Amarsi, cioè dirsi di sì, è dirsi di no

XXII DOMENICA DEL TEMPO Ordinario

Domenica 3 Settembre 2017

Prima lettura: Ger 20, 7-9  Salmo: Sal 62  Seconda lettura: Rm 12, 1-2  Vangelo: Mt 16, 21-27

 


 

Ai discepoli che seguono Gesù pensando che lui sia il messia trionfatore, il vincitore annunziato dalla tradizione, che a Gerusalemme avrebbe conquistato e preso il potere, Gesù per la prima volta parla apertamente di quello che l’attende a Gerusalemme. Non è come loro pensavano! Non è come loro si aspettavano! E, poiché non è come loro pensavano, la reazione non si fa attendere.

 

16,21Da allora Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno.

DA ALLORA GESÙ=perché da allora? Perché i discepoli iniziano a capire chi è Gesù, la sua identità (non è il Messia che loro pensano che Lui sia!) e dove deve andare, la sua missione (a Gerusalemme).

 

COMINCIÒ A SPIEGARE AI SUOI DISCEPOLI=indica che Gesù non spiega questa cosa solo oggi, ma che è un insegnamento continuo lungo tutto il percorso. E perché deve tornare e ritornare su questo insegnamento? Perché i discepoli non vogliono capire!

 

CHE DOVEVA ANDARE A GERUSALEMME=dei=è necessario, è un verbo tecnico che indica la volontà di Dio.

I discepoli gli dicevano: “Senti Gesù, ma chi te lo fare di andare a Gerusalemme visto che è pericoloso? Perché ci devi andare? Non possiamo starcene tranquilli qua in Galilea?”. Ma se Gesù avesse fatto così non sarebbe andato “fino in fondo”, non tutto “sarebbe stato compiuto” (Gv 19,30) e non avrebbe manifestato il Dio d’Amore. Che Gesù vada a Gerusalemme i discepoli potevano anche essere d’accordo: “Ci va per buttare giù i potenti e comanderemo noi!”. Ma che ci debba andare, correndo il rischio che correva, anche no!

 

E SOFFRIRE MOLTO DA PARTE DEGLI ANZIANI, DEI CAPI DEI SACERDOTI E DEGLI SCRIBI =tutti questi sono i componenti del sinedrio, il massimo organo giuridico di Israele. Quindi è proprio l’autorità religiosa che uccide Gesù (e non Pilato!). I massimi rappresentanti dell’istituzione religiosa saranno gli assassini di Gesù.

Gesù andrà a Gerusalemme ma non per eliminare i potenti ma per essere ucciso dai potenti. Gesù è il Figlio dell’Uomo che porta la pienezza dell’umanità: ma per le autorità religiose, invece, è inaccettabile questo; le autorità religiose hanno bisogno di dominare l’uomo, di tenerlo immaturo, infantile, nella paura, così da gestirlo. D’altronde bisogna capire le autorità religiose: vi era un tacito accordo con i Romani: “Se voi, attraverso la religione, tenete buona la gente, noi vi manteniamo al vostro posto; se voi ce li aizzate contro, noi vi facciamo saltare”. Infatti, il Procuratore romano sostituiva a proprio piacimento il Sommo Sacerdote. All’epoca di Gesù c’era Pilato come governatore e aveva stretto un forte legame con il Sommo Sacerdote: l’importante era che la religione tenesse calme le persone.

 

E VENIRE UCCISO=questo (“il venire ucciso”) non se l’aspettavano proprio: “Ma come? Se tu muori finisce tutto! Se tu muori non sei il Messia, l’Inviato di Dio, che visto che è suo inviato non può morire!”.

 

E RISORGERE IL TERZO GIORNO=questa cosa i discepoli non la capiscono proprio: che cosa vuol dire resuscitare?

Il terzo giorno non è un’indicazione cronologica (infatti Gesù è stato preso il giovedì sera ed è morto il venerdì: quindi non sono tre giorni!) ma “tre” indica ciò che è pieno, ciò che è completo. Quindi con “il terzo giorno” si indica che Gesù è proprio morto del tutto, pienamente.

 

Più chiaro di così!: è qualcosa a cui non ci si può sottrarre!

Ma perché Gesù “deve” morire? Lo vuole Dio? No!, ovvio!

Dio-Amore non vuole la morte di nessuno, figuriamoci di suo Figlio.

 

E’ necessario perché l’istituzione religiosa (Gerusalemme) ha sempre assassinato i profeti e lapidato gli inviati di Dio (Mt 23,37: “Gerusalemme, Gerusalemme, tu che uccidi i profeti e làpidi quelli che sono stati mandati a te, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una chioccia raccoglie sotto le ali, i suoi pulcini e voi non avete voluto!”).

E perché? Perché il profeta ti fa vedere il Dio vero e non quello che credi tu: allora o uccidi la tua visione o uccidi il profeta e la sua visione.

Il profeta ti va vedere com’è la vera vita: e allora, o uccidi la vita tua falsa per imboccare quella vera o, se è troppo destabilizzante, uccidi Lui.

Il profeta ti mostra la libertà che tu puoi avere, ma se per te è troppo difficile, troppo doloroso liberarsi da certi pesi, troppo pesante fare scelte e lasciare giù certe zavorre, se lasci in vita il profeta (anche senza che lui dica nulla) la sua voce ti richiama la tua prigionia, per cui è meglio eliminarlo così pensi di aver risolto il problema. Come i bambini che per eliminare un problema o una paura chiudono gli occhi.

 

Questa cosa si chiama dissonanza cognitiva (Festinger). Cos’è la dissonanza cognitiva?

Quando due idee (“cognitiva”) sono incongruenti fra di loro (dis-sonanza=suonano cioè diversamente) la persona prova un forte disagio interno e cerca un modo per ristabilire la con-sonanza, deve cioè cercare e ristabilire una coerenza tra l’atteggiamento interiore e il comportamento. Quindi che fanno? Si raccontano una “nuova cosa” che spieghi la situazione dissonante.

 

Io fumo (prima idea/fatto) ma so che è stato dimostrato scientificamente che il fumo uccide (seconda idea/fatto). I due fatti sono dissonanti fra di loro (è difficile, cioè crea disturbo accettare che io fumo visto che so che il fumo uccide), quindi che faccio? Mi trovo una “giustificazione” alla cosa (terza idea/fatto) e mi convinco che queste ricerche non sono poi così scientifiche.

Gesù rivela chi è Dio (primo comportamento) ma le autorità religiose vivono in tutt’altro modo da ciò che dice Gesù (secondo comportamento) e quindi da Dio. Vi è una dissonanza cognitiva difficile da accettare, disturbante (noi autorità viviamo diversamente da come dovremo vivere in quanto ministri di Dio). Che si fa? O si cambia e si vive come Gesù predica (ma ciò ha costi troppo alti) oppure si trova una “giustificazione” dicendo: “Non viene da Dio: anzi dobbiamo ucciderlo in nome di Dio, visto che non viene da Dio”.

 

Noi facciamo spessissimo questo. Butto le carte delle caramelle o i fazzoletti o le cicche per la strada invece che negli appositi cestini (primo comportamento). So che è una cosa da non fare (secondo comportamento). E siccome vedermi nel fare qualcosa che non dovrei fare mi disturba, riduco il divario giustificandomi: “Beh, lo fanno tutti!”.

C’è la possibilità di andare ad un incontro sul vangelo che sicuramente mi nutrirebbe (primo comportamento). Ma sono stanco (secondo comportamento). So che però mi farebbe bene andare, anche se sono stanco e la cosa mi disturba, quindi mi giustifico: “Sì, ma lo fanno tardi, alle 9 di sera…”; “Sì, ma è lontano”; “Anche se salto una volta…”.

Una persona mi ha veramente aiutato nella vita (primo comportamento). Poi abbiamo litigato e adesso ho una brutta idea su di lei (secondo comportamento). Mi disturba dire (dissonanza): “Anche se oggi non lo sopporto però mi ha molto aiutato” quindi mi giustifico dicendo: “E’ sempre stato un falso”, oppure: “No, non mi ha mai aiutato, non me lo ricordo proprio”, oppure: “Sì, sì, lo ha fatto solo per interesse”.

Credo una cosa della mia religione (prima credenza). Poi ad un incontro ne scopro un’altra totalmente diversa (seconda credenza). Siccome è disturbante dirmi: “Forse devo cambiare modo di credere”, è meglio (giustificazione) dirsi: “Allora tutti gli altri si sono sbagliati?”; “Ma chi si crede di essere!”; “Gli altri non dicono così”.

Ogni volta che noi scopriamo una verità su di noi, sulla vita, sugli altri, si alza il velo e vediamo qualcosa che prima non vedevamo. Come reagiremo? Se accetteremo la nuova verità dovremo accettare e stare in un “disturbo” che ci costringerà a cambiare. Se non riusciremo a reggere questa dissonanza ci “inventeremo” una nostra verità per rimanere gli stessi.

 

1954 Minneapolis c’è una piccola comunità apocalittica di ufologi che si definiscono “i Cercatori” e che credono di avere ricevuto, attraverso la scrittura automatica della profetessa Marian Keech, dei messaggi da “i Guardiani” del pianeta Clarion, i quali fanno sapere che scateneranno la fine del mondo al solstizio del 21 dicembre 1954, per punire l’umanità dei suoi peccati (prima idea). I Ricercatori lasciano le loro case, i parenti e il lavoro e alla fine si radunano in un parcheggio, dove i Guardiani hanno annunciato che verranno a prendere solo loro, i veri credenti, per salvarli, trasportandoli sul lontano pianeta. Solo che finisce il 21 dicembre 1954 e la fine del mondo non è venuta (seconda idea dissonante con la prima). Che si fa? E’ difficile, disturbante, dirsi: “Ci siamo sbagliati!”. Così che dicono (giustificazione)? “E’ per la nostra fede incrollabile che i Guardiani non hanno scatenato la fine del mondo!”.

Nel 1959 Festinger fa un famoso esperimento. Viene chiesto a un gruppo di studenti, esaminati singolarmente, di partecipare per un’ora ad un esperimento basato su un compito noiosissimo (prima idea), cioè spostare dei cilindri da uno scatolone ad un altro, per un’ora!!! Alla fine viene chiesto al soggetto di convincere il partecipante successivo che l’esperimento è stato bello e divertente (seconda idea-menzogna). Per tale dichiarazione ad alcuni viene data una ricompensa di 1 dollaro, mentre ad altri di 20 dollari. Quando vengono intervistati, quelli che avevano ricevuto 20 dollari dicono: “Una cosa noiosissima, altro che!” e affermano che il compito è stato davvero assai noioso, ma che valeva la pena di mentire per ben 20 dollari!”. Quelli che avevano ricevuto solo un dollaro, e avevano in più anche mentito dicendo che era una cosa bella a quello successivo, siccome era disturbante dirsi: “Ho mentito per solo un dollaro”, dissero che il compito era stato bello.

E’ la storia di Esopo della volpe e dell’uva. C’era una volta una volpe, furba e presuntuosa… Un giorno spinta dalla fame, gironzolando qua e là, trovò una vigna dagli alti tralicci. Ecco disse: “Finalmente qualcosa di prelibato”. Tentò allora di saltare spingendo sulle zampe con quanta forza aveva in corpo… ma nulla. “Calma” – si disse – “io così furba non posso arrendermi ma, devo escogitare qualcosa per raggiungere quell’uva”. Dopo un breve riposo riprese a saltare ma dopo alcuni balzi, non potendo neppure toccarla, così disse mentre mestamente si allontanava: “Tanto è acerba!”.

 

22Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo dicendo: «Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai».

PIETRO=chiamandolo Pietro sappiamo già che sarà contrario a Gesù, in opposizione.

 

LO PRESE IN DISPARTE=lett. “Pietro lo prese a sé”. E’ lui che prende Gesù invece di lasciarsi prendere da Gesù. Prendere qui si intende “portare nelle proprie posizioni”.

 

E SI MISE A RIMPROVERARLO DICENDO=lett. “cominciò a sgridarlo”. “Cominciò” indica un’azione prolungata e “sgridarlo” (timao in greco) è il verbo che si usa negli esorcismi per liberare le persone dai demoni. Quindi, per Pietro quello che Gesù ha detto non corrisponde alla volontà divina ma è addirittura un pensiero satanico, un pensiero demoniaco. Quindi, per Pietro Gesù è satanico, un indemoniato!, e lo vuole liberare dalla sua ideologia.

Pietro inizia qui a rinnegare Gesù: “No, tu Gesù non devi essere così. Io non accetto quello che sei, io non lo voglio!”. E il rinnegamento durante la Passione non è che la parte terminale di un lungo rinnegamento nato tanto prima.

 

DIO NON VOGLIA=lett. è “(Dio) ti perdoni; Dio ti guardi” (Ger 5,7): è un’espressione che si utilizzava per quelli che si erano allontanati dal Signore. Quindi per Pietro quello che Gesù sta dicendo è un pensiero demoniaco, una cosa lontana, contraria a Dio: per questo Dio lo deve perdonare!: “No, non è possibile questo!”.

 

23Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!».

MA EGLI, VOLTANDOSI=se si volta vuol dire che Gesù è davanti. Pietro, invece, voleva che Gesù fosse dietro (e lui davanti), cioè che fosse Gesù a seguire Pietro. Da un punto di vista logico non ci siamo: se Gesù si volta  vuol dire che Pietro è dietro, altrimenti non gli servirebbe voltarsi. Ma se Pietro è dietro perché gli dice: “Va’ dietro, Satana!”? Ma chiaramente qui si parla non di una posizione spaziale ma di un significato teologico.

 

VA’ DIETRO A ME, SATANA=in Mt 4,10 Gesù aveva detto a satana (nell’episodio delle tentazioni): “Vattene satana!”. Qui, invece, no! Qui gli dice di andarsene solo dietro: Gesù, cioè, non rompe con Pietro ma gli dà ancora una possibilità.

 

SATANA=vuol dire nemico, avversario. Qui satana è Pietro, un uomo! L’unica volta che Gesù dice a qualcuno di essere “il diavolo” è Pietro. Perché lo chiama diavolo? Perché è tentatore, cioè vuole portare Gesù sulla linea del potere, del successo. In sostanza perché non accetta che Gesù sia Gesù, non lo accetta per quello che è, ma lo vuole diverso.

 

TU MI SEI DI SCANDALO=lo skandalon indicava quei sassi, in campagna, che stanno metà fuori e metà sotto terra: non si vedono e sono occasione di inciampo. Quella stessa persona che un attimo prima (vangelo di domenica e versetti precedenti) Gesù aveva definito una pietra adatta per la costruzione della sua ecclesia, quello che era stato chiamato ad essere un mattone per la costruzione, adesso diventa una pietra di inciampo, una pietra di scandalo.

Lo scandalo, nei vangeli, non ha mai una connotazione morale ma significa semplicemente “inciampo”. “Perché mi sei di inciampo? Perché ti metti davanti a me (come il sasso); mettiti dietro di me!”.

 

PERCHÉ NON PENSI SECONDO DIO, MA SECONDO GLI UOMINI!=cosa vogliono gli uomini che Gesù sia? Il Messia re, potente. Cosa vuole Gesù? Che Gesù sia il Dio-Amore. Gli uomini sono dominati dal potere e dal dominio, Dio dal servizio e dall’amore.

 

24Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua.

ALLORA GESÙ DISSE AI SUOI DISCEPOLI=perché Gesù qui parla anche ai suoi discepoli e non solo a Pietro? Perché Gesù si accorge che questa mentalità (potere e dominio) non è solo di Pietro ma di tutti i discepoli.

 

SE QUALCUNO VUOLE VENIRE DIETRO A ME=ecco le condizioni per seguire Gesù (cioè per andare dietro a lui). Quel “se qualcuno” vuol dire:

  1. Che Gesù non si aspetta che siano tanti (al massimo qualcuno);
  2. È una scelta libera. Dio ti ama lo stesso anche se non segui Gesù!

 

Ma se vuoi vivere come Gesù, se qualcuno vuol essere veramente libero, ecco le regole:

  1. Non avere più a cuore il giudizio degli altri, la reputazione.
  2. Accettare la sofferenza dell’esclusione, del giudizio.
  3. Saper cambiare (=perdere la propria vita).

 

RINNEGHI SE STESSO=com’è che abbiamo tradotto questa frase? Che bisogna rinunciare a sé, punirsi, sacrificarsi. Se si è felici è bene non esserlo perché c’è chi sta male! Se si ha delle doti è meglio non tirarle fuori perché chi non le ha sta male. Se si è belli o bravi o dotati meglio non esserlo altrimenti “ci si mostra”.

Cos’è che è santo? Digiunare, fare penitenze, togliersi il pane e il piacere dalla bocca, avere pene, sofferenze e malattie perché è segno di santità. C’è stato un tempo in cui più uno rinunciava a sé, all’affettività, all’amore, alla gioia, a tutte le belle cose umane, più santo era!

E non si capiva come conciliare la frase dell’A.T.: “Ama il prossimo tuo come te stesso”. Ma devo amarmi o rinunciare a me?

 

Ma cosa si dice qui? A cosa si riferisce la rinuncia? E’ chiaro, a quello che Gesù ha appena detto: al potere, all’ambizione, al successo, alla dominazione, alla forza sugli altri. L’istinto predatorio dell’uomo è quello di possedere, dominare, sottomettere. Per questo bisogna rinunciare a questa possibilità per far emergere un’altra possibilità: l’amore, la gratitudine e la compassione.

Ma cosa voleva dire, a quel tempo, vivere così, come Gesù diversamente da quasi tutti? Voleva dire essere derisi, essere considerati ingenui, essere giudicati, perdere la reputazione e il proprio nome, essere considerati e trattati come dei “lebbrosi”, dei pericolosi, ecc. Sei disposto a rinunciare a tutto questo (alla reputazione, al buon nome, all’essere considerato, apprezzato, stimato) per seguirmi?

 

Cosa vuol dire per me rinnegare a me stesso?

Ho un bisogno d’amore dentro enorme. Vado dalle persone e gli dico: “Riempi il mio buco”. Così mi attacco, pretendo, rivendico, esigo. E, invece, mi devo dire: “No!”, nessuno può colmare il mio buco. Devo imparare a darmi ciò che mi serve e a convivere con il mio vuoto.

Ho una rabbia repressa dentro. E sfogo sul mio partner che non mi capisce, che non è all’altezza, che non mi fa felice, che dovrebbe capirmi, che dovrebbe essere diverso. Ma mi devo dire: “No!”. Sono io che non sono in pace con me; sono io che ho “un demonio” dentro, che sono sempre tormentato.

Sto vegetando, sopravvivendo. Tiro avanti ma non ho più slanci, né voglia di vivere. Allora mi devo dire: “No!”, devo rinnegare, rifiutare questo modo di vita. Perché Dio mi ha fatto dono della Vita e io la sto sprecando. Vegeto perché ho paura di cambiare rotta e temo le conseguenze.

Sento che la mia fede si sta impoverendo. Mi dico: “Beh, faccio quello che ho sempre fatto. Perché adesso non va più bene?”. E vorrei che tutto funzionasse come prima. Allora mi devo dire: “No!”, qui non si può continuare così perché la mia anima languisce. Devo fare qualcosa.

Bevo troppo; ho un bisogno estremo che gli altri mi dicano che sono bravo; sono troppo attaccato all’apparenza e al non sfigurare; penso solo al sesso; bestemmio sempre e sono colmo di ira; “scatto” in continuazione; non riesco ad esprimere affetto; sono arido come un fiume in secca: non posso far finta di niente. Mi devo dire: “No!”, così non va bene, così non mi va bene. Devo prendere in mano questa situazione.

E non è difficile dirsi di no? E non è difficile vedere ciò che c’è da vedere? E non fa piangere mettere il dito dietro a certe ferite? Eppure dirsi “no” è l’unico modo per dirsi “sì”. Amarsi, accettarsi e volersi bene è rinunciare, rinnegare, i comportamenti, gli schemi, che ci fanno male.

 

PRENDA LA SUA=non si è santi perché si hanno tante croci o perché si va a prendersi le sofferenze degli altri! Si è masochisti! Qui si parla di qualcosa che è personale, solo tuo. Prova a vivere come Gesù… e capirai se non è croce!

 

CROCE=stauros=croce (cfr Mt 10,38). Il termine stauros indicava il palo orizzontale della croce della crocefissione perché normalmente il palo verticale rimaneva conficcato nel luogo dell’esecuzione, e quando la persona veniva condannata a questa pena, la stessa persona doveva sollevare da terra la trave trasversale e mettersela sulle spalle e avviarsi al luogo del supplizio. Il condannato usciva dal tribunale, portava con sé la croce per le vie della città verso dove doveva essere giustiziato e tutta la gente aveva l’obbligo religioso di insultare e malmenare questa persona.

La croce era per i rifiuti della società. Prendere la croce non vuol dire soffrire ma essere considerati degli emarginati, dei maledetti, dei rifiuti. Quindi, è una via di solitudine e di disonore.

 

Purtroppo noi associamo “croce” a tutta una serie di frasi, che niente hanno a che vedere col vangelo: “Ognuno ha la sua croce”; “E’ la croce che il Signore ti ha dato”; “E’ la mia croce”. Addirittura c’è chi ha paura di stare bene, perché quando stai bene poi “Ti arriva una croce”, quindi meglio non stare mai troppo bene, mai troppo felici, perché è pericoloso.

Un giorno Madre Teresa stava curando un uomo terribilmente ammalato e sofferente. Non sapendo come rincuorarlo la Madre gli disse: “I tuoi dolori sono i baci di Gesù!”. “Allora, disse l’uomo, dica a Gesù che si tenga i suoi baci”. La sofferenza non viene e non c’entra con Dio.

 

Ma se c’è un’immagine incompatibile col Dio del Vangelo è quella che Dio ti manda le croci. Dio non manda nessuna croce di questo tipo: Dio non manda le sventure. Anzi se può, ti aiuta a liberartene!

Quando noi parliamo di “croci” pensiamo alle tribolazioni della vita: conflitti insanabili, malattie personali, tumori, mariti che picchiano, figli sbandati, situazioni di disagio permanente. Se noi guardiamo nel vangelo mai delle 73 volte che è citata la parola “croce” (stauros) viene associata a tribolazione. E nel corso della storia solamente dal V secolo, purtroppo, si assocerà croce=sofferenza (lo ritroviamo in una preghiera di un papiro).

Nei vangeli appare per 5 volte l’invito di prendere la croce (Mt 10,38; 16,24; Lc 9,23; 14,27; Mc 8,34). Gli evangelisti si guardano bene dall’usare verbi come phero=portare oppure dechomai=accogliere, accettare: questi verbi indicano uno che ti dà qualcosa e tu che la prendi. Quindi Dio ci darebbe la croce e tu passivamente te la prendi. Questi verbi non vengono mai utilizzati.

Gli evangelisti usano sempre i verbi lambano=prendere e bastazo=sollevare che indicano il preciso momento in cui il condannato afferra con le proprie mani la croce (del supplizio). Quindi gli evangelisti parlano sempre di un movimento volontario, dove nessuno è costretto da nessuno. Non c’è qualcuno che ti dà la croce ma è l’uomo che decide volontariamente, per il suo bene, di prendere quella croce.

Ma qual è allora questa croce che uno volontariamente prende? La sequela: “Chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me.” E’ il vivere da uomini liberi, la vera croce.

 

Croce è accettare che vivere come Gesù comporti l’opposizione, la denigrazione, la maldicenza, la derisione: “Se hanno chiamato Belzebul il padrone di casa, quanto più i suoi familiari!” (Mt 10,25); “Sarete odiati da tutti a causa mia!” (Lc 21,17).

Vivi come Gesù e sarai deriso. Ti diranno che sei un idealista e un utopico, che vivi fuori dal mondo.

Vivi con intensità, abbracciando, accarezzando, amando e ti diranno che hai problemi con l’affettività.

Vivi non risparmiandoti, dandoti tutto in tutto, nella generosità e ti diranno che sei ingenuo.

Vivi mettendo al primo posto i valori del cuore e della vulnerabilità e ti feriranno.

Vivi credendo negli altri e ti diranno che hai secondi fini.

Vivi sorridendo, cantando, concedendoti tempo, lavorando solo il necessario e ti diranno che non sei un buon esempio per la società.

Vivi diversamente dagli altri; vivi la tua unicità e originalità; vivi con fantasia e creatività e ti diranno che “sei pericoloso”, che non sei inquadrabile nel sistema; sarai un sospettato e diffideranno di te.

Vivi a partire dal cuore, appassionato, innamorato, fuoco che brucia e ti diranno che sei matto, un pazzo.

Questa è la croce: accettare le conseguenze del vivere come Gesù. Puoi anche non vivere così. Ma se vivi così, poiché è un modo di vivere diverso, altro, sai che, come hanno fatto a Lui, così in qualche modo, faranno anche a te.

 

Sulla casa di un uomo c’è un ramo, un lungo pezzo di legno, per niente bello, secco e molto vecchio. Un giorno un ospite chiede all’uomo: “Ma che ci fa quel ramo di legno lì sulla parete?”. L’uomo: “Avevo 8 anni e il lago era ghiacciato; mio nonno mi disse di non andarci perché era pericoloso, ma io ci andai lo stesso. Come entrai il ghiaccio si spezzò e io finii dentro all’acqua. Mio nonno prese quel pezzo di legno e io mi aggrappai con tutte le forze al ramo e lui mi tirò fuori. Tre giorni dopo mio nonno morì. Quel pezzo di legno sta lì perché a quel legno io devo la vita”.

Noi guardiamo al Crocefisso e lo portiamo al collo perché la Croce ci fa vivere. Quando ci viene da dire: “Basta!”, la Croce è la forza per andare avanti: “Dai, vai avanti”. Quando ci viene da dire: “Ma chi me lo fa fare!?”, la Croce ti dice: “Il tuo amore!”. Quando ci vien voglia di adattarci, la Croce ti dice: “E’ questo che vuole la tua anima’”. Quando ci viene voglia di fare come tutti, la Croce ci dice: “E’ questo che desidera il tuo cuore”. Nella Croce c’è la vita non perché la vita è una croce, ma perché nella Vita vera della Sua croce (il suo modo di vivere) tu trovi la Vita vera per la tua croce (per il vivere come Lui).

 

Gesù ha avuto la sua croce e tu hai la tua. La sua croce non è stata il morire in croce, questa è la modalità, diversa per ciascuno, ma l’essere fedele a se stesso, cioè al Dio che aveva dentro. Se tu sei fedele a te stesso, al Dio che hai dentro, senza raccontartela, incontrerai inevitabilmente “la croce”, cioè, difficoltà, scontri, opposizione, rifiuto, odio. Ci saranno giorni che dovrai compiere delle scelte e saprai che queste scelte ti esporranno, creeranno risentimento, disapprovazione o forse odio intorno a te e dovrai decidere se seguire il tuo cuore o la tua paura.

Un imprenditore del Sud ha avuto una serie di “diffide” dalla mafia: cedere od opporsi? Lui ha denunciato tutto. Ma sa benissimo che è una scelta che potrebbe costargli cara.

Alex Zanotelli rispondendo ad una domanda ha detto: “La mia croce sono i poveri. Sento il bisogno di essergli fedele, di prendere le loro parti, perché hanno il diritto ad essere uomini ed ad essere rispettati. Facendo così ho perso il ruolo che avevo (direttore di Nigrizia) e l’amicizia di molti; molti storcono il naso al solo sentire il mio nome; qualcuno ha cercato di ridurmi al silenzio e forse qualcuno mi ha anche tradito. E’ una scelta che mi è costata molto, ma sono rimasto fedele al mio cuore”.

Croce, allora, è per Gesù come per me: vado fino in fondo alla mia vocazione, alla mia strada, a ciò che la Vita mi chiede di vivere, e lo chiede solo a me. Non mi sottraggo alle possibili conseguenze e non ascolto la voce della paura e del compromesso. Sospinto dalla Sua forza seguo il mio cuore, ovunque mi porti, fino anche alle conseguenze più pericolose, radicali o estreme. La meraviglia è che chi rimane fedele a sé non si sentirà mai tradito. Magari si rimane da soli o si soffre. Ma essere fedeli al Dio in noi non tradisce mai. Ci dà la sensazione chiara e certa di essere dietro a Lui, di seguirlo nella nostra strada.

 

25Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà.

PERCHÉ CHI VUOLE SALVARE LA PROPRIA VITA… MA CHI PERDERÀ LA PROPRIA VITA=quando noi leggiamo salvare pensiamo alla salvezza eterna. Ma qui salvare vuol dire preservare, tenere uguale, non operare nessun cambio nella vita: ma si può vivere così? Sì, si può… ma a quale prezzo? La morte dell’anima! Chi, invece, è disposto a “perdere” la vita di oggi per prendere la vita “di domani”, rimarrà vivo.

Cosa si dice qui? I discepoli vogliono “salvare il proprio modo di vivere”: “Noi vogliamo essere grandi, potenti, essere serviti e riveriti, noi vogliamo dominare, essere ammirati, avere potere e ricchezza”. Ma se non perdono questo modo di vivere non possono seguire Gesù. Solamente se perderanno questo modo di vivere salveranno la propria vita, cioè, la propria vitalità, la capacità di amare, di sentire la misericordia e di diventare liberi.

 

Per vivere bisogna morire (ma non nell’ultimo giorno ma ogni giorno!).

Il feto per vivere deve morire alla vita fetale. E prima avviene la morte… e poi la vita.

Perdere la propria vita vuol dire che la vita non è una fotografia cristallizzata.

In certi giorni mi dovrò dire:

“Adesso si cambia”… e si lascia morire quello che si faceva prima.

“Adesso cambio amici”… perché con quelli di prima non c’è più niente.

“Adesso devo cambiare io”… altrimenti rimango fermo e non vado da nessuna parte.

“Adesso devo dirmi: No… stop… basta… fine…” perché ci sono delle cose che mi fanno male.

“Adesso devo perdonare”… altrimenti vivrò nel rancore e nel passato tutta la vita.

E non è morire? Per dire sì a qualcosa bisogna prima dire no a qualcos’altro.

Per vivere una vita, bisogna prima far morirne un’altra. Per essere diversi, bisogna lasciare ciò che si era. Per cambiare, bisogna osare lasciare l’immagine precedente. Chi non sa morire, in realtà, non sa e non può vivere.

 

Un uomo mi ha raccontato questo: “Sono andato dall’oncologo (ha un tumore abbastanza aggressivo) e gli ho detto: “Dottore, guardi che io voglio guarire!”. E il dottore: “E perché vuoi guarire?”. E io: “Perché voglio stare bene!”. E lui: “E quando stai bene, che te ne fai della vita?”. E mi ha spiazzato: che me ne faccio della vita e della salute? Ho capito: non sarei mai potuto vivere perché, riavuto la vita, non sapevo poi cosa farmene!”. E così quell’uomo ha cambiato totalmente vita e ha trovato ragioni profonde per vivere. Ed è anche guarito!

La vita non può essere preservata! Non si può rimanere sempre giovani! Non si può vivere per sempre! Non si può garantirsi da ogni imprevisto! Non si può fare l’assicurazione-vita credendo che tutto andrà bene! Chi vive così, non vive! E’ tutto concentrato a conservare qualcosa, invece di utilizzarlo.

Vi ricordate la parabola dei talenti? Il terzo uomo invece di impiegarlo, di spenderlo, di giocare, il proprio talento, si è solo preoccupato di conservarlo e così lo ha nascosto. Tanto è uguale per tutti: la vita la perdiamo! E’ illusione pensare di conservarla! Allora spendila, giocala, investila, per qualcosa che abbia senso, che sia significativo. Allora darai un senso e un significato profondo alla tua esistenza. Altrimenti è una vita banale, sprecata.

 

26Infatti quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita? O che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita?

QUALE VANTAGGIO AVRÀ UN UOMO SE GUADAGNERÀ IL MONDO INTERO, MA PERDERÀ LA PROPRIA VITA?=le persone ambiziose, arroganti, forti, fanno di tutto per conquistare il potere e tenerlo poi. Ma facendo così, divorati dalla loro ambizione, perdono la vita, la vitalità, la libertà, l’amore vero. Ma vale la pena? Se hai tutto ma perdi te stesso: vale la pena? Se sei ricco ma non sei vivo dentro, non sai più sorridere e lasciarti andare: vale la pena? Se hai tutto ma hai paura di tutto e di tutti: vale la pena? Se hai tutto ma non puoi fidarti di nessuno o non sei felice: vale la pena?

 

27Perché il Figlio dell’uomo sta per venire nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e allora renderà a ciascuno secondo le sue azioni.

PERCHÉ IL FIGLIO DELL’UOMO STA PER VENIRE NELLA GLORIA DEL PADRE SUO=Gesù dichiara che al disonore ricevuto da parte del Sinedrio attraverso la crocifissione riservata ai maledetti da Dio, corrisponde il massimo onore: la gloria da parte di Dio.

E ALLORA RENDERÀ A CIASCUNO SECONDO LE SUE AZIONI=azioni=praxin=prassi, le azioni. Attenzione a ciò che si dice qui (cosa che sappiamo tutti: “Non è quello che uno dice che conta ma quello che uno fa!”): citando l’A.T. (Pr 24,12), Gesù afferma che l’uomo è valutato per la vita che ha praticato (praxin=azioni) e non per le idee religiose che può aver professato.

Quello che ci rende più o meno intimi del Signore non è l’ortodossia, l’accettazione di verità teologiche ma il BENE concreto che si è fatto agli altri.

 

La Vita ci dà quello che noi vogliamo. Ciascuno avrà ciò che vorrà (non ciò che dice di volere).

Se tu non fai un attimo di silenzio e non ti ascolti mai, non chiederti poi perché sei così nervoso.

Se tu non preghi mai e non ti dai momenti e spazi per l’anima, non chiederti poi perché ti senti così arido.

Se tu non ti dai tempo e spazio per raccontarti e ascoltare i tuoi cari, non chiederti perché li senti così lontani.

Se tu non cambi mai, rimani nelle tue posizioni e non ti smuovi, non chiederti perché non capisci più il mondo, perché ti senti “fuori”, perché ti senti vecchio o fuori posto.

Se tu non affronti i tuoi demoni interni e le tue paure, non chiederti poi perché sei così!

E’ quello che tu hai voluto e lo hai avuto. E’ quello che tu hai cercato e lo hai trovato. Ognuno avrà ciò che lui vorrà.

 

28In verità io vi dico: vi sono alcuni tra i presenti che non moriranno, prima di aver visto venire il Figlio dell’uomo con il suo regno».

VI SONO ALCUNI TRA I PRESENTI CHE NON MORIRANNO, PRIMA DI AVER VISTO VENIRE IL FIGLIO DELL’UOMO CON IL SUO REGNO=questa venuta non è dopo la morte di Gesù.

Il Figlio dell’Uomo è l’uomo pienamente e totalmente umano che è immagine e rivelazione di Dio.

Quando accadrà questo? Quando vedranno il Figlio dell’Uomo in tutta la sua gloria?

Nell’episodio successivo della Trasfigurazione (Mt 17,1-9).

 

 

Pensiero della Settimana

 

Tra cielo e terra

Essere in armonia con gli eventi del cielo e della terra, questa è la legge religiosa per l’armonia.

Solo in questo modo si riconosce l’anima in tutto ciò che ci circonda e si diventa capaci di godere di ciò che abbiamo,

vediamo, sentiamo, tocchiamo.

Solo rimanendo tra cielo e terra si vive il tempo presente e si evita l’inganno della visione passata e quella futura.

Noi siamo solo ciò che possiamo essere ora grazie a ciò che è stato vissuto e ci espandiamo verso lo sconosciuto

e viviamo la grande avventura della vita.

(Giovanni Gocci)