Festa di Tutti i Santi

Festa di Tutti i Santi

Giovedì 1 novembre 2018

Prima lettura: Ap 7, 2-4. 9-14          Salmo: 23       Seconda lettura: 1 Gv 3, 1-3            Vangelo: Mt 5, 1-12

 

 

Oggi la chiesa celebra la festa di Tutti i Santi. Ricorda in un unico giorno tutte quelle persone che hanno vissuto in maniera santa, particolare, creativa, energetica, vitale, scegliendo e osando.

La festa di oggi nasce da un bisogno profondo dell’uomo: da sempre l’uomo ha avuto bisogno di aiuto. L’uomo non basta a se stesso: ha bisogno di qualcun altro; ha bisogno di aiuto, spinta e sostegno.

Per questo nei secoli passati gli uomini si rivolgevano ai santi e in loro nome costruivano chiese, santuari, facevano pellegrinaggi e novene. Nel pregare e venerare il santo, l’uomo trovava aiuto e sostegno per la sua vita.

Quando c’era siccità e non pioveva, si invocava il santo perché mandasse la pioggia. Era un modo non per ottenere un favore, per pagare il “santo giusto”, ma per accettare, sopportare il disagio e per coltivare la speranza che la situazione potesse cambiare.

Così nel tempo ogni categoria ha avuto il suo santo protettore, rifacendosi magari ad un fatto della vita di quella persona. Gli agricoltori hanno S. Benedetto, gli albergatori e i cuochi S. Marta, gli architetti S. Tommaso, gli avvocati S. Ivo, i cavalieri S. Giorgio, i commercianti S. Francesco d’Assisi, gli elettricisti S. Lucia, i giornalisti S. Francesco di Sales, gli infermieri S. Camillo, i macellai S. Nicola, i minatori, genieri e artificieri S. Barbara, i muratori e i pescatori S. Pietro, gli orefici e gli orologiai S. Eligio, i pittori S. Lazzaro, i pompieri e i rosticcieri S. Lorenzo, i sarti S. Casimiro, gli studenti S. Caterina, i profumieri S. Maria Maddalena, i panettieri S. Michele, ecc.

Ci si rivolgeva al santo per trovare (e ottenere) aiuto per andare avanti, energia per sostenere le proprie difficoltà e per non affondare nelle proprie tempeste e nei propri abissi. Ogni santo aveva la sua competenza perché le persone, attraverso il “santo simile”, potevano sentire Dio vicino a loro.

In realtà (ed è bene sempre ricordarlo) che è sempre e solo Dio che salva. Il santo mi aiuta perché è stato un uomo come me, che ha dovuto affrontare come me situazioni difficili e ce l’ha fatta, le ha affrontate con coraggio, energia, dignità, non rinnegando i propri valori. Guardo a lui per trovare in me la forza: “Anch’io voglio essere così. Se ce l’ha fatta lui, ce la voglio fare anch’io!”.

Per questo una volta si pregavano; e per questo una volta si facevano i pellegrinaggi (oggi invece rischiano di diventare delle gite turistiche a sfondo religioso). Vado “a casa sua” perché il suo cammino è simile al mio e lo prego per avere la sua stessa forza.

 

Quando si legge la vita dei santi, in realtà si scoprono cose molto diverse dalla tradizione e da ciò che si tramanda: molti dati sono incerti, qualche santo neppure è vissuto (è solo una leggenda) e in quasi tutti è avvenuta una grande opera di amplificazione (vedi i fioretti di S. Francesco) e di miticizzazione. I santi passavano attraverso i muri, erano in due posti nello stesso momento, neppure morivano, potevano fare miracoli straordinari come moltiplicare il cibo o gli oggetti, erano invisibili, ecc.

Inoltre i santi non erano molto santi: facevano errori, si sbagliavano, erano dilaniati da ferite e fratture interiori, erano oggetto di crudeltà, rifiuto, offesa ed emarginazione.

Erano santi non perché erano perfetti ma perché, pur nella contraddizione di molti aspetti della loro vita, sono riusciti a far passare, a riflettere e a manifestare l’infinita Luce di Dio nella loro vita.

Quando qualche mese fa (cosa che si sapeva da tanto tempo) nella biografia di Madre Teresa è emerso un vissuto interiore di grande aridità, quasi di non fede e di dubbio verso Dio, molti sono rimasti perplessi. Non era così santa come pensavano. Se santità vuol dire perfezione, allora non lo era. Ma se santità vuol dire far trasparire Dio all’interno della tua vita, allora lei è davvero santa.

Il santo testimonia una verità semplice: io, nella mia vita, mi sono realizzato. Ho, cioè, attraverso la mia vita, rivelato, mostrato, fatto passare qualcosa di Dio e dell’infinita Energia e Luce che c’è.

 

In realtà nel tempo essere santi assunse il significato di essere perfetti, incontaminati, puri, al 100%. Per cui i santi perdevano la loro realtà storica per diventare sempre più alti, dei miti, irraggiungibili. Non si poteva essere come loro perché erano troppo distaccati dalla realtà.

Oggi noi dobbiamo recuperare la realtà profonda dell’essere santi: anche tu, come lui, hai qualcosa da far vivere e da realizzare nella tua vita. Non sei qui per caso, per errore.

Forse sei nato per sbaglio (non eri previsto o non eri voluto o ti volevano diverso); forse non sei accettato dalla gente e dalla cultura che ti circonda che ti vuole diverso, che ti vuole plasmare secondo un certo stile e una certa modalità comune; ma tu, in ogni caso, non sei qui per sbaglio. Tu ci sei perché nella tua esistenza devi dire qualcosa a questo mondo, devi far vivere qualcosa di Dio e della Luce; devi incarnare e testimoniare qualcosa che è “solo tuo” e che solo tu puoi far vivere. Non abdicare e non rinunciare a ciò che sei.

Il santo è colui che non si tradisce, che rimane fedele alla sua essenza (la cosa più diffide e più bella della vita), che fa vivere ciò che risiede dentro di lui, ciò che Dio ha riposto nel suo cuore.

Per questo nel calendario ci sono migliaia di santi: perché ognuno porta una diversità, un’originalità, una specificità, che è solo sua. Guardando a loro io non devo copiarli: quello che loro hanno vissuto riguarda loro. Guardando a loro, io devo trovare la forza per vivere con energia, intensità e coraggio la mia unica e irripetibile esistenza.

Se santo = perfetto, ci saranno almeno due rischi: quello di avere dei santi senza vita, senza vitalità, senza passione e passioni. Avremo delle statue, ma non degli uomini, perché gli uomini non sono perfetti. E quello di santi che saranno troppo lontani dalla realtà in cui non ci potremo identificare. Diremo: “Loro erano santi, ma noi no”.

Ma se santo = uomo che ha realizzato il proprio potenziale, allora diventa un modello per me. Anch’io voglio, come lui, diventare pienamente me stesso e sprigionare tutta la Vita che ho dentro.

 

La dinamica “santità”, ci piaccia o no è una dinamica della vita. Noi cresciamo “per santità”, cioè identificandoci con qualcuno e diventando come lui.

Il santo nel momento dell’identificazione è perfetto, non ha nessun aspetto negativo, è Dio. Dev’essere così: non perché lui sia così, ma perché noi ne abbiamo bisogno per crescere e diventare grandi.

Ogni santo ha un dono da portarci: guardando lui, identificandoci, copiandolo, facendone il nostro modello, portiamo fuori ciò che c’è anche in noi, ma che non sappiamo di avere. Abbiamo bisogno di lui perché specchiandoci possiamo dire: “Anch’io ho quella cosa lì! Anch’io voglio essere così!”.

Quando sono nato il primo santo fu mia madre. Non solo era santa, per me lei era Dio. Avete mai sentito i bambini: “Mia mamma è la più bella; no, la mia di più; non mi toccare mia madre; puoi dirmi di tutto, ma se offendi mia madre ti uccido”. Il problema è che a volte i bambini hanno cinquanta o sessant’anni. Sono rimasti ancora lì: vedono la propria madre non come una persona reale con lati positivi e altri meno, ma come una dea, un mito, una santità.

Poi il santo è diventato nostro padre: lo guardavamo, ci piaceva e abbiamo tentato di diventare come lui.

Poi da adolescenti i santi sono diventati i calciatori, le veline, gli attori, i personaggi famosi. Erano i nostri santi perché guardando a questi “famosi”, cercavamo di ascoltare il nostro bisogno di essere famosi, qualcuno, di lasciare un’impronta e di essere significativi per questo mondo. I “famosi” ci insegnano a volerci realizzare.

Poi ti innamori: allora il santo diventa il tuo partner. Ti sembra veramente perfetto; certi limiti non li vedi e di certe ambiguità o situazioni problematiche manco te ne accorgi.

Ma dove posso trovare la dinamica-santità per le altre dimensioni della mia vita? Dov’è che trovo uomini e donne con cui identificarmi, che mi fanno scattare il desiderio e la voglia di essere come loro?

Ci sono persone che vivono appieno delle dimensioni, come la decisione: chi ha individuato ciò che per lui è vitale, “suo”, e per nessuno vi rinuncerà; la coerenza: chi è fedele con sé e non tradisce ciò che ha dentro; dice ciò che vive e vive ciò che dice; il non farsi bloccare dal giudizio: chi non teme di deludere o di non essere approvato; osare essere se stessi: chi vuole mostrare il vero volto di sé e non quello mascherato; seguire il proprio destino: chi segue la propria chiamata interna dovunque lo porti; verità: chi non teme di guardarsi fino in fondo nella verità di sé; chi non si nasconde e non scappa a se stesso; la lotta: chi lotta, è tenace, combatte per valori grandi, si espone e si mette in prima linea; cambiare il mondo: chi spende se stesso per portare attorno a sé verità, libertà, giustizia; resistere nella solitudine: chi non rinuncia solo perché è difficile o si hanno tutti contro o si soffre; gratuità: chi esce dalla logica del dare/ricevere ma sa vivere senza doversi aspettare un ricambio.

Io ho bisogno di persone che vivano queste dimensioni perché anch’io posso e voglio essere così. Ma se non trovo “specchi” con cui identificarmi, dove vedere, imparare e prendere coscienza che ciò che essi vivono attrae anche me, rischio di tralasciare il mio potenziale e ciò che posso essere, per sempre. Senza “santi” non si può crescere; senza “santi” si rimane in preda alla paura, dei rammolliti, degli incapaci che neppure sanno cosa possono essere e quanta energia vive dentro di loro.

Solo se qualcuno mi mostra di essere un’aquila prenderò consapevolezza di chi veramente sono e di quanto alto io possa volare. Altrimenti mi riterrò per sempre una gallina. E ciò che è peggio, vivrò da gallina.

 

Oggi si ricordano tutte quelle figure minori che non rientrano nel calendario dei santi, di quelli che tutti conoscono: S. Francesco, S. Chiara, S. Antonio.

Si ricordano i santi della nostra vita, quelle figure che sono passate e che hanno lasciato un segno profondo e indelebile. I santi sono quelle persone che ti hanno salvato dalla fossa, che ti hanno ridato vita in punto di morte, che ti hanno fatto sentire degno d’amore, che ti hanno ridato fiducia nella vita, che ci sono stati quando tutti gli altri se ne sono andati.

Tutti questi nomi non verranno mai ricordati da nessuno, ma non è questo l’importante. L’importante è che io riconosca il bene che mi hanno fatto, la loro funzione essenziale nella mia esistenza, il fatto che se sono quello che sono lo devo a loro.

 

La festa di oggi rivela una grande verità: io non basto a me stesso. A volte si sente dire in giro: “Chi fa da sé fa per tre; io basto a me stesso; io non ho bisogno di nessuno”: non è vero. Nessuno si fa da solo; nessuno basta a se stesso; nessuno può vivere senza gli altri.

Io ho bisogno di qualcuno che mi aiuti, che mi sostenga, che mi dia energia nei momenti delicati o cruciali della vita. Certi incontri ti salvano la vita: quelli sono i tuoi santi. Ringrazia i tuoi santi, benedicili, onorali, perché sono stati per te salvezza, vita e riferimento.

Allora do un nome ai miei santi, a quelle figure che hanno cambiato la mia vita, che hanno aperto nuovi orizzonti, che hanno mostrato nuove verità; a quelle persone che hanno lasciato tracce e segni indelebili su di me e dentro di me (mi fermo e nomino i miei santi). Sono i miei santi.

Ringrazia, sii riconoscente, benedici e stupisciti per quelle persone e per quelle situazioni che sono state pietra miliare della tua vita, punto cruciale, di svolta e decisivo. Chi non sa ringraziare è morto; chi non sa benedire è egoista perché crede di bastare a sé.

 

Il santo è la persona (situazione) giusta al momento giusto: è Dio che passa; il dono della Vita.

Tu non eri nessuno. Lavoravi, mangiavi, copulavi e tornavi a lavorare. Ti sembrava il tutto della vita. Che altro c’è? In realtà dentro sentivi che qualcosa non funzionava, che eri, come dire, vuoto, senza motivazioni, senza spinte interiori. Poi un giorno, quasi per caso, ti fanno conoscere quella persona che ti parla di Dio, di verità, di guardarsi dentro, di emozioni, dell’energia di vita che ti abita. Come un fulmine a ciel sereno fai una scoperta incredibile: scopri di essere vivo. Prima vegetavi, chiamavi vita la morte. E, come San Paolo, ti cadono le scaglie dagli occhi: in realtà non ci avevi mai visto prima, non ti eri mai conosciuto; in realtà eri sempre vissuto fuori di te, lontano da te, esterno a te; in realtà non avevi mai percepito la bellezza e l’intensità della vita.

Quello è, per te, un santo. Santo perché avresti potuto per sempre vivere dentro il tuo bozzolo e non diventare mai farfalla; avresti potuto essere per sempre un incompiuto, una teoria mai realizzata e un pensiero mai concretizzatosi. Santo perché grazie a lui tu sei tornato a vivere.

Stendi le mani e ringrazia la Vita di quest’incontro. Benedici, canta e sii riconoscente a Dio che ha messo questa persona nella tua strada perché tu possa tornare a vivere. Non è dovuto: è un dono da prendere. Non attaccarti a lui, non venerarlo e non diventarne dipendente. Sii per sempre grato e portalo come un santuario dentro di te, una sacra liturgia che ti ha messo in contatto con l’Altissimo.

 

Una donna fin da piccola è sempre stata la seconda di qualcuno. Da piccola, la prima era la sorella; poi “la più bella” era la cugina; quando si è sposata il marito ha preferito un’altra a lei, lasciandola. Insomma: lei era una di “serie B”. E’ stata l’incontro con un uomo che l’ha scelta, che ha scelto lei e non altre, che ha cambiato la sua vita. Per la prima volta si è sentita amata, voluta, scelta, unica, bella. Non si è sposata quell’uomo ma quell’incontro le ha cambiato la vita. E’ il suo santo. E’ la meraviglia della vita: se tu sai vedere, al momento giusto passa la persona giusta. Il santo è quella persona che fa nascere in te qualcosa che c’era ma che non veniva alla luce.

Una ragazza ha la sclerosi. Diagnosi medica: “Fra vent’anni sarai in carrozzina”. Dramma tremendo. Ma poi incontra un’altra donna che ne è uscita. Ha fatto un percorso alternativo, ha dovuto cambiare modo di pensare, modo di vivere, modo di relazionarsi. E’ stata proprio dura, ma ne è guarita. Per questa ragazza è diventata lo sprone, il modello, il simbolo: “Sarà dura, ma se lei ce l’ha fatta, ce la posso fare anch’io”.

Una coppia è arrivata al collasso: sembra che non ci sia più niente, più nessun motivo per stare ancora insieme. Non rimane altro che lasciarsi: non si fa altro che litigare e che ferirsi. Poi, casualmente (nulla è per caso!) incontrano una coppia che ha avuto il medesimo problema ma che lo ha superato. Ecco la salvezza: “Se anche loro erano dove oggi siamo noi e adesso sono così belli, forse c’è speranza”. E così è stato: si sono fatti aiutare, sono cambiati e adesso sono veramente felici.

Hai trent’anni e non ce la fai ad uscire di casa; conosci un’altra persona che l’ha appena fatto, che ti dice: “Fallo, dai, ne vale la pena!” e questo ti dà la forza per farlo; ti infonde quel coraggio che ti manca.

Ti senti in colpa per tutto, chiedi sempre “permesso”, ti scusi sempre, al telefono non fai altro che dire “scusa se disturbo” e la tua vita è vissuta tutta in un angolo, in disparte. Poi un giorno l’incontro, la rivelazione decisiva della tua vita: capisci che sei nato per sbaglio, che non eri previsto, non eri voluto. Per questo chiedi “permesso“ di vivere, come in quel giorno hai chiesto: “Posso nascere?”. Questa verità ti cambia la vita: non devi più chiedere scusa per esistere. Ecco la voce che il “santo” ha liberato: “Puoi vivere, non devi chiedere permesso a nessuno per esserci”.

Ti sei sempre sentito “il brutto anatroccolo” e qualcuno ti fa sentire degno d’amore, un “principe”, un meraviglioso “cigno”: puoi tornare a credere in te stesso. Ecco la voce: “Mi hai ridonato a me stesso”.

Aspetti un figlio che non avevi previsto. Decidi che non lo vuoi, ma poi incontri qualcuno che ti mostra che è solo paura la tua, che non è che non tu non voglia, è che temi il giudizio e di non farcela. Così, grazie a questa persona, lo tieni, e diventa la scelta più bella e intelligente della tua vita. Ecco la voce: “Grazie perché ti ho incontrato”.

Eri lontano dalla chiesa, ti sembrava tutto una “fesseria”, oppio per gente che non sa vivere. Ma poi incontri un prete che ti raggiunge al centro, che ti fa scoprire la vita che scorre dentro di te, che ti riscalda il cuore, che ti fa scorrere la passione, che ti ridona verità e libertà. Si torna a vivere: “Ecco chi è Dio, adesso so chi è”.

Hai sempre sentito dentro di te il desiderio di lottare, di coinvolgerti, di impegnarti; hai sempre sentito un guerriero che vuole spendere la sua energia per una giusta causa ma hai sempre avuto paura. Poi un giorno hai incontrato un uomo di “prima linea”, che non ha paura, che chiama le cose per nome, che svela la falsità, che si scontra con l’autorità, che non scende a compromessi. Allora dentro di te è nata la voce: “Anch’io voglio essere così!”.

 

Una storia triste ma così vera ai nostri giorni. Un giorno, un re per punire suo figlio, lo mandò in esilio in un paese lontano. Il principe soffrì la fame, il freddo e perse la speranza di ottenere il perdono del re. Passarono gli anni. Dopo alcuni anni il re inviò al figlio un ambasciatore con l’ordine di esaudire tutti i suoi desideri e tutte le sue aspirazioni: era ora che ritornasse e che lo sostituisse nel regno. L’ambasciatore andò dal principe e gli disse: “Il re mi ha detto di dirti che qualunque cosa chiederai sarai esaudito, perché tu sarai il nuovo re”. Il principe lo guardò stupito e gli disse solo: “Dammi un pezzo di pane e un cappotto caldo”. Aveva dimenticato chi era e chi era suo padre! Abbiamo bisogno di santi che ci ricordino, che ci facciano vedere, che ci mostrino chi siamo, cosa possiamo fare e quanto siamo grandi.

Una storia felice. Sergej Bubka, il grande saltatore con l’asta (che per molti anni detenne l’inavvicinabile record con 6,14 metri) ad un certo punto da giovane era sul punto di smettere. Sembrava non riuscire a superare certe prestazioni. Un giorno disse al suo allenatore: “Io smetto!”. “No, tu non smetti!”. “Sì, io smetto perché non ce la faccio!”. “No, tu non smetterai!”. “E perché non dovrei smettere?”. “Perché io credo in te!”. Non è meraviglioso?!: “Io credo in te”. Questi sono santi: “Tu puoi volare, io lo so. Vola!”.

 

Pensiero della settimana

In un centro di raccolta per barboni, un alcolizzato di nome Giovanni, considerato un ubriacone irrecuperabile,

fu colpito dalla generosità dei volontari del centro e cambiò completamente.

Divenne la persona più servizievole che i collaboratori e i frequentatori del centro avessero mai conosciuto.

Giorno e notte, Giovanni si dava da fare instancabilmente. Nessun lavoro era troppo umile per lui.

Sia che si trattasse di ripulire una stanza in cui qualche alcolizzato si era sentito male, o di strofinare i gabinetti insudiciati.

Giovanni faceva quanto gli veniva chiesto col sorriso sulle labbra e con apparente gratitudine, perché aveva la possibilità di essere d’aiuto.

Si poteva contare su di lui quando c’era da dare da mangiare a uomini sfiniti dalla debolezza, o quando bisognava spogliare e mettere a letto persone incapaci di farcela da sole.

Una sera, il cappellano del centro parlava alla solita folla seduta in silenzio nella sala e sottolineava la necessità di chiedere a Dio di cambiare. Improvvisamente un uomo si alzò, percorse il corridoio fino all’altare, si buttò in ginocchio e cominciò a gridare:

“Oh Dio, fammi diventare come Giovanni! Fammi diventare come Giovanni! Fammi diventare come Giovanni!”.

Il cappellano si chinò verso di lui e gli disse: “Figliolo, credo che sarebbe meglio chiedere: “Fammi diventare come Gesù!”. L’uomo guardò il cappellano con aria interrogativa e gli chiese: “Perché, Gesù è come Giovanni?”.