Nozze di Cana

II domenica del tempo Ordinario

Domenica 20 gennaio 2019

Prima lettura: Is 62, 1-5       Salmo: Sal 95 Seconda lettura: 1 Cor 12, 4-11       Vangelo: Gv 2, 1-11

 

 

In questo vangelo, un po’ come in tutto il vangelo di Gv, tutto è simbolico. Simbolico vuol dire che dietro a ciò che si dice c’è una realtà più profonda. La vera realtà non è ciò che appare, ma ciò che non appare, ciò che sta dietro.

Avete presente quando si è in montagna? Perché la si guarda ammirati? Perché si dice: “Oh! Che meraviglia!”? In fondo è nient’altro che un cumulo di sassi, legna e terra. Ma la montagna non è questo, è tutt’altro: la montagna ci richiama la salita, il viaggio, la fatica, la gioia dell’arrivo, l’avere delle mete, il silenzio, ecc. Quando si guarda la montagna non si vede solo la montagna ma ciò che sta dietro, “dentro” la montagna.

Avete presente quando guardate il vostro amore (vostro figlio o il vostro partner che sia)? Non potremo in verità biologicamente vedere: “Un insieme ordinato di cellule, tessuti, muscoli, fibre, ecc?”. Eppure il vostro amore vi fa palpitare il cuore e sussultare l’anima. Perché? Perché c’è un di più che va oltre il suo viso, alla sua pelle e a ciò che si vede.

Quando si legge Gv è quasi sempre così: le parole sono solo mezzi che ti vogliono portare da qualche altra parte. Un po’ come prendere il taxi: il taxi è solo uno strumento, non fermarti lì, non è quello il tuo obiettivo; la tua meta è andare dove devi andare, il taxi serve solo per farti arrivare lì.

Allora quando leggi Giovanni non fermarti alle parole, ma vai “dentro”, “dietro”, “oltre”, le parole. Le parole sono solo un guscio che contengono qualcos’altro, di nascosto e di meraviglioso.

Come un’ostrica: se tu guardi all’ostrica dici: “Tutto qui!?”, ma se tu scopri la perla che c’è dentro, allora non puoi che dire: “Che meraviglia! Incredibile! Che bellezza!”.

Se noi prendiamo questo vangelo sembrerebbe: “Un giorno c’era un matrimonio fra due sposi. Succede un problema: finisce il vino. Per fortuna, però, che c’è Gesù che risolve la situazione”. Ma qui si dice tutt’altro!

 

1 Il terzo giorno vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù.

IL TERZO GIORNO=questa è una prima chiave di lettura. Il terzo giorno, infatti, è il giorno dell’Alleanza tra Dio e Mosè, quando sul Sinai Dio manifestò se stesso e stipulò l’Alleanza con il suo popolo (Es 19).

Allora mettendo “il terzo giorno”, Gv ci fa capire che qui si tratterà di un’alleanza (nuova). Già Gv nel prologo aveva scritto: “La Legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità (=cioè l’amore vero, fedele) vennero per mezzo di Gesù Cristo” (Gv 1,17). Mentre l’antica alleanza era stata imposta da Mosè ed era un’alleanza di un padrone e di un servo e si basava sull’obbedienza alla Legge, questa nuova alleanza di Gesù è tra figli e il loro Padre, basata sull’amore.

Quindi: nella prima alleanza il credente obbedisce a Dio osservando le sue leggi, mentre in questa alleanza il credente si lascia amare e riversa l’amore ricevuto sugli altri. E’ un’alleanza basata sull’amore, quindi sulla libertà.

VI FU UNA FESTA DI NOZZE=gamos, singolare; di solito si usa il plurale gamoi=nozze. Quindi qui non si parla di un matrimonio fra i tanti (gamoi) ma del Matrimonio (gamos) tra Dio e l’Uomo.

Nell’A.T. l’alleanza tra Dio, lo Sposo e il Popolo, la sposa, era stata raffigurata con l’immagine delle nozze (Is 54,5; Os 2-3; Ez 16). I profeti per parlare dell’alleanza tra Dio e il suo popolo usavano proprio quest’immagine: Dio era lo sposo e Israele la sua sposa.

La vita a quel tempo era dura e i momenti di festa erano rari. Le nozze erano l’eccezione: la possibilità di festeggiare, di stare insieme, di fare una pausa dal lavoro, di lasciarsi andare. Dire “nozze” era dire la gioia, la festa, il “massimo” per quel tempo. D’altronde c’era solo quello.

Le nozze avvenivano così: s’invitava tutto il paese, non c’erano inviti formali, tutti erano invitati e poiché non si sapeva mai bene quante persone sarebbero venute, si procurava per tempo le provviste e la festa durava, secondo la possibilità, da tre giorni ad una settimana. Per questo c’è il maestro di tavola: era l’incaricato a dirigere il banchetto, che ci fosse sempre tutto per tutti.

 

A CANA DI GALILEA=località sconosciuta identificata con Khurbet Qana a 13 km da Nazaret. Qanah vuol dire in ebraico “acquistare”: qui Gesù acquista, crea con il suo popolo la nuova alleanza.

C’ERA LA MADRE DI GESU’=tutti i personaggi di quest’episodio sono presentati con il loro ruolo e non con il loro nome, eccetto Gesù. Quando i personaggi sono presentati non con il loro nome ma con il loro ruolo, sono personaggi rappresentativi: cioè possono essere ciascuno di noi.

Gv dice: “C’era la madre di Gesù”. E Gesù, no? Gesù non c’è? Sì che c’è, perché poi se ne parla, ma in realtà non c’è perché lui non vi appartiene. Gv non si riferisce tanto al banchetto, alle nozze, ma all’alleanza: per questo la madre “c’è”, cioè appartiene a quest’alleanza e Gesù no.

“La madre di Gesù”: Maria è importante perché è in riferimento a suo figlio Gesù. Soprattutto in Gv la vera grandezza di Maria non è essere la madre del Figlio di Dio ma l’essere credente, discepola di suo figlio (ecco perché è la madre di Gesù e non più Maria).

 

Chi non nasce muore

 

Chi c’è al banchetto? Tanta gente ma nessuno ha un nome eccetto Gesù. Perché? Perché Lui è il centro di ciò che avverrà.

C’è Maria, ma non si dice “Maria” ma “la madre di Gesù” e lo si dice per 4 volte (2,1.3.5.12). E osserviamo: la madre è già lì, come la gente; Gesù e i discepoli, invece, vi giungono, cioè non vi appartenevano prima! Ma a cosa non appartenevano prima? All’antica Alleanza.

 

Maria, in Gv, è la credente perché è capace di cambiare, di mutare, di trasformarsi. Sotto la croce infatti lei ci sarà mentre gli altri no: né i fratelli né i discepoli (eccetto Gv, 6,66).

Maria nasce sotto la vecchia alleanza ed è capace di trasformarsi per accogliere la nuova alleanza. Perché chi non nasce, muore: è la legge del vangelo. Il grande passaggio è passare dall’antica alleanza dei padri, dal legame di sangue, da quello che la famiglia, la tradizione, la società, la mentalità, gli schemi acquisiti e trasmessi ti hanno trasmesso, alla nuova alleanza, dove tutto questo lascia spazio a Lui, al suo regno, ai suoi legami, alla chiamata, alla libertà.

Questo è il grande passaggio: lasciare la legge dei padri, necessaria per vivere, ma che è “acqua”, per la legge di Gesù, il vangelo, il “vino della vita”.

Se non avviene questo passaggio allora si rimane nell’antico testamento, si rimane legati ai padri, alle tradizioni, al ciò che fan tutti, ma non si diviene personalmente accogliendo lo Sposo, il Cristo.

Maria è la credente perché da madre (il legame di sangue, l’antica alleanza) passa, muta, si converte e diviene figlia del Cristo, cioè sua discepola (nuova alleanza). Maria è grande non più in quanto madre biologica di Gesù ma in quanto prima credente, la prima capace di mutare e di convertirsi.

 

2 Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli.

FU INVITATO ALLE NOZZE ANCHE GESU’ CON I SUOI DISCEPOLI=Gesù e i suoi discepoli non appartengono a queste nozze, cioè a quest’alleanza. Gesù, infatti, ne proporrà una nuova.

 

3 Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino».

VENUTO A MANCARE IL VINO=nella cerimonia del matrimonio, il momento culminante che sigillava l’amore tra lo sposo e la sposa si aveva quando entrambi bevevano dall’unico bicchiere di vino, poi il bicchiere veniva gettato per terra e frantumato. Voleva dire: “Nessuno più può intromettersi e distruggere quest’amore”. Il vino, quindi, è simbolo dell’amore.

 

La questione: manca il vino. Ma cos’è il vino? Per la maggior parte della gente non c’erano tanti divertimenti. L’unico modo per divertirsi, per gustare la gioia della vita, era il vino. Bere il vino era il segno della festa, della gioia di vivere, della vita vissuta. Per la Bibbia il vino è l’amore (Ct 1,2) e la gioia (Am 9,13-14).

Allora: manca il vino! Non è una questione che hanno fatto male i calcoli. E’ più profonda la cosa.

In questa “casa”, in questa struttura, non c’è più vino. Non c’è e non ci può più essere. Manca e mancherà.

Quindi: in questo matrimonio (quello dell’antica alleanza) manca la cosa più importante: l’amore. E’ un matrimonio dove si sta insieme ma manca l’amore; è un matrimonio inesistente.

 

LA MADRE GLI DISSE: “NON HANNO VINO”=una volta si traduceva: “Non hanno più vino” e sembrava che fosse finito. Ce n’era e poi è finito. Ma invece, non è che è finito: qui non c’è vino! Non c’è mai stato!

Osserviamo: la madre non dice: “Non abbiamo vino”, ma: “Non hanno vino”. Quindi la madre si tira fuori da quest’appartenenza: lei non appartiene all’antica alleanza. E a chi appartiene la madre?

La madre rappresenta l’Israele fedele che ha avuto sempre questo rapporto d’amore con Dio. E la madre pensa che Gesù possa dare una nuova vita all’antica alleanza.

La madre ha già “bevuto”, sperimentato il vino nuovo di suo figlio: lei sa, per questo dice: “Non hanno più vino”. Cioè: “Loro non conoscono il vino-amore che io ho già conosciuto in te, figlio mio”. Come a dire: “Non c’è più l’amore, mettiamoglielo!”. Ma la risposta di Gesù smentisce tutto.

 

Non c’è più vino!

 

Maria qui è colei che si accorge in quale condizione è caduto il suo popolo.

La risposta di Gesù, però, è secca, scortese, non conveniente: “Che importa a me e a te, donna?” (2,4). Gesù sta dicendo: “Quel che è finito è finito; non ci importa più di questo”.

Maria non se la prende per la risposta ma capisce: “Fate quel che vi dirà” (2,5).

Quando Mosè stipulò l’alleanza fra Dio e il suo popolo, il popolo disse una cosa simile: “Quanto il Signore ha detto, noi lo faremo” (Es 19,8). Allora qui si vuole stipulare una nuova alleanza. Quella di prima è finita non ci può più importare: adesso ce n’è una di nuova.

 

Quante volte anche noi diciamo: “Non c’è più vino!”

 

Gli uomini vorrebbero festeggiare le nozze, ma spesso non possono. Non sono più capaci d’amore, di amare, di vivere. Non c’è più gusto nella loro vita, non c’è più sapore nelle loro giornate.

Quando vedi certe facce, certi volti segnati solo dalla tensione e dalle rughe della chiusura, amaramente devi constatare: “Non c’è più vino qui”.

Quando ascolti certe prediche su Dio, certi discorsi religiosi piatti, formali, moralistici, che non hanno slancio, passione, energia, devi amaramente constatare: “Qui non c’è più vino”.

Quando la chiesa è impegnata solo a difendere, a porre limiti su cosa non bisogna fare, a limitare la creatività; quando soffoca le sue voci creative, quando non permette la libertà dell’uomo o quando ingabbia trasmettendo paura e ansia, devi amaramente constatare: “Qui non c’è più vino”.

Quando vedi certe coppie che si trascinano nel loro matrimonio con routine, con pesantezza, con screzi, litigi e ripicche continue, devi amaramente constatare: “Qui non c’è più vino”.

Quando le persone non provano più nessuna commozione, non si stupiscono più, sono diventate ciniche su tutto, abituate a tutto, allora devi constatare amaramente. “Qui non c’è più vino”.

Quando le persone si trascinano senza voglia di vivere, senza sussulti, allora devi amaramente constatare: “Qui non c’è più vino”.

A volte ci guardiamo allo specchio e ci chiediamo: “Ma perché vivo? Ma che senso ha la mia vita? Ma che ci sto a fare? Ma perché sono qui?”: non c’è più vino!

A volte ci guardiamo allo specchio e diciamo: “Basta!”: non c’è più vino.

A volte più niente ci dà gioia e più niente ci interessa; siamo stanchi di cercare, di imparare, di metterci in gioco: non c’è più vino.

A volte ci verrebbe voglia di chiudere gli occhi e di non svegliarci più: non c’è più vino.

A volte tutto è pesante, faticoso, opprimente: non c’è più vino. 

 

4 E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora».

DONNA=il termine donna (ghinai) è un termine strano qui perché significa “moglie”. Mai nella cultura palestinese un figlio si rivolge così alla propria madre. Perché allora Gesù si rivolge alla madre chiamandola “sposa”?

In Gv sono tre i personaggi femminili che chiama così:

  • la madre, che rappresenta la sposa fedele dell’antica alleanza;
  • la samaritana, la sposa adultera che lo sposo riconquista con una nuova offerta d’amore;
  • Maria di Magdala, la sposa della nuova alleanza.

Gesù chiama donna (ghinai), cioè donna sposata (sposate con chi? Con Lui!), quelle donne che hanno “sposato” la causa di Gesù e l’immagine di Dio che Lui porta. E’ chiaro che qui Maria non è più la madre biologica di Gesù ma rappresenta la credente, colei che ha già compiuto la sua strada e segue il maestro (che è biologicamente suo figlio).

CHE VUOI DA ME=lett. “che ci interessa?”. Questa è un’espressione tipica della Bibbia che indica rottura: “Perché t’impicci dei fatti miei? Lasciami in pace! (Mc 1,24; 5,7-8; Lc 4,34; Mt 8,29); Non voglio avere a che fare con te (1 Re 17,18); Che cosa ti ho fatto perché tu venga ad assalirmi? (Gdc 11,12); che ce ne importa a noi? (2 Sam 19,23)”.

Gesù, alla madre che gli chiedeva di dare nuova vita all’antica alleanza, risponde di lasciare da parte il passato. Ciò che è stato è stato; ciò che è morto è morto. “Che c’interessa? Ormai è una cosa finita, spenta”. Ciò che dev’essere chiuso, dev’essere chiuso.

L’azione di Gesù non si appoggerà sulle vecchie istituzioni ma porterà una novità radicale nei rapporti tra Dio e gli uomini.

NON E’ ANCORA GIUNTA LA MIA ORA=l’ora in cui Gesù sigillerà la nuova alleanza tra Dio e il suo popolo sarà sulla croce. L’alleanza antica veniva stipulata con l’offerta del sangue di tori (sangue di altri): in croce stipulerà la nuova alleanza con il suo sangue (coinvolgendosi).

In Gv 13,1 si dice: “Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre”. Questa è l’ora di Gesù, la sua morte, dove il dono dello Spirito renderà gli uomini capaci di amare.

 

5 Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».

SUA MADRE=è la terza volta e tre vuol dire “completezza, pienezza”.

AI SERVITORI=diakonos, che indica colui che serve volontariamente e non perché obbligato (doulos). Quindi si capisce già qui chi sono coloro che seguono Gesù: persone che lo seguono per amore, liberamente. Sono gli apostoli.

QUALSIASI COSA VI DICA, FATELA=nell’antica alleanza il popolo rispondeva: “Quanto il Signore ha detto, noi lo faremo” (Es 19,8). E’ la stessa frase!

 

Fate quello che vi dirà!

 

Sembra stupido riempire di 600 litri di acqua le giare: a che serve? Eppure… Avrebbero potuto dire, a ragione: “Ma sei pazzo!”.

Bisogna fidarsi di qualcuno nella vita; bisogna af-fidarsi a qualcuno nella vita e fare tutto quello che ci dirà, anche se non lo capiamo, anche se lo troviamo strano.

Quando abbiamo individuato una persona saggia, vera, trasparente, spirituale e sentiamo di poterci fidare di lui, ho imparato che bisogna fidarsi totalmente anche se non capiamo cosa ci dirà o perché ce lo dirà.

A volte non capisco cosa la vita mi dica. Cioè: capisco benissimo cosa mi propone ma mi sembra stupido, irrazionale, illogico: “Fate quello che vi dirà”. A volte mi porta là dove non voglio andare e siccome non capisco il perché mi dico che non ha senso andarci: “Fate quello che vi dirà”.

A volte mi dico che certe cose sono difficili, ostiche, dure, che certe montagne non ha senso affrontarle se me ne posso stare in pianura: “Fate quello che vi dirà”.

A volte sento che mi spinge lì dove non vorrei andare, che mi invita ad espormi quando non sarebbe il caso, o mi porta dove io proprio sarei lungi da me ad andarci: “Fate quello che vi dirà”.

A volte mi fa vivere esperienze dolorose, di sofferenza, di solitudine, di rifiuto, di non-senso: “Fate quello che vi dirà”.

La salvezza è fidarsi perché la Vita non sbaglia mai. Vorrei un giorno lasciarmi portare e lasciarmi condurre da Lei. Vorrei non farmi più troppe domande che dicono solo la mia paura e la mia resistenza, ma fare quello che mi invita a fare così semplicemente senza remarci troppo contro, anche perché è una grande e inutile fatica remare controcorrente!; vorrei un giorno lasciarmi portare, e finché vado, gustarmi il viaggio, sicuro di essere al sicuro.

Salvezza è fare quello che Lui, il nostro cuore dirà, e seguirlo anche se non si capisce, anche se sembra impossibile, anche se sembra che tutto sia finito.

 

6 Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri.

VI ERANO LA’=quindi in questo matrimonio, in questa antica alleanza.

SEI=il sette indica la compiutezza mentre il sei l’imperfezione: manca qualcosa!

ANFORE DI PIETRA=nei dipinti nelle nozze di Cana vengono raffigurate delle anfore di coccio di terracotta. Ma qui non c’è niente di tutto questo. Queste anfore sono di pietra, pesanti, inamovibili.

Ma perché devono essere di pietra? Cos’era di pietra? Le Tavole della Legge, i Dieci Comandamenti (Es 31,18; 32,15; 34,1.4; Dt 4,13; 5,22; 1 Re 8,9) erano stati scritti, scolpiti, sulla pietra!

PER LA PURIFICAZIONE RITUALE DEI GIUDEI=questo è il motivo della mancanza di vino, cioè di amore.

L’antica alleanza era fatta tutta di regole, di osservanza, di precetti, che diventando impossibili da essere osservati, facevano sentire in colpa e indegno chi non riusciva a farlo. Per questo l’uomo era sempre bisognoso di una continua purificazione perché, anche se ti purificavi, dopo poco eri di nuovo in peccato e in colpa.

Quando l’uomo, a causa della religione, si sente sempre in colpa o indegno o sbagliato come può sperimentare l’amore di Dio? E come può sentirsi amato da un Dio così? E come può essere felice di un Dio così? E come può esprimerlo?

Questo (la purificazione dei Giudei) è il motivo della mancanza d’amore e di vino: una religione che aveva inculcato nei suoi adepti il senso di colpa (e di essere quindi sempre mancanti e sempre sbagliati) e un’indegnità permanente. Per questo dovevano sempre purificarsi perché erano sempre nel peccato.

CONTENENTI CIASCUNA DA 80 A 120 LITRI=Per un totale di 600 litri. Circa 100 litri all’una (una misura sono circa 40 litri): quindi 600 litri d’acqua.

Le giare sono vuote: tutta la purificazione (ricordiamo i numerosi riti e gesti purificatori della legge ebraica del tempo), tutto l’apparato esteriore non serve più, non ha cambiato il cuore delle persone.

 

7 E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo.

RIEMPITE D’ACQUA LE ANFORE=ghemizo, riempire, indica che le anfore sono vuote (6,13; Mc 15,36; Ap 8,5).

Non solo quindi le anfore servono per la purificazione ma sono vuote, non hanno acqua, non hanno amore. Cioè: in quel modo di credere, fatto solo di regole, di ubbidienza, di sensi di colpa e di senso del peccato, di peccati, non ci può essere l’amore. Lì non lo puoi sperimentare!

 

A cosa serve la religione?

 

Gesù qui chiude con l’Antica Alleanza: non più i Dieci Comandamenti e non più il Dio dell’A.T..

Questo dovrebbe farci riflettere perché dopo 2000 anni noi facciamo ancora l’esame di coscienza su qualcosa (i Dieci Comandamenti) che Gesù ha abolito 2000 anni fa considerandoli vuoti.

Gesù dice: “Se una giara è vuota non serve. Se una giara dà acqua non serve”. Cosa vuol dire? Vuol dire che se un rito, un contenitore, un gesto, una preghiera, non è vivo, non serve.

Se le nostre liturgie non parlano al cuore non servono: parole al vento; raggiungono il soffitto, non Dio. Se quando esco da una liturgia il mio cuore non è più largo di comprensione e di luce, colmo di vita e di speranza, cresciuto in rispetto e umanità, allora è meglio chiedersi il senso di ciò che si fa.

Se le nostre preghiere non ci trasformano, non cambiano le nostre strutture “di male” (schemi negativi e aggressivi) a che servono? Non pregare tanto ma meglio; non parole religiose ma preghiere.

Una preghiera mi deve dare la forza e il coraggio per dirmi: “Questa cosa la devo accettare anche se mi fa male… sì, non mi piace ma è così… farò questa scelta… parlerò con quella persona… andrò io e smetterò di mandare gli altri… lo perdono e lascio andare… devo compiere la mia strada costi quel che costi… non devo aver paura, Lui è con me… sì riparto da capo… mi devo spogliare e devo vedermi per quello che sono, ecc”.

Se i nostri riti non ci mettono in contatto con la forza vitale di Dio che ci abita, a che servono? Un segno di croce, canto, meditazione personale o comunitaria, mi deve mettere in contatto con Dio, lo devo sentire vivo, toccare, sentire la sua presenza che mi rassicura, che sarà un rifugio.

E’ vero in certi momenti c’è silenzio, deserto e Lui non si sente, ma se non lo sentiamo mai dobbiamo porci delle domande. Se i nostri riti sono aridi, non ci dissetano più e fanno morire il nostro cuore.

Se dopo una messa non ci sentiamo più vivi, non abbiamo più voglia di vivere, di scegliere, di amare, di provarsi, di spenderci, a che serve? Se non ci sentiamo più amati da Dio, più perdonati, più felici, a che serve tutto ciò che abbiamo fatto?

Se la forma (a volte chiamata liturgia) distrugge la vita, il Dio della Vita non può vivere in noi.

Quando facciamo una liturgia non ci dovremo mai chiedere: “E’ tutto perfettamente liturgico?” ma: “Dio è passato? Le persone sono state messe in contatto con Lui?”. Se no, a che serve?

Liturgia=incarico pubblico: è in funzione se passa l’incarico! Se Dio è passato allora è liturgico! La forma ti mette a posto con la regola e con l’autorità: “Ho fatto tutto giusto, sono in regola”. Le forme hanno un senso, coglilo. Ma non ti serve niente essere “a posto” se hai perso la vita e il cuore.

Gesù dichiara finita la religione del dovere, del sacrificio, dell’espiazione, della purificazione per essere perfetti “così Dio ti ama”, del merito, dell’elezione per essere accolti da Lui. Questo è stato chiuso 2000 anni fa da Gesù!

Per questo Gesù dirà: “Vino nuovo in otri nuovi” (Mc 2,18-22). Cioè: per un nuovo messaggio (vino) ci devono essere delle teste e delle mentalità nuove (otri). Altrimenti non è possibile. Se le nostre categorie di Dio sono quelle di merito, sacrificio, purità, senso di colpa, obbedienza, regola, non possiamo proprio capire il messaggio nuovo e meraviglioso di Gesù.

 

La religione è di un aiuto enorme ma Gesù Cristo è ben più grande della religione. La religione è ciò che ci aiuta ad arrivare a Lui: ma se non ci aiuta, ci dobbiamo porre delle domande.

Se ogni mattina prendi il treno Padova-Milano e il treno ti porta immancabilmente a Roma: te lo fa 1… 2… 3 volte, poi quel treno lì non lo prendi più, ovvio.

La religione ci deve portare a Lui, alla Vita, altrimenti è una religione “d’acqua”, direbbe Gesù.

 

Il maestro era stato nel deserto e lì aveva incontrato Dio. Quando tornò i discepoli vollero che scrivesse qualcosa di quello che aveva vissuto. Lui non voleva assolutamente ma loro insistettero così tanto che il maestro scrisse una breve e imprecisa preghiera su ciò che lui aveva vissuto. I discepoli si impadronirono della preghiera, ne fecero un testo sacro e la imposero agli altri come credenza santa. Alcuni affrontarono grandi sofferenze per diffonderla e alcuni perfino morirono per questa preghiera. Tutti conoscevano a memoria la preghiera del maestro ma nessuno aveva incontrato Dio. Il maestro era triste: sarebbe stato meglio non scrivere alcunché.

 

E LE RIEMPIRONO FINO ALL’ORLO=le nostre vite a volte sono proprio così: piene… ma di acqua!

 

Fino all’orlo: non siamo riempiti di tutto, fino all’orlo?

Non abbiamo tutto, ma proprio tutto e anche di più? Ci manca qualcosa?

Guardate le nostre case, le nostre stanze; guardate la nostra vita se non è piena di tutto: eppure!

Pieni di tutto ma vuoti dentro. L’acqua non fa festa: ci vuole qualcosa di radicalmente diverso, che è proprio su di un altro piano.

E’ il vino che produce l’ebbrezza della festa.

E’ su di un altro piano che devo cercare ciò che desidero.

 

8 Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi glielo portarono.

ORA PRENDETENE E PORTATENE A COLUI CHE DIRIGE IL BANCHETTO=qui appare un nuovo personaggio.

Nei matrimoni (ma solo nei matrimoni dei ricchi) che duravano dai 3 ai 7 giorni c’era un dirigente della mensa che era incaricato a controllare l’andamento della festa, le provvigioni.

In greco si dice: “Architriklinos” e “archi” è la stessa base di “Archiereis”, cioè sommo sacerdote.

Cosa vuol dire allora Gv? Come il dirigente di tavola non si è proprio accorto che mancava il vino, così i dirigenti del popolo non si sono proprio accorti che mancava l’amore. Cioè, i capi non sono preoccupati delle sofferenze degli uomini, non sono interessati affinché gli uomini siano più felici, più vitali, più entusiasti, più liberi e più consapevoli.

 

Se nella fede manca l’amore, diventa un insieme di regole.

Se nella preghiera manca l’amore, diventa un obbligo da praticare.

Se nell’ascolto manca l’amore, diventa una lotta per chi è più forte.

Se nelle relazioni manca l’amore, diventano fastidiose e pesanti.

Se nella vita manca l’amore, la vita diventa davvero triste.

La vita è amore e l’amore è la vita di ogni movimento. Se manca tutto rimane bloccato e fermo.

 

9 Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo

COME EBBE ASSAGGIATO L’ACQUA DIVENTATA VINO, COLUI CHE DIRIGEVA IL BANCHETTO, IL QUALE NON SAPEVA DA DOVE VENISSE=Gv insiste: le anfore di pietra mai contengono il vino, l’amore di Gesù.

Non si dice che l’acqua diventò vino dentro le anfore ma che le giare furono riempite d’acqua e che poi fu portata all’architriclino e solamente qui lui assaggiò l’acqua diventata vino.

Quindi il vino è fuori dalle anfore perché quelle anfore contengono solamente acqua, tristezza, ubbidienza, regole e mai potranno contenere vita, amore, gioia, entusiasmo, vitalità, sorrisi.

 

10 e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora».

TUTTI METTONO IN TAVOLA IL VINO BUONO ALL’INIZIO=è normale. All’inizio di un banchetto si offre il vino migliore poi quando il palato è già “bevuto” e quindi sente meno il sapore, si mette quello scadente.

Qui il maestro di tavola si meraviglia che il vino buono sia adesso e non all’inizio. Cosa sta dicendo Gv? Per le autorità “il vino buono” si pensava fosse la Legge, l’Antica Alleanza, ma invece “il vero vino buono” è quello che Gesù porta e la Nuova Alleanza.

Nell’Antica Alleanza veniva considerato “un buon vino” un Dio, un Amore, che veniva dato come merito per la condotta dell’uomo.

Per la Nuova Alleanza, invece, viene considerato “un buon vino” un amore che viene dato gratuitamente, senza merito e che non si deve conquistare. L’amore di Dio con Gesù non viene più meritato ma va accolto per la sua generosità.

 

11 Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.

FU L’INIZIO DEI SEGNI=fino alla traduzione precedente c’era scritto “miracoli”, ma invece è molto più esatto “segni”. Gli evangelisti mai adoperano il termine miracolo ma il segno (nei sinottici si parla di dynameis, atti di forza mentre qui sono segni della gloria di Dio).

Archen (inizio) include l’idea dell’archetipo, del prototipo, la prima forma sulla quale tutti gli altri vengono fatti.

EGLI MANIFESTO’ LA SUA GLORIA=in quest’episodio Gesù manifesta ciò che Lui è: un Dio-Amore. Questa è la sua gloria.

Come può essere definita “gloria” il fatto che Gesù dà da bere 600 litri di vino buono a gente mezza ubriaca? E’ un po’ strano!

Si dice che Gesù manifesta la sua gloria qui e non quando ha moltiplicato i pani e i pesci o quando ha resuscitato Lazzaro, ma proprio qui. E’ chiaro che Gesù non parla affatto di vino, ma è la stessa Gloria che venne a dimorare sul Monte Sinai quando Dio diede a Mosè l’Antica Alleanza.

 

Es 24,16-18 (quando Dio dà a Mosè i Dieci Comandamenti) “La gloria del Signore venne a dimorare sul monte Sinai e la nube lo coprì per sei giorni. Al settimo giorno il Signore chiamò Mosè dalla nube. La gloria del Signore appariva agli occhi degli Israeliti come fuoco divorante sulla cima della montagna. Mosè entrò dunque in mezzo alla nube e salì sul monte. Mosè rimase sul monte quaranta giorni e quaranta notti”.

 

Quindi la Gloria è presente perché questa è la Nuova Alleanza, non più basata sulla Legge ma basata sull’amore di Dio che risponde ai bisogni dell’uomo.

 

Quando una cosa è finita, è finita

 

Gesù abolisce la vecchia alleanza e ne instaura una nuova perché quella di prima non poteva dare più niente.

Quando una cosa non dà più niente bisogna dichiararla finita.

Il problema è che è difficile per tre motivi, per questo resistiamo. Per questo piuttosto di cambiare, piuttosto di dire: “Quello è finito, adesso ne troviamo un altro” ci attacchiamo a tutto. Difficile perché:

  1. Bisogna dichiarare finito e fallito un modo di vivere (il che non vuol dire che sia stato inutile). Se una cosa finisce vuol dire che adesso non serve più, ma forse prima è stata necessaria.
  2. Ci costringe a cambiare e si sa: ciò che si conosce è rassicurante mentre il nuovo c’incute sempre paura. Per questo l’uomo preferisce puntellare il muro cadente piuttosto che buttarlo giù e rifarlo nuovo.
  3. Dobbiamo rimetterci in gioco. Dobbiamo ripensare a noi e alla nostra vita in maniera diversa. Ma lasciare il vecchio è la possibilità di accogliere il nuovo.

Maestro e discepolo stavano prendendo un the. Le tazze erano piene di un buon the caldo e conversavano. Il discepolo chiese al maestro: “Perché non succede mai niente di nuovo nella mia vita?”. Il maestro prese la teiera e versò dell’altro the. “Ma è già pieno!”, disse il discepolo. “Per questo non ce ne sta altro!”. Se sei pieno del vecchio non c’è spazio per il nuovo.

 

Un uomo ha un negozio di alimentari. Vicino è stato costruito un ipermercato dove c’è tutto e a basso prezzo. I conti non tornano più: ha provato in tutti i modi, ma niente da fare. Eppure non vuole chiudere: “Ma questo era il “casolin” dei miei genitori; è 40 anni che lavoro qui!, ecc”. Ho capito, ma se una cosa è finita, è finita.

Un uomo dirige il coro parrocchiale degli adulti. Il coro c’è da sempre: ha fatto anche concerti in giro, cantando messe in latino, in gregoriano e tanto altro. Purtroppo sono rimasti in 5. Più volte è stato fatto un appello in chiesa ma nessuno ha aderito: “Ma non è giusto!; ma come si fa a lasciare andare una cosa così bella; ma i giovani d’oggi…”. Se una cosa è finita, è finita.

Un uomo ha un amico fin dall’infanzia: hanno fatto sempre tutto insieme ed erano amici per la pelle. Poi un giorno l’amico si sposa, le cose cambiano e non esce più. “Ma… con tutto quello che abbiamo fatto insieme!?; ma come fa!?”. Vero, ma se una cosa è finita, è finita. E’ stata una bella amicizia, importante, vitale, ma adesso la vita ci chiama ad andare altrove e a vivere dell’altro.

Due sposi sono stati insieme 20 anni (si sono sposati giovani) e hanno avuto 2 bellissimi figli. Si sono veramente amati e voluti bene. Ma adesso lei non prova più niente per lui e lui lo stesso. Si sono fatti aiutare ma l’amore, la passione, la scintilla e l’emozione dell’altro non c’è più. Non si separeranno, ma è difficile dirsi: “Quell’amore lì è finito”.

Anni fa una signora anziana aveva un cancro in metastasi. La figlia non si rassegnava e in tutti i modi cercava la cura “salvatrice”. Un giorno la madre, la chiama, la guarda: “Sara, è finita, lasciami andare”. La figlia: “E’ stato difficile accettare che era davvero finita!”. La realtà non si cambia, si vive.

Paolo Brosio, famoso giornalista di “Quelli che il calcio” e di tante altre trasmissioni ad un certo punto si separa dalla moglie cubana Grethel. Per lui è l’inizio di un incubo e quel fatto è il crollo di tutta la sua vita: successo, fama, gloria, belle donne, soldi, niente più lo soddisfa e cade in depressione. Solamente il coraggio di dire: “E’ finita!”, di accettare la sconfitta, la fine di un rapporto affettivo per lui così importante, lo salverà. Quella fine sarà per lui l’inizio di una nuova vita. Attraverso un pellegrinaggio a Medjugorje e l’incontro con Dio quel termine diverrà l’inizio di una nuova vita.

 

Quella che il bruco chiama “fine del mondo” il resto del mondo chiama “farfalla”. Quante fini saranno la nostra salvezza; perché alcune morti sono la vita.

Quando una cosa, una relazione, una situazione è finita, cessata, bisogna constatarne il decesso e la fine. Perché le cose iniziano e le cose finiscono. Tutto inizia e tutto finisce.

Bisogna avere il coraggio di iniziare quando è ora e di finire quando è il tempo. Senza rimpianti, senza lamentele: è la vita. Tutto inizia e finisce. Ed è bene che sia così. Perché se le cose non finissero, nient’altro potrebbe iniziare.

 

Ma la cosa più difficile è constatare la fine dentro di sé. Il difficile è dirsi: “E’ finito… Prima c’era ma adesso non ce n’è più”.

E’ tanto tempo che dici: “E’ l’inverno… sarà un periodo… passa tutto… ho anche tante cose belle…” ma la realtà è che è finita la gioia. Sei scarico e niente più ti entusiasma e t’appassiona.

Una volta andavi in chiesa e uscivi “carico”, ma adesso non più. “Sarà un periodo!… si ama Dio anche se non si sente niente… non si va mica in chiesa per trovare emozioni”: te la stai raccontando. In realtà ciò che una volta ti faceva bene e ti riempiva il cuore adesso non ti dà più nulla. Difficile dire: “E’ finita”=devo cambiare modo di credere.

Ci sei tu, tua moglie e i tuoi figli. I figli adesso sono cresciuti e tu non ti capisci più con tua moglie. Difficile dirsi: “E’ finito il nostro rapporto genitoriale, adesso dobbiamo trovare un nuovo rapporto e modo di stare insieme noi due”. Prima eravate tutti e due concentrati sui figli ma adesso quello è finito. E se non se ne trova un altro, rischiamo di cadere nella depressione, nel rammarico e nel fallimento. Bisogna dire: “Quello è andato bene, ma adesso è finito. Dobbiamo trovare un nuovo modo di amarci”.

 

Quante volte facciamo finta di niente, procrastiniamo, tiriamo avanti, solo per non vedere che la felicità, la fede, la gioia, se n’è andata e che non possiamo più vivere così. Dobbiamo fare qualcosa.

Ma non faremo niente finché non accettiamo che qualcosa si è “rotto”, “spezzato”, che qualcosa è finito.

 

Come Maria dobbiamo avere il coraggio della verità: “Non c’è più vino… non c’è più gioia dentro di me… non c’è più fiducia… amore… forza di vivere… mi sono sbagliato… è finito”.

Quando Copernico, Galileo e soci affermarono: “E’ la terra che gira intorno al sole e non l’universo che gira intorno alla terra”, la maggior parte delle persone non accettarono questo. Era evidente, ma non fu accettato.

Quando Gesù disse: “Dio non è come pensate voi. Dio non vi giudica, non vuole da voi obbedienza, sottomissione, sacrificio, umiliazioni; Lui vuole darvi tutto il suo amore”, molte persone non accettarono tutto questo e preferirono il vecchio piuttosto di cambiare.

Gesù lo uccisero piuttosto di accettare la sua novità! La Buona Novella (e-vangelo=buona nuova) non fu rifiutata perché era buona ma perché era nuova.

 

Gli alcolisti anonimi pregano così: “Signore, dammi la serenità di accettare le cose che non posso cambiare, il coraggio di cambiare ciò che posso cambiare e la saggezza per capire la differenza”.

Noi potremo dire: “Signore dammi la serenità di chiudere ciò che è morto e che devo chiudere, il coraggio di lottare per ciò che è vivo e che può non essere chiuso e la saggezza per capirne la differenza”.

 

Pensiero della settimana

Un giorno Carlo Magno entrò in un paese col prete:

“Chi si fa battezzare, dal prete; gli altri dal boia”.

Caddero 800 teste in quel giorno (fatto realmente accaduto!). Chissà con quale gioia si fecero battezzare gli altri!

Tutti erano cristiani…

…ma dove fu la vera fede?