Il primo comandamento

XXXI domenica del tempo Ordinario

Domenica 4 novembre 2018

Prima lettura: Dt 6, 2-6        Salmo: 17       Seconda lettura: Eb 7, 23-28            Vangelo: Mc 12, 28-34

 

 

12,28Allora si avvicinò a lui uno degli scribi che li aveva uditi discutere e, visto come aveva ben risposto a loro, gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?».

ALLORA SI AVVICINO’ A LUI UNO DEGLI SCRIBI=in Mc 12,13 Gesù ha chiuso la bocca ad alcuni farisei; in Mc 12,18 ai sadducei, adesso gli si fa incontro uno scriba.

Lo scriba è un uomo di cultura, è un teologo, uno che appartiene alla gerarchia religiosa, al magistero del santo tempio, uno che ha l’autorizzazione di interpretare il sacro testo della Bibbia e di insegnarlo con autorità divina.

Allora arriva lo scriba di oggi che ha già sentito Gesù discutere con farisei e scribi (Mc 12,28).

Gli scribi erano i teologi ufficiali del tempo: erano coloro che “conoscevano” e sapevano tutto di Dio. Dedicavano tutta la vita allo studio della Bibbia e a 40 anni (un’età molto avanzata per quel tempo) ricevevano attraverso l’imposizione delle mani lo stesso spirito sceso su Mosè (Nm 11,16-17).

Il loro compito era di salvaguardare e di custodire la Legge: il loro insegnamento veniva equiparato alla stessa parola di Dio e i loro decreti “verità divina”. Proprio per questo avevano un prestigio e un’autorità che superavano quelle del sommo sacerdote e dello stesso re.

Indossavano abiti ei distintivi religiosi e venivano chiamati: “Rabbì” (monsignore!; Mt 23,7-8).

Ma Gesù se la riderà di loro e dirà di loro delle cose terribili: “Ipocriti… guide cieche… serpenti… razza di vipere… sepolcri imbiancati pieni di ossa di morti e di ogni putridume…” e poi: “Legano pesanti fardelli… fanno tutto per essere ammirati… chiudete il regno dei cieli davanti agli uomini e così non vi entrate voi e non lasciate entrare nemmeno quelli che vogliono entrarci… percorrete la terra e il mare per fare un solo proselito e, ottenutolo, lo rendete figlio della Geenna il doppio di voi… puliti all’esterno e pieni di ogni marciume dentro…” (Mt 23,1-36).

Pensate cosa accadrebbe se uno dicesse così dei vescovi, dei teologi, dei preti oggi! Gesù lo ha fatto! E ci meravigliamo che Gesù sia stato ucciso? C’è da chiedersi com’abbia fatto a vivere così tanto!

Gesù li odia perché, nascosti dietro alle loro regole religiose, sono diventati disumani: non sentono più, non sanno più che cosa sia l’amore, la tenerezza, la compassione, il perdono.

 

QUAL’E’ IL PRIMO DI TUTTI I COMANDAMENTI?=sembra una domanda scontata.

Ma non erano 10? Gli scribi dai Dieci Comandamenti aveva fatto passare come “comandamenti” tutti i 613 precetti che regolavano la vita dell’individuo (365=giorni anno, da fare + 248=non fare). A noi è stato insegnato che tutti i comandamenti sono importanti; ma gli ebrei, invece, discutevano animosamente per sapere quale fosse tra tutti i comandamenti il più importante, il primo.

C’erano varie teorie, in ogni caso lo scriba non gli chiede per sapere, perché lui la risposta ce l’ha già (per niente in Mt 22,35 e in Lc 10,25 lo scriba va da Gesù “per tentarlo”).

 

Il comandamento più importante è quello che Dio stesso osserva. E qual è il comandamento che anche Dio osserva? Il sabato (anche Dio di sabato si riposò, recita la Genesi). Ed era radicata convinzione che Dio osservasse con scrupolosa attenzione il comandamento del riposo del sabato. “Dio e gli angeli di sabato non lavorano” recita il Talmud. (Cfr Gen 2,2). Rifacendosi a Gen 2,3 anche Dio era sottoposto a questo comandamento: pure lui dopo 7 giorni si riposò. La disobbedienza del sabato era punita con la pena di morte (Es 31,14).

Quindi la risposta, la teologia ufficiale, la conosce già. Ma vuol sapere l’opinione di questo galileo così poco ortodosso e tanto originale su molti punti dottrinali (Matteo e Luca sottolineano che la domanda viene posta per tentare Gesù: Mt 22,34-40; Lc 10,25-28).

 

E Gesù come si comporta di sabato? Se ne infischia!

Perché una regola contro l’uomo per lui non ha senso: “Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato” (Mc 2,27).

Di sabato non si può fare nessun lavoro, neppure curare o visitare gli ammalati. Ma lui lo fa (Lc 13,14).

Di sabato non si può fare più di 900 metri (2000 cubiti): ma lui li fa e durante questa scampagnata strappa le spighe di grano, uno dei 39 lavori proibiti esplicitamente di sabato (Mc 2,23-28).

Di sabato non si può trasportare nessun peso: ma lui invita l’uomo infermo a farlo (Gv 5,8.10).

Lo scriba quindi va a colpo sicuro: “Gesù, visto quello che fa, è chiaro che non dirà mail il sabato. Ma così facendo dimostra e sancisce la sua ignoranza”. Solo che Gesù lo stupirà.

 

29Gesù rispose: «Il primo è: Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; 30amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza.

GESÙ RISPOSE: “IL PRIMO È…”=contrariamente all’attesa del teologo, Gesù non solo non cita il riposo del sabato come comandamento più importante (il culto per Gesù non ha alcun valore), ma risponde pure ignorando i comandamenti di Mosè!

Gli indica invece un testo che gli ebrei conoscevano a memoria e dovevano recitare tre volte al giorno, e che non è un comandamento ma il “credo” di Israele contenuto nel libro del Deuteronomio (Dt 6,4-5). Formava parte della preghiera quotidiana di ogni ebreo e questo teologo non si era reso conto che questo insegnamento fosse più importante dei comandamenti: la fedeltà a Dio (perché amore significa fedeltà), un Dio a cui donarsi del tutto, è più importante di ogni comandamento. Il teologo non lo aveva capito questo!

 

31Il secondo è questo: Amerai il tuo prossimo come te stesso. Non c’è altro comandamento più grande di questi».

IL SECONDO È QUESTO=però anche se la domanda concerneva un solo comandamento, Gesù dice che questo non è sufficiente ed aggiunge una frase tolta da un altro libro della Bibbia, il Levitico (Lv 19,18).

Per Gesù è inseparabile un aspetto dall’altro. La fedeltà a Dio è inseparabile della fedeltà all’uomo. Non esiste pertanto per il popolo di Israele un comandamento principale, ma due comandamenti principali: fedeltà a Dio e fedeltà all’uomo (questo è il contenuto dell’alleanza di Dio con il popolo ebraico; ecco l’inizio del brano con “Ascolta Israele”).

Chiaramente qui Gesù parla agli ebrei e usa ciò che loro sanno: l’amore a Dio e al prossimo.

Per i cristiani sarà diverso: “Amatevi come io vi ho amato!”.

 

Cosa fa Gesù?

Gesù infatti cita due testi dell’A.T.: il primo è il Dt (Dt 6,4-9), preghiera che ogni pio ebreo recitava 2 volte al giorno (lo Shemà Israel): “Amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza” e il secondo è il Lv (Lv 19,18): “Amerai il prossimo tuo come te stesso”.

Rispondendo così, visto che l’altro è uno scriba, l’esperto della Scrittura, anche Gesù si dimostra esperto e pienamente competente. Tanto è vero che lo scriba è costretto ad ammettere (e non può non farlo visto che questi testi ci sono nella Bibbia): “Hai detto bene, Maestro…”.

Nell’A.T. c’erano 2 grandi tradizioni per arrivare a Dio: con il culto; quella dei profeti, che solo attraverso l’amore per l’uomo si arrivava a Dio (l’amore a Dio passa per l’incontro con il prossimo).

Gesù si situa in sintonia con questa seconda corrente, con i grandi profeti dell’A.T.: “Voglio la misericordia e non il sacrificio” (Os 6,6; Mt 9,13; 12,7).

Lo scriba, a denti stretti, deve ammettere: “E’ giusto quello che tu dici! Amare il prossimo vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici”. D’altronde lo diceva la Bibbia (Am 5,21)!

 

32Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; 33amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici».

LO SCRIBA GLI DISSE: “HAI DETTO BENE MAESTRO…”=ecco cosa gli interessava: la risposta giusta. Era lì per verificare l’ortodossia di Gesù… ed è stato accontentato!

Adesso lo chiama “Maestro” perché Gesù lo ha stupito (prima no!)!

Gesù aveva detto: prima Dio, poi il prossimo, e il teologo non può che trovarsi d’accordo. Gesù lo accontenta. Per Gesù, infatti, Dio non viene prima dell’uomo: Dio è dentro l’uomo. Nell’uomo c’è Dio.

 

34Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.

NON SEI LONTANO DAL REGNO DI DIO=vuol dire che lo scriba è vicino ma che non ci è ancora dentro. Cosa gli manca? Il coinvolgimento! Sul piano teorico lo scriba è d’accordo ma tutto rimane nella sua testa, non si trasforma in vita.

Assomiglia a quelle persone che non sono lontane dal Regno di Dio, perché a parole sono d’accordo che bisogna cambiare la società, che bisogna lavorare per l’umanità, per la chiesa, per la pace, ma… a parole, perché poi nella pratica è troppo difficile lasciare il prestigio e il privilegio di cui gode.

 

Lo scriba riconosce la sapienza di Gesù, Gesù riconosce che lo scriba ha un margine di apertura. Per questo gli dice: “Non sei lontano dal regno di Dio” (Mc 12,34). Questo scriba non è così arroccato, intransigente, impermeabile come gli altri: quasi quasi si lascia scalfire da Gesù.

In Mc 1,15: “Il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo (=buona notizia)”. Cioè: il regno di Dio è vicino e per entrarvi dovete convertirvi e lasciar spazio ai valori del vangelo e non agli onori, alla superiorità, alla purezza, al prestigio, al potere.

Lo seguirà questo scriba? No. Dal vangelo non risulta proprio (visto poi ciò che dice di loro; Mc 12,35-40).

Nel vangelo c’è uno scriba che vuole seguire Gesù: “Maestro, io ti seguirò dovunque andrai”. E Gesù: “Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare capo” (Mt 8,19-20). Cosa vuol dire Gesù?

Tu sei scriba e hai casa, onori, prestigio, influenza, ambizione, posizione: io no. Sei disposto a perdere tutto questo per me, per vivere il mio messaggio? La risposta sarà chiara: “Mi chiedi troppo!”.

Dobbiamo sempre ricordare che Gesù ha davanti un ebreo. Perché Gesù ai suoi seguaci non dirà mai di “amare il prossimo tuo come te stesso” (questo vale solo per gli ebrei), ma di “amarci l’un l’altro come LUI ci ha amati”. Il riferimento non è più se stessi ma Lui stesso, il suo modo di amare.

 

Ma perché l’uomo non può accettare la risposta di Gesù? Perché Gesù lega insieme il comando di Dio e del prossimo. “Guarda, gli dice, se ami Dio lo si vede da quanto ami il tuo prossimo”. Ma come può lui scriba che ha dato la sua vita per la legge, per Dio, per interpretarla, adesso dire: “Questo non vale niente se non amo il mio fratello, mia moglie, le persone”?. Vorrebbe dire cambiare tutto (ed è proprio quello che Gesù gli chiede): “E’ troppo per lui!”.

 

Cosa può dire a noi allora questo vangelo? A. La fede è ben più della religione.

Quando ero in seminario ero stato educato (e io vi avevo aderito) così:

  1. Essere d’esempio (pregare ad esempio in chiesa così gli altri ti vedono e tu sei di esempio).
  2. Pregare molto, fare “fioretti” e sacrifici, e digiuno.
  3. Sradicare con puntigliosità tutti i propri peccati per essere perfetti.

Per un periodo vissi programmato così, ma… 1. Non ero mai felice ed era un Dio serioso e punitivo. 2. Non bastava mai e mi sentivo sempre in colpa. 3. Mi giudicavo superiore agli altri. 4. Conoscevo regole su di Lui ma non chi era Lui. 5. Ero disumano: tutto ciò che era bisogni, desideri, emozioni, limiti, sensazioni, sogni, istinto, era pericoloso perché “non era perfetto” e così dovevo reprimerli, non accettare che ci fossero. E più lo facevo e più mi allontanavo dalla mia umanità.

L’incontro con il vangelo cambiò tutto.

  1. Gesù non mi chiedeva di essere d’esempio ma di servire (Mc 10: “Chi vuol essere grande…”). Servire=mettere le mie qualità, le mie doti, le mie sensibilità, a servizio degli altri. Questo sì procurava gioia: intanto bisognava ascoltare se stessi, conoscersi, e scoprire cosa “cavolo” si aveva dentro di positivo e poi trovatolo, questo diventava un dono per gli altri. Realizzandosi si era un dono anche per gli altri. Meraviglioso!
  2. Gesù ridicolizza chi fa qualcosa per lui, chi “prega come i pagani, i quali credono di venire ascoltati moltiplicando le parole” (Mt 6,7) o chi crede di essere bravo tramite il digiuno (Mt 6,16).

La fede non è ciò che noi facciamo per lui ma ciò che lui fa per noi. Lui è venuto per amarmi, accettarmi sempre e in ogni caso, stare dalla mia parte, aiutarmi nel vedere ciò che devo vedere. Questo sì che era un Dio da amare (oltre che evangelico): uno che sta con te aldilà di tutto. Non più un Dio esigente… che vuole… pretende, ma un Dio che si fa vicino e che rimane vicino. Non più un Dio che s’arrabbia se non lo preghi, se non fai questo o quello, ma un Dio che c’è in ogni momento in cui tu ne hai bisogno e che è lì per il tuo bene.

  1. Gesù non chiede mai di essere perfetti (via ogni peccato) ma misericordiosi. Così Dio non ero più concentrato su quello che non bisognava fare ma su ciò che potevo essere.

La religione: “Questo no! Quello no! Quello è pericoloso! Questo non si fa!”. Ma la fede ti dice: “Sviluppa ciò che sei! Tira fuori il perdono che hai dentro! Fai crescere la tenerezza di cui sei capace! Fai vivere la dolcezza e la generosità che c’è in te! Lascia spazio alla fiducia che hai dentro”.

Allora: la religione è ciò che l’uomo fa per Dio, ma la fede è ciò che Dio fa per l’uomo. E’ solo nella fede che si incontra il Dio di Gesù. La fede è l’esperienza che Lui vive in te, che Lui ti spinge, che Lui è l’energia e che questa energia è proprio dentro di te. Questo è il vangelo, questa è bellezza.

Non dovete con le opere convincere Dio che siete bravi e che vi ami: Lui lo fa già!

 

  1. Verificare tutto e non credere a niente solo perché altri lo dicono.

Al tempo di Gesù tutti credevano come questo scriba e come i farisei: tutti pensavano che fosse giusto così. Ma perché una cosa tutti la pensano giusta non è detto che lo sia: bisogna verificarla!

La società, la famiglia, la religione, ci passano idee, credenze. Noi le prendiamo e le accettiamo. Da bambini è giusto che sia così, ma da grandi no. Dobbiamo chiederci:

  1. “E’ proprio così? E’ proprio vero?”.
  2. “Qual è il vantaggio (e lo svantaggio) di credere a questa credenza?”.
  3. “Se crederò a questa cosa, come sarà la mia vita? Che conseguenze? Sarà vita piena, realizzata o no?”.

Così ha fatto Gesù. Così si è adulti, maturi: non lo accetto solo perché me lo hanno passato, ma perché io ho verificato, io mi sono chiesto se a me va bene e mi sono preso la responsabilità delle conseguenze.

 

C’è un uomo che crede che se ha dei peccati non può andare a fare la comunione.

  1. E’ proprio così? Evangelicamente no, visto che Gesù accoglieva tutti i peccatori. A nessuno mai ha detto: “Prima ti togli i peccati e poi io ti accetto e ti amo”. Lui amava e questo a volte portava al cambiamento.
  2. Qual è il vantaggio (nascosto)? Che non cambia, visto che lui è peccatore: “Tanto vale!!!”.
  3. Come sarà la sua vita? Piena di sensi di colpa, di immobilismo, di giudizio verso di sé, e con un’immagine di Dio punitiva e non evangelica. E’ questo quello che vuoi?

Un uomo dice e pensa: “Bisogna accontentarsi; non si può avere tutto”: 1. Da chi l’ha imparata questa cosa? Chi ha detto così?: chi non è riuscito per giustificarsi? 2. Visto che bisogna accontentarsi, neppure si impegna per cambiare la propria vita! 3. Conseguenze: non ci saranno slanci e non vivrà i suoi sogni. E’ questo che vuoi?

Una donna pensa: “Se avessi un altro uomo sarei felice”. 1. E’ proprio così? Chi l’ha detto? Il problema è l’uomo o la mia incapacità di rapportarmi? 2. Il vantaggio di pensare sempre a questo è di non impegnarsi nella relazione con il suo uomo. 3. Conseguenze: che di certo mai sarà felice con il suo uomo. E’ questo quello che vuoi?

 

Io non sono libero, ma sono libero di decidere da cosa farmi influenzare. Questo lo decido io. La mia vita di oggi è esattamente la risultante delle scelte (o non scelte) e delle credenze di ieri. E quella di domani sarà esattamente la risultante delle scelte e delle credenze di oggi. Nessuno può dire: “Che sfortunato! Che brutto destino! Ma perché tutte a me!?”.

Anni fa fece notizia questo fatto. Un uomo aveva ricevuto da suo padre tutta una serie di oggetti tra cui un baule. Lui aveva preso il tutto e l’aveva messo in cantina, senza guardare. Un giorno, per caso, aprì il baule: c’era dentro una bomba inesplosa della seconda guerra mondiale. Che pericoloso!

Per questo verifica le tue credenze, ciò che credi: non prenderlo su solo perché così l’hai ricevuto. Perché diverremo ciò che crediamo. Anton Cechov: “L’uomo è ciò che crede”. Non prendete le cose solo perché altri ve le passano. Guardateci dentro: è quello che volete?

 

Bruce Moseley, ortopedico, ha reclutato 150 pazienti sofferenti di gravi osteoartriti al ginocchio.

Li ha suddivisi in 3 gruppi. I primi 2 gruppi sono stati sottoposti a lavaggio artroscopico (elimina il tessuto degenerativo e i residui con l’aiuto di un sondino) o un’altra forma di courettage chirurgico (che risucchiava tale tessuto con un minuscolo aspiratore). Il 3° gruppo è stato sottoposto ad una operazione fittizia: i pazienti sono stati preparati all’intervento, sottoposti ad anestesia e trasportati in barella nella sala operatoria, effettuate le incisioni dell’operazione. Nessuno dei pazienti seppe mai chi fosse stato veramente operato e chi no: in tutti e 3 i gruppi vi furono comunque moderati miglioramenti nel dolore e nella funzionalità. Anzi il gruppo placebo riportò i risultati migliori.

L’intenzione determinata dall’aspettativa di un intervento riuscito, ha prodotto il cambiamento fisico.

Credete quel che volete ma ciò che credete determinerà la vostra vita!

 

  1. Le credenze religiose possono essere nemiche della fede

Oggi il vangelo ci propone un altro elemento di resistenza a Gesù: le credenze religiose. Una certa religione è nemica di Dio, anzi è impedimento per arrivare a Lui.

Quindi quando le persone dicono: “Io credo”, non vuol dire che siano cristiane. “Ok, credi, ma in cosa?”. L’uomo del vangelo di oggi era un supercredente ma questa sua fede era avversaria di Gesù.

Anzi il vangelo ha un paradosso che sembra strano; più uno è lontano dalla religione e più gli è facile accogliere Dio; e più uno è vicino o imbevuto di religione e più gli è difficile accoglierlo.

Quali saranno i luoghi più pericolosi per Gesù? Le chiese! Nella sinagoga verrà presa la decisione di assassinarlo (Mc 3) e nel tempio tenteranno di lapidarlo (Gv 10). La sua condanna sarà emanata dalla più alta carica religiosa: il sommo sacerdote e il sinedrio, le persone cioè più pie e religiose; i religiosi confermeranno, gli sputeranno, lo schiaffeggeranno, lo bastoneranno, lo irrideranno (Mt 22). Vedete l’ideologia religiosa: in nome di Dio hanno ucciso Dio.

Al tempo della divisione Democrazia Cristiana-Partito Comunista, un uomo chiede ad un altro amico: “Pensi di votare per i comunisti?”. “No, voterò per i democristiani. Mio padre era democristiano, mio nonno era democristiano, mio bisnonno era democristiano”. Allora l’uomo gli dice: “Ma questa è una logica folle! Voglio dire: se tuo padre fosse stato un ladro di cavalli e tuo nonno lo stesso e tuo bisnonno lo stesso, tu cosa faresti?”. “A no!– rispose l’amico – allora sarei un comunista!”.

John sta camminando per le strade di Belfast (1985, guerra tra cattolici e protestanti) e ad un certo punto si sente puntare una pistola alla nuca e una voce gli intima: “Sei cattolico o protestante?”. John pensa in fretta: “Qualunque risposta è pericolosa”. Così gli viene istantaneamente un’idea: “Sono un ebreo”. E l’altro: “Devo essere proprio l’arabo più fortunato di tutta Belfast!”.

 

I terroristi islamici sono credenti? Certo, tantissimo. Così credenti, così religiosi, che danno la vita per le loro idee. Solo che sono lontani dal Dio di Gesù: sono fanatici.

Un’idea religiosa è una credenza il cui rischio è quello che diventi verità assoluta. Perché è religiosa, cioè, viene attribuita a Dio, allora diventa inconfutabile, incontrovertibile, allora ci appare come la verità, l’unica verità, l’assoluta verità. Spesso però le idee religiose nascondono ben altro.

Uno studio di alcuni psicologi ha rilevato che nell’85% delle personalità con credenze fortemente rigide (ad es. naziskin o fanatici religiosi) c’è una grossa deprivazione affettiva e la mancanza di un’esperienza reale d’amore e di contatto. Il 76% di queste persone compensava la fragilità interna e l’insicurezza di base nascondendola con queste idee così strutturate e rigide per non far emergere il lato debole e vulnerabile. L’82% aveva riti e preghiere religiose per tenere a bada l’ansia interna per mancanza di orientamento, di riferimento e di una propria strada di vita realizzativa.

In questo caso la religione diventa un surrogato, una compensazione e una fuga dalla vita. Più che innamorare di Dio e inebriare la persona di vitalità, diventa oppio.

Ricordo che un giorno andai da una signora per la benedizione delle case e mi offrì da una bottiglia del vino (c’era scritto verduzzo sull’etichetta). Andai per bere… ma era the! L’etichetta (“io credo”) non è il contenuto (la fede, l’esperienza di Gesù il Vivente).

 

Pensiero della settimana

L’anima che può parlare con gli occhi

può anche baciare con lo sguardo.