Figlio dell’Uomo e Parabola del Fico

XXXIII domenica del tempo Ordinario

Domenica 18 novembre 2018

Prima lettura: Dn 12, 1-3     Salmo: 15     Seconda lettura: Eb 10, 11-18     Vangelo: Mc 13, 24-32

 

 

Questo è uno di quei brani che sono stati presi per annunciare la fine del mondo. Ma della fine del mondo, della terra, questo brano non dice proprio nulla.

Ci sono dei gruppi, come i testimoni di Geova o gruppi religiosi apocalittici, che parlano moltissimo di “prepararsi”, di “essere pronti”, di “fine”, dei “segni della fine”, vedendo segnali a destra e a sinistra. Vi ricordate il 2000? E il 2012? E adesso a che anno tocca?

Ma il vangelo (e testi come quello di oggi) non parlano affatto della fine del mondo. Parlano della fine di un mondo, ma non della fine del mondo.

 

A quel tempo non si conoscevano l’astronomia e la geografia come oggi. Si pensava la terra così: al centro della terra c’era Israele, al centro di Israele c’era la Giudea, al centro della Giudea, Gerusalemme; al centro di gerusalemme il tempio e al centro del tempio c’era il Santo dei santi con la presenza di Dio. Gerusalemme era quindi l’ombelico del mondo.

Il confine della terra era il mare e la terra era posata su delle colonne. Sotto la terra c’era il soggiorno dei morti, che nella lingua ebraica si chiama lo Sheol, cioè colui che inghiotte. Nella traduzione greca lo Sheol diventa l’Ade, che era una delle divinità della mitologia greca e in latino diventa gli inferi, che non sono l’inferno. Inferi significava regione inferiore: era cioè la terra degli Dei morti.

Sopra la terra c’erano sette cieli. Nel primo cielo c’erano attaccati il sole, la luna, che non si pensavano che fossero mobili, e le stelle. Poi c’era il II° cielo e quindi il III° dove veniva collocato il paradiso. San Paolo dice che lui fu rapito fino al terzo cielo, cioè in paradiso (1 Cor 2,9).

Poi si saliva fino al settimo cielo che era dove risiedeva Dio.

La distanza tra un cielo e l’altro, secondo i rabbini che facevano i calcoli, era di cinquecento anni.

Il cielo (cioè i sette cieli) era un cielo popolato: ad esempio, tra la terra e il cielo vi erano i demoni. E più erano buoni e più erano vicini al cielo.

Quelli da metà di questo cielo in su erano i demoni buoni (e più erano in alto e più erano buoni) e quelli dalla metà in giù, cioè verso la terra, erano cattivi, nel senso che davano fastidio all’uomo.

 

Gli ebrei distinguevano chiaramente fra il dèmone (daimon, da dai=dividere le carni) e il demònio (daimonion=demònio, un essere a metà fra l’uomo e un dio).

Per la Bibbia sono radicalmente diversi. Il dèmone=essere divino, era l’angelo custode, se era in una posizione alta della sfera celeste, oppure era un cattivo dèmone se la sua posizione era bassa.

Nel N.T. non si parla mai di dèmone (intermediario fra Dio e l’uomo) ma sempre di demòni.

Questi demòni sono ad es: Shimadon=demònio dell’ubriachezza; Dever=demònio della pestilenza, Pahad= demònio della paura; Shabriri=demònio della cecità; Keteb Meriri=demònio dell’insolazione.

I demòni causavano tutti quei fenomeni e quelle cose che l’uomo non riusciva a spiegarsi. Tutto ciò che influiva sugli uomini e che gli uomini non capivano veniva chiamato demònio.

 

Allora fra il VII° cielo e la terra, cioè fra Dio e gli uomini vi erano tutti questi demòni, disposti gerarchicamente.

Questi demòni per San Paolo sono “gli elementi del mondo” (Gal 4,3-9; Col 2,8-10) e vengono identificati da lui come “Principati, Troni, Forze, Dominazioni e Potestà” (Col 1,16; Ef 1,21; 3,10). Sono elementi (per San Paolo) nemici dell’umanità: fra Dio e gli uomini vi erano queste potenze che influivano negativamente sull’uomo.

 

Qui siamo al capitolo 13. All’inizio del capitolo un discepolo dice a Gesù: “Maestro guarda che pietre e che costruzioni” (Mc. 13,1). E’ la meraviglia di fronte alla bellezza e alla possanza del tempio.

Si credeva che quando Gerusalemme fosse stata in difficoltà, Dio sarebbe intervenuto in prima persona proprio lì nel tempio. Dio, quindi, avrebbe salvato Gerusalemme.

Ma Gesù dice: “Vedi queste grandi costruzioni? Non rimarrà pietra su pietra che venga distrutta” (Mc 13,2).

E poi: “Questo è il principio dei dolori” (Mc 13,8), ma la traduzione è: “Il principio dei dolori del parto”. Cioè: è doloroso (come il parto) ma è bene che Gerusalemme venga distrutta, è un fatto positivo, perché il tempio impedisce la comunione tra Dio e gli uomini.

 

Il capitolo 13 di Mc è un capitolo molto difficile: tant’è vero che Mc ad un certo punto dice: “Chi legga capisca” (Mc 13,14). Quindi già Mc stesso dice: “Stai attento a quello che viene scritto qui perché potresti leggere e interpretare male queste parole”. Infatti Mc usa il linguaggio dei capitoli 13, 14 e 34 del libro del profeta Isaia.

 

13,24 In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce,

IN QUEI GIORNI=quali giorni? Sono i giorni che seguono la distruzione del Tempio di Gerusalemme. Questa è la tribolazione: la distruzione del Tempio (70 d.C.) e ciò che aveva voluto dire e che aveva comportato tutto questo.

IL SOLE SI OSCURERA’, LA LUNA NON DARA’ PIU’ LA SUA LUCE=se uno non capisce che Gesù qui utilizza il linguaggio tipico dei profeti e della cultura del tempo cerca segni atmosferici o nel cielo.

E’ un linguaggio lontano da noi per questo è faticoso capirlo; l’abbiamo interpretato, sbagliando, secondo le nostre categorie odierne. Ma a quel tempo lo capivano tutti.

E’ un linguaggio tipico del tempo: 1. non si tratta del giudizio finale; 2. non vengono segnalate, come invece piace mostrare ai film, nessuna calamità naturale. Non è uno sconvolgimento terreno ma celeste, così come veniva concepito il mondo celeste del tempo.

 

Il sole e la luna erano degli dei, adorati come divinità dai popoli pagani. Tutti i popoli pagani avevano il culto degli astri e tale culto distingueva Israele (che non l’aveva) dai pagani, anche se fu sempre una tentazione continua anche per Israele. D’altronde è una falsa credenza che Israele avesse il monoteismo, cioè che credesse in un unico Dio. Ad esempio gli archeologi hanno scoperto in alcuni santuari che anche il Padreterno aveva una moglie, di nome Ashera o Asera. Israele, nei secoli, aveva creduto in tante divinità.

Che dice allora Gesù? Che il sole e la luna, cioè le divinità pagane, grazie all’annuncio del vangelo, le false divinità perderanno il loro splendore. Quindi, quello che si credeva vero si dimostra falso; quello che veniva contrabbandato come sacro si dimostra impuro. Tutto questo grazie alla Buona Notizia di Gesù.

 

Queste per noi sono immagini lontane ma per secoli gli uomini guardavano la volta del cielo e rimanevano meravigliati di fronte al mistero del cielo e dell’universo.

Sapevano che il sole riscaldava, illuminava, che senza il sole non si poteva vivere. Il sole è associato al giorno, alla luce, al fare: per questo il sole rappresenta, come archetipo, l’uomo, il calore, il coraggio, il maschile, il padre, il compagno, Dio, la realizzazione, la ragione (e in negativo può essere la superbia, l’orgoglio, l’arroganza, il paternalismo, ecc.).

In Egitto c’era il Dio-Sole Ra e a Tebe il Dio Amon; in Grecia c’era Apollo/Febo e Elios (il Sole fisico).

Vedevano poi la luna e la luna compariva solamente di notte. Avevano preso consapevolezza di un legame tra luna e maree e tra luna e ciclo mestruale femminile. Per questo la luna rappresenta la donna, il sentimento, l’emotività, la ricettività, l’intuizione, la madre, la ricerca di protezione e di appoggio (la luna vive di luce riflessa) e in negativo la passività, l’insicurezza, la mutevolezza, l’incostanza.

I Greci avevano Selene, la luna piena; Artemide, la luna nuova; Ecate, la luna calante.

Vedevano poi nella notte la meraviglia delle stelle: erano misteriose, ignote, affascinanti e soprattutto luminose. Quindi le stelle rappresentavano delle luci nel buio della vita. Inoltre rappresentavano i sogni, i desideri (de-siderio da de-sidus=stare sotto le stelle), tutto che è più grande di noi, la nostra strada personale (“ognuno ha la sua stella”). Vedere una stella cadente è un segno di buon auspicio perché come una stella cometa ci indica la strada, ma può essere anche simbolo di una strada che finisce.

Ogni stella aveva, quindi, una simbologia e rappresentava un aspetto di ogni uomo.

 

Ma cos’è a livello spirituale la caduta del sole, della luna e delle stelle?

Io nasco e sono un piccolo bambino. Ho i miei riferimenti (speriamo che ci siano!) e sono chiari: il sole di mio padre che mi dà sicurezza, difesa e calore, e la luna di mia madre che mi protegge, mi avvolte e mi fa sentire amato. Poi ho una miriade di stelle: regole, abitudini, fratelli, comportamenti, che mi danno sicurezza, che mi dicono cosa devo fare e cosa no, come devo essere e come no.

Mio padre e mia madre sono i miei dei, i miei assoluti, i miei riferimenti. Quello che loro dicono, io che sono un bambino, lo prendo per assoluto e per vero.

Quando mio padre mi dice: “Tu non capisci niente”, poiché lui è un “Dio”, poiché lui sa, poiché di lui io ho bisogno, è assolutamente vero: “Sì, io non capisco niente!”.

Quando mia madre mi dice: “Se non vai bene a scuola, non ti voglio più bene”, poiché lei è “Dio” io farò di tutto per andare bene a scuola, perché voglio farla contenta, perché ho bisogno di lei.

Senza quei riferimenti io non posso vivere da piccolo. Sono piccolo e non ho una mia individualità (in-dividuo=non diviso): io sono quello che il cielo (sole, luna e stelle) vogliono che io sia. E così cresco. In realtà sono dipendente da loro e diviso perché non sono ciò che sono ma ciò che loro vogliono che io sia. Ma non è un problema: è assolutamente normale!

 

Ma poi viene un momento in cui la vita mi chiama ad essere indipendente e autonomo (autonomo=autos+nomos; mi do le mie leggi da me). E’ l’indipendenza psicologica.

Che accade allora? Allora abbatto il sole di mio padre e la luna di mia madre e metto in discussione tutte le regole e le leggi (le stelle). Tutti i riferimenti precedenti saltano. Gli dei precedenti vengono abbattuti dal loro cielo.

Allora il padre non è più “Dio”: mi scontro, discuto con lui e lo contrasto, lo rifiuto, lo deludo, mi arrabbio anche violentemente con lui. E’ necessario: non ce l’ho con lui (che continuo ad amare) ma con la sua funzione: “Tu non sei più il mio sole, caro. Adesso il mio sole, un po’ alla volta, lo divento io!”.

So che per lui è un grande dolore perché non sono più il suo piccolo e perché lui non si sente più il mio “Dio”, la persona più importante per me. So che quando gli porto la fidanzatina in casa o quando preferisco uscire con gli amici che stare a cena a casa, è un dolore grande: ma così dev’essere.

Allora mia madre non è più la mia luna, a cui racconto tutto, da cui vado a prendere le coccole, la mia compagna di giochi. Non voglio più le sue cure, la mando a quel paese, la deludo, la rifiuto e preferisco tenerezze e attenzioni da altri. Anzi le sue mi danno proprio fastidio.

So che per lei è un dolore immenso: mi ha dato la vita, ha vissuto per me, darebbe la sua vita per me e io adesso la rifiuto e la tratto così? Ma se la luna non cade io non potrò mai essere individuo, riferimento di me, ma sarò sempre diviso tra ciò che sono e ciò che gli altri (padre e madre in primis) vogliono da me.

Ecco la caduta delle stelle: è necessaria per diventare psicologicamente indipendenti.

E’ un dramma, perché le stelle non vogliono essere spodestate; è un dramma perché prima si avevano delle stelle per orientarsi nel mare della vita e adesso non c’è più niente. Ma se non accade così si seguirà sempre il cielo di altri.

 

Un uomo ha trovato “l’amore della sua vita”. Lei gli dice: “Ci mettiamo insieme? (=Ci fidanziamo?)”. E lui: “Vediamo cosa dice mia madre!”. “Tua madre? Ma non è mica lei che si mette insieme a me!”. E’ un uomo ancora dipendente.

Una donna si era innamorata di un uomo divorziato e avrebbe voluto sposarlo. Invece lo ha lasciato perché i suoi genitori le dicevano: “Cosa dirà tuo zio prete? Noi siamo sempre stati persone di chiesa!”. E’ una donna dipendente e nel suo cielo il sole e la luna di altri ancora dominano.

 

La cosa più importante che i genitori possono insegnare ai loro figli è come andare avanti senza di loro (Frank A. Clark). Quando un figlio non ha più bisogno del genitore allora quel genitore è stato un buon genitore.

 

25 le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte.

LE STELLE CADRANNO DAL CIELO =lett. “le stelle andranno cadendo dal cielo”: esontai (“staranno, andranno”) indica una caduta continuativa. Non è quindi una predizione del futuro, ma è un annuncio di ciò che oggi già avviene e che continuerà nel futuro.

 

Chi erano le stelle, le star del tempo? Gli imperatori, i principi, i re. Il faraone d’Egitto era un dio, figlio di dio; l’imperatore era una divinità. Augusto era il titolo degli imperatori romani e voleva dire venerabile, in quanto divinità.

Tutti coloro che comandavano, pretendevano di stare lassù, di essere persone che avevano una condizione divina.

 

Anche in quel tempo vi erano le star, le stelle. E vi è un caso famoso: Lucifero.

Il re di Babilonia veniva considerato (e lui stesso si considerava) una stella, un dio, un mito.

Il re di Babilonia non si era accontentato di essere una stella ma aveva voluto raggiungere il posto di Dio. E, invece, anche lui che voleva salire in alto, è stato fatto cadere nello sheol, nelle profondità degli inferi. Anche lui è morto!

E sapete come veniva chiamato, per ironia, per sarcasmo, il re di Babilonia? Lucifero! Quindi Isaia ironicamente dice: “Tu che sei la luce, il portatore della luce (=lucifero), tu che sei una stella luminosa e brillante, anzi la stella!, guarda dove sei finito: nello sheol, che è il luogo del buio!” (e giù una risata di Isaia).

Anche lui, il potente re di Babilonia, che si credeva un Dio, dov’è finito? In una tomba (lett. nell’Ade/Sheol, il regno dei morti)!

 

Sulla tomba di Alessandro Magno hanno scritto: “Basta questa terra (un metro per due!) all’uomo a cui non bastava il mondo”. Ecco qua dov’è finita tutta la sua potenza!

 

Quindi la caduta di lucifero del profeta Isaia non è la caduta dell’angelo cattivo, ma la caduta dell’orgoglio del re di Babilonia che si credeva chissà chi, onnipotente, luminoso e divino.

Lucifero non è il diavolo ma il “portatore di luce”, tanto è vero che nel N.T. lucifero è Cristo (Ap 22,16), perché lucifero non è un nome ma un aggettivo che va sempre in compagnia di un sostantivo.

 

Ma perché allora abbiamo creduto a ciò? Per tre motivi: 1. Lucifero o Fosforo era il pianeta Venere, la prima stella e la più luminosa; 2. nel libro apocrifo di Enoch affiora l’idea di un peccato d’orgoglio, da parte di un arcangelo, il terzo giorno della creazione e Origene ne fece l’angelo più luminoso e superbo; 3. Girolamo poi sbagliò traduzione (commentando Is 14,12 tradusse helel/splendere con jalal/urlare, facendo di Lucifero l’angelo decaduto che urla per la disperazione per la perdita del suo splendore originario).

Quindi il re di Babilonia, definito ironicamente lucifero (lucifero come significato ha un’accezione positiva), il portatore di luce, di cui parla Isaia, divenne l’angelo decaduto dal cielo. Ma nella Bibbia non c’è niente di tutto questo.

 

E LE POTENZE CHE SONO NEI CIELI SARANNO SCONVOLTE=era tipico della cultura dell’epoca, dei principi e degli imperatori, considerarsi di condizione divina e si facevano chiamare “figli delle stelle”. Allora: quei poteri che proprio sulla divinità basavano la loro forza e il loro prestigio, uno dopo l’altro cominceranno a cadere. Quindi: tutti quelli che si credono potenti e che detengono un potere falso, uno dopo l’altro, cadranno.

Nel N.T. le potenze demoniache, che vengono sconvolte, vengono chiamate Principati, Troni, Forze, Dominazioni e Potestà (Col 1,16; Ef 1,21; 3,10).

Anche il Figlio dell’uomo è una potenza (Mc 14,62): è uno scontro tra potenze del cielo in cui vince la vera stella, la vera potenza Gesù Cristo, mentre le altre, di fronte al suo splendore, cadono. Forse oggi le potenze sono le multinazionali o questi superpoteri di pochi rispetto ai molti.

 

E’ un annuncio bellissimo, di grande conforto e di grande incoraggiamento, perché è l’annuncio della caduta di tutti quei poteri che si oppongono alla venuta del regno di Dio. “Vedete tutte queste stelle (re, imperatori, potenti, ricchi, persone che si credono chissà chi): bene, cadranno tutti! Il vangelo li spazzerà via”. E’ l’annuncio della caduta delle divinità pagane (sole, luna, stelle) e di tutti quegli uomini che si credono “dio”. “Tutti quei poteri che sfruttano, che sottomettono l’uomo, soprattutto se lo fanno in nome di Dio, uno dopo l’altro cadranno”.

Questa catastrofe non minaccia il mondo ma il cielo: cioè dove queste persone pretendevano di risiedere (appunto in cielo!) perché si consideravano di condizione divina.

 

26 Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria.

ALLORA VEDRANNO=chi è che vede? Non sono qui i discepoli a vedere (avrebbe detto “vedrete” in tal caso) ma queste potenze, queste stelle, che nella misura che cominceranno a cadere, vedranno il Figlio dell’uomo. Quindi, cadono le false luci ed emerge la Luce vera: il Figlio dell’uomo.

Ogni volta che cade un regime ingiusto, dice questo vangelo, cioè che l’umano risorge, trionfa, che la dignità delle persone torna ad essere rispettata, lì Dio si manifesta.

FIGLIO DELL’UOMO=è l’uomo nella sua piena umanità. E l’uomo nella sua piena umanità è divino. E’ il trionfo dell’umano sulla falsa condizione divina.

VENIRE SULLE NUBI=la nube è immagine di Dio. Non è che la nube sia il mezzo di trasporto di Dio ma era un modo per dire l’avvento, la venuta di Dio che, come una nuvola, è visibile (perché la nuvola la vedi) e nascosto (perché la nuvola nasconde). Dio è misterioso.

CON GRANDE POTENZA=la Potenza a quel tempo era l’attributo di Dio: Dio era il potente. Adesso potenti non sono più le divinità pagane ma Gesù Cristo.

Ecco allora lo scontro tra potenze: Gesù, il Figlio dell’uomo, è la potenza di Dio, la Vita, il Più forte e per questo le potenze nei cieli, con l’annuncio del vangelo, vengono sconvolte.

E GLORIA=la Gloria, a quel tempo, era la dignità regale, il giorno dell’intronizzazione del re, dove prendeva i pieni poteri. In Gesù si manifesta la sua divinità.

 

E’ interessante che tutto questo non avvenga con Cristo, con Dio, con Gesù, ma con il Figlio dell’uomo: cioè Gesù, ma anche ogni uomo che fa emergere l’umano e smaschera il dis-umano, contribuisce all’emergere di Dio e del suo regno.

Ad es.: quando si capisce che è assurda la pena di morte (pensate che fino ad un secolo fa pure il Vaticano la eseguiva!) e una nazione la cancella, il Figlio dell’Uomo emerge.

 

Gino Strada, ad esempio, è ateo (anche se era amico, ad esempio, del prete di strada don Andrea Gallo (1928-2013)). Uno che fonda Emergency, un’associazione umanitaria internazionale per la riabilitazione delle vittime della guerra e delle mine antiuomo che, dalla sua fondazione nel 1994 alla fine del 2013, ha assistito gratuitamente oltre 6 milioni di pazienti in 16 paesi nel mondo, per il vangelo, è un Figlio dell’uomo, è un uomo di Dio. Perché? Chiunque faccia emergere l’umano e aiuti all’abbattimento dei poteri occulti (in questo caso della guerra, delle lobby, degli interessi segreti delle potenze, ecc.) viene da Dio.

 

27 Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità della terra fino all’estremità del cielo.

EGLI MANDERA’ GLI ANGELI=in Mc gli angeli sono i collaboratori di Gesù, quindi, sono persone fisiche. Sono coloro che sono risorti, non perché sono morti, ma perché hanno già aderito al messaggio di Gesù e del vangelo. Sono già morti alle false divinità (sole, luna, stelle, poteri, ecc.) e sono rinati alla vera Luce e alla vera Stella: Gesù Cristo.

All’inizio del vangelo (Mc 1,2) si dice: “Ecco, io mando il mio angelo davanti a te (Gesù Cristo)”. Chi è questo angelo (anghelos=angelo, messaggero)? Giovanni Battista! L’angelo non è tanto, quindi, una realtà spirituale o quei ‘capponi’ svolazzanti delle nostre pitture. L’angelo è un messaggero di Dio, uno che va e che annunzia una pienezza di vita, un messaggio da parte di Dio.

 

Se vediamo degli angeli è meglio che ci facciamo fare un’accurata visita psichiatrica e che facciamo un soggiorno al Parco dei Tigli. Ma se non abbiamo mai visto degli “angeli”, è meglio che ci facciamo fare un’accurata visita al nostro cuore e alla nostra anima. Perché “angelo” è tutto ciò che ti parla di Dio, è tutto ciò che ti annuncia un suo messaggio: è un evento, un fatto, una persona, una parola, una situazione, un’illuminazione, dove la dimensione divina ti diventa chiara, tanto da “parlare”.

Vent’anni fa incontrai una suora che mi parlò di una serie di corsi, che poi feci, che cambiarono la mia vita. Sempre vent’anni fa incontrai un prete che, quando lo ascoltavo predicare, per la prima volta mi faceva “sentire, toccare” Dio. Loro sono stati i miei angeli a cui sarò per sempre grato.

 

E RADUNERA’ I SUOI ELETTI DAI QUATTRO VENTI=cosa sta dicendo Mc? Chi sono questi eletti?

Gli eletti sono questi risorti, questi uomini di qualunque nazione, che sono stati fedeli al messaggio di Gesù, che prima sono stati perseguitati dalle potenze terrene, ma che sono rimasti fedeli; sono coloro che vivono facendo emergere il Figlio dell’uomo dovunque esso sia; sono coloro che lavorano per mettere in luce le ricchezze, le bellezze che vivono nelle cose e nelle persone; sono coloro che lavorano perché l’umanità risplenda.

Ma perché sono radunati? Perché tutti insieme continuino la sua opera.

DALL’ESTREMITÀ DELLA TERRA FINO ALL’ESTREMITÀ DEL CIELO=le estremità della terra indica che dovunque essi siano, qualunque posto essi abitino, verranno radunati. Quindi il bene fatto per amore, anche se non in nome di Dio, viene da Dio.

FINO ALL’ESTREMITÀ DEL CIELO=le estremità del cielo sono coloro che sono passati dalla vita terrena a quella celeste (che noi chiamiamo morti ma in realtà sono vivi: i morti non sono assenti ma solo invisibili!).

Quindi quelli che sono “morti” non se ne stanno nell’aldilà a “grattarsi la pancia” o a cantare “Gloria a Dio” tutto il giorno, ma continuano a collaborare con Dio perché il Figlio dell’uomo, l’umanità, il bene e l’amore, possano emergere, risplendere e trionfare.

Cosa accade allora? Che gli oppressori, gli astri del tempo, vedranno cadere il loro potere e il frutto delle loro esistenze (gloria, successo, ambizione, dominio, ecc.), mentre gli eletti, i fedeli al messaggio del vangelo, vedranno il trionfo delle loro esistenze (amore, misericordia, tenerezza, compassione, perdono, ecc.).

 

Cosa può dire a noi questo vangelo?

 

Quando succede qualcosa puoi dire: “Oddio!” oppure: “Grazie Dio!”. Ciò che succede può essere un dramma, una tragedia oppure un’occasione che tu sfrutti perché altrimenti in nessun altro modo avresti potuto fare ciò che non volevi o che temevi di fare.

Cadono il sole, la luna, gli astri: cioè tutti i tuoi riferimenti crollano. Può sembrare la fine ma può essere per davvero la venuta del Figlio dell’uomo, cioè la nascita di una tua parte molto più vera e che altrimenti in nessun altro modo avrebbe potuto nascere.

Io tento di controllare tutto: decido, pianifico, progetto, mi faccio delle previsioni, dei sogni, cerco di raggiungere ciò che ho deciso, metto le mie energie per quelle cose, ecc. Bene, ma in tutto questo dov’è Dio? Dov’è lo spazio di azione di Dio? Se decido tutto io, Lui che fa? Per questo Dio, in genere, è nei nostri imprevisti, in ciò che non ci aspettiamo e nelle sorprese. E’ l’unico spazio che gli rimane possibile per agire, perché noi decidiamo tutto se no. E se volesse farci capire qualcosa che non vogliamo capire, come altro può farlo se non sorprendendoci, se non dandoci qualche sberla che ci fa buttare giù?

 

C’è un ragazzino che ci vede pochino ad un occhio e niente nell’altro per un glaucoma congenito. Ama la musica e studia il pianoforte. A 12 anni finché gioca a calcio in porta, una pallonata nell’occhio in cui ci vedeva un po’ lo rende totalmente cieco. Potrebbe essere il dramma della sua vita (e in parte anche lo sarà) ma lui sfrutta la lezione della vita: “Ho capito, la mia vita sarà tutta per lei, la musica”. E da quel giorno lui dirà di sé: “Io vivo per lei”.

Quel ragazzino si chiama Andrea Bocelli.

 

Leonard Laskow è un ostetrico, ginecologo e chirurgo di successo e la sua notorietà in ascesa. Nel 1971, un giorno, sente un dolore al braccio. Fa la diagnosi e lui, chirurgo, capisce subito: cancro osseo. Sa quindi perfettamente il protocollo: l’amputazione. Il mondo gli crolla addosso: non avrebbe mai più potuto essere chirurgo. Un dolore enorme.

Una notte fa un sogno e una voce gli dice: “Il tuo lavoro è quello di guarire attraverso l’amore”. Si risveglia sgomento e non vuole accettare tutto questo (malattia e voce). Ma poi l’accetta, cambia vita e diventa guaritore. E, cosa non da poco, guarisce!

 

Un dipendente di Tom Watson, il fondatore della IBM, un giorno (parliamo di almeno 30 anni fa!) fece un errore che era costato all’azienda 10 milioni di dollari. Watson, che era attaccatissimo al lavoro e ai soldi, lo mandò a chiamare e gli disse: “Immagino che voglia rassegnare le dimissioni”. “No, sono qui per chiederle un aumento: ho speso appunto 10 milioni di dollari perché lei abbia una lezione di vita sull’importanza di non essere così attaccato ai soldi e quindi merito un aumento per tutto questo mio lavoro”. Watson fu impressionato dalla risposta e dalla capacità di affrontare un tale errore e non solo non lo licenziò ma gli diede anche l’aumento.

E’ venuto un uomo: da quando aveva 20 anni ha sempre fatto il solito lavoro e adesso è stato licenziato. Come non bastasse due giorni dopo un’auto non ha rispettato lo stop e ha centrato la sua, distruggendola e fracassando lui. Di fronte a tutto questo si può dire, come nel vangelo: “Che disastro!” (lett. dis-astro=la caduta degli astri!). Ma si può anche dire: “Che cosa la Vita sta tentando di dirmi?… Che cosa devo imparare? In che modo il Figlio dell’uomo vuole uscire… venire… manifestarsi, in me?”.

Avrebbe potuto cadere nel vittimismo: “Ci mancava anche questa!”… “Che sfortuna!”; “Ma tutte a me?”; oppure nella colpevolizzazione: “Guarda che mondo! Che gente! La crisi!”… oppure prendersela con Dio: “Ma che ho fatto di male io?”… o cadere nella tristezza: “Povero me!”; “Avete visto cosa mi è successo!”… o cadere nella svalutazione: “Non riesco a fare niente! Non valgo niente!”.

E invece? Invece si è chiesto: “Ma come mi sta parlando Dio attraverso questi fatti? Se mi sono successe delle “cose” così grosse allora vuol dire che ci sono delle cose che non voglio sentire. Per questo è stato necessario uno scontro così forte: perché io mi fermassi, sentissi, cambiassi o chissà cos’altro”.

E ha capito. 1. Non si era mai aggiornato nel lavoro: i tempi erano cambiati ma lui era rimasto fermo. 2. Stava percorrendo una strada di vita che lo portava allo spegnimento: lavoro, casa, lavoro, casa. 3. Non si era mai fatto delle domande profonde: “Ma per cosa voglio vivere? Cos’è che mi appassiona? Cos’ho da donare a questo mondo? Sono qui perché?”.

Così adesso non dice più: “Che disastro!”, ma: “Che fortuna!”.

 

C’è una storia orientale eloquente a questo proposito: “Un giorno l’imperatore Akbar e Birbal, il filosofo del re, andarono a caccia nella selva. Sparando col suo fucile, Akbar si ferì il pollice e gridò di dolore. Birbal gli fasciò il dito e lo consolò con le sue riflessioni filosofiche: “Maestà, non sappiamo mai ciò che è bene o è male per noi”. L’imperatore s’infuriò e scaraventò il ministro nel fondo di un pozzo abbandonato.

Poi continuò a camminare solo per il bosco. Frattanto un gruppo di selvaggi gli venne incontro in piena selva, lo attorniò, lo fece prigioniero e lo trascinò davanti al suo capo. La tribù stava preparandosi ad offrire un sacrificio umano e Akbar fu accolto come la vittima che Dio aveva loro inviato.

Lo stregone della tribù lo esaminò attentamente e notando che aveva un pollice rotto, lo respinse perché la vittima prescelta non doveva avere nessun difetto. Allora Akbar si rese conto che Birbal aveva avuto ragione, provò rimorso per il suo gesto inconsulto, tornò correndo al pozzo nel quale lo aveva gettato, lo trasse fuori e gli chiese perdono per il male che, tanto ingiustamente, gli aveva causato.

Birbal rispose: “Maestà, non deve chiedermi perdono. Al contrario, mi ha fatto un grande favore: mi ha salvato la vita. Infatti, se non mi avesse scaraventato in questo pozzo, io avrei continuato a camminare al suo fianco e questi selvaggi avrebbero preso me per il loro sacrificio. Come vede, Maestà, non sappiamo mai se una cosa sia bene o male per noi ”.

Buona fortuna? Cattiva fortuna? Chi lo sa? Lasciamo fare alla Vita.

 

28 Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l’estate è vicina.

Molti, come in ogni tempo, si chiedevano: quando accadranno queste cose? Quando saranno abbattute le potenze terrene (Tempio, re e imperatori, dominatori e ambiziosi)? Ecco la risposta.

DALLA PIANTA DEL FICO=Gesù qui apparentemente sembra cambiare discorso.

Il fico è un’immagine che Gesù ha giù usato come simbolo del Tempio, tutto foglie ma senza frutto (Mc 11,20-15).

Il fico, insieme alla vigna, era nell’A.T. l’immagine più usata per definire Israele. Un giorno Gesù vede un fico, immagine dell’istituzione religiosa, del tempio, e non trovandovi nessun frutto, lo maledice perché è un tempio fatto d’incensi, d’oro, di liturgie, ma non c’è amore né compassione per l’uomo. Quindi non ha più senso di esistere.

Gesù, quindi, ne aveva annunciato la fine. Qui sta parlando di questo.

IMPARATE QUELLA PARABOLA=quale? Quella che Gesù aveva già detto ai sommi sacerdoti (Mc 12,1-12): che il Tempio sarebbe stato distrutto e che la vigna (immagine del regno) sarebbe stata data ad altri popoli.

QUANDO ORMAI IL SUO RAMO=quando voi vedete che il fico inizia a mettere le foglie sapete che l’estate è vicina: bene, così, quando vedrete il tempio cadere così saprete che un potere è finito, che un regno è finito e che un altro regno, il regno di Dio, è vicino, sta per arrivare.

 

29 Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che è vicino, è alle porte.

COSI’ ANCHE VOI=alcuni hanno già capito ma i discepoli no: ecco perché dice “anche voi” dovete capire!

QUANDO VEDRETE ACCADERE QUESTE COSE=è l’invasione della Palestina da parte dei Romani che assedieranno Gerusalemme e distruggeranno il Tempio.

SAPPIATE CHE E’ VICINO=lett. “è vicino alle porte”: non c’è “egli”. Cos’è che è vicino? Non il Figlio dell’uomo ma il regno di Dio! Il regno di Dio, con la distruzione di Gerusalemme, viene compreso che è per tutta l’umanità.

 

30 In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga.

IN VERITA’ IO VI DICO=affermazione solenne.

NON PASSERA’ QUESTA GENERAZIONE PRIMA CHE TUTTO QUESTO AVVENGA=sappiamo che è stata nell’anno 70 d.C.: quindi chi scrive ha assistito a ciò che qui si dice.

 

31 Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.

Questo è un messaggio di speranza: “Tranquilli, in ogni caso, sappiate che la Buona Notizia non cadrà mai. Cadranno il sole, la luna, le potenze di queste mondo, ma la mia Parola, questo no, questa non passerà mai e non cadrà mai!”.

IL CIELO E LA TERRA PASSERANNO=cielo e terra significa: “Tutto”.

MA LE MIE PAROLE NON PASSERANNO=lett. “il mio messaggio”, cioè il contenuto della Buona Notizia no! Quindi Gesù assicura la realizzazione del suo messaggio nella storia.

 

32 Quanto però a quel giorno o a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre.

Le domande erano: “Quando cadrà il potere di questo mondo? Quando avverrà il regno di Dio? Fino a quando ci sarà la persecuzione per noi? Quando finirà?”.

QUANTO PERO’ A QUEL GIORNO=quale giorno? Il “giorno” è stato adoperato da Mc per indicare la morte di Gesù.

O A QUELL’ORA=l’ora è il momento in cui i discepoli di Gesù sono portati di fronte ai tribunali: è l’ora quindi della persecuzione (Mc 13,5-13).

NESSUNO LO SA, NE’ GLI ANGELI…=cosa vuol dire qui Gesù? Non è importante conoscere il momento (nessuno lo può né sapere né controllare), ma sapere che è nelle mani del Padre, non aver paura e non temere.

 

Pensiero della settimana

Tutto in tutti

Tutti in tutto

Ciascun uomo in tutti gli uomini

tutti gli uomini in ciascun uomo

Tutto l’essere in ciascun essere

ciascun essere in tutto l’essere

Tutte le cose in ciascuna cosa

ciascuna cosa in tutte le cose

Tutte le distinzioni sono mente, con la mente,

nella mente, della mente

Niente distinzioni, niente mente per distinguere.