sono qui per giudicarti ma per amarti. Il mio compito è solo questo. Puoi permetterlo? Puoi accettarlo? (cieli aperti, cioè cuore di Dio aperto sempre al di là di ciò che l’uomo fa)”.

  • ED EGLI VIDE LO SPIRITO DI DIO=l’articolo “lo” indica la totalità dello Spirito. Con lo Spirito di Dio si intende la pienezza dell’amore e dell’energia di Dio. Cioè: tutto Dio è in Gesù. Se tu guardi Gesù puoi vedere veramente e del tutto chi è Dio.
  • DISCENDERE COME UNA COLOMBA E VENIRE SOPRA DI LUI=La colomba ha 2 sensi.
  1. È il riferimento alla Genesi dove lo Spirito di Dio aleggiava sulle acque (Gen 1,2). Gesù, quindi, è la nuova, vera e definitiva creazione voluta da Dio.
  2. L’altro si rifà ad un proverbio: “L’amore della colomba al suo nido”. La colomba è fedele al suo nido originario, anche se gliene venisse fatto uno di nuovo. Quindi Gesù è il nido dello Spirito, è lì dove risiede la pienezza dell’amore di Dio.

Qui lo Spirito (pneuma) scende su Gesù. Alla fine del vangelo Gesù dirà: ““Padre nelle tue mani consegno il mio spirito (pneuma)”. Detto questo emise/lasciò lo Spirito (afiemi to pneuma)” (Mt 27,50). Allora: lo Spirito qui scende su Gesù e sta per tutta la sua vita. In croce Gesù riconsegna lo Spirito al Padre. Infatti, Gesù nei vangeli non muore: certo che è morto!; ma i vangeli mostrano che “emette” lo Spirito e mai dicono che Gesù morì. Tanto è vero che il verbo spirare, che per noi vuol dire anche morire, prima di Gesù non indicava mai la morte di una persona.

Il suo riconsegnarlo è un e-metterlo: da lui passa a noi. Cioè: la sua capacità d’amare passa, è comunicata, da lui a noi. Come per Gesù, così per ciascuno di noi, il nostro Spirito non muore mai.

Il corpo si disfa ma non lo spirito. Lo Spirito rimane per sempre! Cioè: in Gesù tu sei divino, tu sei eterno, tu sei senza fine. Con il primo principio della termodinamica potremo dire: “Tu ti trasformi ma rimani per sempre”. E passi dalla vita terrena alla vita divina. Nulla si perde; nulla è perso; tutto il bene e l’amore rimangono. L’amore, se è amore, rimane per sempre. La gioia, il bene, la compassione, la tenerezza, l’aiuto, la gratuità, la condivisione vera, la fratellanza, l’amicizia, il sostegno, ecc.: nulla di tutto questo andrà perso. Mai!

17 ED ECCO UNA VOCE DAL CIELO CHE DICEVA: «QUESTI È IL FIGLIO MIO, L’AMATO: IN LUI HO POSTO IL MIO COMPIACIMENTO».

  • ED ECCO SI APRIRONO I CIELI=il cielo indica la dimora divina.
  • QUESTI È IL FIGLIO MIO, L’AMATO: IN LUI HO POSTO IL MIO COMPIACIMENTO=nella voce Mt fonde 3 testi dell’A.T.: questi è il figlio mio (Sal 2); l’amato (Gen 22); in lui ho posto il mio compiacimento (Is 42).
  1. Sal 2: “Questo è il Figlio mio” è l’intronizzazione del Messia. Gesù viene confermato da Dio quale Messia.
  2. Gen 22: “L’amato” vuol dire il figlio unico, colui che eredita tutto, ed è un’allusione ad Isacco, al figlio di Abramo, che voleva sacrificare per compiacere a Dio.
  3. Is 42: “In cui ho posto il mio compiacimento”, è una citazione di Isaia dove si vede l’attività del Messia voluto da Dio.

Quindi in Gesù si manifesta completamente e del tutto la volontà di Dio. Lui è il Figlio che assomiglia in tutto al Padre, Lui è l’Amato dal Padre, che eredita tutto dal Padre. Non si può, cioè, distinguere Gesù da Dio. Vedendo Gesù si comprenderà, quindi, chi è Dio.

Quindi non Gesù è come Dio, ma Dio è come Gesù (cioè: tu vedendo chi è Gesù, quello che fa, quello che dice, quello che sente, tu capirai chi è Dio). E il Dio di Gesù è molto diverso da quello che la tradizione si aspettava.

  • L’AMATO=la voce non dice che Gesù è “amato” ma “l’amato”. L’espressione “l’amato” (ò agapetos) indica l’erede, il prediletto: tutto lo Spirito è su Gesù. Si può essere sicuri, quindi, vuol dire Mt, che guardando Gesù si vede Dio perché tutto lo Spirito risiede su di lui. Lui è “l’amato”, “l’immagine” di Dio, colui su cui lo Spirito di Dio è sceso.

E in Lc 23,47-48 nei versetti immediatamente successivi alla morte (“spirare”) di Gesù dirà: “Visto ciò che era accaduto, il centurione – che di certo non era un santo! – glorificava Dio: “Veramente quest’uomo era giusto”. Anche tutte le folle che erano accorse a questo spettacolo, ripensando a quanto era accaduto, se ne tornavano percuotendosi il petto”. Guardando Gesù tu vedi veramente chi è Dio. In Gesù tu vedi Dio; Dio è come Gesù.

Ciascuno di noi non solo è amato da Dio ma è “l’amato” di Dio. “L’amato” vuol dire l’unico, il prediletto, vuol dire: “Come te, nessun altro”. Allora, amare Dio, che ci ama così, è accettarsi e amarsi, essere grati e orgogliosi di sé.

Le persone hanno un concetto di amore, a volte terribile. Dunque: uno non ama se stesso (si odia, si fa schifo, si disistima.) ma ama gli altri. Ma questo non è e non può essere amore cristiano, agape. Dio ama me ma io no! Io preferisco amare gli altri ma non me. Lo diceva perfino l’A.T.: “Ama il prossimo tuo come te stesso”, non “al posto di te stesso”.

Il N.T., invece, dirà molto di più: “Amati come Lui ti ha amato”: cioè sempre, senza condizioni, al di là di ciò che fai, di ciò che pensi, di ciò che non fai, di ciò che sei o che non sei.

Cosa mi dice questo vangelo? Mi dice: “Vivi!”. Tu sei amato: vivilo!. Cosa ha fatto Gesù in tutte le pagine del vangelo? Aiutava la gente a vivere per davvero.

Se uno era cieco Gesù gli diceva: “Apri gli occhi, non nasconderti la verità”, cioè, “Puoi vivere di più”.

Se uno era paralitico: “Smettila di piangerti addosso… alzati in piedi… affronta le difficoltà e fai la tua strada” , cioè, “Vivi in prima persona, perché ne sei capace”.

Se uno era morto (tipo l’amico Lazzaro): “Vieni fuori. Smettila di morire: vivi… senti… emozionati… slegati da ciò che ti fa morire… esprimiti… realizzati”.

Se uno era imprigionato dalla religione come la povera donna che va a gettare i due spiccioli (tutto quello che aveva per “guadagnarsi Dio”), Gesù le diceva: “Vivi. Dio non vuole da te che ti sveni; Lui non è sanguinario, Lui vuole la vita”.

Se uno era imprigionato dai sensi di colpa per la sua vita, come la peccatrice, Lui le diceva: “Vivi. Avrai sbagliato, ma tu sai amare. Adesso torna ad amare perché tu lo puoi”.

Se uno era ingabbiato da tristi e ottuse leggi religiose, Lui gli diceva: “Vivi! La religione, il sabato, le regole religiose, sono fatte per l’uomo e non l’uomo per il sabato”.

Se uno era insoddisfatto, Lui: “Vivi! seguimi! Se vuoi la vera felicità devi trovare un senso alla tua vita e un modo per spendere ciò che sei e metterlo a servizio degli altri”. Se il tuo rapporto con Dio ti spegne, questo non è il Dio del vangelo.

Dio che è Vita, vuole che noi viviamo “alla grande”. Dio vuole che viviamo al 100%, al 200%, al massimo di ciò che possiamo. Vuole che amiamo con tutta l’ampiezza del nostro cuore. Vuole che conosciamo tutta la verità che possiamo. Vuole che ci realizziamo e che diventiamo il meglio di ciò che possiamo essere. Gesù stesso si definirà così: “Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10,10).

Ma cosa aspetti a vivere? Quando non avrai più la vita non potrai più farlo, sappilo!

 

Cinque uomini in un locale videro una donna bellissima che mangiava da sola. A tutti batteva il cuore.

Il primo: “Cosa non farei per averla, per conoscerla. Ma se mi faccio avanti, chissà cosa potrebbe pensare! Manco la conosco. Penserà che sono un poco di buono e che ci provo con tutte”. E lasciò stare anche se gli rimase sempre il rammarico di cosa sarebbe potuto succedere.

Il secondo: “Se solo fossi bello! Se avessi qualche carta da giocarmi! Se vado lì cosa le dico? E se magari ha già un altro? E poi, io posso ambire ad una donna così? E se poi mi dice di no?”. Così per non rischiare se “la mise via” perché, si giustificò, “non erano donne per lui quelle”.

Il terzo non vide l’ora di tornare a casa. Prese la sua chitarra e compose canzoni stupende piene di emozione, di amore e di desiderio che lei però non sentì mai.

Il quarto andò a casa, telefonò agli amici e raccontò a tutti di aver visto la donna più bella del mondo e che nessuno di loro mai avrebbe potuto capire quanto bella fosse.

E il quinto? Il quinto si alzò dal tavolo, le si avvicinò e chiese di sedersi vicino. La donna gli disse di sì e quella sera rimasero insieme, ma anche quella successiva e anche quella successiva ancora e per tutte le sere della vita.

 

Pensiero della Settimana

Tu hai delle difficoltà? Il mondo ha dei problemi?

Non chiedere a Dio: è Dio che chiede a te.