Chiamata dei primi quattro discepoli

V domenica del tempo Ordinario

Domenica 10 febbraio 2019

Prima lettura: Is 6, 1-8         Salmo: Sal 137          Seconda lettura: 1 Cor 15, 1-11       Vangelo: Lc 5, 1-11

 

 

Domenica scorsa Gesù inizia nella sinagoga di Nazaret la sua attività pubblica: l’inizio non è stato dei migliori perché proprio quelli di casa sua e del suo paese lo hanno rifiutato tanto da farlo quasi morire.

Gesù però non si scoraggia e continua a fare le due cose che sempre faceva: predicare e guarire. Gesù diceva: “Il regno di Dio è qui, presente, vicino” e poi lo faceva sperimentare alle persone: i ciechi tornavano a vedere, gli storpi a camminare, quelli chiusi ad aprirsi, quelli che non parlavano a parlare, quelli caduti a rialzarsi e i morti a vivere. La gente diceva: “Lui non solo dice; lui lo fa”. Per questo Gesù affascinava e aveva presa sulle persone.

Ciò che dici dev’essere provato dalla vita, dall’esperienza. Se mi dici che Dio libera, ma non posso vedere i segni della liberazione: come posso crederti? Se mi dici che Dio è padre, ma poi in realtà tutto è giudizio, colpa e sacrificio, come posso crederti? Se mi dici che Dio è vicino, ma poi non me lo fai sentire, sperimentare, toccare, come posso crederti? Se mi dici che Dio è amore, ma poi mi trasmetti solo paura e sottomissione, come posso crederti?

Le persone che sentivano Gesù dicevano: “Lui ci parla di Dio e ce lo fa anche toccare”. Per questo gli credevano, per questo lo seguivano, per questo lo amavano, per questo erano disposte a rischiare.

 

Gesù non è solo. Un po’ alla volta si forma attorno a lui un gruppo di persone che lo seguono, che lo appoggiano, che lo aiutano, che lo ospitano.

D’altronde è ovvio: ha guarito tuo figlio, come puoi non essergli riconoscente? Eri morto e ti ha ridato la voglia di vivere: come puoi non ringraziarlo per tutta la vita? Eri paralizzato e ti ha fatto camminare: come puoi non seguirlo, lui che ti ha guarito? Eri con il “demonio” e lui ti ha liberato: come puoi non amare chi ti ha ridato la dignità di vivere?

Ci sono tre fratelli, Lazzaro, Marta, Maria, che Gesù amava in modo speciale, dove andava per riposarsi, per ricaricarsi, per trovare un po’ di amore, di tenerezza, di ascolto e di ospitalità.

C’è Natanaele, un uomo dal cuore puro (Gv 1,47), un uomo senza falsità, senza maschere.

C’è Giuseppe Barsabba e Mattia (At 1,23) prescelti per sostituire Giuda Iscariota.

C’è Bartimeo, un cieco che Gesù ha curato (10,46-52), un uomo dalla grande voglia di vivere, che non si è arreso nonostante la sua condizione.

Ci sono delle donne, ci sono dei familiari dei malati guariti ed altra gente semplice e spesso dei “peccatori”.

Era un gruppo che seguiva Gesù, in maniera molto libera, perché lo aveva visto, toccato, sperimentato.

 

E’ così! Gesù non è un’idea o una filosofia a cui aderire. Gesù è un’esperienza da fare. Se non ti lasci coinvolgere e sconvolgere, se non lo lasci entrare, se non gli permetti di guarirti, se non hai fatto esperienza sulla tua pelle di chi è Lui, in realtà non lo conosci. Sai delle cose su di lui ma Lui non sai chi è.

Chi lo seguiva, lo seguiva perché Gesù lo aveva guarito, liberato, gli aveva ridato dignità, lo aveva guarito dalle proprie paralisi, timidezze, chiusure, malattie: chi lo seguiva sapeva benissimo chi era Lui!

 

Ad un certo punto però Gesù prende l’iniziativa e chiama un gruppo di persone: gli apostoli, i Dodici. Ciò che Gesù fa è qualcosa di nuovo.

Nell’A.T. la sequela (=seguire Dio) non è una questione molto importante. L’A.T. diceva: “Se tu osservi i comandamenti segui il Signore, Dio tuo”. Questa era la sequela.

Anzi l’espressione “seguire, andare dietro” ha spesso un senso negativo di “cadere in balia, di andare dietro” agli dei stranieri (Dt 4,3; 13,3; Ger 2,5-25; Ez 20,16).

Vi è il caso di Eliseo che segue il profeta Elia (1 Re 19,19-21) ma la sequela non ha molta rilevanza.

Lo scopo di questo gruppo è quello di seguirlo, di vedere, di imparare e di fare poi come lui. Infatti un giorno manderà anche loro: “Andate, predicate e guarite” (Mc 3,14; Lc 10,1-20).

Non si può rimanere sempre discepoli. Ad un certo punto bisogna diventare maestri, adulti, crescere. Non si può tutta la vita chiedere questo e quello a Dio; non si può essere solamente passivi; non si può sempre aspettare, non si può sempre far finta di non aver doti e capacità. Dio ci manda.

Il vangelo non è un monastero chiuso. Il vangelo è andare nel mondo e cambiare il mondo. Il vangelo è missione, portare la vita, la passione, il fuoco, la luce, la verità, che abbiamo trovato anche fuori di noi. E’ normale: hai una grande gioia, come puoi tenerla per te? Hai scoperto un tesoro meraviglioso: come fai a lasciarlo nascosto? Hai scoperto ciò che ti fa vivere: vuoi che tutti vivano, s’appassionino e si riempiano di questo.

Il vangelo è come la scuola: si studia medicina non per studiare sempre. Lo scopo è diventare medici!

Si va a scuola di Gesù per diventare degli altri Gesù, non per rimanere sempre bambini o discepoli.

 

Perché 12? Non potevano essere 15 oppure 8? No! 12 è un numero simbolico.

Gli ebrei conoscevano bene questo numero: 12 erano le tribù di Israele. 12 ricordava l’antica alleanza di Dio con le 12 tribù di Israele. Cosa vuole fare Gesù fissandone 12?

In realtà non sappiamo se davvero erano numericamente 12; forse di più o di meno, gli stessi vangeli non concordano sul nome di tutti i 12; ciò che conta è il senso, l’aspetto simbolico.

Gesù ricostruisce il nuovo Israele: 12 apostoli perché 12 erano le tribù, nate dai 12 figli di Giacobbe. Se quello era il popolo di Dio dell’A.T., questo è il “popolo” nuovo di Gesù e del N.T.

Il sogno degli ebrei era da sempre quello di riunire Israele (=le 12 tribù) come ai tempi di Davide (1000 a.C.). Gesù, costituendo un nuovo gruppo di 12, chiude l’aspettativa: il nuovo popolo non ha lo scopo di una riunificazione etnica o politica ma di essere una presenza liberatrice e guaritrice.

 

Il brano di oggi è un brano molto complesso che mostra chiaramente che i vangeli non sono dei racconti ma sono delle verità teologiche.

Questo episodio della pesca miracolosa è presente sia in Lc che in Gv (Gv 21,1-23). Entrambi hanno una pesca infruttuosa; entrambi hanno il comando di Gesù, il miracolo, il “Signore”, la sequela di Gesù, il simbolismo della pesca. Ma mentre Lc la mette agli inizi dell’attività di Gesù, Gv la mette alla conclusione del suo vangelo tra le apparizioni del Cristo risorto. Ma quand’è avvenuto? Non lo sappiamo.

I vangeli prendono degli elementi storici e su questi elementi ci mettono la loro teologia e la loro esperienza di Cristo. E, a volte, la verità teologica è così ampia che l’elemento storico viene piegato a questa verità quasi da passare in secondo piano o scomparire.

 

Il vangelo di oggi ci riporta la chiamata dei primi 4: i 2 fratelli Pietro e Andrea, pescatori, e i 2 fratelli Giacomo e Giovanni, anch’essi pescatori ma di un livello sociale più elevato.

Il vangelo in realtà si focalizza e si centra sulla figura di Pietro. Mentre Mc e Mt raccontano semplicemente che Gesù passando lungo il lago li chiamò, Lc riporta questo brano di chiamata.

Allora cosa fa Lc in questo brano? Mette insieme varie vicende. Qui Lc riassume in un episodio tutta la storia di Pietro.

  1. Pietro era stato chiamato durante la vita terrena da Gesù e lo aveva seguito. Ne era stato affascinato, aveva mollato le sue barche e per lui aveva lasciato anche moglie e famiglia.
  2. Pietro lo aveva rinnegato tre volte durante la passione. Nonostante tutti i proclami di fedeltà, nonostante che avesse giurato più volte che lui mai l’avrebbe fatto, Pietro rinnega e abbandona Gesù. E in Gv per tre volte Gesù dovrà dirgli: “Pietro, mi ami?”.
  3. Pietro ha una visione, apparizione, dopo la morte di Gesù (1 Cor 15,1-3; Lc 24,34), esperienza decisiva perché da quel giorno seguì definitivamente il Signore e per lui rischiò tutto.

E’ un tipico racconto di vocazione:

 

Pietro (5,1-11) Maria (Lc 1,26-38)
1. Presentazione di Dio ad un uomo
5,4 Prendi il largo e calate le reti 1,28 Ti saluto o piena di grazia
2. L’uomo ha paura e Dio lo rassicura
5,8 Allontanati da me che sono un peccatore

5,10 Non temere

 

1,30 Non temere Maria

3. L’uomo dubita
5,5 Signore abbiamo faticato tutta la notte ma sulla tua parola 1,34 Come è possibile? Non conosco uomo
4. Dio dà una prova della chiamata
5,7 Riempirono tutte e due le barche 1,36 Vedi anche Elisabetta
5. L’uomo lo segue
5,11 Tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono 1,38 Eccomi sono la serva del Signore

 

5,1 Mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret,

MENTRE LA FOLLA GLI FACEVA RESSA ATTORNO=c’era un’altra folla che faceva ressa attorno a Gesù ma per ammazzarlo (domenica scorsa; Lc 4,29). Nella sinagoga la folla tenta di uccidere Gesù; fuori dalla sinagoga la folla desidera ascoltare Gesù.

PER ASCOLTARE LA PAROLA DI DIO=Lc definisce le parole di Gesù “la parola di Dio”. Quello che Gesù dice viene da Dio. La parola di Dio è la risposta di Gesù al bisogno della gente che sente dentro.

La predicazione nel vangelo in Lc viene chiamata “la parola di Dio” (Lc 8,11.21; 11,28; At 4,29, ecc.).

 

Lc inizia dicendo che siamo presso il lago di Genesaret. Semplice indicazione di luogo? No.

Lago=scombussolamento (Mc 4,35-41; 6,45-52), rovesciamento, tempesta: un “rabbalton”!

Il lago indica la loro condizione di vita. La superficie del lago è liscia, immobile, tranquilla. La vita di questi pescatori è così: sono sempre le solite cose che ogni giorno si fanno. E’ una vita di superficie. Non sono cattivi, non è gente di malaffare, tant’è vero che concedono a Gesù di usare la barca. Pensano che la vita sia tutta qui. Pensano che questo sia vivere.

Neppure sanno come si può vivere!

“Avere la salute, padre, perché quando si ha quella si ha tutto”: e perché tanti di quelli che hanno la salute sono tristi, depressi, insoddisfatti e arrabbiati? E’ vero che basta la salute? E’ una condizione, ma non basta affatto.

“La vita è fatta di gioie e di dolori”: in genere vuol dire che la vita è solo una sofferenza.

“La quotidianità del vivere”: in genere vuol dire che si fan sempre le stesse cose senza entusiasmo.

“Non si può avere tutto dalla vita”: in genere vuol dire che non si ha niente.

“La vita è questa; siamo tutti nella stessa barca”: in genere vuol dire che siamo tutti abbastanza insoddisfatti, abbastanza delusi, e che “tiriamo avanti”.

 

Ma la vera domanda, quella dura, è: “Ma io sono davvero felice?”. C’è fuoco, c’è passione nel tuo agire? C’è luce nei tuoi occhi? C’è sole nel tuo viso? C’è profondità nelle tue parole?

“Maestro abbiamo pescato tutta la notte e non abbiamo preso nulla” (5,5). Come a dire: “Faccio tante cose… corro tanto… ma dentro non “si pesca”, non mi riempie niente”.

La realtà è che se tu vivi nella superficie non puoi essere felice: lì, a quel livello, no.

 

2 vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti.

VIDE DUE BARCHE=e l’altra barca che fine fa? Lc è preoccupato di riabilitare Pietro, per cui mostra come Gesù, che poteva scegliere, sceglie la barca di Pietro.

Anche Mc 1,16-20 conosce due barche: quella di Simone (Pietro) e Andrea, e quella di Giacomo e Giovanni.

 

La barca è un’immagine della vita (quando riguarda il singolo) e della Chiesa. Tutto quello che succede alla barca è ciò che succede alla Chiesa (e al singolo). Teniamolo presente perché ogni volta che troviamo la barca sappiamo a cosa si riferisce Lc.

I pesci, invece, sono le persone che ascoltando la Parola di Gesù tornano a vivere. Erano morti, e poi, grazie all’annuncio del vangelo, tornano a sentire la vita.

I PESCATORI ERANO SCESI=se erano scesi vuol dire che non avevano più fiducia in sé e in ciò che facevano.

Scendere è l’immagine di chi ha detto: “Basta! Io non ci credo più! Non serve a niente! Tu fai tanto… e poi? Sono stanco! Non servo a niente! Ma chi me lo fa fare?”.

Sono uomini che si sono lasciati andare, che hanno gettato la spugna, che si sono arresi. La loro pesca (pesca=vita) era stata un fallimento: preso niente!

LAVAVANO LE RETI=se lavavano le reti vuol dire che per questi pescatori la pesca era finita e non si attendevano nient’altro. Non erano quindi pronti, preparati, all’esperienza che li attendeva. E’ una sorpresa!

 

3 Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca.

SALI IN UNA BARCA, CHE ERA DI SIMONE=qui troviamo Simone per indicare Pietro e quindi noi sappiamo che sarà un incontro positivo e vitale.

Se Gesù non sale nella barca della tua vita, la tua vita non porta frutto. Prima non avevano pescato, vuol dire Lc, perché lui non c’era. Non avevano “portato” Lui, la sua speranza, la Sua forza, il Suo coraggio, la Sua fede, nella loro barca. Il risultato, quindi, è ovvio.

Se nella tua vita non c’è l’Amore (=Gesù) la tua vita è insignificante. Se nella tua vita non c’è la Misericordia, la tua vita è durezza e spigolosità. Se nella tua vita non c’è Fede, tu hai paura di tutto e tutto ti è nemico. Se nella tua vita non c’è il Coraggio, il primo ostacolo ti farà fermare.

LO PREGO’ DI SCOSTARSI DA TERRA=la Chiesa è nel mondo ma è anche fuori dal mondo. Cioè, non è risucchiata dalle logiche del mondo; cerca di essere un po’ distaccata per poter vedere (e illuminare) la realtà.

Quando tu sei troppo dentro alle cose non le vedi; bisogna un po’ uscirne, un po’ scostarsi per vederle chiaramente e secondo le loro forme.

SEDETTE E INSEGNAVA ALLE FOLLE DALLA BARCA=storicamente è Gesù che annuncia la sua Parola; successivamente è la Barca di Pietro, la Chiesa, che annuncia il vangelo.

Gesù è seduto perché è il Maestro che insegna.

 

4 Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca».

QUANDO EBBE FINITO DI PARLARE=perché bisogna finire di parlare? Perché la barca, adesso, dopo che Gesù ha finito di parlare, è “piena” di Parola, di Vangelo. E solo perché piena di “parola” la barca si riempirà di “pesci”.

Cosa vuol dire Lc: non ci sono grandi risultati se la tua vita (o la Chiesa) non è piena, pregna di Parola di Dio. Ogni volta che i risultati non arrivano, allora bisogna chiedersi se ci siamo allontanati dalla Parola.

DISSE A SIMONE=gli apostoli lo avevano già ascoltato ma le parole di Gesù non erano ancora entrate dentro. Adesso queste perforano ogni corazza e creano una bufera vitale in loro.

 

Quando le parole divengono vita…

 

Gli apostoli lo avevano ascoltato. Erano belle parole… ma parole. Adesso quelle parole lasciano l’identità di parole e diventano “vita”. Adesso tocca a loro.

Sentono la vibrazione che li tocca dentro; sentono che quelle parole ridestano emozioni “morte”, che fanno vivere; sentono che Gesù mostra loro “la vita vera”, che li spinge ad osare. E che si fa?

Perché viene un momento in cui bisogna decidersi: la nave è pronta, l’equipaggio c’è e l’occorrente pure. Adesso bisogna tagliare la corda e andare nel mare. O si va o si sta. Non ci sono vie di mezzo. O ci si fida di lui e si va o si rimane lì per sempre. Ad un certo punto bisogna rischiare, bisogna osare, bisogna andare. Si chiama semplicemente fede: mi fido e vado. Non so dove ma mi fido di te.

“Che ne sarà? Cambieranno gli affetti? Perderò qualcuno? Soffrirò? E se poi mi sbaglio?”: domande legittime, certo. Ma se ascolti la paura non prenderai mai il volo.

Gesù non ti fa mai tanti discorsi. Perché seguire Gesù non è questione di essere convinti ma di amore.

Non lo segui perché ti ha convinto ma perché ti sei innamorato di ciò che puoi essere e vivere.

Le proposte di Gesù sono sempre grandi, profonde, di ampie visioni: ti costringe a metterti in gioco. Gesù ti fa andare là dove mai avresti pensato di andare e vivere ciò che neppure pensavi esistesse.

Per questo quelli che lo incontravano gli dicevano: “Tu sei la vita”, perché Lui sì che faceva vivere!

 

PRENDI IL LARGO=ma è assurdo! Lo sanno tutti che di giorno non si pesca! Qui Gesù chiede a Pietro di mettere in gioco tutte le conoscenze del mestiere e la sua stessa reputazione.

 

Tu sei di più: prendi il largo

 

Prendi il largo vuol dire: “Pensati in maniera più grande… Apri la tua visuale… Tu sei di più… Non ridurre la tua vita e la tua chiamata”.

Prendi il largo, non ha bisogno di molte spiegazioni. Vuol dire: inoltrati nell’ignoto, esci fuori dai tuoi soliti schemi… dai tuoi soliti modi di pensare… di fare e inoltrati nella vita.

“Ma io ho paura!”. “Capisco, ma quando s’ha da fare, quando bisogna andare, bisogna andare”. “Ma è rischioso!”. Lo so. “E poi?”. Non lo so. “E se poi non riesco, non funziona?”. Possibile. Decidi: vuoi vivere così… non lamentarti. Vuoi provare? Prendi il largo.

Il treno passa nella vita, ma tocca a te prenderlo: questo nessuno può farlo per te. O tu o nessun’altro.

Un uomo fa 150 chilometri ogni settimana per partecipare ad un incontro di formazione. Gli ho chiesto: “Ma chi te lo fa fare?”. E lui: “Il cuore”. Non gli ho più chiesto nulla… tutto chiaro!

Una donna ha sempre fatto la ragioniera. Ma lei non voleva vivere così tutta la vita. Cos’ha fatto un giorno? Una pazzia! Ha lasciato un lavoro sicuro, è andata a fare la cameriera alla sera e si è iscritta ad un corso di rolfing (tecnica fisioterapica di massaggio). Ma è andata a Monaco (Germania) per farla. Pazza? Per molti sì! Per Gesù ha solo preso il largo. E adesso? Adesso fa massaggi rolfing, fa ciò che voleva fare e dice: “E’ stata dura… ma come ne valeva la pena!”.

Stai nelle solite compagnie e nel solito giro di amici che non ti dà più niente: “Prendi il largo!”.

Frequenti i tuoi colleghi dove si parla solo di sesso, sport, soldi e lavoro: “Ma prendi il largo!”.

Frequenti un ambiente e ti senti oppresso dai giudizi… sguardi… invidie: “Prendi il largo!”.

Hai una sete terribile di verità, di ricerca, di scoprire, di capire; non ti accontenti delle risposte preconfezionate, classiche, vuoi andare al centro della vita: “Prendi il largo!”.

Una rana sguazzava in una pozza di 20 cm di diametro: “Com’è bello il mare!”. Un giorno passò un cavallo selvaggio che spesso correva libero in riva alla spiaggia che dava sul grande mare, mentre la sentì dire: “Com’è bello il mare!”. Le disse: “Tu non hai neppure idea di cosa sia veramente il mare”.

Un orso tenuto per tanto tempo in cattività, in uno spazio 10 metri per 10, fu riportato nei boschi. Lasciato libero continuò a muoversi sempre in quello spazio di dieci metri per dieci. Non c’erano più le sbarre della prigione della cattività ma erano rimaste nel suo cuore. “Prendi il largo!”.

 

GETTATE LE VOSTRE RETI PER LA PESCA=l’altro invito è: “Gettate le reti”. Cioè: “Vai dentro; vai a fondo; vai nel mistero della Vita”.

 

Se vuoi sapere cos’è la vita… immergiti!

 

La Vita non si può insegnare, ci si può solo immergere. E non dev’essere per niente un caso che battesimo (baptizein) voglia dire proprio ”immergersi”.

Gesù era Figlio di Dio? Sì, certo! Ma quando ti ho dato questa risposta ho saziato il tuo cervello ma non il tuo cuore. Scoprilo tu cosa vuol dire che fosse Figlio di Dio! Entra dentro e senti in che modo era Figlio di Dio.

Tu sei figlio di Dio? Oh, certo che sì! Ma cosa vuol dire? Questa “rispostina” non risolve nessuno dei tuoi problemi e non ti cambia la vita. “Entra dentro, immergerti” e senti su di te tutta la forza, la potenza, la dignità di essere figli suoi.

Tu hai una missione da compiere? Ma certo! Ma lo devi scoprire tu questo! Devi entrare in te. E come devo fare? Devi entrare dentro di te: non c’è altra strada.

 

Tutto ciò che è grande e vero avviene dentro.

Si nasce dentro una pancia; per stare bene dobbiamo guarire il male dentro di noi;

i sentimenti… avvengono dentro il nostro corpo e poi nel nostro corpo si manifestano;

il sangue… scorre dentro il corpo e dentro le vene; la linfa è dentro l’albero;

l’amore… è il sentimento interno di essere accettati e accolti per quello che si è;

la fede… è una percezione interiore (interior, “più dentro” comparativo di intra, dentro);

Dio… è un mistero da penetrare, da conoscere, da entrarci dentro; lo Spirito è Dio dentro di te;

il corpo di Cristo… lo mangi e va e finire dentro di te;

per ascoltarsi… bisogna entrare dentro di sé;

la vera intimità… è l’incontro delle anime, interno, di due persone (intimus, “dentrissimo”, superlativo di intra);

l’amore… si fa penetrandosi e andando dentro l’altro;

quando ci si ama… ci si mangerebbe, ci si andrebbe dentro.

La Vita scorre dentro! La vita fuori è solo il riflesso della vita che c’è dentro.

 

5 Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti».

MAESTRO=epistates=capo, superiore; è il riconoscimento di un’autorità superiore.

ABBIAMO PESCATO TUTTA LA NOTTE=la notte è il tempo propizio per la pesca.

MA SULLA TUA PAROLA GETTERO’ LE RETI=ecco cosa fa la Parola di Dio, il Vangelo: ti fa fare ciò che tu mai avresti pensato di fare. E’ perché le barche (le persone, Pietro e compagni) sono “piene” di Parola che possono osare una cosa apparentemente senza senso e stupida.

 

Dio è al di là di ogni logica

 

Dio ti fa fare cose in-sensate (insensate=senza senso), apparentemente senza motivo. Ma che senso ha gettare le reti dopo che per tutta la notte (che è il tempo propizio) lo abbiamo fatto e non abbiamo pescato nulla! Dio è rischio; Dio è osare.

Dio ti fa fare l’as-surdo (ab-surdus=essere sordi a questo messaggio), ciò che tu mai faresti. Gli altri ti dicono che sei pazzo mentre in realtà è la Sua Parola. Tu mai ascolteresti una voce del genere… e se lo fai è solamente perché te lo dice Lui.

Dio ti fa fare l’il-logico (il-logico=non è logico perché ha ragioni ben più grandi della logica). Se fosse logico non servirebbe Dio per farcelo fare.

Dio ti fa fare l’in-credibile (in-credibile=ciò che umanamente non si può credere), perché se fosse credibile lo avresti già fatto e saresti tranquillo.

Dio ti fa fare l’im-possibile (im-possibile=il non possibile per te), perché Lui ha una fiducia in te enorme e soprattutto sa che con la sua forza tutto è possibile. Quindi mai dire a Dio: “Io non ci riesco; è impossibile!”. Tu non ci riesci ma se Lui è con te, tu hai la forza di farlo. Per te è impossibile, ma se Lui è con te, allora tutto è possibile.

Dio ti fa fare l’in-accettabile (in-accettabile=il non accettabile), di fronte al quale tu dici: “Eh no! ma cosa mi chiedi? Ma cosa vuoi da me?! Io mi rifiuto di fare questo!”. Lo puoi accettare solamente se hai fiducia in Lui, se smetti di pensare e di voler governare la situazione, di controllare, e, come Maria, come Pietro, dici: “Sia! Avvenga ciò che deve avvenire”.

 

La risposta di Pietro è la fede: “Non ha senso… ma mi fido di te. Lo faccio sulla tua parola”.

 

6 Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano.

FECERO COSI’ E PRESERO UNA QUANTITA’ ENORME DI PESCI=la pesca abbondante è una costante dell’attività umana quando viene condotta secondo la Parola di Gesù. Una parola che non va imposta ma proposta e offerta. Quando annunci veramente il Vangelo, la gente lo sente e i risultati arrivano.

E LE LORO RETI QUASI SI ROMPEVANO=che le reti “quasi si rompano”, indica che “non si rompono”. Sembrava ma non è accaduto.

Se si annuncia e si è ancorati nel vangelo, la Chiesa e i credenti in Cristo non “si rompono”, nonostante le diversità e la moltitudine.

 

7 Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare.

ALLORA FECERO CENNO AI COMPAGNI DELL’ALTRA BARCA=l’altra barca, che non è quella di Pietro, indica un altro modo di vedere e di fare le cose. Sono due correnti all’interno della Chiesa (o due dimensioni contrapposte della personalità).

Ma cos’è importante? Che tutti lavorino in armonia, aiutandosi, perché tutti lavorano per la stessa causa. Quando ci si aiuta, anche se si è “pieni”, non ci si “rompe”, non ci si divide.

 

8 Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore».

SIMON PIETRO=la domanda è: “Ma perché prima lo ha chiamato Simone e adesso invece lo chiama Simon Pietro, visto che è sempre lui?”.

Prima Simone ha creduto, ma adesso dubita e Lc, per questo, lo chiama Simon Pietro.

SI GETTO’ ALLE GINOCCHIA DI GESU’: “SIGNORE ALLONTANATI DA ME CHE SONO UN PECCATORE”=e dove vuoi che vada Gesù, visto che sono in mezzo al mare! E con una barca piena di pesci che quasi affonda, come fa Pietro a inginocchiarsi?

Ma qui si vuol dire ben altro! Qui c’è la reazione di Pietro, una reazione tipica della mentalità del Dio dell’A.T. L’A.T. diceva che Dio distrugge i peccatori: e Pietro lo è. Per questo gli chiede di allontanarsene, perché lui non si sente degno di “essere con Dio” e di poter fare anche lui quello che Gesù fa.

Ma perché Pietro si sente un peccatore? Che cosa ha fatto per esserlo? Pietro ha rinnegato Gesù durante la passione tre volte, giurando e bestemmiando di non averlo mai conosciuto. Pietro ha proprio rifiutato Gesù, nonostante tutto l’amore del Maestro per lui. Quindi quello che sente è vero: è un peccatore. Non è degno di stare vicino a Dio. Non è degno di essere un suo collaboratore. Non è degno di essere felice con quello che ha fatto. Non si merita tutto questo. Pietro non può perdonarsi ciò che ha fatto. Pietro sa cosa dice l’A.T.: se hai peccato non sei più degno di Dio.

Simon Pietro (e capiamo perché lo chiama cosi) è ancora radicato nella vecchia mentalità. Dio è amore, Dio è perdono, Dio è continua e incondizionata offerta di misericordia. A Gesù non interessa che Pietro sia un peccatore ma che sia un pescatore.

Gesù lo sa: tutti siamo peccatori! Tutti sbagliamo! Tutti facciamo degli errori! Tutti abbiamo delle zone di iniquità, di buio e di perversione. Ma Lui non guarda questo. Lui non guarda a quanto male ma a quanto bene facciamo.

 

Saremo pesati non sui peccati ma sull’amore

 

Alle porte del Paradiso si presentano tutti gli uomini. Tutti sono in fila e aspettano di comparire davanti alle porte del Paradiso dove ci sono gli Apostoli che decidono o meno per l’ingresso.

C’è un primo step davanti a San Pietro e arriva il turno anche di un famoso cardinale, conosciuto per la sua santità. Pietro gli dice: “Quanti peccati gravi?”. “Pochissimi! 5!”. Pietro guarda il computer e in effetti… è proprio così! Dopo di lui arriva anche un famoso peccatore. Stessa domanda: “Quanti peccati gravi?”. “Una moltitudine: 100.000!”. Il cardinale se la ride sentendo quello dopo di lui.

Secondo step davanti a San Giovanni. Arriva il cardinale: “Quanto amore?”. Il cardinale sta zitto e impallidisce. Giovanni guarda nel suo computer: “Solo 3 opere d’amore vero e disinteressato? Mi dispiace troppo poco! Non può entrare in Paradiso!”. “Ma come? Io non mai peccato!”. “E’ vero, ma neanche mai amato. Da noi non contano i peccati ma l’amore”. E finché piange disperato, vede arrivare anche il peccatore. San Giovanni: “Quanto amore?”. Il peccatore non dice nulla; Giovanni guarda il suo computer: “150.000 opere d’amore tra gesti, abbracci, parole dolci, incoraggiamenti disinteressati, ecc: molto bene, entra in Paradiso”.

Dio non guarda a quanti peccati ha il nostro cuore ma a quanto ha amato. San Giovanni della Croce: “Alla sera della vita saremo giudicati sull’amore”.

Questo dovrebbe farci molto riflettere: invece che puntare il dito sui peccati degli uomini dovremo far risplendere le loro opere d’amore.

Il maestro diceva sempre: “Se vuoi un uomo libero digli quanto è bravo e quanto bene fa (=fai aumentare il suo valore); se vuoi un uomo schiavo digli quanti peccati fa (=fai aumentare il suo senso di colpa)”.

 

9 Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto;

LO STUPORE INFATTI AVEVA INVASO LUI…=thambos indica un sentimento di angoscia (Mc 14,33; Mt 26,37), di paura, di terrore, che invade quelli della barca. Quindi, quello che vive Pietro lo vivono tutti. Tutti sanno di essere peccatori e di non meritarsi l’amore di Dio e di non poter essere felici e realizzati. Ma Dio non guarda i meriti ma il cuore.

 

10 così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini».

COSI’ PURE GIACOMO E GIOVANNI, FIGLI DI ZEBEDEO=ecco chi c’è nell’altra barca!

NON TEMERE=non è importante se tu sei un peccatore o meno.

D’ORA IN POI SARAI PESCATORE DI UOMINI=zogrein=pescare, lett. vuol dire “pescare uomini vivi” (zoos=vivo; agrein=cacciare).

Mentre tirare fuori il pesce dal mare significa farlo morire perché lo tiri fuori dal suo ambiente naturale e vitale per dargli la morte, pescare gli uomini significa comunicargli vita. Quindi la parola di Dio aiuta gli uomini a vivere.

Ecco la missione degli apostoli: dare la Vita agli uomini. Non incatenarli con regole; non imprigionarli con doveri, sensi di colpa o imposizione, ma tirar fuori da loro tutta la vita che hanno.

Gesù dice: come io vi ho pescati, come voi eravate morti (vegetavate) e vi ho dato la vita, così anche voi adesso fate lo stesso. Gli apostoli vanno a donare nient’altro che quello che prima avevano ricevuto: la vita.

 

E cosa volevate che facessero?

 

Gesù gli dice: “Non temere”. Cioè: adesso sei pronto. Adesso puoi andare perché ora tu sai. Adesso mi conosci… adesso hai visto come puoi vivere… adesso sai chi sono…

Poiché sei stato prima tu pescato (da Me), adesso puoi diventare tu stesso un pescatore.

Capite perché Pietro l’ha fatto? Capite perché Andrea, Giacomo e Giovanni l’hanno seguito? E cosa volevate che facessero? Cos’altro avrebbero potuto fare? Erano morti ma poi Lui li ha pescati e riportati in vita. E cosa volevate che facessero?

La predicazione è sostanzialmente qualcosa di abbastanza semplice: quando hai incontrato il Signore non c’è tanto da dire se non ciò che tu hai sperimentato. E poiché tu lo vivi, risulta semplice ed efficace.

Si dà quello che si ha: quello che si conosce e quello che si ha vissuto in prima persona. La predicazione è sostanzialmente impossibile se tu cerchi di trasmettere qualcosa che non conosci, che non hai vissuto, toccato, incontrato. Non sei efficace perché non lo conosci. Si dà solo ciò che si ha (che si vive). Passa ciò che sei. Se Lo conosci, Lo farai conoscere.

Delle farfalle ruotavano e danzavano intorno al fuoco. Ognuno faceva le sue supposizioni su cosa fosse. Una diceva: “E’ il sole che esce di notte!”. “Ma no, è un pezzo di giorno che illumina la notte!”. “Ma no – diceva un’altra – è il nemico della legna”. Erano ore e ore che discutevano su che cosa fosse il fuoco, anche se nessuna ne aveva la minima idea. Poi ad un certo punto una ci si buttò dentro e per qualche istante divenne una stella luminosa. Allora le altre commentarono: “Adesso lei sa cos’è il fuoco!”.

Giobbe 42,5: “Io ti conoscevo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti vedono”.

 

11 E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.

LASCIARONO TUTTO E LO SEGUIRONO=afiemi=lasciare ma anche perdonare: Pietro e compagni ora possono perdonarsi tutti i peccati. Dio è più grande dei nostri peccati e guarda alle nostre forze di luce e non conta le nostre zone d’ombra (Akolutheo=seguire).

Vanno perché sanno; lasciano tutto perché sanno cosa trovano e per questo hanno la forza di lasciare. Ciò che lasciano è molto meno di ciò che trovano.

Spesso ci si chiede: “Perché non ci sono più persone che seguono Gesù?”. Forse, perché noi abbiamo smesso di annunciare cosa possono trovare, quale bellezza, quale profondità, quale realizzazione. Forse non lo seguono perché nessuno gli ha mai detto quanto sia meraviglioso e soprattutto non gliel’ha mai mostrato con la propria vita.

 

Pensiero della settimana

Non puoi insegnare qualcosa ad un uomo,

puoi solo aiutarlo a scoprirla dentro di sé.